giovedì 28 marzo 2019

Acqua azzurra acqua chiara, 50 anni di un boom


di FRANCESCO TRONCARELLI


Capelli ricci e crespi in stile afro, foulard al collo, doppiopetto blu e pantaloni a zampa d'elefante, Battisti apparve così al grande pubblico televisivo di Sanremo per cantare "Un'avventura", brano condito di atmosfere R&B che colpì soprattutto il pubblico giovanile. Era il 1969, un anno che si rileverà fondamentale per la sua affermazione perchè lo vedrà inanellare una serie di successi incredibili scritti insieme a Mogol cantati da lui stesso ma anche da altri artisti.

E fra questi pezzi che hanno fatto la storia del pop ce n'è uno bellissimo che tuttora conserva la freschezza del primo ascolto: "Acqua azzurra, acqua chiara". Pubblicato per l'etichetta Ricordi esattamente un 28 marzo come oggi ma di 50 anni fa (incredibile, ma vero). 

Inizialmente per il 45 giri, la premiata coppia Mogol-Battisti aveva puntato su "Dieci ragazze", la canzone che divideva il disco insieme ad "Acqua azzura.." pensata come lato B, i due autori la ritenevano infatti più adatta ad essere lanciata sul mercato.

I due brani vennero fatti ascoltare in anteprima a Renzo Arbore, probabilmente per i preparativi preliminari della partecipazione di Battisti alla trasmissione televisiva di Arbore, Speciale per voi (avvenuta poi il 15 aprile 1969), dove Battisti doveva lanciare una delle due canzoni. Impressionato dalla bellezza di "Acqua azzurra, acqua chiara" convinse gli autori a lanciarla e quindi a invertire la posizione dei due brani nel disco.


Per registrare il disco vennero chiamati i migliori "turnisti" sulla piazza, come il chitarrista Alberto Radius della Formula 3 (il gruppo che accompagnava Lucio nei concerti dal vivo), il batterista Franz Di Cioccio e il tastierista Flavio Premoli de i Quelli (futura Pfm), Demetrio Stratos e Natale Massara ei Ribelli all'organo e al piano, il gruppo beat inglese Chriss & The Stroke per le sezione fiati. Detto Mariano, autore storico del Clan Celentano, curò l'arrangiamento.


Mogol e Battisti




Il pezzo fu inserito l’anno successivo nell’album "Emozioni" che col senno di poi può essere considerato a tutti gli effetti un greatest of non solo di Lucio ma di tutto il pop italiano di quel periodo.

La canzone che venne scritta durante una vacanza di lavoro dei due in una casa sul mare salentino a Torre Squillace, a un passo da Porto Cesareo, che poi fu acquistata da Battisti coi primi guadagni e che fu infleunzata nell'ispirazione proprio da quello scenario meraviglioso, racconta come la vita dissoluta di un uomo sempre alla ricerca di donne diverse, senza punti fermi in una vita tirata a campare, sia cambiata con la conoscenza di una lei che lo ha fatto finalmente innamorare con la sua purezza. 

E ora quel lui si riempie della freschezza di lei, dell’innocenza dei suoi occhi che ridanno speranza a una vita che non credeva più possibile. Una dichiarazione d’amore molto suggestiva che accompagnata da una musica a tratti melodica a tratti travolgente, divenne uno dei tormentoni estivi di quell'anno che chiudeva i favolosi Sessanta.

Il brano spopolò per la naturale carica che infondeva, una vera esplosione di allegria, freschezza, gioia, grazie a quella melodia che rappresenta una sorta di rinascita, forte ed energetica. Del resto, l’acqua è simbolo di vita, e la metafora si riconosce nella strofa "con le mani posso finalmente bere", come se il protagonista si senta finalmente rinato.

 E quanto lo stesso Battisti credesse in questo brano è dimostrato dal fatto che pochi giorni prima dell’uscita del singolo venne creata l’etichetta discografica chiamata appunto "Acqua azzurra". La canzone scalò rapidamente le classifiche divetando un grande successo, consacrato dalla vittoria nella finale di Asiago del Festivalbar condotta dal mitico Vittorio Salvetti.

Prima davanti a "Il Paradiso" cantato da Patty Pravo (e scritto sempre da Battisti con Mogol) e a "Il primo giorno di primavera" dei Dik Dik, prodotto sempre dai due Re Mida della canzone italiana. Come dire, cronaca di un trionfo annunciato, comunque.


mercoledì 20 marzo 2019

Patty Pravo, ecco il brano di Califano

di FRANCESCO TRONCARELLI




Una gemma. Un piccolo capolavoro che ti fa riconciliare con la poesia, la melodia, la musica, un tesoro che giaceva in un cassetto e che all'improvviso torna a brillare per la gioia di chi ama l'arte, di chi cerca emozioni, di chi vuole ascoltare una canzone come si scrivevano una volta.

Questo è "Io so amare così", il brano che Franco Califano ha lasciato per Patty Pravo e che l'artista veneziana ha inciso ed inserito nel suo nuovo album di inediti uscito in questi giorni dopo la partecipazione a Sanremo in coppia con Briga.

Storditi da frastuoni assemblati alla meglio da improbabili ma osannati personaggi da social che ragliano testi poveri di tutto, persino di parole, ci troviamo all'improvviso questo regalo incredibile e meraviglioso che il Califfo ha fatto all'ex Ragazza del Piper, l'unica che potesse dare la giusta interpretazione ad un testo di grande intensità.


"Sapere di essere stata scelta da Franco nel suo testamento artistico mi ha toccato molto, è stato tutto così bello e inaspettato che mi ha lasciato senza fiato" con queste parole sincere che non nascondono una certa emozione, la Pravo ha raccontato come sia nata questa collaborazione postuma con uno dei più grandi autori del pop nostrano.

La canzone è nata grazie ai versi riportati alla luce e musicati da Frank Del Giudice, il bassista di Califano e coautore con lui di numerosi brani tra cui il pezzo manifesto della sua carriera 'Tutto il resto è noia', che con il cantautore scomparso 5 anni fa ha condiviso centinaia di palcoscenici e di chilometri per circa 30 anni.



"In uno dei tanti viaggi notturni insieme in auto - ha spiegato Del Giudice - Franco era al volante ad io accanto a lui. Gli piaceva guidare con me vicino perché diceva che ero un buon navigatore. Immaginando "Io so amare così", mi disse di prendere appunti sul testo e di ricordarmi che quel brano sarebbe stato perfetto per Nicoletta (Patty Pravo)".
 tra istantanee d'intimità e frammenti di un rapporto amoroso:

"Sapere che l'ultima canzone che ha fatto prima di andarsene l'avesse dedicata a me, è stato fantastico, sono impazzita dalla felicità, perché tra l'altro il pezzo è molto bello" ha confessato Patty, e a proposito del suo rapporto con il Califfo, ha ricordato: "Mi trattava da sorella, mi divertivo forse di più che fare l'amante, lui era un tipo divertentissimo, aveva il senso della vita...".

Vero, Califano aveva il senso della vita, che conosceva in tutti i suoi risvolti per averla vissuta intensamente, giorno dopo giorno, attimo dopo attimo. Prevert di Trastevere come era stato definito, è stato capace di raccontare e descrivere le vicende amorose in tutti i loro aspetti, esistenziali, intimi, poetici e anche questo brano descrive con tratti sicuri da grande artista, istantanee d'intimità e frammenti di un rapporto amoroso, struggente e crepuscolare, che regalano emozioni.


Per provarle è' sufficiente la sola voce di Patty Pravo e il pianoforte del maestro Poietti, per il resto c'è il Califfo.

lunedì 18 marzo 2019

Il Tassinaro, la bandiera del tifo

di FRANCESCO TRONCARELLI


"Noi con la voce voi con il cuore", era un vecchio slogan del tifo biancoceleste. Uno dei quei motti che dal cuore pulsante del tifo, la Curva, venivano coniati per essere vicini all'Aquila e smuovere via via tutto il resto dello stadio.

Ecco, vedendo questa foto che esprime gioia e felicità per una bella vittoria, quella della Lazio sul Parma, abbiamo ripensato subito a quelle parole dettate dall'attaccamento a questa gloriosa Società che ha portato il calcio a Roma, che ieri come oggi sono in tanti ad avere.

E abbiamo pensato subito a lui, al Tassinaro, che campeggia sulla bandiera dietro i giocatori col suo bel faccione da cui penzola l'immancabile sigaretta, un grande del tifo laziale, un personaggio legato a questi colori e che ha vinto sugli spalti Lo Scudetto, così come Chinaglia e tutta la banda Maestrelli lo vinsero sul campo.

Il Tassinaro era un mito per i tifosi della Lazio, conosciuto da tutti, che ha cresciuto generazioni di supporters biancocelsti e attraversato 50 anni di storia del più antico e nobile dei sodalizi calcistici romani, un tifoso che ha vinto e pianto per questi colori, che ha gioito e si è dannato, senza mai abbandonare la barca, contribuendola anzi a farla restare a galla nei momenti di burrasca.  

Un supertifoso conosciuto e rispettato in tutti gli stadi d'Italia, che alla Lazio ha dato tutto se stesso senza chiedere nulla in cambio. Contestatore storico di Lenzini e Calleri, capopopolo, nemico acerrimo dei romanisti, sempre in prima fila ovunque ci fosse la Prima squadra della Capitale, ma anche uomo di grande cuore e umanità, pronto a schierarsi coi più debili compiendo gesti concreti.

Quella bandiera che sventola da quando Goffredo non c'è più per ricordarlo, è la bandiera di un tifo romantico che ama il calcio a misura d'uomo e non di sponsor, è la bandiera delle partite trasmesse dalla radiolina con gli inerventi di Ameri e Ciotti da "Tutto il calcio minuto per  minuto, è la bandiera di quando la Lazio era una grande famiglia e ci si conosceva tutti.


 E' la bandiera della goliardia applicata al calcio (il clamorso e imponente "Ve mannamo in B" in un derby giocato e vinto un 18 marzo come oggi ma di 40 anni fa, col casino scatenato proprio dal Tassinaro per issarlo), è una testimonianza di un affetto puro e senza interessi per una squadra che ha fatto la Storia del calcio con le sue vittorie e i suoi trionfi nell'Europa.

Ecco, quando vedrete sventolare quel bandierone che i ragazzi del Tassinaro portano ogni domenica all'Olimpico in Tevere, pensate a quanta storia c'è dietro, a quanta passione per i colori biancocelesti rimanda quel volto. E pensate a quello slogan di una volta che è sempre attuale: Noi con la voce, voi con il cuore. Per tornare a vincere. Come avrebbe sognato il Tassinaro.

l'omaggio di Lulic al Tassinaro

Lazio, il Parma è cotto. Le Pagelliadi

di FRANCESCO TRONCARELLI


8 e mezzo a Lupo Alberto - Una Lazio scoppietante e ben messa in campo, ha calato il poker sul piatto di un Parma cotto più che mai e nel complesso ben poca cosa. Si sono riviste belle geometrie di gioco e reti da applausi che la dicono tutta sulla qualità di questa squadra. Insomma l'onda lunga del grande derby giocato e vinto, ha ripreso a travolgere gli avversari di turno. Ora saranno dodici finali (coppa Italia compresa) da giocare sino al termine, tutte da vincere. Punto. Applausi al Ciuffo biondo tornato a far impazzire il mondo che ha firmato una doppieta d'autore. Bravo.

8 a veni, vidi, Lulic al 71° - Il sigillo con cui ha timbrato questa schiacciante vittoria, è la testimonianza del suo esserci sempre, del suo attaccamento alla maglia, del suo amare la gente laziale che gli è grata per la gioia infinita del 26 maggio. Segna Senad e siamo tutti contenti, perchè è come se avesse segnato uno di noi. Battiamo le mani ai veri laziali.

7 e mezzo  Correa l'anno 1900 - "Come è bello fa er laziale co' Correaaa", avrebbe cantato sicuramente Anna Magnani, lazialotta storica che lanciò questa canzone anni fa con la parola "amore" al posto di laziale. Perchè amore nel nostro caso è sinonimo di Lazio e a cascata di buon calcio e quindi di un Tucu di classe che lui ha e mettte a disposizione dei compagni. Grandissimo.

7 a Somarusic - S'è svejato! Come er sor Marchese. Aò, ha fattro un gol che lèvate: na sassata tra palo e portiere che manco lui sa come j'è uscita fuori. Come Rita Pavone con la ragazzina ambientalista Greta. Della serie chi la spara più grossa.

6 e tre quarti al Sergente - Sembrava che dovesse finire alla municipale, fuori dall'esercito e degradato sul campo. Vigile a piedi, manco con la moto, a controllare le licenze delle bancarelle, neanche il traffico.  E invece a sorpresa, tiè, uno scatto d'orgoglio con cui si è ripreso divisa e pistola d'ordinanza. E così anche le quotazioni sono risalite: ora vale mezza piotta, vitto e alloggio compresi e ricariche pagate per un mese.

6 e mezzo a Lucas 2.0 (quello che ride) - Metronomo. Metronotte. Metrobus. Come lui nessuno mai insomma.

6 e mezzo ad Antonio Elia Acerbis (Lazio del meno 9) - Il Ministro della Difesa. Conte, per quel che conta, prenda nota.

6 + a Innamoradu - Continuando di questo passo, raggiungerà il record dei record delle presenze con la maglia con l'Aquila sul petto. E allora sarà festa grande. Come quella in casa del Pallone boro, che non ha vinto niente ma in compenso ha il record dei derby persi da un giocatore nella storia della stracittadina. L'unica consolazione per comprare du pastarelle e brindà co' na' Fanta.

6 a Sylva Strakoshina -  Quando ala fine del primo tempo ha improvvisato una gambeta alla Carrizo su un Inglese che passva da quelle parti, un lungo brivido ha attraversato le schiene dei 40mila presenti. Una strizza incredibile che ha provocato corse ai bagni del tipo di quelle che prendono quando si assiste alle performance della Litizzetto. Poi nessun altro show temerario ed ha chiuso come Nino D'Angelo a Sanremo, senza colpa. La colpa infatti è di chi l'ha voluto lì.


6 a Patric del Grande Fratello - Quel retropassaggio è stato fantastico. In pochi secondi ne ha fatta una così grossa, che al confronto le cappellate in serie di Mauricio Costancio Show e Fortuna solo di nome Wallace messi insieme sarebbero diventati Burgnich e Facchetti della grande Inter di Herrera.
Ma lui è così, molto fumo e poco arrosto e quando la proporzione si capovolge e l'arrosto si rosola troppo (come è accaduto contro questo Parma sbilenco che abbiamo incontrato) sfornando una bella prova, deve assolutatamente mettere in mostra il suo lato migliore. Quello delle frescacce. Roba che se se ne accorgono in Ucraina, lo mettono al bando come Toto Cotugno e Al Bano. Noi intanto lo mettiamo in sotto aceto come Pupo. Sperando in tempi migliori.

5+ ar Pantera - E' durato sei minuti (gran tiro su girata), poi è caduto in letargo. Pachidermico come un elefante del circo Orfei, immobile come un Moai dell'Isola di Pasqua, imbalsamato come un Tutankamen qualsiasi. Sipario. Ma meno male che la Lazio c'è.

La Lazio esulta e il Tassinaro benedice dalla Tevere

Appunti di gioco
di Roberto Taglieri

Domenica, 17 marzo 2019
La Lazio abbatte il Parma. Una partita senza storie vede già i biancazzurri in vantaggio per 4-0 dopo la fine del primo tempo: Marusic, doppio Luis Alberto e Lulic sono gli autori dei gol; di Sprocati la rete della bandiera nella ripresa per un 4-1 finale davvero perentorio. Per la 28sima di Campionato i biancocelesti non possono più commettere passi falsi; Inzaghi però oggi è costretto a fare a meno di Immobile, fermato dal giudice sportivo: ci sono Caicedo e Correa con Luis Alberto a rifornirli. Il Parma invece, che gode di un tranquillo 11simo posto in Classifica, può contare sul ritorno di Bastoni che va in panca, ma piange l’assenza di Scozzarella, squalificato e di Stulac infortunato; in avanti c’è Gervinho con Inglese e Siligardi. Grande tifo all’Olimpico: oltre 35.000 spettatori accorrono a sostenere i biancocelesti, che al 5’ vanno subito alla conclusione con Caicedo, alta non di moltissimo, che si ripete al 10’ ma trova Sepe a sbarrargli la strada. Il Parma soffre un po’ la pressione laziale, che domina a centrocampo ma è troppo sterile in avanti. Al 21’ comunque arriva la prima rete con Marusic, servito bene da Milinkovic, che in scivolata col destro fa passare la palla tra palo e portiere e sigla il vantaggio biancoceleste. Passano solo 2’ e in ripartenza la Lazio si procura un rigore per un netto fallo di mani di Iacoponi in area. Va alla battuta Luis Alberto, che spiazza Sepe e porta a due le reti degli uomini di Inzaghi. La Lazio, forte del 2-0 si siede un po’ e non preme più di tanto; fa fare giro palla e senza troppo slancio firma ugualmente la tripletta al 38’, quando Luis Alberto riceve da Correa e mette un rasoterra imparabile in fondo alla rete. Il ritorno degli emiliani è praticamente nullo ed il primo tempo finisce addirittura con la Lazio che fa poker. L’occasione di Correa è sventata dal portiere in corner; dal calcio d’angolo seguente il pallone va a Lulic, che fa 4-0 con un piattone destro. Dopo il riposo la gara diventa pura accademia: entra Gazzola, poi Cataldi ma intanto Correa scalda le mani di Sepe al 61’. C’è posto anche per Ceravolo e Neto; Cataldi al 74’ sfiora il palo, poi Lulic cede il posto a Durmisi proprio quando arriva il gol del nuovo entrato Sprocati, che al 77’ approfitta di un pasticcio difensivo causato da Patric e con un diagonale mette la palla alle spalle di Strakosha. Le ultime cose di rilievo sono il coro della Nord per Simone Inzaghi ed il quinto gol fallito allo scadere prima da Correa e poi da Durmisi. Inzaghi ed i suoi uomini questo pomeriggio azzeccano tutto, annientando un Parma mai sceso in campo e si aggiudicano così la tredicesima vittoria in questo Campionato. I biancazzurri, oggi davvero insuperabili, grazie a questa affermazione salgono a quota 45 ma sempre con una partita in meno, che se vinta può valere il quinto posto in solitario, visti i risultati delle dirette concorrenti. La Lazio ed i suoi fans si godono la sosta col morale altissimo ma da ora in poi saranno tutte gare difficilissime, a cominciare dalla trasferta con l’Inter alla fine del mese.           

    
LAZIO  PARMA 4–1 22’ Marusic  25’ Luis Alberto  38’Luis Alberto 44’ Lulic  77’ Sprocati
LAZIO: Strakosha, Patric, Acerbi, Radu, Marusic, Leiva (60’ Cataldi), Milinkovic, Lulic (75’ Durmisi), Luis Alberto, Correa, Caicedo (65’ Neto). All: Inzaghi
PARMA: Sepe, Iacoponi, Alves, Gagliolo, Di Marco, Biabiany (70’ Sprocati), Kucka, Rigoni, Siligardi (56’ Gazzola) Gervinho,  Inglese (63’ Ceravolo). All. D’Aversa
Arbitro Banti

venerdì 15 marzo 2019

Amadeus verso Sanremo

di FRANCESCO TRONCARELLI




Sarebbe la ciliegina sulla torta. Il meritato ricoscimento ad una carriera costruita passo dopo passo, dalle radio locali ai grandi show televisivi, con serietà, dedizione e soprattutto grande professionalità. Una bella soddisfazione per chi come lui ha fatto tanta gavetta ed ha saputo rimboccarsi le maniche quando le cose non andavano bene e il vento del successo era girato.

Amadeus potrebbe essere il conduttore del prossimo Sanremo. L'indiscrezione filtrata dai piani alti di viale Mazzini, è subito esplosa sui media suscitando consensi e apprezzamenti dappertutto, a cominciare dai social dove è rimbalzata imediatamente raccogliendo commenti favorevoli dal popolo del web per proseguire nelle emittenti radiofoniche con le dirette entusiastiche degli ascoltatori.

Sanremo 2020, sarà l'edizione numero 70 del festival, un'edizione importante perchè verrà celebrata come anniversario di una manifestazione canora che da sempre interessa il Bel paese, vero e proprio fenomeno di costume che per una settimana coinvolge tutti, anche quelli che snobisticamente dicono di non vederlo ma poi lo guardano per criticarlo, alimentando indirettamente un successo che già di suo non ha rivali.

In questo contesto celebrativo (70 anni di Sanremo), si era già pensato appena terminata la "seconda volta" di Baglioni, ad una soluzione interna per valorizzare le risorse e gli artisti di casa Rai. Ora arrivano queste voci che confermano le intenzioni dei vertici Rai di premiare i propri uomini.

Amadeus con la moglie Giovanna e il figlio Josè Alberto

E Amadeus in effetti sarebbe la scelta ottimale, il personaggio giusto per voltare pagina, un conduttore doc lontano da potentati esterni (e il famoso conflitto d'interessi denunciato da Striscia la notizia) competente per quanto riguarda il discorso musicale e capace di risolvere querelle e questioni impreviste con intelligenza e tatto, come ha dimostrato tenendo a bada i tutor (e i loro eccessi dialettici) del programma "Ora o mai più", ennessimo successo della sua carriera.

Registrato all'anagrafe di Ravenna il 4 settembre del 62 come Amedeo Umberto Rita Sebastiani, ha iniziato grazie a Claudio Cecchetto come disc jockey insieme a Fiorello, Jovanotti e Marco Baldini, negli anni 80 a Radio Deejay e successivamente si è affermato come conduttore televisivo a partire dagli anni 90 conducendo diversi quiz e programmi di intrattenimento sia sulle reti Rai sia in quelle Mediaset.

Ha presentato più edizioni del mitico Festivalbar, "Buona domenica" su Canale 5,  Il "Quizzone" e "Matricole" su Italia 1, fino a trovare la sua collocazione ideale nel preserale con successi che hanno portato numeri incredibili per lo share con "l'Eredità", gameshow entrato nella storia della tv. E ancora tra i tanti programmi di successo, "Reazione a catena", "L'anno che verrà" e i "Soliti ignoti".

Allegria genuina unita a garbo e senso della misura, caratteristiche che ricordano la conduzione di Fabrizio Frizzi, le sue qualità umane e professionali che lo hanno fatto diventare un beniamino del pubblico. Che lo hanno fatto diventare Amadeus, uno dei migliori e più apprezzati personaggi del mondo dello spettacolo.

Ora o mai più

Mancano ancora molti mesi alla messa in onda della settantesima edizione del Festival, un periodo lungo in cui i rumor si rincorreranno, come quello che indicava una conduzione corale per celebrare la storia della manifestazione canora (con la Clerici e Conti), ora però la candidatura di Amadeus (per il quale la direttrice di Rai 1 Teresa De Santis stravede) sembra la più forte.

Staremo a vedere, considerato che Baglioni ha fatto capire che sarebbe pronto per il terzo anno consecutivo al di là del calo degli ascolti e delle polemiche e forte delle sue scelte che comunque hanno portato alla ribalta musica e volti nuovi per il grande pubblico. Registriamo in ogni caso il pensiero di Amadeus che al riguardo si è espresso con molta diplomazia e soprattutto serenità

"Sanremo è ovviamente il massimo per uno che fa il mio mestiere. Sanremo appartiene alla tradizione del nostro paese, è una specie di Carnevale di Rio nostrano. Il Festival l'ho sempre seguito fin da ragazzino, per passione prima e per lavoro poi. Chiunque faccia il mio mestiere sogna di condurlo prima o poi. Detto questo, mi piace dire che ora ho la fortuna di lavorare tanto e bene, quindi non ne faccio una malattia: se dovesse però capitare ben venga. Va fatto bene, dove uno si assume anche la responsabilità di tutte le scelte. Sanremo ti capita una volta nella vita ed almeno quella volta è giusto farlo come lo vuoi fare".

martedì 12 marzo 2019

Un grande amore e niente più, ora è un film

di FRANCESCO TRONCARELLI


Quando si dicono le coincidenze. Il 10 marzo del 1973 Peppino di Capri vinceva il Festival di Sanremo con "Un grande amore e niente più", delicata poesia scritta da Franco Califano e musicata dall'artista napoletano e ora, nell'anniversario della ricorrenza, arriva la notizia che questo brano diventato un evergreen del nostro pop, sarà la colonna sonora di un film con Sergio Muniz e Vanessa Gravina.

Mentre sui social e nelle pagine dedicate si ricorda il successo sanremese che segnò il ritorno alla grande del re del twist, lo stesso brano che diede vita a quel momento d'oro per di Capri (sigla di Rischiatutto con "Amare di meno", finale di Canzonissima con "Champagne), torna prepotentemente d'attualità con la sua melodia indimenticabile, il suo fascino accattivante e le sue atmosfere avvolgenti.

Un caso certo, ma sicuramente una piacevole fatalità che permette di riascoltare un pezzo molto bello che si presta ottimamente per fare da colonna sonora ad un film firmato dal bravo Pasquale Falcone, che già nel titolo «Alessandra - Un grande amore e niente più», dà un'indicazione precisa della storia in lavorazione.

E' una commedia romantica che si svolge e viene raccontata con tre storie d'amore che riguardano tre generazioni sottolineate dalla musica e dove il brano di Peppino fa da fil rouge al racconto ambientato in Campania, in scenari suggestivi del Cilento, la Costa D'Amalfi e Cava de’ Tirreni con esterni anche su Roma. Le riprese inizieranno il 6 maggio prossimo.

Nel cast Sergio Muniz, Vanessa Gravina, Eleonora Facchini e Rosaria De Cicco. Tra i protagonisti anche alcuni maestri della pizza e affermati food blogger italiani che interpreteranno il ruolo di sè stessi come Gino Sorbillo, Salvatore Lionello, Vincenzo Capuano, Vincenzo Falcone Delicious, Egidio Cerrone (noto come Puok&Med), ItalianFoodPorn e Marco Infante.
 
Il cast di Alessandra
«Alessandra è un film che nasce da un’ispirazione vera e sincera - spiega il regista Falcone-. Potrebbe essere paragonato al film "Mamma mia!" con le musiche degli Abba. Abbiamo puntato su unagiusta commistione tra commedia e film muscale, senza lasciare che uno dei due elemnti prevalga sull'altro. Alcuni brani inediti e la bellissima canzone portat al successo d Peppino di Capri, rielaborato per l'occasione dallo stesso autore, sostituiranno in parte i dialoghi della commedia in modo naturale, in un film che usa mezzi espressivi oltre la recitazione tradizionale".

Francesca e Roberto sono poco più che diciassettenni e vivono la loro vita in modo spensierato e si amano. Un giorno Francesca scopre di essere incinta ma Roberto,sconvolto dalla notizia, si allontana da lei. Francesca, con l’aiuto di sua madre, mette al mondo una bambina: Alessandra.
All’età di 25 anni, Alessandra incontra un ragazzo di nome Valerio, del quale si innamora. Col tempo scopre però che è figlio del suo padre naturale e quindi sono fratelli unilaterali, ma… La storia continua con intrecci e peripezie che rccontano l'amore attraverso tre generazioni.

Il brano principale del film, che dà anche il sottotitolo allo stesso, è come dicevamo la famosa canzone di Peppino di Capri, per l'occasione riproposta con un nuovo arrangiamento che ha lasciato inalterato il fascino del pezzo.

«È una storia un po' come 'Il tempo delle mele' - ha detto il cantautore - La mia canzone si presta benissimo. L'arrangiamento sarà più attuale, più vicino alle nostre generazioni e ai suoni di adesso, mi sto adoperando in tal senso. Il fatto che hanno scelto questo brano mi ha fatto immensamente piacere, non solo perchè nel nostro piccolo cercheremo di offrire un buon prodotto alla commedia musicale italiana, ma perchè mi permette di riporporre un brano che ho composto con un amico vero».



 L'amicizia tra Peppino e Califano fu alla base di questa successo, il loro essere "colleghi" non solo sul palco ma anche nella vita fu una prerogativa importante di un sodalizio umano e artitico saldissimo.  "Franco è stato un qualcosa di unico, un punto di riferimento e non solo per questo brano con cui vinsi il festival. Lui ti coinvolgeva in tutto e per tutto nella quotidianeità. Era un artista unico, capace di scrivere qualsiasi pezzo, un sarto buono per tutte le stagioni, dal pezzo impegnato a quello più scanzonato e orecchiabile. Qualsiasi cosa faceva gli riusciva davvero bene perchè ci metteva l'anima». 

«Erano gli anni d’oro dei locali notturni, ci si ritrovava e spesso noi eravamo in difficoltà davanti a questo personaggio così spregiudicato. Io l’ho definito il Patty Pravo al maschile. Aveva anticipato Vasco Rossi, aveva carattere e personalità. Noi andavamo sul palco timidi, lui invece era spregiudicato, ma era straordinario oltre che bello, sempre circondato da belle donne. Io poi, non potevo proprio competerci, ero il più brutto del gruppo tanto che mio suocero un giorno mi disse "ti può sentire ma non ti si può guardare».

«Di Franco potrei ricordare mille aneddoti, ma quello più simpatico è legato porpio a quando stavamo lavorando al testo di "Un grande amore e niente più". Stavamo in albergo, scrivevamo e poi cambiavamo tutto, abbiamo sofferto quattro notti perché non ci convinceva poi, alla quinta finalmente è nata la canzone che portai a Sanremo nel ’73 vincendolo, il testo definitivo me lo passò all'alba sotto la porta perchè ero esausto ed ero andato a dormire». E nacque così una gemma che dopo più di quarant'anni brilla ancora.


lunedì 11 marzo 2019

Lazio a due facce. Le Pagelliadi

di FRANCESCO TRONCARELLI



6 e mezzo al Ciro d'Italia - Se fosse finita al primo tempo, la partita la Lazio l'avrebbe vinta a mani basse, non tanto per il gol segnato, ma per volume di gioco, supremazia tecnico tattica e "quasi gol" per dirla alla Bruno Pizzul. Purtroppo i match durano 90 minuti e così quello che sembrava un trionfo annunciato si è rivelato un pareggio scontato per il ritorno dei viola e il calo (un classico) dei nostri. Copertina al bomber de noantri che ha messo l'ennesimo sigillo (numero 13) che aveva illuso un po' tutti.

6 e mezzo a Patric del Grande Fratello - Il fenomeno che non ti aspetti. Come Paolo Vallesi a "Tale e quale". Il casinista che è in lui è stato sopraffatto dal giocatore che non è lui e finalmente si è visto qualcosa di buono. Specialmente nella seconda frazione di gioco quando i più titolati compagni di merende si erano ritirati nel guscio. Adelante Brillantina, continua così che te riammollamo al Barcellona.

6 e mezzo a Correa l'anno 1900 - Questa Lazio non può fare a meno di lui. E' un Tucu di classe fondamentale per quagliare. I suoi lanci, i suoi scatti, le sue azioni sono sempre determinanti oltre che belli a vedersi. Se continua a questi livelli arriveranno buone notizie.

6+ a Lupo Alberto - Il ciuffo biondo fa sempre impazzire il mondo, ma dura troppo poco. Dal manuale del Kamasutra, pagina 69: "se avete difficoltà, rivolgetevi senza indugio a Rocco Siffredi, lui vi darà la dritta giusta".

6+ a Somarusic - Il Sonnambulo che non ti aspetti. Come il Marchese del Grillo: s'è svejato!

6 ad Antonio Elia Acerbi - Il solito colosso, ma co' quei nanetti viola che gli spuntavano da tutti li pizzi si è trovato in difficoltà. Un po' comei ragazzi del Volo a Sanremo con tutti quei trapper: volevano cantare la solita messa cantata è arrivato Mahmood e hanno detto amen.

6 a Lucas 2.0 - Il tappabuchi. Come Amadeus. Dove lo metti sta.

6 a Sylva Strakoshina - Sul gol è come Toninelli ministro: incolpevole. Perchè la responsabilità non è sua ma di chi ce l'ha messo.

5 e mezzo a Innamoradu - Un solo imperdonabile errore nell'azione del gol avversario. Come Di Maio che si è fidato di Salvini.

5 e mezzo a veni, vidi, Lulic al 71° - Tanto fumo e poco arrosto. Avete presente Giachetti alle primarie del Pd?

5+ al Sergente - Uno, nessuno, centomila. A tratti come Esorciccio, latitante come sa-sa-sa-prova microfono Savic, desaparecido come monsignor Milingo. Valeva 150 cucuzze, ora si e no una cena da Cencio alla parolaccia. Se continua così però, manco un etto de pecorino e pure senza fava, sic.

5 a Rodolfo Bada - E' entrato al 75°. Ma in pratica è rimasto in panchina. Sipario.

Appunti di gioco
di Roberto Taglieri

Domenica, 10 marzo 2019
Tra Fiorentina e Lazio è solo un pareggio. Nel posticipo della 27sima di Campionato al “Franchi” i biancazzurri disputano un ottimo primo tempo siglando il vantaggio con Ciro Immobile, ma poi rinviene la Fiorentina che nella ripresa perviene al pareggio con Muriel per l’1-1 finale. Dopo la grande euforia del derby per la squadra di Inzaghi c’è il pericoloso banco di prova dei Viola. Il mister biancazzurro schiera la stessa squadra che ha battuto la Roma, uniche varianti Patric in difesa ed Immobile che ritrova il suo posto da titolare dal primo minuto. Pioli dal suo canto può disporre della rosa al completo, tranne che per Pjaca, infortunatosi al crociato e ormai fuori gioco sino a fine stagione e del portiere Lafont, sostituito da Terracciano. Il tecnico di Parma decide per un 433 col solo ballottaggio in avanti tra Mirallas e Gerson, vinto alla fine da quest’ultimo. Dopo il fischio d’inizio di Orsato, che arbitrò anche l’andata, c’è grande equilibrio tra le due squadre, ma la stabilità si spezza dopo il 20’. Infatti una grandissima occasione per la Lazio è vanificata sul palo da Terracciano, che devia un tiro da distanza ravvicinata di Immobile. Il gol è rimandato di pochissimo, perché al 23’ dopo un fraseggio tra Correa ed Immobile è quest’ultimo a imbustare la rete del vantaggio laziale con una bordata di destro da oltre 20 metri, imparabile per il portiere viola. Alla mezz’ora la Fiorentina trema ancora col tiro di Milinkovic, deviato in angolo da Terracciano ed ora la Lazio gioca davvero bene. Esce Chiesa per un problema muscolare, ma è ancora la squadra biancoceleste ad impensierire gli avversari prima al 38’con Correa, poi al 43’ con Immobile ed in entrambi i casi trova ancora i guanti del portiere toscano pronti alla parata. Nel secondo tempo Pioli sostituisce Fernandes con Mirallas, ma c’è subito Milinkovic che per due volte non inquadra la porta. La Fiorentina cresce però dopo i primi minuti e prova a spingere; trova prima un tiro un po’ sporco con Mirallas al 60’ e poco dopo arriva il pari: ancora Mirallas crossa in mezzo per Muriel, che trafigge Strakosha con una deviazione di sinistro in mezzo all’area. Dopo il pari le marcature si snaturano e Mirallas al 64’ in contropiede calcia alto da posizione ottima. Inzaghi fa uscire Lulic per Badelj e la Lazio si piazza col 433; poi esce anche Luis Alberto per Romulo. Nel finale va fuori anche Radu per Bastos, le due squadre si annullano e non succede quasi nulla; negli ultimi minuti i biancazzurri cercano il vantaggio con le ultime energie ma non impensieriscono la Fiorentina e la gara termina col risultato di 1-1.  Una Lazio Penelope mette in mostra un primo tempo perfetto, rischiando addirittura di dilagare e si fa raggiungere nella ripresa, giocata in modo troppo attendista e privo della giusta concentrazione dagli uomini di Inzaghi. E’ un pari che non serve ai biancazzurri, che oggi sprecano una grande occasione e si distaccano forse definitivamente dalla Champions. Ma a questo punto, dopo i risultati di oggi che premiano Torino ed Atalanta,  il pericolo è anche quello di non centrare la settima posizione, visto che i biancazzurri a quota 42 sono scivolati all’ottavo posto, pur se con una partita da recuperare. Il cammino verso l’Europa League ora è sempre più difficile.         

    
FIORENTINA  LAZIO  1–1      23' Immobile  60’ Muriel
FIORENTINA: Terracciano, Milenkovic, Pezzella, Ceccherini (79’ Hugo), Biraghi, Fernandes (46’ Mirallas), Veretout, Gerson, Chiesa (36’ Simeone), Muriel.  All. Pioli
LAZIO: Strakosha, Patric, Acerbi, Radu (82’ Bastos), Marusic, Leiva, Luis Alberto (74’ Romulo), Milinkovic, Lulic (67’ Badelj), Correa, Immobile. All Inzaghi  
Arbitro Orsato


domenica 3 marzo 2019

Lazio padrona di Roma. Le Pagelliadi

di FRANCESCO TRONCARELLI


10 al Pantera - Una grande Lazio ha asfaltato la "squadra più forte del mondo" come la stampa romana definisce senza vergognarsi il team nato da una fusione voluta dall'alto nel 1927. E' stata una grande vittoria, che ha ristabilito i valori di supremazia tecnico tattica esistenti nella nostra città confermando anche sul campo chi sia la Prima squadra della Capitale, la Lazio. Copertina di questo trionfo che porta la firma soprattutto di Inzaghi (ottima la formazione schierata e superazzeccati i cambi), al bomber equadoregno. Un gol da manuale, da rapace dell'area; ha nesso a sedere il portiere avversario e mandato in tilt core 'ngrato Kolarov. Grandissimo.

10 al Ciro d'Italia - Era in panchina, non era in forma, problemi fisici. Poi quando il mister gli ha detto vai, ha stretto i denti e si è buttato nella mischia. Come un leone, ferito magari ma dal ruggito che fa paura. Il rigore che ha tirato assumendosi la responsabilità davanti ai 160 paesi collegati televisivamente, ha detto che è lui il re del derby, con un altro sigillo importantissimo, quelo del 2 a 0 che ha stroncato le gambe ai poveri giallorossi. Grandissimo.

10 a Massimo Di Cataldo - Un gol nel derby, e che gol, quello del trionfo, quello del tabula rasa, quello che ogni romano che ha nel cuore i colori biancocelesti ha sempre sognato sin da bambino: segnare alla roma. Grandissimo.

9 a Sylva Strakoshina -Una certezza. Tante parate e un po' di lato b che ce sta tutto quando uno jel'ammolla. Ma soprattutto due interventi che hanno deciso le sorti del derby. Il primo al 23° su er Geko, il secondo al 67° sul nipote de Nonna. Due momenti topici che potevano riaprire (si fa per dire...) il match. Bravo, te sei meritato la stima del popolo biancoceleste.

9 a Correa l'anno 1900 - Li ha mandati al manicomio con quei dribbling, li ha fatti smarrire con la sua classe, un Tucu di bravura che ha disorientato Capitan futuro (non si sa di quale tempo) e compagnia cantando. Applausi baby sei un fenomeno e jelo hai dimostrato.

9 a Innamoradu e veni, vidi, Lulic al 71° - La vecchia guardia colpisce ancora. E mette il punto. Battiamo le mani ai veri laziali. A vita.

9 a Lucas 2.0 (quello che vince, altro che Biglia) - Ma lo avete visto? Ha spazzato palle, ha rubato palloni, ha smistato giocate. Un mastino dal volto umano. Una sicurezza in mezzo al campo. Un conducator che dalle retrovie ha preso la squadra per mano e l'ha portata a vincere.

9 ad Antonio Elia Acerbis (Lazio del meno 9) - Non aveva mai vinto contro i romanisti fino ad ora. Ma questa volta ha pareggiato il conto alla grande partecipando a una partita che resterà nella storia della stracitaddina per risultato, secco, dominio assoluto e rosicamento degli avversari. E scusate se è poco.

9 al Sergente -  E' tornato. Ateltico, tignoso, ideatore e sognatore. Vabè, non stamo sui 150 pippi ma na ottantina li rivale. E daje.

9 a Lupo Alberto - Il ciuffo biondo che fa impazzire il mondo. E mo Fabio Fazio daje er Crodino.

9 a basta Bastos -  Aveva davanti 3 palloni d'oro, due ciavatte d'argento e na cinquina de facce de bronzo: j'ha fatto bu bu settete e l'ha messi a cuccia.

9 a Somarusic - E' come Michele Pecora a Ora o mai più, l'anello debole della trasmissione di Amadeus, ma per lui come per il nostro vale la legge di Murphy al contrario (siamo la Lazio del resto e spesso le cose vanno al contrario): se le cose vanno bene, vanno bene pure le pippe al sugo.

9 a dillo a Parolo tuo - Parolo-Parolo-Parolo, Parolo-Parolo-Parolo, Parolo-Parolo-Parolo soltanto Parolo, Parolo per noi (cit. Mina e Alberto Lupo). E loro muti.

+1 al Cappetano futuro del futuro prossimo a venire Zaniolo - I presunti capiscioni l'hanno salutato come il nuovo Totti. Vero. Ha subito iniziato perdendo il derby. Aò, può battere il suo record di giocatore che in tutta la storia delle stracittadine ne ha perse di più. E ho detto tutto.

Appunti di gioco
di Roberto Taglieri

Sabato, 2 marzo 2019

Il 152simo derby della capitale è della Lazio. Nell’anticipo della 26sima giornata i giallorossi affondano: apre Caicedo nel primo tempo, di Immobile e Cataldi le realizzazioni nella ripresa per il rotondo 3-0 che premia i biancocelesti, autori di una partita quasi perfetta. La Roma arriva a questa stracittadina dopo la vittoria di Frosinone all’ultimo respiro: per Di Francesco non c’è Manolas indisponibile all’ultimo minuto per un problema intestinale, il ballottaggio tra Nzonzi e De Rossi è vinto alla fine da quest’ultimo. Inzaghi invece deve fare i conti con lo stiramento di Immobile, che all’ultimo dà forfait ed è rilevato da Caicedo. Il mister biancazzurro, che dispone Radu e Bastos a fianco di Acerbi, ancora oggi decide per Marusic a destra, infine davanti ci sono Correa e Luis Alberto. La rincorsa al quarto posto delle due formazioni passa da questa gara, che inizia con grande intensità e dopo qualche schermaglia iniziale si sblocca in favore della Lazio. Al 12’ da una rimessa laterale veloce il pallone va a Correa, il taglio è per Caicedo che dribbla tutti, anche Olsen e deposita in rete il vantaggio biancazzurro. Al 22’ sul tiro di Dzeko dai 16 metri è Strakosha a respingere a lato; la squadra di Di Francesco non fa molto per recuperare, ma dopo la mezz’ora prova a spingere senza trovare alcuno sbocco. La Lazio invece controlla senza grossi sussulti fino al termine del primo tempo. Nella ripresa subito Zaniolo ci prova con un tiro in scivolata che si perde sul fondo; poco dopo Olsen cattura un pallone su cui si stava per avventare ancora Caicedo. Sembra però in difficoltà la Roma, che non trova il bandolo del gioco e si fa quasi sempre anticipare dalla squadra biancazzurra, più pronta e concentrata. Al 58’ il  tiro dalla distanza di El Shaarawy trova ancora Strakosha che neutralizza in angolo, poi arriva una girandola di sostituzioni. Esce Zaniolo per Perotti, risponde Inzaghi togliendo tra gli applausi Caicedo per Immobile, infine Pastore rileva De Rossi. Al 66’ Florenzi ci prova dalla distanza: è una traiettoria stranissima che Strakosha riesce a deviare in corner. Ora è la Roma a prendere vigore, rischiando di pareggiare con Pastore che gira fuori da due passi. Ma i biancazzurri sono cinici e pronti a colpire: infatti in contropiede al 71’ Correa s’invola, Fazio lo atterra in area e Mazzoleni decreta il calcio di rigore. Va alla battuta Immobile, che supera Olsen e porta a due le reti laziali. Inzaghi si copre mettendo Cataldi al posto di Correa, la Roma con la forza della disperazione si riversa in attacco ma non combina nulla. E’ invece la truppa di Inzaghi a tenere alta la concentrazione e a siglare il terzo gol quasi allo scadere: la sponda di Milinkovic è per Cataldi, che in posizione centrale col sinistro mette all’incrocio dei pali la tripletta biancazzurra che pone la pietra tombale sulla gara. Prima della fine qualche giallorosso perde le staffe, Kolarov è espulso e tra i fischi del pubblico la Lazio si porta a casa il risultato pieno e l’enorme soddisfazione di aver asfaltato i cugini. Grande prova d’orgoglio della squadra biancazzurra, che fa girare a suo vantaggio una partita sempre ben gestita e lottata con grande lucidità per tutti i 90’. Inzaghi è il vero eroe del giorno: oggi il mister biancazzurro non sbaglia niente e si prende tutti gli onori di aver fatto finalmente trionfare i suoi con merito. Per la Lazio, che in casa non vinceva da novembre del 2012, è  un’affermazione dal grande significato: questo successo dà grande morale e consente di non perdere terreno con il quarto posto, mantenendo ancora qualche speranza di riacciuffare la Champions. Per i laziali è una di quelle serate che non dovrebbero finire mai.

LAZIO  ROMA    3–0         12’ Caicedo 73’ Immobile 88’ Cataldi
LAZIO: Strakosha, Bastos, Acerbi, Radu, Marusic, Leiva, Milinkovic, Luis Alberto (69’ Parolo), Lulic, Correa (77’Cataldi), Caicedo (63’ Immobile).  All: Inzaghi
ROMA: Olsen, Florenzi, Fazio, Jesus, Kolarov, Cristante, Pellegrini, De Rossi (65’ Pastore), Zaniolo (61’ Perotti), Dzeko, El Shaarawy (80’ Schick).  All: Di Francesco
Arbitro Mazzoleni

venerdì 1 marzo 2019

Mal, eccolo di nuovo: 75 anni e un nuovo disco

di FRANCESCO TRONCARELLI


C'era una volta il Piper, tempio della musica beat e ritrovo per eccellenza dei giovani che lanciava mode e miti che poi avrebbero seguito tutti. C'era una volta il Piper e gli artisti che ogni sera animavano quel mitico locale esibendosi con le loro canzoni e i loro gruppi rendendo le notti romane frizzanti e all'avanguardia per tutto il Bel paese.

C'era una volta il Piper e "sua eccellenza Mal dei Primitives", idolo delle ragazzine con la minigonna e ugola d'oro di Hit parade che in quel locale di via Tagliamento faceva ballare tutti. C'erano una volta ma ci sono ancora. Certo, qualche anno è passato, ma la voglia di fare musica e regalare emozioni è sempre la stessa e va apprezzata a perciò a prescindere.

Signore e signori, ecco a voi Mal, di nuovo in pista, proprio quella del Piper dove a metà degli anni 60 iniziò la sua carriera insieme a Patty Pravo, i Rokes e l'Equipe 84, dividendo con loro successi e applausi e dove ora ha realizato un brano per ripartire con un tour, della serie il ritorno di Mal. 

75 primavere sulle spalle portate alla grande (e che se non fosse per i capelli non più neri neanche si intuirebbero) e 50 anni di carriera ricca di soddisfazioni e momenti idimenticabili, l'ex capellone che ammaliava il pubblico con quella voce suadente e quella pronuncia particolare (un po' Don Lurio un po' Ollio) Mal regala ai suoi fans un nuovo lavoro discografico dal titolo emblematico “Grazie Piper!", anticipato dall’uscita del singolo "Piper" pubblicato il giorno del suo compleanno appena festeggiato.


L’album, prodotto da Pasquale Scilanga per Clodio Music, contiene 11 brani (tutti riarrangiati) che scandiscono la vicenda artistica del bel tenebroso del pop tricolore, tra cui quelli che sono considerati i suoi clssici, ovvero "Yeeeeeeh", "Bambolina","Parlami d’amore Mariù", "Furia" e la celeberrima "Pensiero d'amore", cover del pezzo dei Bee Gees "I've Gotta Get a Message to You" che cantata da lui ebbe più successo dell'originale del gruppo inglese, che quest’anno compirà festeggia 50 anni dalla sua pubblicazione.

Era il 1966 quando lo sconosciuto Mal, giovanissimo, si ritrovò nel cuore pulsante di una Roma fervida di sperimentazione musicale, una Roma creativa e sognatrice dove si faceva la storia del costume e si dava la linea a chi voleva essere aggiornato, una Roma che si ritrovava in un locale che è stato trampolino di lancio per tanti artisti, il Piper club appunto.

“La mia meravigliosa carriera in Italia cominciò proprio al numero 9 di via Tagliamento – ha ricordato Mal – un luogo ispirato ai modelli inglesi dai quali provenivo e dove avevo iniziato a fare musica con i miei amici”.



Paul Bradley Couling, questo il vero nome con cui fu registrato all'anagrafe di Llanfrchfa nel Galles, e il suo gruppo furono scoperti da due attenti osservatori del mondo giovanile e della musica, Alberigo Crocetta e Gianni Boncompagni che si trovavano a Londra in cerca di idee e contaminazioni, e non esitarono a mettere sotto contratto i ragazzi che si facavano chiamare The Primitives.

Il gruppo musicale, anzi il complesso come allra venivano chiamate le band, conquistò subito la simpatia del pubblico italiano, ma fu soprattutto Mal che, con la sua singolare vocalità ed un look inconfondibile (un'eleganza particolare con giacche di velluto, camice con chabod in stile vittoriano), riuscì a ritagliarsi un posto importante nel panorama musicale italiano, tanto che la casa discografica di allora decise di scrivere a caratteri cubitali sugli album, dopo l'esordio, "Mal dei The Primitives".

Il Festival di Sanremo, il Cantagiro o le discoteche, non c'era luogo che non fosse in grado di ospitare l'energia positiva e trascinante di Mal per la gioia di quanti, ed erano tanti, che lo seguivano. “Il ricordo più bello sicuramente – sottolinea Mal – è stato in occasione di un live al Piper, sull'onda del successo di "Pensiero d'amore", fuori dal locale, le vie principali erano congestionate da ragazzi e ragazze in attesa di entrare per ascoltarmi. È per questo, che ho deciso di incidere una canzone dedicata al Piper; senza questo luogo, la mia carriera probabilmente non sarebbe mai cominciata”.

 


Il nuovo singolo intitolato "PIPER"  è un vero e proprio inno d'amore, attraverso il quale Mal evoca, con un pizzico di inevitabile nostalgia, l’inizio della sua avventura in Italia, ricordi e flash legati agli indimenticabili anni '60 che continuano ad illuminare il suo sguardo e la sua mente, infondendogli ancora oggi emozioni che gli scaldano il cuore.

Il pezzo è accompagnato anche da un video per la regia di Michele Vitiello che si avvale della partecipazione di professionisti rodati come Niccolò Carosi, Enrico Petrelli e Damiano Punzi realizzato proprio nel locale di via Tagliamento fra evocazione e disincanto. La clip descrive il rapporto quasi simbiotico che Mal ha con la musica, unica grande protagonista della sua vita, una musica fatta di ricordi, generazioni, applausi, amori e amicizia. Come quella col talentuoso chitarrista Dave Summer che è ancora con lui a suonare dopo una vita. Una vita per la musica.


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