mercoledì 13 giugno 2018

Grease, 40 anni di un mito


di FRANCESCO TRONCARELLI

Il ciuffo a banana alla Elvis, le t shirt attillate e i giubbotti di pelle, ma anche le gonne a campana, i golfini e i capelli cotonati e soprattutto la voglia di divertirsi al college tutti insieme appassionatamente. Anni 50 la gioventù americana vive un momento magico sulla scia del boom e del progresso economico che attraversa il paese, tutto sembra bello e per arrivare al malessere generazionale e alla  contestazione studentesca alla guerra del Vietnam ce ne vorrà di tempo, anni.
Ora è tempo solo di "Grease", il film diventato un cult per tante generazioni che ha la brillantina spalmata nel titolo come simbolo di una irresistibile leggerezza che avvolge un'epoca fatta di sogni, musica e gioia di vivere prima di diventare adulti.
Era il 1978 e quella pellicola tratta dal musical omonimo che narrava le vicende di brave ragazze in cerca del principe azzurro alla Sandra Dee di "Scandalo al sole" e ribelli senza causa (meno probematici e tormentati della "Gioventù bruciata" capitanata da James Dean), esplodeva in tutto il mondo suscitando entusiasmi ed ottenendo incassi record.
Il 13 giugno di quarant'anni fa, l'anteprima del film veniva festeggiata nel mitico Studio 54 di New York con un party affollatissimo di vip e personaggi che fanno notizia come Elton John, Andy Warhol, Grace Jones, Brookie Shields e Bianca Jagger che fece da vero e proprio volano al lancio mondiale della pellicola che sarebbe diventata un mito oltre che un fenomeno di costume.




La storia di Danny Zuko, leader della banda dei Thunderbirds con un'immagine da duro da difendere interpretato da Travolta e l'ingenua Sandy impersonata da Olivia Newton John e dei loro amici raccolse subito le simpatie del pubblico e determinò anche un ritorno nella moda a quegli anni irresistibili.
"Grease" nasceva sull’onda de "La febbre del sabato sera" dell'anno precdente, in cui i giovani si ritrovavano nelle discoteche per ballare e per sfuggire allo squallore quotidiano. Il produttore Robert Stigwood cercava di replicarne il successo, e scelse di portare sullo schermo la commedia musicale di Jim Jacobs e Warren Casey, con la regia di Randal Kleiser. Per il ruolo del protagonista i distributori volevano Henry Winkler, il popolare Fonzie di Happy Days che però rifiutò l'offerta temendo di rimanere imprigionato per sempre in un certo tipo di ruolo, cosa peraltro che avvenne lo stesso con l'aggravante di aver perso una grande occasione.
Pensarono poi a Patrik Swayze, che aveva interpretato l’iconico Danny Zuko già sul palcoscenico di Broadway, alternandosi con un giovanissimo Richard Gere, ma il futuro interprete di "Dirty Dancing" e "Ghost" non potè accettare perchè afflitto da problemi fisici al ginocchio che gli costarono una serie di operazioni. Alla fine la parte andò a Travolta, diventato una stella con il suo Tony Manero e la musica dei Bee Gees.



Nel film interpreta il classico badboy sciupafemmine, che deve difendere la sua reputazione davanti agli amici, ma che in fondo è un tenerone. A fargli perdere la testa è un angelo venuto dall’Australia, una bionda acqua e sapone attenta alle regole e alle buone maniere che ha il volto e la fisicità di Olivia Newton-John, che come raccontano le corrispondenze dal set, fece perdere la testa un po’ a tutti, compreso lo stesso Travolta, che di fan ne aveva a bizzzeffe specialmente quando si metteva a  cantare e ballare con quei tipici movimenti che lo avevano fatto diventare famoso.




"Grease" venne distribuito in Italia ovviamente doppiato, tranne che per le canzoni che a quarant'anni dal debutto sono tuttora in vetta alle classifiche. “You’re The One That I Want” e "Summer Nights" sono rispettivamente all'ottavo e ventunesimo posto della top list dei singoli più venduti di tutti i tempi. Nel 2011 il film è tornato nelle sale nella versione restaurata con i sottotitoli. Pochi si sono accorti però che la versioene rieditata contiene un errore di traduzione. Nel corso della gara di macchine, lo sfidante dice a Zuko/Travolta che correranno per le Pink Ladies, le ragazze appunto “in rosa” della Rydell School. In realtà la battuta è “We run for pinks”, che negli Stati Uniti erano i permessi per guidare legalmente un’auto sportiva. Ma tale sottigliezza sarebbe stata un’impresa farla capire al pubblico di casa nostra che era e lo è ancora oggi, attratto esclusivamente da una favola moderna che faceva sognare una vita a colori senza tanti pensieri e che quella "brillantina" romantica e musicale proponeva senza risparmiarsi



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