giovedì 29 novembre 2018

Caro Lucio ti scrivo: la lettera di Mina a Battisti


 di FRANCESCO TRONCARELLI



Mina e Lucio Battisti, separatamente e insieme, hanno scritto gran parte della storia del nostro pop. Le loro canzoni sono state la colonna sonora di intere generazioni ed ancora oggi sono attualissime, per intensità di emozioni, sentimenti, vicende che narrano e che tutti hanno vissuto.

Insieme hanno anche scritto una pagina indimenticabile della storia della televisione con quel famoso duetto a Teatro 10 che abbiamo ricordato con un articolo apposito, che se ci si pensa bene, è stato importante oltre che per la televisione ma anche per la musica italiana. 
 
Era il 23 aprile del 1972, i due mostri non ancora sacri del Belpaese canoro eseguirono "Insieme", "Mi ritorni in mente", "Il tempo di morire", "E penso a te", "Io e te da soli", "Eppur mi son scordato di te" ed "Emozioni". Poco meno di nove minuti per lasciare un segno nella memoria collettiva di un paese ipnotizzato da quella magia. 

I percorsi professionali di Mina e Battisti sono andati avanti in parallelo, si sono intrecciati per un breve ma intenso periodo quando, fra il 1970 e il 1971, quando Mina ha pubblicato quattro singoli inediti consecutivi con brani firmati da Battisti e Mogol: "Insieme" (maggio 1970) che Lucio offrì in regalo alla Tigre di Cremona in occasione del suo compleanno e che aprì la strada a quella amicizia. "Io e te da soli" (novembre 1970), "Amor mio" (maggio 1971), "La mente torna" (ottobre 1971). 

Quattro gemme che hanno arrricchito il repertorio di Mina e che ebbero un grande successo. Lei poi ha continuato a esplorare il canzoniere di Lucio successivamente, non solo con l’album "Minacantalucio" (1975) e con il successivo "Mazzini canta Battisti" (1994) ma pure in altri album di studio e dal vivo, incidendo anche versioni in altre lingue delle composizioni firmate dalla coppia più creeativa del nostro pop, quella appunto composta da Battisti e Mogol.

Adesso arriva "Paradiso-Lucio Battisti Songbook", il nuovo disco in uscita domani della signora della canzone italiana, un progetto che testimonia ancora una volta questa grande affinità. Mina vi ha raccolto tutte le sue interpretazioni già edite delle canzoni di Battisti-Mogol, e lo ha arricchito con due inediti assoluti, le due canzoni che aprono il primo cd e il primo vinile: "Vento nel vento", arrangiata da Rocco Tanica, e "Il tempo di morire", arrangiata dal figio Massimiliano Pani. Sono stati recuperati anche due brani ormai praticamente irreperibili, a suo tempo inclusi nell’antologia fuori catalogo Mazzini canta Battisti: "Perché no" e "Il leone e la gallina". L’edizione in cd contiene inoltre alcune rarità, come cinque canzoni di Battisti interpretate in spagnolo e una in francese.

 Tutte le registrazioni incluse in "Paradiso - Lucio Battisti Songbook" sono state riversate in digitale dai nastri originali, editate, restaurate, rimasterizzate e rimixate a cura di Celeste Frigo, con la continua e costante supervisione della stessa Mina che ha seguito personalmente l’intera operazione. Ad alcune - cinque in tutto - sono stati addizionati programmazione e tastiere a cura di Ugo Bongianni e Massimiliano Pani. Ma è tutto specificato nei credits che, sia nella versione cd che in quella vinile, riportano nel dettaglio le informazioni su ogni canzone. L’elenco dei nomi degli arrangiatori dei brani è una sorta di “who’s who” della categoria e comprende - oltre a Tanica e Pani - Victor Bach, Gianni Ferrio, Detto Mariano, Pino Presti, Gian Piero Reverberi, Gabriel Yared.

Lo stesso vale per i nomi dei musicisti che hanno accompagnato Mina nelle sue interpretazioni, una squadra di strumentisti eccellenti. Nel libretto dell’edizione in cd e sulla copertina dell’edizione in vinile una ver, preziosa, chiccha. E' stata recuperata la lettera che Mina scrisse a Lucio e pubblicata su Liberal il 28 settembre 1998 ovvero qualche giorno dopo la sua morte. Sono parole affettuose e importanti, parole dettate da una profonda stima, parole sentite e che provengono dal cuore che meritano di essere lette da tutti. Eccole.


  Caro Lucio,
questa è una lettera che volevo scriverti da tanto, tanto tempo. Ogni volta che sentivo un tuo pezzo, ogni volta che qualcuno, per strada, fischiettava qualcosa di tuo mi veniva voglia di mettermi in contatto con te, ma ho preferito rispettare (figurati se proprio io non lo dovevo fare…) il tuo desiderio di essere lasciato in pace. E forse ho fatto male, sai? Perché adesso non so come fare per restituirti, almeno in parte, la gioia, la tenerezza, il senso di invincibilità, la coscienza di fare qualcosa di perfetto che mi dava il cantare i tuoi pezzi. 

Erano come il più inattaccabile meccanismo, come l’arma più efficace, come una corazza lucentissima, come una seconda pelle ancora più aderente della prima. Erano costruiti con quella apparente semplicità, con quel naturale delizioso totale mood cosmico, che fa pensare alla fluidità di Puccini, al prezioso andamento di certi canti gospel. E insieme così piantati nella tradizione della canzonetta italiana da far cantare i garzoni mentre vanno in bicicletta a consegnare il pane, i bambini e tutte le madri d’Italia mentre preparano il pranzo per i propri cari.
Che talento straordinario, che dono raro quello di essere capiti da tutti e da tutti essere amati proprio per quello che realmente si è. Sei stato il più grande nel realizzare il miracolo che ci fa sentire tutti figli della stessa materia, che ci fa cantare tutti insieme con le lacrime agli occhi.
In questi giorni ho dovuto assistere a qualche intervento sgradevole e a tanti, tantissimi omaggi commossi e sinceri. Voglio ricordarmi soltanto questi. 

Voglio ricordarmi gli occhi lucidi di ragazzi giovanissimi e di uomini e donne anche più che adulti. Voglio ricordarmi i tuoi, che Dio li benedica, ti hanno difeso con la forza dell’amore da tutto il caravanserraglio massmediatico. Voglio ricordarmi quei piccoli mazzolini di fiori, quei bigliettini che ti hanno portati anche loro, credo, per cercare di restituirti un pochino di quello che tu hai dato a tutti noi. Sai, avevo un sogno. Una pazzia. Insieme con Moreno, un giovane corista molto bravo che tu non hai conosciuto, ma che ti ama almeno quanto me, avevamo deciso che se tu mai avessi fatto di nuovo un concerto, saremmo venuti a farti il coro. 
Per il grande piacere di stare dietro di te e cantare insieme a te quelli che sono i nostri perfettissimi, storici, splendidi, adorati pezzi di vita. E, nella nostra follia, avevamo già pensato alla scaletta, a quali pezzi fare, alla formazione dell’orchestra, persino ai vestiti. Ogni volta che ci incontravamo in sala di incisione aggiungevamo qualche dettaglio al nostro progetto. Tutto era variabile tranne la presenza di due soli coristi: noi due, per l’appunto. Non importa. Vuol dire che la cosa è soltanto rimandata.

Tua Mina.

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