giovedì 29 ottobre 2020

Rino Gaetano, 70 anni di un mito

 di FRANCESCO TRONCARELLI


Probabilmente i suoi capelli sarebbero imbiancati, sicuramente corti e con qualche ricciolo sulla fronte ma lo sguardo sarebbe sempre lo stesso, dolce e sornione con quei grandi occhi spalancati sul mondo. Ma chissà come sarebbe veramente Rino Gaetano che oggi avrebbe compiuto 70 anni.

Nessuno può dirlo, perchè il tempo che ci ha lasciato è veramente tanto e perciò nelle nostre menti e nell'immaginario collettivo, il ricordo iconogafico che si accosta subito al suo nome è quello di un ragazzo dinoccolato con un cilindro su un cespglio di capelli, una chitarra in mano e un sorriso contagioso.

I sogni muoiono all'alba, scriveva Montanelli e quelli di Rino finirono troppo presto, all'alba del 2 giugno dell'81 ponendo termine alla vicenda umana e professionale di un grande artista, intelligente, creativo, anticonformista, caustico e all'occorenza sferzante, lontano dai giri che contano e libero da condizionamenti politici e pseudo intellettuali.

Un cantautore in anticipo sui tempi, che era avanti, con brani che 40 anni dopo sono ancora attuali, pezzi con testi mai banali ma venati di un'ironia sagace e tagliente, un piccolo genio della comunicazione quando nessuno sapeva cosa fosse.

Un artista che per modernità e contemporaneità, ha lasciato davanti e non dietro di sè, una scia imponente. Ancora adesso le canzoni di Salvatore Antonio Gaetano (il suo vero nome con cui fu registrato all'angrafe di Crotone) risuonano nelle orecchie degli italiani, anche tra i più giovani che non lo hanno mai conosciuto in attività. 

Proprio durante i duri mesi di lockdown diversi artisti italiani hanno fatto di "Ma il cielo è sempre più blu", un inno contro la pandemia e la paura. I versi di Rino Gaetano hanno infatti il pregio di riempire di speranza e ottimismo, attraverso parole che a un primo ascolto sembrerebbero senza senso.

Il cielo è sempre più blu, il disco

Paradossalmente è stato un artista che ha riscontrato i maggiori consensi di critica e di pubblico, dopo, e non durante la sua vita, fatti salvi naturalmente i successi collezionati con alcuni dei suoi dischi più famosi. Nelle sue canzoni raccontava l’Italia di ieri e di oggi, con uno sguardo sempre attento e commosso verso gli emarginati, gli ultimi, quelli che non riescono ad arrivare a fine mese.

Le difficoltà che incontrò all'inizio della sua carriera, sono tutte riconducibili alla sua personalità eccentrica e anticonformista e al modo in cui sapeva raccontare l'Italia. Il primo 45, 'I Love you Marianna' lo incise con lo pseudonimo salgariano di Kammamuri, mentre per il suo primo album "Ingresso libero", dovette attendere due anni, con esiti però più che modesti per le venite e disinteresse degli addetti.

Tutto cambiò nel 1975, proprio con "Ma il cielo è sempre più blu", e quello stile a filastrocca che lo rese popolare. Poi arrivò l' album, 'Mio fratello è figlio unico', grazie al quale, soprattutto sotto la spinta del pezzo 'Berta filava', cominciò a farsi conoscere ed apprezzare da chi era al dentro della musica. 

Alla sua discografia si aggiunsero 'Aida' e 'Nuntereggaepiù' il cui successo gli aprì le porte del festival di Sanremo dove nel 1978 cantò 'Gianna'. Con quel brano arrivò terzo nella classifica finale e fu scoperto da milioni di spettatori che rimasero folgorati da un'esibizione memorabile.

Alla ribalta dell'Ariston infatti si presentò impugnando un ukulele e con una tuba nera in testa (regalatagli da Renato Zero pochi giorni prima), un elegante frac attillato, papillon bianco, maglietta a righe bianche e rosse e scarpe da ginnastica. Sul bavero del frac portava appuntata una colossale quantità di medagliette, che nel corso dell'esibizione consegnò in parte al direttore d'orchestra e in parte lanciò al pubblico. 

Con l'esecuzione di "Gianna", per la prima volta a Sanremo venne pronunciata la parola «sesso», presente nel testo. I Pandemonium entrarono inaspettatamente sul palco verso la fine della performance per cantare il coro finale della canzone, a mo' di sketch umoristico. Gaetano descrisse così la sua esibizione sul palco:

«Il Festival resta una passerella e come tutte le passerelle ti offre tre minuti per fare un discorso che normalmente fai in uno spettacolo di due ore. Così devi trovare un sistema. Da parte mia, ho scelto la strada del paradosso un po' alla Carmelo Bene».

"Gianna", restò a lungo al primo posto della Hit parade facendolo diventare un personaggio e ancora oggi è uno dei titoli più amati del suo repertorio che nel frattempo si era arricchito dell'album 'Resta vile maschio dove vai', realizzato insieme a Mogol e ricordato soprattutto per il brano 'Ahi Maria'. 

a Sanremo con Gianna
Quel disco segnò il passaggio dalla piccola casa discografica It, la stessa degli inizi di Venditti e De Gregori che aveva conosciuto al Folkstudio di Trastevere, al colosso RCA e l'inizio di una serie di tournée che lo resero popolarissimo. Nel 1980 partecipò come interprete al concept-album dei Perigeo nei brani ''Alice'', ''Al bar dello sport'' e ''Confusione gran confusione'' e sempre nell'inverno dello stesso anno uscì il suo sesto e ultimo disco ''E io ci sto''. 

In un'intervista rilasciata nell'anno in cui morì, Gaetano spiegava che alla base della svolta musicale del suo ultimo album non c'era "nulla di pensato": "E' un rifiuto che ho naturalmente. Il rifiuto per tutto ciò che si sta facendo nel campo della musica leggera. Adesso c'è un ritorno al cosiddetto disimpegno e io ho voluto tornare a parlare''. 

Dopo la sua morte, che lo colse alla guida della sua Volvo mentre stava tornando nella sua casa di via Nomentana, e che incredibilmente aveva in un certo senso predetto nella canzone "La ballata di Renzo", scritta dieci anni prima e rimasta inedita in cui si narra la storia di un ragazzo che muore in circostanze simili alle sue, sono stati moltissimi i tributi dedicati in varie forme all'artista. 

I titoli delle sue canzoni più note sono diventati titoli di film di successo. Nel '95 esce 'Il cielo è sempre più blu' di Antonello Grimaldi, in cui si fa chiaramente riferimento alla canzone, utilizzata anche come colonna sonora, nel 2006 arriva 'Mio fratello è figlio unico' di Daniele Luchetti con Elio Germano e Riccardo Scamarcio. 

Rino ha lasciato diversi provini e brani non ultimati. Due di questi sono stati negli anni concessi dalla famiglia per essere interpretati da altri artisti. E' successo nel 2002 per "Nuoto a farfalla" interpretato da Marco Morandi, il figlio di Gianni, e nel 2007 per "In Italia si sta male (si sta bene anziché no)", un pezzo scritto oltre venti anni prima e portato sul palco di Sanremo da Paolo Rossi, con un gruppo di cui faceva parte anche il nipote di Rino, Alessandro.

Del suo rapporto d'amore-odio con vizi e virtù del Bel Paese, di cui è stato profetico analista con tono scanzonato, Gaetano aveva fatto la cifra stilistica. ''In fondo è bello però, è il mio Paese e io ci sto'', cantava nel 1980. 

E c'è da scommettere che anche oggi tra influencer onnipresenti, trash televisivo, morti di fama e dilettanti allo sbaraglio nella politica, avrebbe trovato mille nuovi bersagli ed ispirazioni per il suo ''nun te reggae più''. Auguri Rino, ovunque tu sia.


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