martedì 1 settembre 2020

Indimenticabile Mario Riva

di FRANCESCO TRONCARELLI


Era un primo di settembre come oggi, del 1960, e l’Italia si fermava per la morte di Mario Riva artista amatissimo dal pubblico e tra i padri fondatori della televisione. Il suo 'Il Musichiere' infatti era stato per anni l'avvenimento senza rivali del sabato sera sul piccolo schermo e non solo. Lo vedevono tutti, lo commentavano tutti, ne parlavano tutti.

Era un programma, compresa la sigla di chiusura 'Domenica e' sempre domenica (di Gorni Kramer, Garinei e Giovannini), ritagliato su misura del conduttore, esaltandone quella aria scanzonata e quella bonomia che lo contraddistingueva fra i tanti e che lo faceva entrare subito in sintonia con gli ospiti nazionali e internazionali di altissimo livello che vi partecipavano.

Tutti i più grandi nomi dello spettacolo di quei tempi, dalla star hollywoodiana Gary Cooper (“Mezzogiorno di fuoco”) alla diva internazionale Josephine Baker (“J’ai des amour, mon pays et Paris ”), andavano nel suo show introdotti dopo il tradizionale “Ecco a voi…”, da un avverbio rispolverato dal dimenticatoio dallo scoppiettante Mario e che diventerà d’uso comune immediatamente: “nientepopodimeno che".

Mario con Gary Cooper

Il duetto canoro tra Coppi e Bartali, acerrimi nemici sulle due ruote, ma amici nella vita, divenne, anche grazie all'abilità di Riva, un classico della televisione italiana, il debutto di Mina e Celentano avvenne lì, le gag con Manfredi hanno fatto epoca. Come i vincitori, a cominciare dal cameriere Spartaco D'Itri che con i milioni vinti in questo game show ante litteram si comprò un ristorante per proseguire con la bella e brava Piera Farfarelli poi attrice nei film con Claudio Villa.

All'epoca della morte Riva, che aveva appena 47 anni, era impegnato proprio in un'edizione speciale del programma all'Arena di Verona: quello che sembrò un banale incidente (una caduta nella buca del palcoscenico) si rivelò invece fatale, mettendo fine ad una storia professionale fatta soprattutto di una lunghissima gavetta e di un successo tardivo, ma memorabile.

A soli quaranta secondi dall'inizio della trasmissione accadde l'irreparabile. Mario in smoking, era pronto ad entrare in scena. Si trovava su un alto praticabile di legno posto sul lato sinistro del palcoscenico e dal quale, scendendo lungo un piano inclinato, avrebbe raggiunto il microfono reggendo un'accesa fiamma olimpica, visto che l'evento dell'anno, che sarebbe iniziato qualche giorno dopo, era l'Olimpiade di Roma.

Il praticabile sul quale si trovava il presentatore era unito al restante blocco del palco orchestrale da una incastellatura ricoperta di tela. Si trattava di una costruzione scenica di uso corrente con tanto di appositi cartelli di pericolo ben esposti. Ma l'Arena gremita da venticinquemila spettatori, l'emozione della diretta, l'ansia e la gioia di un nuovo trionfo, giocarono un brutto scherzo al presentatore.


Riva mise un piede su quella striscia di tela. Frazioni di secondo, un urlo, un pesante rotolare, una caduta di un paio di metri ma in grado di fare danni molto seri. Fu un attimo. Garinei balzò ad avvisare Gorni Kramer, al centro dell'orchestra e ignaro di tutto, Giovannini catapultò Miranda Martino sul palco.

I titoli di testa erano già passati, le telecamere erano sul totale dell'Arena. La Martino, cantante in gara, si improvvisò conduttrice, supportata da Tata Giacobetti del Quartetto Cetra. I cantanti erano sotto choc, Riva era stato prontamente soccorso ma non arrivavano notizie. Si offrì di condurre la serata Renato Rascel, ma gli autori si opposero perché la sua canzone era ancora in gara.

Pubblico e telespettatori vennero tenuti all'oscuro e la serata in qualche modo continuò, grazie all'abilità degli autori, alla disponibilità di Miranda Martino e al mestiere di Rascel che alla fine si aggiunse, riuscendo a far cantare a quella sterminata platea «Domenica è sempre domenica», sigla del «Musichiere».

All'ospedale civile di Verona iniziava la lunga battaglia per la vita di Mario Riva. Per una intera settimana si alternarono notizie preoccupanti e rassicuranti, cadute e riprese, arrivo di nuovi medicinali e mancate intuizioni. La cartella clinica del presentatore si presentava più critica del previsto già in partenza.


Morì il 1 settembre, epitaffio di un anno che già aveva visto la prematura scomparsa di Fausto Coppi e Fred Buscaglione tre miti che con la loro scomparsa entrarono nella leggenda. Due giorni dopo, il 3 settembre, la salma arrivò a Roma. Nella chiesa del Sacro Cuore di Maria, a piazza Euclide, c'erano duecentocinquantamila persone.

Il mondo dello spettacolo al gran completo (Aldo Fabrizi, Maurzio Arena, NinoTaranto, Gino Cervi, Alberto Sordi, Nino Manfredi) e una folla di sinceri appassionati fin dalle prime ore del mattino ad aspettare, sotto un caldo asfissiante, il feretro che arrivò solo alle due di pomeriggio, quando il termometro sfiorava i quaranta gradi. 

Mario era nato a Roma nel 1913, vero nome Mariuccio Bonavolontà, aveva alle spalle una robusta carriera di attore comico: giovanissimo negli anni '40 aveva esordito con spettacoli per i soldati italiani; nell'immediato dopoguerra era passato all'avanspettacolo e subito dopo, per tutti gli anni '50, nella rivista e nella commedia musicale.

Nel suo lavoro aveva collaborato con molti, destinati poi a rappresentare la storia dello spettacolo italiano: tra gli autori di rivista, Michele Galdieri, con il quale dette vita con Totò, Anna Magnani, Paola Borboni ad una lunga stagione di spettacoli al Teatro Valle di Roma. Poi, nel periodo napoletano, con la Compagnia di Peppino De Filippo, a fianco di Beniamino e Pupella Maggio.


Nel 1948, al teatro Colle Oppio di Roma, Riva aveva incontrato Riccardo Billi, altro giovane emergente attore comico, con il quale costituì una delle prime "coppie" comiche dell'epoca dando così il via a un modello che ha avuto grande successo: Totò e Peppino, Tognazzi e Vianello, Franco e Ciccio, Ric e Gian, Cochi e Renato, fino ai nostri giorni Greggio e Iachetti.

Billi e Riva, sotto la guida di Garinei e Giovannini, conobbero una fortunatissima stagione di commedia musicale con titoli di grande richiamo: 'La bisarca' (1950), 'Alta tensione' (1951), 'I fanatici' (1952), 'Caccia al tesoro' (1953), 'Siamo tutti dottori' (1954), 'La granduchessa e i camerieri' (1955), 'Gli italiani sono fatti così' (1956).

Insieme a loro, grandi nomi dell'epoca: Wanda Osiris, Gino Bramieri, il quartetto Cetra, due giovanissimi talenti come Nino Manfredi e Paolo Ferrari. Il tutto spesso accompagnato dalle musiche delle orchestre di Armando Trovajoli e Lelio Luttazzi.

Al cinema Riva ebbe al suo attivo oltre 40 film, sia come protagonista sia come 'guest star' assieme a Totò, Peppino De Filippo, Alberto Sordi, Walter Chiari e Aldo Fabrizi. Ma fu soprattutto 'Il Musichiere' (tratto da Garinei e Giovannini dal format Usa 'Name that tune') a dargli successo: la prima trasmissione andò in onda nel dicembre 1957 per chiudersi, 90 puntate dopo, nel 1960 con la morte del conduttore.

con Albertone

90 puntate entrate nella storia dello spettacolo e del nostro costume, grazie alla sua conduzione bonaria, scanzonata e al tempo stesso professionale da grande comunicatore quale era. Il sabato sera, i cinema, al posto del film in cartellone, trasmettevano il programma diffuso dallo storico 'Studio Uno' di via Teulada a Roma.

Riva insieme a Mike Bongiorno, ebbe la capacità di comprendere subito l'enorme potenziale di comunicazione della televisione: per questo fece perno su una conduzione popolare con l'uso ravvicinato della telecamera per dialogare direttamente con il telespettatore, sull'invenzione di una casalinga immaginaria "la signora Clotilde", sul rivolgersi direttamente ai politici per situazioni di bisogno e anche sulla noncuranza per una spiccata cadenza romana. E fu ripagato dal pubblico che lo sentiva vicino e amico.

Ma Riva, l’indimenticabile Mario, è stato anche un grande laziale, tifoso appassionato e convinto, così convinto da entrare a far parte del consiglio direttivo della società guidata dal Presidente Siliato. Era un fedelissimo dell’Aquila che seguiva nelle partite all'Olimpico.

 La sua simpatia travolgente, la sua romanità, la sua bonomia, incarnavano l’essenza tipica del tifoso laziale di quel periodo, mai invadente o sopra le righe ma comunque gajardo e tosto. Spesso si ritrovava in Tribuna Tevere con il divo dei "telefoni bianchi" Robeto Vila, il povero ma bello Franco Interlenghi e la voce di Stanlio Enzo Garinei (i quattro moschettieri della Lazio) per assistere alle partite.

La Lazio di Lovati, Rozzoni e Tozzi con il lutto al braccio per Riva

E i tifosi appena lo vedevano, lo accoglievano cantando la sigla del Musichiere diventata un successo per quel ritornello semplice e senza pretese che infondeva serenità e ottimismo, fotografando un piccolo mondo antico che di lì a poco sarebbe scomparso con l’esplodere delle nuove mode e dei nuovi modi di vivere.

“Domenica è sempre domenica/ si sveglia la città con le campane/ al primo din don del Gianicolo/ Sant’Angelo risponde din don dan/ Domenica è sempre domenica/ e ognuno appena si risveglierà/ felice sarà e spenderà, sti quattro sordi de’ felicità”.

Era un grande Mario Riva, un personaggio unico nel suo genere, un artista che dalla gavetta aveva scalato tutti i gradini del successo per conquistare l'Italia con la sua bravura e bonomia, il primo divo della Televisione in bianco e nero e di una lunga stagione di fenomeni.

Moriva sessant'anni fa tra la commozione di una nazione intera che lo amava e titoli a otto colonne dei giornali che offuscavano l'inizio delle Olimpiadi a Roma. Oggi, nell'anniversario della sua scomparsa, i media si sono dimenticati di lui mentre i giochi olimpici romani che nel 1960 di questi tempi lanciarono Livio Berruti, Nino Benvenuti, Abebe Bikila e Cassius Clay futuro Muhammad Alì, si sono presi giustamente la loro rivincita venendo rievocati sui siti e le varie tv.

Strano paese il nostro, che dimentica tutto e tutti e che non ha memoria del suo passato ma ancora più 'strana"e incredibile la preparazione degli addetti ai lavori che spesso e volentieri non hanno le basi per fare questo mestiere. Indimeticabile Mario, polvere di stelle di un'Italia che fu, quando la felicità era fatta di piccole cose e domenica era sempre domenica.


5 commenti:

  1. Solo un grande applauso 👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏

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  2. Grade Francesco meno male,noi abbiamo te e ti segusiamo perché ci fai tornare indietro nel tempo. Ci vengono i brividi l'emozone e qualche lacrima,ma poi ti ringraziamo e contenti di averti amico

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  3. Sono nato nel 1951 , ricordo perfettamente ancora le trasmissioni televisive di quell' epoca. Eravamo giovani e spensierati e nessuno si lamentava della vita e gli artisti dello spettacolo attraverso l'uso corretto della televisione diventava un appuntamento per gioire e basta.

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  4. Meno male che come al solito ci sei tu a ricordarci di tutte queste persone importanti che hanno fatto la storia e la cultura del nostro paese
    Grazie di cuore

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