E' stato uno dei protagonisti della banda Maestrelli, uno di quelli che hanno portato lo scudetto alla Lazio, uno di quelli che ha firmato gol importanti e che con l'Aquila sul petto ha giocato dieci stagioni. Ma non solo, Renzo Garlaschelli che oggi compie 70 anni nel buen retiro di Vidigulfo, la cittadina del pavese dove è nato, è stato anche un personaggio particolare della prima squadra della Capitale. Riservato e scanzonato, beniamino delle folle e oggetto di contestazioni, serio professionista e tiratardi impenitente.
Insomma tutto e il contrario di tutto, ma sempre e sicuramente un gran bel giocatore che ha dato sempre il meglio in ognuna delle Lazio in cui ha giocato: quella invincibile, quella forte, quella così così, quella che si doveva salvare. 276 presenze e 64 reti complessive (coppe comprese), in biancoceleste dal 1972/73 al 1981/82, sono il biglietto da visita dell’ala destra coi basettoni e lo sguardo ispirato, tra i migliori sulla piazza nel ruolo affollato da calciatori del calibro di un Franco Causio ad esempio o dello stesso “Peppiniello” Massa ceduto non senza polemiche dalla Lazio all’Inter e rimpiazzato proprio da lui.
Affidabile, ecco se c'è un aggettivo con cui si può definire il "Garla" era proprio questo, con lui stavi tranquillo, svolgeva il suo compito di spalla di Chinaglia alla grande. Maestrelli, grandissimo conoscitore di calcio aveva puntato su di lui, semisocnosciuto attaccante del Como per la sua formazione ideale per dare l'assalto al campionato.
Mise su infatti un tridente particolare con Chinaglia centrale, Garlaschelli a destra e Manservisi a sinistra come esterni offensivi con il compito di allargare le difese avversarie. E il Garla eseguiva. Con soddisfazione di Long John, implacabile cecchino dei portieri avversari.
Affidabile dunque e neutrale. In quella banda di talenti folli che avrebbe regalato il Tricolore alla gente laziale c'erano due clan, quello con Chinaglia e Wilson (Pulici, Oddi e Facco) e quello con Martini e Re Cecconi (Frustalupi e Nanni): lui stava nel mezzo, pur giocando per Giorgio e tifando per Cecco.
Quando nel team dei futuri campioni entrò D'Amico al posto di "Uccellino" le cose non cambiarono. La spalla di Giorgione Garlaschelli era lì, pronto a scattare e a fintare alla Garrrincha, un suo movimento classico che mandava al manicomio i terzini avversari fruttando cross al centro o galoppate in solitaria verso il gol.
E galoppava bene pure di notte il Garla. Scapolo impenitente aveva un'esistenza abbastanza bohémien, fatta di notti insonni e via Veneto, donne (la leggenda dice molte) e wisky. Alternava il “Jackie O” a una grande professionalità, il ballo all'allenamento, evidentemente grazie all’aiuto di un fisico eccezionale.
Era arrivato a Roma con una vecchia Fiat 124 che contrastava con la Bentley di Chinaglia e la Jaguar di Wilson, ma si era subito adeguato all'ambiente, alle atmosfere che rendevano la Città eterna la più dolce del mondo. Il Maestro sapeva delle sue scorribande by night col nuemero 9 biancoceleste, ma da buon filosofo e uomo che conosceva i suoi polli chiudeva un occhio e tollerava perchè poi in campo loro due davano il fritto.
Renzo col mitico massaggiatore Trippanera |
Peraltro quelle scene da Dolce vita qualche anno prima si erano già avute con Arrigo Dolso, "il piede sinistro di Dio" secondo i fedelissimi della Curva, solo che il biondo centrocampista coi calzettoni bassi il giorno dopo in partita ti faceva venti minuti di tocchi e doppi passi e poi si accasciava perchè non gli reggeva la pompa, mentre Renzo il bello la mattina tornava ad essere il professionista serio ed impeccabile dal primo al novantesimo minuto.
Protagonista molto nel bene e un po' nel male, di dieci stagioni vissute nella Lazio. Straordinarie quelle dei primi anni, quando faceva impazzire i tifosi con la sua tipica finta sulla fascia destra e ultimo passaggio in cerca di Chinaglia, meno con il passare del tempo, quando quella finta si era maliconicamente ammorbidita e la Lazio iniziava il declino.
Spalla ideale di Giorgio Chinaglia dicevamo e poi del talento nascente Bruno Giordano, il numero 7 biancoceleste era pronto anche ad approfittare delle distrazioni su di lui degli avversari intenti a controllare appunto Chinaglia e poi Giordano, per segnare reti pesantissime. Vediamo. 7 nella prima stagione con il primo in serie A e in biancoceleste, decisivo per il risultato, nella seconda partita di campionato in casa della Fiorentina.
Da ricordare poi quello d’apertura nel derby di ritorno dell’11 marzo 1973 ( vinto 2-0 con il contributo dell’autogol di Santarini), e nella domenica successiva la doppietta nel 2-0 di Palermo. 10 nell’anno dello scudetto con la chicca in Lazio-Foggia del 12 maggio 1974 di essersi procurato il rigore poi trasformato da Giorgione che valse la vittoria e il titolo di Campioni d'Italia tanto agognato.
Dopo aver portato a termine il sogno Scudetto, inizia però, neanche troppo lentamente (Maestrelli si ammala e poi ci lascia, parte Chinaglia) il declino della Lazio e dello stesso Garlaschelli. In questo periodo sarà la spalla di Brunetto da Trastevere fino all’inizio degli anni ’80, quando si carica sulle spalle la Lazio travolta dal calcio scommesse e la porta alla salvezza sul campo insieme al golden boy Vincenzino D’Amico.
L’arrivo di Castagner e la conseguente rivoluzione lo portano ai margini della prima squadra, dove resterà facendo la spola tra la tribuna e la panchina per altre due annate. Nell’estate del 1982 lascia la Lazio con l'eco dell'ultima contestazione nelle orecchie (ridacce li sordi. So' dieci anni che stai a rubà lo stipendio) e la Capitale tanto amata e vissuta intensamente per tornare dalle sue parti e giocare due stagioni nel Pavia prima di appendere definitivamente gli scarpini al chiodo.
Ora con qualche chilo in più e tanti capelli in meno, il Garla si gode la pensione dell'Enpals a casetta senza remore e rimpanti, interviene nelle radio private a tinte biancazzurre con quel curioso slang romanesco alla Celentano di "Rugantino" per dispensare anedotti irresistibili e pillole di calcio.
E' passato dalle feste col Principe Giovannelli delle Notti romane alla briscola al bar, dalle fuoriserie fiammanti alle bici parcheggiate sotto i portici, da sfondi alle giornate col Colosseo a quelli con muccche al pascolo. Ma non si lamenta, se la gode lo stesso. Auguri Garla, vecchio leone di una Lazio indimenticabiile, ti vogliamo sempre bene, così come eri e come sei diventato.
Il nostro "Garla" È stata l'arma in più di quella gloriosa squadra
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