lunedì 23 dicembre 2019

Lazio la Supercoppa è tua! Le Pagelliadi

di FRANCESCO TRONCARELLI




10 a Simone Inzaghi - Una grande Lazio ha steso la Juventus a Riyad aggiudicandosi la Supercoppa italiana. Un'altro trofeo dopo la Coppa Italia vinta a maggio sull'Atalanta, un'altra vittoria sui poteri forti del Calcio (ma avete sentito la telecronaca?) dopo quella in Campionato, che la dice lunga sull'importanza di questo trionfo. Più forti di tutti, media, sponsor, fenomeni e quant'altro, a dimostrazione che spesso il cuore vince sugli interessi, il gruppo sui paperoni, la passione sul business. E di questo ennesimo trionfo che chiude un anno meraviglioso, si deve dire grazie soprattutto a un uomo, un laziale come noi, uno degli eori dello scudetto del 2000 che con umiltà e tanta intelligenza tattica ha permesso tutto questo. Il suo nome è Simone Inzaghi, la sua professione è insegnare calcio, il suo cuore è biancoceleste. Grazie mister!

10 a Lupo Alberto - Nel segno del Mago. E' stata una magia uscita dal suo cilindro che ha illuminato le notti d'Arabia. Mentre la gente locale invocava icredibilmente un Cristiano (mo' li carcereranno tutti), lui li zittiva con il suo colpo preferito, la stoccata di piatto. L'abbiamo detto e ridetto, da quando ha lasciato il Ciuffo biondo che faceva impazzire il mondo dal barbiere optando per una tinta nera pece alla Marco Giallini e Pavarotti, è migliorato. E soprattutto è l'unico nero che mette d'accordo tutti. Sinistra, destra, centro e voltagabbana. Tutti pazzi per il nero, alla faccia di Checco Zalone.

10 a veni, vidi, Lulic al 71° e da sto giro pure al 73° - La vecchia guardia muore ma non si arrende, dicevano i fedelissimi di Napoleone e questo è stato sicuramente anche il suo motto, quando dopo aver commesso un errore che ha favorito i bianconeri, si sarà sentito morire dentro. Ma il vecchio leone si è arrotolato i calzettoni e rimoboccato le maniche ed è così ripartito all'attacco. Segnando il gol della rimonta, quello che ha fatto capire che ce la si poteva fare. Grande! J'hai fatto scoppià er còre n'artra vorta ai gufi dell'altra sponda che questa volta so' schiattati de brutto.

10 a Massimo de Cataldi - Una punizione incredibile. Un gol meraviglioso. Quello che ha mandato al manicomio la gente laziale e gli juventini collegati "nelle 200 nazioni" in cui veniva trasmessa la partita da tutte le reti televisive. Ed è stato magnifico che a siglarlo sia stato lui, romano de Roma e quindi laziale dalla nascita, cresciuto nel vivaio della società. L'ultimo aquilotto di una storia infinita che ha dato tanti campioni al calcio italiano. Bravo, ancora una rete importante che ti lancia fra i grandissimi della Prima squadra della Capitale.

9 ad Antonio Elia Acerbis (Lazio del meno 9) - E' il vero Ministro della difesa. Mica quello del Conte bis. A proposito, ma chi è? Non lo conosce nessuno, mentre lui ora lo conoscono in tutto il mondo.

9 a Lucas 2.0 (Biglia chi?) - Una prestazione monumentale. Tanto che il monumento di Garibaldi al Gianicolo sarà sostituito con quello del calciatore brasiliano. Del resto Peppino fece l'Italia al grido di O Roma o morte, Leiva ha fatto felice il popolo biancoceleste al grido di Ma l'anima de li mort..de tutti quelli che ce vonno male. E scusate se è poco.

8 a Lazzari alzati e cammina - e corri verso la vittoria. Chi te l'avrebbe detto, manco sei arrivato e già te porti a casa un trofeo. Sei passato dalla Coppa Rica dell'Algida alla Supercoppa de Alì Babà. Nun ce se crede. Come Ceccherini nel Pinocchio di Garrone che per la prima volta fa l'attore per davvero.


8 a chiedimi se sono Felipe - Aveva davanti due palloni d'oro, tre palloni gonfiati e una serie di pallonari a raffica. Ha fatto vede li sorci verdi a tutti. Come Fiorello a Rai Play.

8 a Innamoradu -  Ha collezionato più trofei in dieci anni che sta qua, che er pupone, capitan futuro, capitan domani e capitan dopodomani con mamma al seguito messi insieme. Battiamo le mani ai veri laziali e ai veri vincitori. Tutto il resto è ragnatele nella bacheca.

8 ar Pantera - E' entrato, j'ha fatto bu-bu-settete e li ha mandati tutti de corsa al gabinetto. Solo a guardarlo se la sono fatta sotto. I fenomeni...

8 a dillo a Parolo tuo - A forza di nominarlo pur non giocando (acceccati dal tifo i telecronisti vedevano un'altra partita) è entrato alla fine a furor di popolo spaparanzato davanti la televisione. E così ha contribuito anche lui, lo stacanovista di tante battaglie, alla meritata vittoria.

8 al Ciro d'Italia - Ha tirato la carretta sgobbando come un facchino e occupando ogni centimetro del campo. Centrocampista aggiunto insomma. Come Tiziano Ferro al Sanremo di Amadeus.

8 a Correa l'anno 1900 - Presenza scenografica la sua. Ha fatto numero come una statuina del Presepe. C'era ma non si vedeva. Nè più nè meno di Rocco Papaleo a Maledetti amici miei su Rai 2. Eppure ha fatto il botto insieme agli altri. Come Papaleo appunto. Quando infatti gli è partita la brocca è stato un incubo per le zebre.

8 al Sergente - Se prima valeva 100 cucuzze e tutto il cucuzzaro, dopo sta vittoria a reti unificate in terra saudita vale 100 milioni de barili de benza. Petrodollari, cammelli e dintorni insomma. La sabbia del deserto gliela lasciamo a Tor di Valle per lo stadio.

8 a Sylva Strakoshina - Dice portiere. Ma de che, campione di Briscola in tutti gli stadi del pianeta. E vincere coi fotografi dietro la sua porta che parlavano arabo ce ne vole, solo per chiamà l'asso col fante a tavola ce sarà voluto il traduttore del faraone. Ma che c'importa, è andata no bene, meglio, il cielo sopra Riyad è biancoceleste quello di Roma pure e perciò sarà veramente un Natale felice mentre il sipario sul 2019 si chiude nel modo migliore. Auguri a tutti.

venerdì 20 dicembre 2019

Indimenticabile Walter Chiari


 di FRANCESCO TRONCARELLI


Solo e davanti al televisore 28 anni fa se ne andava uno dei grandi dello spettacolo italiano. Dalla rivista al cinema con Visconti passando per la tv. La storia di un Peter Pan che amava la vita e che tutti amavano per la sua simpatia


Faceva freddo quel 20 dicembre del ‘91, proprio come in questi giorni. Ma a gelare un po’ tutti fu la notizia battuta dalle agenzie al mattino e subito diffusa dai media, della scomparsa di Walter Chiari, uno dei personaggi dello spettacolo più amati di sempre che aveva accompagnato con la sua verve irresistibile e bravura acclarata generazioni di italiani, dal dopoguerra in poi.

Quello che colpì per quella morte inaspettata ad appena 67 anni però e soprattutto, oltre al dispiacere per la perdita di un volto noto considerato un amico di famiglia, fu il modo, il come quell’artista tanto amato se ne era andato: solo, messo all’angolo dal suo ambiente, dimenticato dai più come un libro vecchio o un sopramobile lasciato in cantina dopo aver fatto la sua bella figura per anni nel salotto buono di casa.

La televisione accesa e lui davanti, sprofondato in poltrona, la testa reclinata, gli occhiali sul naso, vestito ancora di tutto punto. Lo trovarono così Walter Chiari, passato dal sonno alla morte quasi senza accorgersene per un infarto, ventotto anni fa. E se non fosse stato per la sveglia che quotidianamente gli davano dalla portineria, è probabile che sarebbero passati giorni prima che qualcuno fosse andato alla stanza 508 a vedere perchè non rispondeva al telefono di quel miniappartamento di quaranta metri quadri coi mobili in serie e le tende alle finestre, dove risiedeva quando era a Milano.

Solo davanti al televisore che sparava a tutto volume suoni e diffondeva immagini in libertà. Come un anziano insonne. Una fine incredibile per uno come lui che la vita l'aveva vissuta intensamente e sempre di corsa nei posti più belli e con le compagnie più affascinanti e da copertina. Una fine da pensionato che vive in triste solitudine, fotografia drammatica di una parabola umana amara e senza l'happy end consolatorio e che forse neanche avrebbe gradito.

Perchè lui era uno che dava la carica e non si piangeva addosso, ma si rimboccava le maniche e ripartiva anche contro vento, solare come era, spericolato e libero come pochi altri. Generoso con tutti, comico per vocazione ma anche attore importante con Visconti (“Bellissima”) e Dino Risi (“Il giovedì”), è stato il primo divo tricolore esportato all'estero in qualità di gettonato rubacuori, due nomi fra i tanti: Lucia Bosè ed Ava Gardner.

Popolarissimo nell’Italia del boom economico, teneva incollati milioni di spettatori davanti al piccolo schermo con monologhi, scenette e barzellette interminabili a "Studio Uno" e "Canzonissima" in quella tv elegante e in bianco e nero fatta da grandi professionisti come lui, Mina e Paolo Panell. Era un personaggio da copertina insomma, richiesto e appaludito ovunque, anche se in fondo era rimasto quello di sempre. Il Peter Pan spavaldo della beata incoscienza giovanile, il ragazzone che faceva ridere gli amici e che tra una seduta in palestra a tirar di boxe e una partita a biliardo in un fumoso bar sui Navigli, studiava il variegato mondo che lo circondava come ogni attore che si rispetti.

Un talento naturale, che nell’improvvisazione dava il meglio. Grande affabulatore, ti inchiodava davanti il piccolo schermo o in platea con le sue chiacchiere mai banali e sempre travolgenti. La sua arte era nello sguardo, la sua bravura era nel sorriso. Un capacità unica nell’intrattenimento che lo fece debuttare nel varietà con la esuberante Marisa Maresca e che poi lo proiettò alla ribalta nazionale in coppia con Carlo Campanini per riproporre i mitici fratelli De Rege col tormentone “vieni avanti cretino" e per presentare scenette entrate nella leggenda come quella del Sarchiapone.

Irresistibile Walter, indimenticabile Walter, intramontabile Walter, grande anche quando finito nel vortice di uno scandalo ingigantito dai media e dalla stampa dell’epoca, per la "neve" che consumava, seppe dignitosamente rimanere ai margini di un mondo, quello dello spettacolo, che aveva dominato a lungo con una mano sola e non disperarsi più di tanto se il telefono non squillava più o squillava molto meno di prima.

Fiero però ed orgoglioso di ruggire ancora ("Romance" di Massimo Mazzucco e "Finale di partita" di Samuel Beckett) come un vecchio leone ferito ma non domo, nel momento in cui qualcuno si ricordava ancora di lui.

Il 20 dicembre di ventotto anni fa poi, il sipario in un "teatrino" di periferia privo del calore del suo amato pubblico. E da allora siamo orfani di un talento puro che non ha avuto uguali né emuli, di un gigante del mondo dello spettacolo la cui statura artistica si nota ancora di più adesso che siamo circondati da tanti improvvisati che fanno questo mestiere senza averne le basi. Ecco perché lo ricordiamo ancora con tanta nostalgia. Indimenticabile Walter…

martedì 17 dicembre 2019

Lazio, all'ultimo respiro! Le Pagelliadi

di FRANCESCO TRONCARELLI


9 al Panter One - Con la Lazio non dite mai è finita. Quando tutto sembrava perso e la partita da dimenticare, i biancocelesti all'ultimo assalto e giocando sino all'ultimo respiro, hanno regalato alla gente laziale una grande vittoria, pesantissima per la classifica e per come si erano messe le cose in campo a Cagliari. Tre punti d'oro che hanno proiettato la squadra di Inzaghi a meno tre dalla vetta, una sensazione bellissima e inebriante che non si viveva da tempo. E' l'ottava meraviglia di una serie che la dice lunga sulla compattezza del gruppo e sul lavoro svolto dal mister. Copertina d'obbligo al bomber ecuadoriano che col suo colpo di testa vincente ha fatto impazzire di gioia il popolo biancazzurro. E come avrebbe detto Boskov, partita finisce quando Caicedo mostra addominali. Daje!

8+ a Lupo Alberto - Se adesso siamo qui a godere come ricci, dobbiamo dire grazie al Tintoretto, sempre più nero pece nei capelli come Al Bano e le sopracciglia di Pavarotti, che da mago qual è ha tirato fuori dal cilindro una bomba che ha gonfiato la rete rossoblu, facendo capire che l'impresa ritenuta impossibile poteva invece realizzarsi. Come per Salemme che ha fatto il botto d'ascolti su Rai 2 con una commedia in diretta che non ha fatto ridere nessuno. Una cosa incredibile.

8 a Sylva Strakoshina - Al 90° minuto era l'unico a salvarsi da un naufragio annunciato. Due parate da sturbo sul finale del primo tempo nel giro di un minuto, prima su Mai-Na-Gioia-Naingolan-fidate e poi su Joao "Pedro Pedro Pedro Pè praticamente il meglio di Santa Fè" della Carrà che avevano limitato i danni. Ecco, fate mente locale, se fosse stato il Paperone che certi capiscioni dicono, sarebbe finita a schifìo, come lo spettacolo condotto da Enrico Ruggeri e la Guaccero su Lucio Battisti. E invece...

6 e mezzo a Meco Joni - Quando anche le pulci hanno la tosse. Nè più nè meno della Litizzetto. Il giocatore più costoso e meno reattivo di tutti che sino ad ora ha combinato solo casini, s'inventa a sorpresa un cross al bacio per il puntero col ciuffo che sbanda a sinistra e la partita è vinta. Incredibile ma vero. Come Conte che ancora è capo del governo senza azzeccarne una.

6 e mezzo a Massimo Di Cataldo - I piedi buoni fanno miracoli. Sanno pure leggere le partite. Se riuscisse poi a nutrirsi con gli occhi sarebbe un fenomeno e segnerebbe più spesso, non avendo così tanta fame da magiarsi i gol.

6 e mezzo ad Antonio Elia Acerbis - Ha ballato un po' troppo là dietro poi seguendo il motto meno haully gully e più pestaje li calli, ha ripreso a macinare recuperando palle e attaccanti avversari. Sino al lancio che ha dato il via al pareggio. E scusate se è poco.

6+ al Sergente - E' il testimonial della squadra. Appariscente e immenso contro la Juventus, sotto tono e impreciso contro gli isolani per gran parte del match. Ma porca paletta, na via de mezzo noo? Tipo Carlo Conti insomma che il lavoro suo lo fa sempre bene senza essere nè Vittorio Gassman nè Bombolo, ma semplicemente Carlo Conti, un uomo per tutte le stagioni televisive.

6 a Correa l'anno 1900 - Quei due tunnel che ha fatto in 30 secondi sono come un acuto di Freddi Mercury, tanta roba.Poi si è perso come un Gigi D'Alessio d'annata.

6 al Ciro d'Italia - Tanto fumo e un po' d'arrosto. Provaci ancora bomber così la prossima banchettiamo con bistecche alla fiorentina. 

6 a Lazzari, alzati e cammina - ma cerca de fallo sempre, no a pezzi e a bocconi come sto giro. Sembravi Sfera Ebbasta a X Factor, una visione orrenda.

6 a Lucas 2.0 (Biglia chi?) - Il vecchio leone è stanco. Come Vittorio Sgarbi che non s'incacchia più come una volta. Fatelo riposare un giro e tornerà più forte di prima. Capra capra, capra.

6 a chiedimi se sono Felipe - Beh, dopo sta vittoria lo sarai sicuramente, ma de cappellate ne hai fatte pure te. Avete presente l'ex ministro Toninelli?

5 e mezzo a veni, vidi, Lulic al 71° -  All'inizio si è involato, col passare del tempo s'è involuto. E' finito involtino.

5 a Innamoradu - Sul gol di Simeone junior s'è fatto uccellare come un Marzullo qualsiasi. Un crollo che al confronto quello di Alessandro Haber che sembra un clochard della stazione Termini è niente. Fabbris dei "Compagni di scuola" di Verdone che di crolli se ne intende avrebbe fatto meglio. Un bel bu-bu-settete al Cholito e l'avrebbe fatto scappare per la paura. Sipario.


Appunti di gioco
di Roberto Taglieri

Lunedi, 16 dicembre 2019
La partita che non ti aspetti. Alla “Sardegna Arena” il posticipo della sedicesima vede i biancazzurri andare sotto dopo soli 8’ di gioco ad opera di Simeone; la Lazio raggiunge in extremis il pareggio grazie a Luis Alberto e quando la gara sembrava ormai finita all’ultimissimo assalto Caicedo di testa colpisce per la seconda volta e consente ai biancazzurri di strappare la vittoria: 1-2 il risultato finale tra Cagliari e Lazio. Dopo il successo con la Juve e la sconfitta di Rennes, Simone Inzaghi torna a giocarsi le sue carte in campionato con gli undici titolari; anche Lulic leggermente affaticato può scendere in campo, così la formazione varata dal mister laziale è la stessa che ha trionfato contro i bianconeri. Maran stasera è ancora senza gli indisponibili Cragno, Castro, Ceppitelli e Pavoletti, oltre agli squalificati Rog ed Olsen. Il 4312 prevede quindi Rafael tra i pali, in difesa Pisacane e Klavan, Ionita che si conquista un posto da titolare accanto a Nainggolan ed infine davanti il “cholito” Simeone. La partita comincia con una buona occasione laziale già al 2’ ma Immobile non riesce a battere forte a rete a tu per tu col portiere. La risposta del Cagliari è bruciante: Joao Pedro, spostato a sinistra, prolunga di testa in area per Simeone, che di prima intenzione evita Radu, calcia a rete di sinistro e sigla il vantaggio rossoblu. La squadra laziale è abituata alle rimonte, gli uomini di Inzaghi si rimboccano le maniche e prendono in mano il gioco, tenendo sempre bassa la squadra di casa. Però il Cagliari, con grande veemenza tiene botta e non consente alla Lazio giocate pulite; la cosa migliore la fa Lulic al 42’ spedendo fuori una punizione di Luis Alberto, ma poi la squadra biancazzurra rischia grosso sulla ripartenza di Nainggolan, su cui Strakosha salva la porta dal possibile 2-0 e poi si rifà anche su Joao Pedro allo scadere del primo tempo. Nella ripresa Inzaghi striglia i suoi per cercare un atteggiamento più aggressivo e subito al 49’ Immobile di testa da distanza ravvicinata impegna Rafael per ben due volte. Esce Lulic per Jony al 56’, Il Cagliari pressa meno e la Lazio guadagna campo; esce anche Leiva per Cataldi ma occasioni pericolose la squadra biancazzurra non riesce proprio a produrne. Al 73’ sugli sviluppi di un possibile rigore per una spinta ai danni di Milinkovic, Simeone in ripartenza si divora il raddoppio spedendo out da ottima posizione. La Lazio però continua a spingere e si espone ai contropiede; pure Joao Pedro sbaglia al 77’, grazie anche al recupero di Acerbi. Nel finale Inzaghi prova con il 433 inserendo anche Caicedo; Maran toglie Ionita per Faragò proprio quando Immobile sfiora il palo lontano e questa è l’opportunità migliore dei biancazzurri, includendo quella di Jony che poteva calciare molto meglio all’88’. Nel recupero arriva però la meritata rete del pareggio: è Luis Alberto a segnare dai 16 metri con un sinistro sporco, che s’insacca dietro le spalle di Rafael. La partita secondo logica dovrebbe finire qui; invece la Lazio spinge ancora, vuole prendersi tutto e ci riesce a un paio di secondi dal fischio finale. Il cross di Jony in area pesca Caicedo, che si dimostra sempre più uomo decisivo e goleador da area di rigore. Il centravanti lziale sovrasta Pisacane ed il suo colpo di testa angolato e preciso batte ancora il portiere del Cagliari e concretizza una rimonta incredibile. Dopo sette vittorie consecutive si pensava ad una fisiologica battuta d’arresto, invece con l’abnegazione, il carattere ed anche con un po’ di fortuna che non guasta mai la squadra biancazzurra ancora una volta ribalta nel secondo tempo il risultato negativo della prima frazione. La Lazio vince ancora ed ora con 36 punti all’attivo si ritrova a sole tre lunghezze dalle capoliste Juve ed Inter, ma ai biancazzurri conviene vivere alla giornata e concentrarsi per il  momento solo sulla Supercoppa italiana. Infatti la prossima partita col Verona verrà posticipata a febbraio per la sfida di Ryad con la Juve. I biancazzurri dopo le feste disputeranno all’Olimpico ben sei gare su sette: un calendario favorevole, che renderà i biancazzurri  davvero padroni del proprio  destino, ma per adesso è vietato pensare a traguardi troppo distanti.  

  
CAGLIARI  LAZIO  1-2     8’ Simeone  93’ Luis Alberto 98’ Caicedo
CAGLIARI:  Rafael, Cacciatore, Klavan, Pisacane, Lykogiannis, Nandez, Cigarini (79’ Oliva), Ionita (82’ Faragò), Nainggolan (90’ Deiola), Pedro, Simeone. All. Maran
LAZIO: Strakosha, Luis Felipe, Acerbi, Radu (79’ Caicedo), Lazzari, Leiva (63’ Cataldi), Milinkovic, Luis Alberto, Lulic (56’ Jony), Correa, Immobile. All Inzaghi 
Arbitro Maresca

mercoledì 11 dicembre 2019

Last Christmas, 35 anni di un boom

di FRANCESCO TRONCARELLI

  
La hit natalizia per eccellenza festeggia 35 anni e Sony Music decide di ristampare, in edizione limitata, la versione originale del disco su vinile bianco da collezione

Gli anni ci stanno tutti, trentacinque, eppure sembra che "Last Christmas" ci sia sempre stata. Il brano considerato fra quelli natalizi il più fresco e coinvolgente, venne pubblicato proprio il 15 dicembre del 1984, ed è il pezzo che nonostante le vendite che ogni anno raggiungono cifre considerevoli, non ha mai raggiunto il vertice delle classifiche dei singoli.

Complice l’avvento delle piattaforme digitali e degli streaming, il successo del duo pop composto da George Michael ed Andrew Ridgeley a partire dal 2007, torna infatti puntualmente tra le hit più ascoltate e scaricate nel periodo natalizio.

Due anni fa, in occasione del primo anniversario della scomparsa di George Michael, grazie ad una campagna lanciata dal popolo del web si stava per realizzare "the dream", il sogno dei fan di far arrivare “Last Christmas” al primo posto nella chart dei dischi più venduti

L'iniziativa chiamata “Wham Last Christmas for Xmas No.1” che coinvolse decine di migliaia di follower venne raccolta immediatamente con grande slancio e nel giro di una settimana il brano raggiunse la prima posizione su iTunes, Amazon e Spotify. Ma anche questa volta non riuscì a diventare il Numero 1 nelle classifiche dei supporti fisici (Cd, vinile) per ottenere il record assoluto, perchè venne battuto sul filo di lana da Ed Sheeran con "Perfect", successo peraltro mondiale.

Ora siamo ad un traguardo importante, quello dei 35 anni, che Sony Music ha deciso di festeggiare ristampando in edizione limitata la versione originale del 45 giri "Last Christmas", su vinile bianco da collezione. Complici le molte cover realizzate tra gli altri, da Taylor Swift, The XX e Ariana Grande, e del film omonimo di Paul Fleig con Emilia Clarke che uscirà nelle sale il 19 dicembre, "Last Christmas" gode ancora di ottima salute e di quell’atmosfera magica che solo i grandi classici sanno infondere diventando così il sottofondo ideale delle festività della vita di tutti.

Lo stesso film della Universal Pictures poi, sarà accompagnato da una colonna sonora originale imperdibile che, insieme ad altri due favolosi brani degli Wham!, aggiungerà dodici brani della carriera da solista di George Michael, dedicando così omaggio postumo a questa popostar rimasta nel cuore di milioni di fan di tutto il mondo.

il film con Emila Clarke ed Henry Golding

Ma non è finita qui. In occasione dell’anniversario, i fan potranno, infatti, rivedere anche il videoclip ufficiale di Last Christmas in versione restaurata che sino ad ora ha ottenuto oltre 472milioni di visualizzazioni. La clip girata nel novembre del 1984 in un resort svizzero chiamato Saas-Fee, vedeva la partecipazione di George, Andrew, ma anche di Shirlie e Pepsi, insieme a molti altri amici dei Wham!.

 “Last Christmas” nacque con una produzione piuttosto casalinga, quasi artiginale, nonostante gli Wham! fossero un gruppo abbastanza noto e tra le band più commerciali dell’epoca. La critica non a caso li snobbava considerandoli un gruppo da hit e poco più. Realizzare una canzone di Natale quindi per un duo di tali caratteristiche era un modo sicuro per provare ad assicurarsi rendite stabili e longeve, cosa che in pratica avvenne.

Il brano venne registrato nell’agosto dell’84 negli studi addobbati con decorazioni natalizie Advision di Londra, che avevano attrezzature datate e rudimentali. Da qualche mese il ventunenne Michael aveva preso il controllo creativo del duo, e stava provando a costruirsi un’immagine più seria e di qualità, anche in vista della sua futura carriera da solista.

E per “Last Christams” decise così di fare tutto da solo. Lo scrisse nella cameretta dove era cresciuto, mentre Ridgeley era intento a guardare la televisione. Suonò poi praticamente tutti gli strumenti, escludendo Ridgeley da tutte le fasi della produzione e ammettendo in studio soltanto il suo ingegnere del suono Cris Porter, a cui non lasciò nemmeno suonare i sonagli, nonostante le sue richieste e due assistenti.

Il brano nella sua composizione è molto semplice. La base strumentale infatti è composta da una drum machine LinnDrum e da un sintetizzatore Roland, e a differenza della stragrande maggioranza delle canzoni pop del periodo, ha una struttura uguale tra strofa e ritornello. È sostenuto però da una melodia della voce molto orecchiabile ed efficace, su cui George Michael decise di concentrare tutta l’attenzione dell’ascoltatore, riuscendoci sicuramente, lasciando la parte strumentale a semplice sottofondo.

Parte del suo successo, secondo quanto sostenuto dal critico del quotidiano londinese Guardian è che «suonava come tutto e come niente». In realtà suonava come tutto, tanto che Michael venne accusato di plagio tra gli altri anche da Barry Manilow, che sosteneva somigliasse alla sua “Can’t Smile Without You”.

Il vinile bianco in uscita

La causa intentata al biondo ed emergente George però non ebbe esito positivo per il cantante di “Mandy” e “Copocabana” perché un esperto dimostrò che c’erano una sessantina di altre canzoni con quella progressione di accordi e quella melodia e quindi non si poteva parlare assolutamente di plagio ma solo di similitudini di carattere generale.

Particolarità che non tutti conoscono di “Last Christmas” poi, è che nonostante il ritmo allegro e frizzante, ha un testo che in realtà molto triste che contrasta appunto con l’atmosfera di festa che evoca. Michael infatti parla male della sua ex, dicendo che il Natale precedente gli ha spezzato il cuore, e che quindi ha deciso di stare con «qualcuno di speciale».

Ma nonostante il tentativo di sminuire l’ex ragazza, le dedica un’intera canzone e a un certo punto dice: «se mi baciassi ora so che mi fregheresti di nuovo». È un brano quindi sulle bugie che ci si racconta per superare la fine di una relazione.  Michael all’epoca della canzone non aveva ancora fatto coming out (lo fece molto più tardi, nel 1998), e nel video la persona a cui è dedicato il pezzo è una donna, la modella Kathy Hill, allora fidanzata del compositore Vangelis, ex degli Aphrodite Childs.

Racconta di un weekend tra un gruppo di amici in una baita, in cui c’è il protagonista con la nuova fiamma, e la sua ex con un nuovo partner. Hill ha ricordato che il clima era molto rilassato e allegro e che girò alcune scene un po’ brilla presa da quell’atmosfera di vacanza in compagnia che in effetti traspira dalla visione della clip.

Finite le riprese, Michael andò a registrare “Do They Know It’s Christmas?”, partecipando così anche lui al progetto umanitario di Band Aid organizzato da Bob Geldof e che vedeva riunite decine di artisti e si ritrovò così quel Natale con le prime due canzoni in classifica. Anche lui, con un gesto che lo nobilitò agli occhi di tutti, decise di devolvere in beneficenza a favore delle organizzazioni che combattevano la carestia in Etiopia i proventi di “Last Christmas” come aveva fatto il gruppo dei suoi colleghi capitanati da Geldof.

Sono passati trentacinque anni da quella prima volta, una vita, ma è sempre tempo di "Last Christamas. Eccolo di nuovo.

lunedì 9 dicembre 2019

Er fattaccio, tra il rap di Anastasio e la romanità di Proietti

 di FRANCESCO TRONCARELLI


 



"Sor Delegato mio non so' un bojaccia
fateme scioje... v'aricconto tutto..."


"E Roma risorgerà più bella e più superba che pria!" annunciava tronfio il Nerone di Petrolini in na scena entrata nella storia della comicità. Per come stanno messe le cose attualmente, la profetica resurrezzione però tarda a venire come tutti possono constatare: In un aspetto però, qualcosa in effetti si sta muovendo, nella musica de noantri.

Ha iniziato questa estate J Ax  col pezzo su Ostia che è diventato un tormentone radiofonico con quasi 60milioni di visualizzazioni. Ha proseguito Max Pezzali col singolo "In questa città", ballad che fotografa simpaticamente vizì e virtù dei romani. Ora è la volta di Anastasio, il rapper vincitore della passata edizione di X Factor che ha rispolverato, nientepopodimenoche come diceva il grande Mario Riva, "Er fattaccio". Incredibile ma vero.

Anastasio è tornato sul palco del talent che l'ha lanciato come uno dei giovani più promettenti della nuova generazione ed ha incantato il pubblico del sesto live presentando un'anticipazione del suo nuovo album in uscita nel 2020, ovvero 'Il fattaccio del vicolo del Moro', singolo che si richiama a un'opera della tradizione popolare romanesca, in forma rap.

Si tratta infatti del celebre monologo scritto dal poeta romano Amerigo Giuliani (l'originale s'intitola 'Er fattaccio') nel 1911, rilanciato da Gigi Proietti nel corso della sua carriera, dopo un periodo d'oblio. È la confessione in prima persona di un assassino che ha ucciso il fratello, un fatto di cronaca che diventa un atto unico. Oltre che del testo ispirato liberaente a questo monologo, Anastasio è autore anche della linea melodica, mentre la produzione artistica è stata curata da Slait e Stabber oltre che da Alessandro Treglia.

Nell'edizione vinta nel 2018 di X Factor, Anastasio si era fatto conoscere per la capacità di giocare con brani noti, rileggendoli a modo proprio e in chiave rap. Niente hardcore, ma un racconto che attualizzava brani diventati grandi classici della canzone italiana come quella "Generale" che ha ottenuto anche i complimenti di Francesco De Gregori.

Non è un caso che la un paio di settimane fa sia stato chiamato in quota "giovani" a rileggere "La guerra di Piero" nel programma dedicato a Fabrizio De Andrè "Una storia da cantare" condotto da Enrico Ruggeri e Bianca Guaccero. Uno dei pochi a salvarsi per la sua interpretazione senza tanti fronzoli o incidenti di percorso (leggi Ornella Vanoni) in una puntata decisamente da dimenticare.

Dopo i palcoscenici di Sanremo e del Concertone del Primo Maggio, Anastasio ha percorso strade battute e si è cimentato nella rilettura del celebre e caro ai romani di una volta, monologo degli inizi del Novecento di Amerigo Giuliani presentato appunto nel programma condotto da Alessandro Cattelan.


L'esibizione dell'autore de 'La Fine del Mondo' ha esaltato la stampa italiana generalista: "Anastasio incanta X Factor", titolava La Repubblica. "Non è il suo miglior pezzo ma Anastasio ha l'incredibile capacità di ipnotizzarti con i testi, con le interpretazioni, quasi più attoriali che rap", è possibile invece leggere tra le pagelle alla puntata di X Factor diffuse da Rolling Stone.

Tuttavia, per molti fruitori abituali di quello che è ormai il genere più ascoltato dalle nuove generazioni, Anastasio continua invece ad essere percepito come 'Il rapper che piace a chi non ascolta rap', diversi appassionati di hip hop non riescono infatti ad accettare le canzoni dell'artista di Meta di Sorrento inquadrandolo come un rapper per cinquantenni, più attore che cantante.

Poi ci sono i puristi, quelli cioè che amano la canzone e il folk romano, che se da un lato apprezzano comunque la sua rilettura del monologo che ha ridato allo stesso una nuova popolarità ne sottolineano comunque la differenza notevole dall'originale. Come dire, questo Fattaccio è tutta un'altra cosa. A cominciare dal testo che non è più quello in romanesco che emozionava il popolino ma anche la bella gente della società romana, per continuare poi con la pronuncia del giovane artista che a tratti rivela una cadenza "for de porta" e a tratti forbita che ovviamente stona con il tutto.

Certo la Roma di oggi non è quella degli anni Venti e trenta, 300mila abitanti paticamente un quartiere odierno e dove la romanità era patrimonio di tutti con i suoi riti, tipi, siti e miti. Dove la gente si divideva tra l'avanspettacolo e il caffè chantant, dove Petrolini spopolava con i suoi lazzi e la comicità futurista e il suo rivale Alfredo Bambi dominava le scene da gran battutista ma soprattutto come interprete del "Fattaccio".

Il pubblico lo ascoltava in religioso silenzio in quel monologo a tinte rosso sangue con controno di  lacrime di commozione di cui era divenuto il mattatore sulle scene, per la sua interpretazione ricca di patos che raccontava un dramma familiare consumato nelle quattro mura di una famiglia trasteverina, gli applausi si sprecavano..

"Er Fattaccio" era un classico, amato da tutti, dalla Roma che contava e da quella che si accontentava. Non c'era festa o riunione conviviale in una osteria, in cui il più istrionico dei convenuti si alzasse in piedi, per recitarlo, magari con esiti non sempre ottimali ma sempre accettabili per l'uditorio attratto da quel dramma con finale truculento in cui molti rivivevano situazioni di litigi familari ovviamente con finale diverso.

Gigi Proietti, una lunga gavetta nei locali della Roma by night e una vita vissuta nella Roma stradarola di Campo de Fiori (abitava a via Giulia) prima di darsi anima e corpro all'arte, ha respirato l'aria di quel fattaccio scritto di getto da Giuliani ed esaltato dalla voce greve di Bambi nei vicoli della sua Roma, della nostra Roma che fu e quando anni fa decise di tirarlo fuori dal suo scrigno dei ricordi, l'ha fatto con passione e rispetto dando vita a una interpretazione senza fronzoli ma con l'anima che andava dritta al cuore.

Bravo Anastasio che ha avuto l'idea e il coraggio di rilanciare un monologo dei tempi di "Checco e Nina" con la sua performance 2.0, ma bravo bravissimo immenso Gigi che quel monologo ha fatto suo tra un "A me gli occhi please", un one man show televisivo e tante risate di gusto per la "Febbre di cavallo". Solo lui, l'ultimo dei moicani della romanità in scena, poteva farlo. E riascoltarlo, per chi è romano come lui, è sempre una grande emozione.


domenica 8 dicembre 2019

Lazio, che trionfo sulla Juve! Le Pagelliadi

di FRANCESCO TRONCARELLI



9 a Lupo Alberto - Una grande Lazio ha asfaltato la Juve dei fenomeni. La dimostrazione che il cuore e la passione possono vincere sui poteri forti del calcio. E' stata una partita dalle emozioni vere, vinta in rimonta e a petto in fuori che ha evidenziato il momento magico della formazione allenata da Inzaghino, il mister più laziale di sempre. Tre gol uno più bello dell'altro, tre azioni travolgenti, tre assi calati con maestria che hanno messo a tacere Dybala e compagnia bella. E c'erano pure due rigori (Leiva, Immobile) che avrebbero ancora di più aumentato il "bottino". Artefice della settima vittoria consecutiva con i suoi giochi di prestigio e i suoi assit al bacio, el Mago, tinto vero alla Al Bano, che si è superato. Immenso. Che trionfo! Vola Lazio vola, siamo con te.

8 e mezzo al Sergente - La rete che ha segnato la dovrebbero fare vedere nelle scuole calcio. Stop al volo di destro e botta vincente di sinistro. Un uno-due con entrambi i piedi in corsa che solo chi dà del tu al pallone è capace di fare. Vedrete che il Trigorriere ci farà un DVD tipo quello "Assuncao ma come fao" entrato nella storia del ridicolo. No, impossibile, perchè questo invece è entrato nella storia del calcio e non è cosa per loro. E diciamolo pure, co' sta botta de vita l'Esorciccio da vitto e alloggio a Formello con una ricarica a settimana, è risalito di colpo a 80 milioni de cucuzze per il miglior offerente.


8 e mezzo a chiedimi se sono Felipe - Si te lo chiediamo amico, ma lo chiediamo pure a noi stessi: e siamo felipissimi! Il tuo gol ha dato fiato alle trombe per dirla alla Mike Bongiorno indicando ai 60 mila dell'Olimpico quale fosse la strada per vincere. Della serie il brutto anatroccolo si è fatto cigno: e lucean le stelle. 

8 a Sylva Strakoshina - Fatece caso: l'esito della partita si è deciso nel primo tempo quando il portiere biancoceleste che esce poco dalla guardiala ma blocca tutto (Testimoni di Geova, addetti vendita Folletto, contrattisti Enel) ha sfoderato tre interventi da paura su Dybala al 9° e 11° e su Ronaldo al 43°. Poi quello che è successo dopo lì dietro non ci interessa. Contano quelle tre parate con cui il citofono dal volto umano ha detto no. Come Belen alle richieste di Biagio Izzo. E te credo... 

8 ar Pantera -  Che ce frega de Ronaldo noi c'avemo er Panteron...E ho detto tutto. 

7+ a Lazzari alzati e cammina - E faje vedè a sti miliardari che pure se se magna pane e cicoria a pallone se po' giocà lo stesso. Per non dire di Cuadrado: l'ha fatto diventare tondo come un pallone. Gonfiato. Bravo Forrest Gump, hai corso dal primo all'ultimo minuto. Continua così che annamo forte.


7 a Innamoradu e veni, vidi, Lulic al 71° - E' importante che nella serata del trionfo ci siano stati loro, protagonisti di mille battaglie e vincitori di trofei. La vecchia signora era la nostra bestia (bianco)nera perchè dai tempi di Fiore e Corradi non si azzannava. Beh, adesso i nostri eroi possono aggiungere anche qusto tassello al loro palmares. Della serie, tutto fa Broadway.

7 a Correa l'anno 1900 - Implacabile, come Fiorello su Rai Play. Un altro rigore rimediato. E scusate se è poco.

7 a Lucas 2.0 = (Biglia chi?) - E chi lo Leiva più davanti alla difesa. E' come Mastro Titta, 'na botta e via. Sotto a chi tocca.

ride bene chi ride ultimo
6 e mezzo a dillo a Parolo tuo e Massimo Di Cataldo - Preziosi per il traguardo finale. Come Carlo Conti e la Clerici per rianimare lo Zecchino d'oro.

6 e mezzo al Cirod'Italia - Non c'è bisogno di scomodare De Gregori, perchè anche se non avesse cantato che "non è dai calci di rigore che si giudica un giocatore", noi l'avrenno difeso e amato a prescindere. E come disse Jenny Savastano nella mitica scena di Gomorra, c' pienz tu Cirù? La prossima volta. Perchè c'è sempre ua prossima volta. Guardate Renzi era in come e s'è ringalluzzito.

6 e mezzo ad Antonio Elia Acerbis - Questa volta qualcosa non ha funzionato. Come Salvini con la battuta sulla Nutella. E' in testa in tutti i sondaggi come il più presente e attivo sul campo, come Salvini appunto, eppure ha ballato un po' troppo lì dietro. Dal Manuale di Lorella Cuccarini "Ballate con me", pag. 15: "Se avete qualche incertezza nell'hully gully, lasciate stare, non tutti siamo Watussi, puntate su un più familiare twist. Due colpi d'anca, un gioco di gambe e via, torna la felicità". Parole sante.

Appunti di gioco
di Roberto Taglieri

Sabato, 7 dicembre 2019

L’Aquila vola alta. All’Olimpico nell’anticipo della 15 sima giornata i biancazzurri hanno la meglio contro la portaerei juventina: sotto di un gol siglato da Ronaldo, arriva alla fine del primo tempo il pari di Luis Felipe; nella ripresa poi prima Milinkovic ed a tempo scaduto Caicedo ribaltano il risultato per lo spettacolare 3-1 finale. Dopo la rotonda vittoria contro l’Udinese Inzaghi, che continua a non avere disponibili Patric e Marusic, affronta la Juve praticamente con la formazione titolare. L’unico dubbio in difesa tra Bastos e Luis Felipe è sciolto con l’impiego di quest’ultimo. La Juve arriva a Roma col dente avvelenato dopo aver perso il primato in campionato contro il Sassuolo. Maurizio Sarri, anche lui senza Khedira, Douglas Costa e ovviamente Chiellini, si affida a Bentancur e Bernardeschi dal primo minuto; davanti poi con Ronaldo c’è Dybala.


 Grande cornice di pubblico al fischio iniziale, con la prima vera occasione che è sui piedi di Immobile, rimpallata al 6’ da De Light in corner; la risposta di Dybala a girare trova pronto Strakosha, che è bravo poco dopo anche a respingere l’insidioso calcio d’angolo a rientrare. Su cross di Ronaldo invece Bernardeschi al 15’ colpisce male di testa ed il pallone si perde sul fondo. La Lazio non riesce a tenere il centrocampo; è la Juve a comandare il gioco tenendo bassi i biancazzurri.  Al 24’ con la difesa laziale mal schierata è un gioco da ragazzi per Ronaldo appoggiare in rete il vantaggio dei bianconeri su assist sotto porta di Bentancur. I biancazzurri cercano comunque di ripartire: Immobile al 35’ di piatto sinistro non azzecca lo specchio; poi fa altrettanto di testa al 40’. Intanto Strakosha è fantastico prima in uscita su Dybala lanciato a rete e poi sul colpo di testa di Ronaldo in tuffo. Dal possibile 0-2 la Lazio si rialza: al 45’Leiva è atterrato in area ma Fabbri incredibilmente concede solo un angolo: sullo sviluppo però Luis Alberto crossa in mezzo per la testa di Luis Felipe che incorna alla grande e rimette le squadre in parità a tempo scaduto.
Un’ottima Lazio nella ripresa prova subito a sorprendere Szczesny con Luis Alberto; i biancazzurri ora tengono meglio il campo, chiudendo con autorità i varchi alla Juventus. Ottimo soprattutto Lazzari, che si sacrifica a tutto campo per aiutare difesa ed attacco. Al 65’ un gravissimo errore di Strakosha innesca Dybala, che tira subito ma il portiere laziale si rifà dello sbaglio parandogli il tiro da distanza ravvicinata. Al 68’ Cuadrado attera Lazzari, ultimo uomo e Fabbri dopo aver visionato il var lo espelle. Ora Sarri richiama Bernardeschi e manda dentro Danilo; in inferiorità numerica la Juve subisce il vantaggio della Lazio. Al 75’ Luis Alberto mette un pallone d’oro a Milinkovic, che controlla di destro, tira di sinistro e per i biancazzurri arriva la rete del 2-1.  Al 78’  poi c’è un’altra occasione d’oro per la Lazio: Szczesny atterra Correa lanciato a rete e Fabbri concede il rigore. Batte Immobile che si fa parare il tiro dal dischetto e per il popolo biancoceleste c’è ancora da soffrire. Bonucci blocca Immobile all’82 in area ma l’arbitro non se la sente di concedere un altro penalty; il finale poi è di quelli da brividi; la Juve allunga la squadra per cercare un pari disperato, la Lazio tiene bene e prova a ripartire.

A tempo scaduto, proprio in occasione di un contropiede Lazzari si ritrova davanti al portiere, calcia ma Szczesny respinge, riprende il nuovo entrato Caicedo che cala il tris e chiude definitivamente il sipario sulla gara. Una grande e meritata vittoria, di quelle che resterà nella storia biancoceleste. Un’affermazione pesantissima quella della Lazio, che riesce a sconfiggere la Juve unica squadra sinora imbattuta in Europa, portandosi a quota 33 a soli 5 punti dalla capolista Inter. Sette vittorie di fila per i biancazzurri, tuttora terzi in Classifica, che dopo la gara con il Rennes se la vedranno lunedi contro il Cagliari. Un altro esame di maturità per gli uomini di Inzaghi, che getta acqua sul fuoco e giustamente predica calma e serenità.  Stasera però nessuno negherà ai tifosi biancazzurri di godersi questa meravigliosa vittoria.

LAZIO   JUVENTUS   3–1      25’  Ronaldo  45’ Luis Felipe 75’ Milinkovic  94’ Caicedo
LAZIO: Strakosha, Luis Felipe, Acerbi, Radu, Lazzari, Leiva, Milinkovic (89’ Caicedo), Luis Alberto (75’ Parolo) , Lulic, Correa, Immobile (85’ Cataldi).  All: Inzaghi
JUVENTUS:  Szczesny, Cuadrado, Bonucci, De Light, Alex Sandro, Bentancur (40’ Can), Matuidi, Pjanic, Bernardeschi (70’ Danilo), Ronaldo, Dybala (79’ Higuain).  All: Sarri
Arbitro Fabbri

mercoledì 4 dicembre 2019

The Wall, 40 anni di un capolavoro

di FRANCESCO TRONCARELLI



«The Wall», l’album dei Pink Floyd compie 40 anni. Il disco, undicesimo album in studio del gruppo, era il risultato di un concept proposto dal bassista Roger Waters nella speranza di rimediare alla terribile situazione finanziaria in cui si trovava la band. E il successo dell'album fu enorme, fu il più venduto infatti negli Stati Uniti nel 1980, divenendo inoltre uno degli album doppi più venduti nella storia. Nella classifica dei 500 migliori album pubblicata dalla rivista specializzata Rolling Stone, vera e propria Bibbia del settore, è posizionato all'87° posto. 

Ancora oggi sono rinomati gli effetti scenici usati nel tour che seguì, considerati da molti fan e soprattutto dai critici, innovativi per quel periodo. Gli stessi Pink Floyd, dopo aver pubblicato "The Final Cut", non si esibirono più dal vivo fino all'abbandono di Roger Waters nell' 85. Non presero nemmeno in considerazione l'idea di un nuovo tour per promuovere l'album successivo, ritenendo infatti troppo difficoltoso competere con gli show precedenti di "The Wall".

Alcuni anni dopo Alan Parker dirigerà il film "Pink Floyd The Wall", trasposizione cinematografica del disco, anzi del doppio 33 giri come allora venivano chiamati gli LP, con il contributo grafico di Gerald Scarfe. L'attore protagonista è l'allora semisconosciuto leader dei The Boomtown Rats, Bob Geldof. La pellicola fu presentata in anteprima, al 35º festival di Cannes il 22 maggio 1982 a mezzanotte. Il film, in cui vengono mostrati circa venti minuti delle animazioni originali di Gerald Scarfe, create per i concerti, è dotato di un'incisiva violenza psicologica: basti pensare alla sequenza dei bambini gettati nel tritacarne o quella dei bombardamenti di Goodbye Blue Sky.

Lo spunto per "The Wall" arrivò in seguito ad un incidente accaduto durante un concerto dei Pink Floyd nel 1977 a Montreal. Un gruppo di spettatori aveva infastidito così tanto Waters che il cantante sputò verso di loro. Ne seguì una serie di discussioni con i membri della band e da lì nacque l'idea di realizzare delle canzoni che raccontassero il distacco tra il pubblico e gli artisti.

Alla realizzazione dell'album doppio "The Wall", che si proponeva di includere 26 canzoni in due dischi, partecipò anche il produttore Bob Ezrin, ma la maggior parte del lavoro la fece Roger Waters. L'album uscì il 30 novembre 1979 e, per promuoverlo, il gruppo fece una serie di concerti tra il 1980 e il 1981 in cui s'impegnò a rappresentare sul palco la critica mossa dal disco, ribadendo la denuncia nei confronti della società e di come il rock l'aveva fino ad allora raccontata.

La band inglese

All'inizio di ogni concerto quattro persone salivano sul palco con delle maschere che riproducevano i volti dei membri della band. Dopo l'arrivo degli artisti originali partivano le immagini di mostruosi cartoni animati proiettati su uno schermo circolare. Poi veniva edificato un muro di polistirolo che separava il pubblico dal gruppo.

Durante la performance di "Comfortably Numb", Waters usciva dal muro in camice bianco e David Gilmour veniva innalzato sopra di lui. Alla fine del concerto, il muro veniva violentemente abbattuto. Durante il tour ricomparve il celeberrimo maiale Algie, il pallone gonfiato ad elio divenuto famoso dopo essere stato utilizzato per la copertina di "Animals".

In queste occasioni però, invece di essere rosa, era nero con in aggiunta il logo dei martelli incrociati dipinto sul fianco. Inoltre Roger Waters teneva spesso anche dei dialoghi col maiale volante tra le esecuzioni di In the Flesh e di Run Like Hell.

"The Wall", è stato un album epocale dei Pink Floyd, che ha segnato un' epoca dal punto musicale e scenico, per gran parte frutto del genio (e dei demoni personali) del bassista e cantante Roger Waters come dicevamo. Separazione fisica e psicologica sono i temi portanti del doppio LP che ha lanciato canzoni come "Another Brick In The Wall" e "Confortably Numb" da tutti conosciute ed apprezzate per la loro capacità di scuotere e coinvolgere con quelle celebri musiche trascinanti e a tratti ipnotiche, chi ascolta.

Il caso vuole che il quarantennale del disco, uscito il 30 novembre del 79, cada in coincidenza con i trent'anni dalla caduta del Muro di Berlino. Muro al quale l'album è in qualche modo legato sia per motivi simbolici che pratici. Infatti nel 1990 Waters mise in scena l'opera in un maxi evento davanti alla Porta di Brandeburgo per celebrare la caduta del muro che divideva Germania Est da Germania Ovest davanti a una folla oceanica.

l'enorme palcoscenico eretto proprio davanti alla porta di Brandeburgo.

Ma questa è un'altra storia. Facciamo invece qualche passo indietro e troniamo alla situazione della band prima della pubblicazione del disco. Alla fine degli anni 70 i Pink Floyd stanno attraversando un periodo difficile. Non tanto a livello di popolarità quanto di gestione della stessa. L'album "Animals", del 1977, ha iniziato a mostrare un prevalenza di Waters come autore e il tour che ne segue negli Stati Uniti, si svolge in stadi sempre più grandi e sempre più pieni.

Waters inizia a odiare questa situazione, e da questo suo disagio nasce lo sputo famoso al fan delle prime file. Il "muro" che si sta costruendo nella sua testa tra lui e il mondo esterno è sempre più spesso. Nasce lì l'idea di un concept album che narri la storia di Pink, rockstar vittima di traumi psicologici che arriva a isolarsi sempre di più.

Traumi determinati dalla morte del padre (nello Sbarco di Anzio nella Seconda Guerra Mondiale), dalla presenza oppressiva della madre, dall'autoritarismo delle istituzioni scolastiche. Ecco così che la vicenda personale abbraccia temi universali diventando simbolica di un no all'autoritarismo e alla guerra.

Prepara l'opera praticamente da solo nella sua interezza e la presenta al resto della band insieme a un altro album composto interamente: lascia al gruppo solo la possibilità di scegliere quale pubblicare a nome Pink Floyd, l'altro lo pubblicherà come solista. David Gilmour, Nick Mason e Rick Wright optano per "The Wall", e così l'altro lavoro diventerà "The Prons and Cons of Hitch Hiking", primo album solista di Waters uscito nel 1983.

A fare di "The Wall" non un semplice lavoro solista di Waters è l'apporto del resto del gruppo in fase di arrangiamento dei pezzi, oltre ad un paio di composizioni firmate da David Gilmour che, tra l'altro, diventeranno nel tempo alcuni dei brani più iconici e popolari dell'album, come "Confortably Numb" e "Run Like Hell". Al produttore Bob Ezrin (che aveva alle spalle capolavori come "Berlin" di Lou Ree e "Welcome To My Nightmare" di Alice Cooper") si deve invece la parte orchestrale della sezione finale di "The Trial".

Un discorso a parte merita poi "Another Brick In The Wall part II", pubblicata anche come singolo e prima nella classifiche USA, impostata su un ritmo tipicamente da disco music (idea di Ezrin), cosa assolutamente fuori dai canoni dei Pink Floyd fino a quel momento. Quella che poteva sembrare un'eresia per i fan più incalliti, si rivelò invece una mossa vincente.

Il brano divenne un successo e, accompagnata dallo splendido video a cartoni animati e dal coro liberatorio dei bambini "hey teacher leave us kids alone", un vero inno gnereazionale e senza tempo contro l'autoritarismo in genere e in particolare quello dei professori e della scuola.

"The Wall" che è stato un successo planetario segna al contempo anche la fine della band nella loro configurazione più nota. La divisione tra Waters e il resto del gruppo durante le registrazioni del resto, si era fatta sempre più profonda. Il bassista aveva chiesto e ottenuto il licenziamento di Rick Wright, che nel tour perciò sarà assoldato come una turnista qualsiasi e pagato a gettone.

Il successivo album "The Final Cut", una sorta di terza parte di "The Wall", che sarà ancora più personale nei temi e nelle idee musicali, sarà la goccia che farà traboccare il vaso. Al punto che subito dopo la sua pubblicazione Waters lascerà il gruppo considerandolo morto. Seguiranno anni di battaglie legali con Gilmour e gli altri che invece volevano proseguire riuscendo peraltro a farlo.

Recentemente, il suo autore, Roger Waters, ha dichiarato: «Credo che “The Wall” tocchi corde che sono sotto la superficie di molti di noi. Parla dei “muri” che esistono tra gli esseri umani, a livello familiare e a livello globale. E credo che colpisca le persone, che risuoni in loro». E 40 anni dopo la sua prima volta, purtroppo le cose stanno sempre così.

domenica 1 dicembre 2019

Lazio 6 grande. Le Pagelliadi

di FRANCESCO TRONCARELLI
 


9 al Ciro d'Italia - La Lazio ha steso l'Udinese giocando una grande partita, praticamente da sola, tanto è stato il dominio tecnico tattico del match da parte dei ragazzi di Inzaghino. Un'altra vittoria che ha consolidato il terzo posto, la sesta consecutiva (eguagliato il record della stagione 2017-18), l'ennesima di una squadra bella a vedersi e finalmente senza amnesie. A suonare più di tutti "la sesta sinfonia" ai friulani, il bomber de noantri arrivato con la doppietta messa a segno, a 105 gol con l'Aquila sul petto e così sempre più capocannoniere del torneo con 17 reti. Lui che ha il 17 sulle spalle poi. Ora più che mai Lazio 6 grande e te volemo bene.

8 a Lupo Alberto - L'avevamo detto in tempi non sospetti: attenti al Tintoretto, se je gira a lui, girano le palle che è 'na bellezza. E non è un doppiosenso ma la pura verità. E così è stato. Del resto da quando s'è tinto barba e capelli nero pece alla Pavarotti ma anche alla Marco Giallini versione ispettore Schiavone, le cose vanno che è una meraviglia. I lanci e le giocate che fa sono giochi di prestigio che Binarelli se li sogna e Silvan pure. C'era una volta il Ciuffo biondo che fa(ceva) impazzire il mondo, mo' il colore è cambiato ma la musica è sempre la stessa. Una marcia trionafale.

7 e mezzo a Correa l'anno 1900 - Un tucu de abilità e non di furbizia: i due rigori che si è procurato infatti ce stanno tutti. Come le stonature di Enrico Ruggeri quando cantava (cantava?) Lucio Battisti in tv. Da dimenticare.

7+ al Sergente - Le ultime voci da Radio Esercito lo davano prossimo al trasferimento punitivo in Sardegna e pure da soldato semplice. Ma lui tomo tomo cacchio cacchio per dirla alla Totò, s'è rimbocato i calzettoni e ha ricominciato a pedalare. Ed è tornato abile e arruolato. E li ha messi sull'attenti tutti.

7+ a Lucas 2.0 (Biglia chi?) - Il brasiliano ha fatto 100 (con la Mitica) e centro con una buona prestazione come da tempo non gli riusciva. Bravo bello de casa, una sicurezza da quando sei arrivato miica come il piagnone perdente nato che c'era prima al posto tuo. E chi ti Leiva più dal campo.

7 ad Antonio Elia Acerbis (Lazio del meno 9) - Il vero MInistro della Difesa è lui. Mica quello del Conte bis. A proposito come se chiama? Non lo sa nessuno, ma il nome del centrale lo conoscono tutti, pure in Nazionale.

6 e mezzo a Innamoradu e veni, vidi, Lulic al 71° - Gliene hanno dette di tutti i colori, che so' vecchi come il cucco, che c'hanno 'na certa, che stanno più de là che de qua: Se se, si è visto. Sempre in palla, mai domi e all'arrembaggio. La vecchia guardia insomma ancora c'è. E allora battiamo le mani ai veri laziali.

6 e mezzo a Lazzari alzati e cammina -  e corri come sai fare tu alla Forrest Gump, senza fermarti. Ma crossando a manetta. Operation compiuta. Come Salemme che finalmente ha fatto ridere in televisione. Incredibile ma vero.

6 + a Sylva Strakoshina - Come dice sempre il mister a fine partitta "non ho visto sue parate". Vero, manco una, tanto che prosegue indisturbato il torneo di Burraco coi fotografi assiepati dietro la sua porta. Primo premio in palio 2 biglietti per la corriera che porta in Puglia al convento di Padre Pio con annesso pranzo al sacco e dimostrazione di batteria da cucina in offerta specile. Mica bruscolini. 

6+ a chiedimi se sono Felipe - E che te lo chiediamo a fa dopo una vittoria tonda e netta come questa. E come chiederlo alla Guaccero, che non sa neanche lei come e perchè si ritrova a condurre un programma tutti i giorni su Rai 2.

6 a Massimo Di Cataldo - E' entrato nel finale per fare fiato. Nè più nè meno di Biagio Izzo che come parla le spara a valanga: della serie apre bocca e je dà fiato.

6 - -  a Meco Joni - Impalpabile. Come Gigi Marzullo. C'è o non c'è non se ne accorge nessuno. E sprattutto non je ne frega niente a nessuno.


Appunti di gioco
di Roberto Taglieri

Domenica, 1 dicembre 2019
Sei volte Lazio. All’Olimpico nella 14 sima giornata contro l’Udinese succede tutto nel primo tempo: apre le marcature Immobile, che raddoppia su rigore; ancora un tiro dagli undici metri e pure Luis Alberto si ritrova sul tabellino per il 3-0 finale, che accompagna la sesta vittoria consecutiva della squadra capitolina. Inzaghi dopo la partita vittoriosa col Cluj ritrova tutti i titolari, l’unico in dubbio è Patric, che è prontamente rilevato da Luis Felipe. Per il resto formazione tipo, con Correa ed Immobile finalizzatori. Invece dopo la pesante sconfitta di Marassi, l’Udinese senza Jajalo recupera però Becao ed Okaka; nel 352 speculare di Gotti c’è spazio sia per l’ex romanista che per Nestorovski in avanti.  Già in apertura il colpo di testa di Correa e subito dopo il suo forte destro vanno oltre la traversa e la Lazio è già in partita. Al 6’ Musso toglie dall’incrocio dei pali una perfetta punizione di Luis Alberto, ma al 9’ i biancocelesti passano. Il controllo di Milinkovic in area è ottimo, splendido anche il passaggio ad Immobile, che con freddezza mette all’angolino lontano l’1-0 della Lazio. Dopo un attimo sempre Immobile potrebbe addirittura raddoppiare, ma spedisce sul fondo il suo diagonale. La reazione dell’Udinese è immediata: si divorano il pari Nestorovski e Mandragora, che in due occasioni non hanno la giusta mira sotto porta. Al 20’ il tuffo di testa di Immobile, che raccoglie un cross di Lazzari è preda del portiere friulano, ma i toni ora si smorzano un po’. Luis Felipe cerca la bordata al 33’ ma poco Ekong colpisce in area Correa, che va giù. Di Bello in un primo momento lascia correre, poi visiona il var e concede il giusto rigore ai biancazzurri. Va a battere Ciro Immobile, che spiazza con un tiro fortissimo Musso e la squadra di Inzaghi raddoppia. Nuytinck allo scadere del primo tempo atterra ancora Correa lanciato a rete ed arriva un altro penalty per la squadra biancazzurra. Stavolta batte Luis Alberto, che buca per la terza volta il portiere dell’Udinese e con questa segnatura si chiude anche il primo tempo. Nella ripresa il colpo di testa di Lulic al 53’ è sfortunato perché trova i guanti del portiere; intanto esce De Paul per Fofana, ma l’Udinese ormai demoralizzata sembra non avere più la forza mentale per prendere il gioco in mano. Va fuori anche Lulic, autore di un’ottima gara per Jony, al 75’ Correa sbaglia il quarto gol, prima della girandola di sostituzioni con l’ingresso di Cataldi e  Barak ed infine di Andrè Anderson, che esordisce in A e Teodorczyk. La partita non ha praticamente più nulla da dire; il fischio finale di Di Bello sugella la netta affermazione dei biancazzurri, oggi vittoriosi con merito ed addirittura in surplace. Lazio a quota 30, che consolida la sua terza posizione in solitario con la bellezza di 18 punti in sei gare. Ciro Immobile poi, capocannoniere del Campionato, allunga ancora su Lukaku con i suoi 17 gol. Una marcia davvero straordinaria per i biancocelesti, che proprio ora non possono fermarsi. Certo che la partita di sabato prossimo contro la Juve è di quelle che fanno spavento, ma a questo punto nulla è precluso per gli uomini di Inzaghi, che devono continuare a credere in sé stessi senza timori reverenziali.  


LAZIO  UDINESE  3–0      9’Immobile 36’ Immobile (rig)  45’ Luis Alberto (rig)

LAZIO: Strakosha, Luis Felipe, Acerbi, Radu, Lazzari, Leiva (75’ Cataldi), Milinkovic, Luis Alberto (80’ Anderson), Lulic (64’ Jony), Correa, Immobile. All Inzaghi 
UDINESE: Musso, Becao, Ekong, Nuytinck, Larsen, Mandragora, Walace (75’ Barak), De Paul (60’ Fofana), De Souza, Nestorovski, Okaka (81’ Teodorczyk). All. Gotti
Arbitro Di Bello