lunedì 30 novembre 2020

Celentano re di Twitter

 di FRANCESCO TRONCARELLI


E' stato sempre avanti. Da quando sul finire degli anni 50 si affacciò nel mondo dello spettacolo portando il rock and roll mentre l'Italia ballava il liscio nelle balere. Da quando mostrò le spalle all'ingessato pubblico di Sanremo (altro che Achille Lauro), da quando si occupò per primo di ambientalismo ed ecologia col suo Ragazzo della via Gluck.

E da quando inventò il rap mentre gli americani che l'avrebbero cantato anni e anni dopo, ballavano e si dimenavano in pista col Philadelphia Sound dei neri della Motown.

E proprio grazie a quel brano in cui si esprimeva in un inglese maccheronico, oggi Celentano è primo a sorpresa nelle visualizzazioni su YouTube e conseguentemente acclamato in tutto il mondo. Una cosa incredibile. Ma vera.

A 48 anni dal debutto di Prisencolinensinainciusol e 46 dall'esibizione insieme a Raffaella Carrà e il corpo di ballo di Milleluci, il Molleggiato ha conquistato Twitter con il video di quella performance indimenticabile.

Il Tweet che ha rilanciato il brano

Un post pubblicato da un'internauta scozzese con quel filmato nell'iconico programma Rai condotto da Raffaella Carrà e Mina, per la regia di Antonello Falqui, è diventato virale sul social network con oltre 5 milioni e 200 mila visualizzazioni, quasi 200 mila like, decine di migliaia di retweet e commenti da tutto il mondo, numeri da capogiro per qualsiasi artista, figurarsi per un "cosa" datata 1974.

Tra gli entusiasti dell'ultim'ora, celebrità come lo scrittore Neil Gaiman, il regista Edgar Wright, la webstar Usa Casey Neistat, il rapper britannico Akala, l'attrice Barbara Hershey, Stuart Braithwaite, il chitarrista della rock band Mogwai. 

 C'è poi Mark Frost (cocreatore di Twin Peaks con David Lynch) che definisce Celentano "un genio" mentre una figura di riferimento tra i programmer e gli imprenditori della Silicon valley Paul Graham che sentenzia "Sono felice che non sia ancora proibito appropriarsi della mia cultura, o sarei privato di cose meravigliose come questa". 

Celentano e Raffa a Milleluci

Warren Leight, commediografo e showrunner di serie come In treatment e Law and Order: Unità vittime speciali invece commenta con un po' di italiano: "This is molto molto".

"Il cantante italiano Adriano Celentano ha pubblicato una canzone con un testo nonsense che doveva sembrare inglese/americano forse per provare che agli italiani potesse piacere qualunque canzone inglese - scrive l'autrice del primo post 'Harry', Harriet Mould, ufficio stampa del Royal Lyceum Theatre di Edimburgo - È diventata una hit e ne è scaturito questo: "IL PIU' BEL VIDEO CHE ABBIA MAI VISTO". 

Tantissimi i tweet sul carisma e il talento del Molleggiato, sulla sua popolarità in Italia (e non solo) o sulla bellezza del brano e di un pezzo di tv di grande qualità. Molti sottolineano la modernità del cantautore, e il fatto che la canzone sembri anticipare del rap (in vari tweet si ritrova il testo).

Apprezzatissima anche Raffaella Carrà, definita una star della tv "capace di far ballare tutti" come ricorda in un commento Enrico Maria Riva, pubblicando una foto della conduttrice impegnata a ballare con Maradona. Molti per renderle omaggio hanno anche incluso nei messaggi il link al recente ritratto dedicato alla Carrà dal quotidiano britannico The Guardian. 

Il 45 giri del 1972

Il successo virale del video ha portato anche tanti giovani italiani a scoprire la canzone. Altri esprimono l'orgoglio per questo trionfo virale, che Beatrice definisce "la supremazia italiana servita da Adriano Celentano e Raffaella Carrà" , mentre Elena commenta: "Gli stranieri hanno scoperto Celentano....grande Adriano!!".

E pensare che il pezzo nella versione che fu incisa nel 45 giri, nacque per caso. Costruito unicamente su un Si bemolle ed arrangiato con un ritmo trascinante da Detto Mariano, fu "confezionato" con un testo con una specie di inglese inventato per adattare la metrica alla melodia così come spesso facevano e fanno ancora adesso molti artisti,  in attesa di modificare poi il tutto in ligua italiana.

Solo che successivamente non ci fu nessuna modifica perchè Adriano mentre pensava al testo, si rese conto che in quel periodo, i plumbei anni 70 segnati da violenze e contestazioni, non ci si comprendesse più e quindi anche un canzone incomprensibile potesse andare bene come testimonianza di quel momento. 

E fu trionfo, primo in tutta Europa e soprattutto per quattro mesi ai vertici della nostra Hit parade. Ed ora ritorna a risuonare in tutto il mondo. Ennesimo colpo di scena di una carriera da numero uno. All Right, anzi come dice lui "Ol rait".


domenica 29 novembre 2020

Ad10s Lazio. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

6+ al Ciro d'Italia - Una Lazio lenta, impacciata e soprattutto assente ingiustificata, ha perso malamente contro un Udinese più in palla e pronta a sfruttare al volo le nostre clamorose amnesie difensive. Una sconfitta senza scusanti e senza appello per una squadra irriconoscibile e priva di carattere che è mancata in special modo nei suoi uomini chiave.Nel giorno dell'omaggio al Diez più amato del calcio si è passati così da Ad10s Diego ad Adios Lazio. Pochi a salvarsi dal suicidio casalingo, sicuramente il Bomber de noantri che col pallino numero 133 ha almeno salvato la faccia e segnato il gol della bandiera. Peccato che fosse stata ammainata da tempo dai suoi compagni di merende.

6 a Ke Pro - Una flebile luce nel buio pesto dell'Olimpico. Si giocava di giorno ma è stata notte fonda e da incubi. Un po' come vedere all'improvviso Loredana Bertè sul televisore, facendo zapping tra i canali.

6 a Lucas 2.0 (Biglia chi?) - L'avevamo detto in passato, e chi lo Leiva più? Ma il nostro invito è stato ignorato e zacchete, è ita malissimo in mezzo al campo.

5 e mezzo ad Antonio Elia Acerbis -  Se il tuo reparto ne prende tre e in uno de sti tre c'è lo zampino tuo (ennesima deviazione e responsabilità...), vuol dire che qualcosa non va. Come a The Voice Senior, dove Al Bano si è portato la baby figlia senza esperienza e soprattutto che non spiccicà due parole per fare la giurata. Incredibile ma vero

5 a dillo a Parolo tuo - Ha pagato con gli interessi la bella performance contro lo Zenit in quella che era la Coppa dei Campioni. Visto così è più da Coppa del nonno.

5 a Somarusic - Il Sonnambulo dal volto umano ha colpito ancora. E' entrato ad inizio ripresa fresco fresco del pisolino in panca e si è subito adeguato all'andazzo. Ronf ronf e buonanotte ai suonatori.

5 a Innamoradu - E' apparso arrugginito. Nè più nè meno di Brignano da Fabio Fazio. Non fa più ridere.

5 a Lazzari alzati e cammina - e non ti rimettere a sedere subito come hai fatto. Datti da fare, prendi esempio dal virologo Massimo Galli che è riuscito ad essere presente in due trasmissioni televisive contemporaneamente. Fenomeno vero, altro che Ronaldo.

5 - a Massimo di Cataldi - Come si dice dalle nostre parti, je manca sempre un sordo pe' fa na lira. Avete presente Teo Mammucari?

5- a Lupo Alberto - Allora intendiamoci: quello che si è visto in campo col suo nome sulle spalle non era lui, ma l'omonimo al contrario Alberto Lupo che, poveretto, riesumato alla bell'e meglio troppo ha fatto essendo una attore. Il vero Mago era a casetta a sfamare i suoi otto fratelli che secondo quanto ha raccontato su Insatgram, magnano grazie a lui e col suo stipendio. E comunque anche se ci fosse stato in campo con tutti gli otto fratelli, sta partita l'avremmo persa comunque. Avevano più fame i friulani di tutta la famiglia Alberto. 

5 - al Panter One - Granitico come un Maoi delle isole di Pasqua, immobile come una statua di cera di Madame Tussauds, si è dimostrato più un frigorifero da incasso che un felino d'area. Miao miao e tutti a casa.

5- a Correa l'anno 1900 - L'unico tiro in porta (al 4° minuto...) dei biancocelsti è stato il suo. Poi ha tirato i remi in barca come Fiorello che è sparito. C'avete fatto caso?

4 +  a Patric del Grande Fratello - Una prestazione da oggi le comiche (da applausi il tunnel che ha subìto in occasione del secondo gol). Dal black friday in cui ha comprato il cavallo a dondolo per giocare alla black sunday, in cui se lo sono rigirato come je è parso e piaciuto senza soluzione di continuità. Evviva.

4 a Sylva Strakoshina - Un rientro alla grande. L'ultima partita giocata in campionato ne aveva presi 3 con la Samp oggi è ritornato fra i pali e ha giustamente onorato il suo record. Battiamo le mani ai veri tamponi.

3 a c'è molto da Fares - L'unica speranza che a Formello abbiano conservato lo scontrino d'acquisto. Con l'appoggio del Codacons e di Mi manda Rai 3 potremmo riportarlo al negozio dove è stato accattato e via. Male che va c'è sempre il Mercatino dell'usato a via Ostiense che lo mette in esposizione tra i giocattoli per Natale. Il problema è che se dopo due mesi non lo prende nessuno te lo ridanno indietro. Sipario.


Appunti di gioco

di Roberto Taglieri

 

Domenica, 29 novembre 2020

Buio pesto per la Lazio. All’Olimpico l’incontro valido per la nona giornata se lo aggiudica l’Udinese; già in vantaggio per due reti a zero nel primo tempo, grazie ad Arslan e Pussetto, i friulani perfezionano nella ripresa con Forestieri ed il gol della bandiera di Immobile su rigore serve solo a rendere meno amara una sonora sconfitta: 1- 3 il risultato finale. Oggi Inzaghi dopo l’ottima prestazione con lo Zenit non può disporre di Muriqi e di Luis Felipe, ma ritrova Milinkovic, già appiedato dal Covid, che però va in panchina, così come Leiva. Quindi la formazione vede dietro Patric dall’inizio, in mezzo ci sono Cataldi e Parolo ed in avanti Correa va a far compagnia ad Immobile. Invece l’Udinese soffre molte defezioni, infatti mancano De Maio, Mandragora, Lasagna, Nestorovski ed Okaka. Gotti, anche se oggi in panchina c’è Cioffi, mette in campo Zeegelaar a sinistra, Larsen dall’altro lato con Arslan, Pereyra e De Paul a centrocampo. Partita speciale perché arriva immediatamente dopo la morte di Maradona, ricordato da un minuto di raccoglimento e da  un “AD10S” stampato sulla casacca biancazzurra. La Lazio si fa vedere subito con  l’imbucata di Correa, che al 3’ è deviata da Musso con un piede. Al 10’ ulteriore tributo al Pibe de Oro; l’arbitro ferma tutto per tributargli un applauso alla memoria e poi la partita riprende, ma con ritmi molto lenti. Al 15’ Cataldi prova a sorprendere il portiere che para invece in maniera agevole, ma è l’Udinese a giocare meglio ed a passare in vantaggio al 18’. Dopo una percussione dalla sinistra di Pereyra è Arslan a battere forte e grazie ad una deviazione di Acerbi il pallone s’insacca alle spalle di Strakosha. Al 24’ la mezza girata di Samir scheggia la traversa e la Lazio è in grande difficoltà. In chiusura del primo tempo il colpo di testa di Pussetto sfiora di nuovo la traversa e nel recupero proprio Pussetto, servito da De Paul in contropiede, sorprende ancora Strakosha con un rasoterra che vale il raddoppio. Con una Lazio allo sbando nella ripresa Inzaghi mette dentro Leiva, Akpa Akpro e Marusic, che rilevano Cataldi, Parolo e Fares. Proprio Leiva da buona posizione colpisce male al 47’ e manda fuori. E’ una Lazio migliore nel secondo tempo, molto più reattiva, che finalmente pressa gli avversari. Al 62’ Musso para sul diagonale di Immobile e un attimo dopo esce Luis Alberto per Caicedo. Per una Lazio spregiudicata a tre punte c’è di contro un’Udinese che approfitta: in ripartenza Forestieri dentro l’area liberissimo al 71’ calcia forte e batte per la terza volta Strakosha. La partita con questo gol può dirsi già conclusa, però la riaccende per un attimo Immobile, che un minuto dopo viene atterrato in area da Musso ed Aureliano decreta il rigore; va a battere lo stesso Immobile che sigla l’1-3. E’ questo il risultato finale, in quanto i biancazzurri pur cercando di arrivare al tiro, non riescono mai ad impensierire l’Udinese, che alla fine si aggiudica meritatamente l’incontro. E’ una Lazio troppo brutta per essere vera, i biancazzurri sbagliano l’approccio alla partita, giocata a ritmi troppo bassi e con sufficienza. Solo all’inizio del secondo tempo la squadra i Inzaghi ha provato a mettere in difficoltà gli avversari, ma senza nemmeno tanta convinzione. Sarà colpa anche della sindrome post Champion, ma oggi non ha girato nulla per il verso giusto; unica nota positiva la rete di Immobile, che a quota 108 stacca Beppe Signori e si avvicina a Silvio Piola. La Lazio resta a quota 14, dovrà vedersela mercoledi a Dortmund contro il Borussia e dopo soli tre giorni sempre fuori casa ci sarà lo Spezia. Parola d’ordine: resettare e ricominciare.  

 

LAZIO  UDINESE  1–3      18’Arslan  48’ Pussetto  71’ Forestieri  73’ Immobile (rig)

LAZIO: Strakosha, Patric (75’ Pereira), Acerbi, Radu, Lazzari, Parolo (46’ Akpa Akpro), Cataldi (46’ Leiva), Luis Alberto (63’ Caicedo), Fares (46’ Marusic), Correa, Immobile. All Inzaghi 

UDINESE: Musso, Becao, Nuytinck, Samir (57’ Jajalo), Larsen, De Paul, Arslan, Pereyra, Zeegelaar (57’ Molina), Forestieri (80’ Walace), Pussetto. All. Gotti

Arbitro Aureliano

 



venerdì 27 novembre 2020

Mina, ecco il nuovo album

di FRANCESCO TRONCARELLI

 

Sono pochi gli artisti italiani che hanno saputo ridefinire il concetto di longevità come Mina. A ottant’anni, la cantante è tuttora una macchina da musica inesauribile, coinvolta stabilmente in un progetto dopo l’altro e costantemente al lavoro su inediti, cover e omaggi. 

Sono passati pochi mesi dalla collaborazione con Ivano Fossati nell’apprezzato album di coppia, e la signora Mazzini torna nei negozi e sulle piattaforme con un nuovo lavoro, addirittura un doppio album che esce oggi.  

Non un lavoro di inediti, che peraltro non mancano, ma una raccolta di brani storici del nostro pop, un vero e proprio omaggio della Tigre della canzone a mezzo secolo di musica italiana attraverso una serie di pezzi che hanno accompagnato generazioni.

"Italian Songbook" il nome del progetto, contiene due dischi separati venduti singolarmente pur facenti parte dello stessa operazione a firma Mina. I due album che componongono l’uscita si intitolano "Cassiopea" e "Orione", e presentano ciascuno 15 cover incise negli anni dalla cantante e un inedito

Tributi ad artisti di ogni era e caratura, dagli immancabili Mogol e Battisti a Lucio Dalla, da Gino Paoli a Vasco Rossi fino ad Alex Britti. Trenta successi che ripercorrono la carriera di interprete della regina della musica leggera.

A differenza di una normale raccolta di canzoni, la scelta dei brani e il loro ordine sono stati curati da Mina stessa: infatti all'interno non ci sono solo i grandi successi che tutti amiamo, ma alcune chicche magari meno conosciute ai più ma che sono tasselli importanti della sua carriera. 

Nel lavoro inoltre non tutti i brani sono in versione originale, alcuni infatti sono stati letteralmente "riaperti", in alcuni casi risuonati, in altri rimasterizzati con un'incisione aggiornata e di maggiore qualità. Il risultato è di grande spessore. 

Quando Mina ha smesso di fare tv, ha costruito una sua nuova direzione completamente libera. Per questo ha preso una strada "non solo pop”, lavorando con alcuni dei musicisti con cui collaborava allora e di una bravura tale, da poter suonare qualsiasi genere musicale. 

 

Negli anni ha poi scelto sempre brani di autori che le proponessero gusti diversi. "Odia i pezzi "da Mina", ma preferisce esplorare strade vocali nuove perché forse è proprio in quella diversità che si dimostra la grandezza di una voce" ha spiegato Massimiliano Pani, il figlio che da anni la segue come un'ombra sul lavoro e ne cura la produzione.

Non è un caso che nei suoi album inediti faccia scelte del tutto inaspettate, brani che una persona normale di base non ascolterebbe. E in questo contesto Mina "porge" al pubblico canzoni diverse per dare varietà.

Mina ascolta di tutto, dai brani nuovi ai quasi 4 mila pezzi inediti che riceve ogni anno. Più che sugli artisti si concentra sulle canzoni. Ha un modo intellettuale e puro di approcciarsi alla musica che la circonda e questo riguarda anche se stessa. Come hanno raccontato gli amici che la frequantano, non è attaccata ai soldi, all'avere, ma all'essere. 

Ascolta, ama e canta la musica cercando di farlo nel modo migliore. Chi ascolta poi i suoi album ha sempre l'opportunità di capire molto bene la sua volontà artistica, di conoscere quali sono le sue idee e scelte.

Nella tracklist del suo nuovo doppio album, Mina è tornata in studio per l’incisione di due cover inedite, una per disco. A battezzare l’uscita di "Cassiopea" c'è infatti la sua nuova versione di "Un Tempo Piccolo", uno degli ultimi classici di Franco Califano, mentre nell’album "Orione" a fare da gemma nascosta sarà l’interpretazione di "Nel Cielo Dei Bar"s, di Fred Buscaglione.

"Un tempo piccolo", canzone scritta da Franco Califano insieme al suo stretto collobaratore Alberto Laurenti e Antonio Gaudino, è interpretata da Mina con un testo rimaneggiato della versione del 2005 dei Tiromancino. Ma quello che si nota subito al primo ascolto è che lei lo fa suo confezionando una "nuova" versione.

La sua voce inconfondibile regala suggestioni ed atmosfere nuove di zecca ad una canzone meravigliosa e struggente di suo, facendola diventare altro. Un brano diverso in certo qual modo, che aggiunge alla bellezza dell'originale la grandezza di un'interprete, di uno stile, di una vita dedicata alla musica.


martedì 24 novembre 2020

Saranno famosi: ecco i provini dei Big

 di FRANCESCO TRONCARELLI

 

Chi vuole diventare artista deve passare per i talent. Affrontare selezioni e casting dei vari programmi delle emittenti televisive per poi passare alle cure dei coach. Ma una volta era la Rai a fare i provini a chi sognava di entrare nel mondo dello spettacolo. 

La Tv di stato era una tappa obbligata per gli aspiranti "saranno famosi" che venivano valutati da funzionari addetti a questo compito e il cui giudizio era inappellabile. 

Dall’archivio Rai sono state recuperate alcune schede di valutazione di provini svolti tra la fine degli anni ’50 e l’inizio dei ’70 relative a molte voci che hanno poi segnato indelebilmente il nostro pop ma, che ai tempi, non erano state capite a dovere. 

C'è il caso per esempio di Adriano Celentano e Tony Renis artisti di fama i ternazionale che avevano iniziato insieme come sosia di Jerry Lewis e Dean Martin, che furono scartati e bollati con un distaccato “Non interessa”. 

Incredibile ma vero. Se si pensa poi che Renis dopo qualche anno con "Quando quando quando" divenne famoso in tutto il mondo e che il Molleggiato a meno di dieci anni da quel provino andato male col suo"Ragazzo della via Gluck" dominava le classifiche europee, c'è da rimanere stupiti. Ma tant è. 

Ugualmente eclatante il giudizio su Baudo, "utilizzabile per programmi minori", una vera topica considerato che nella sua lunga carriera il Pippo nazionale ha presentato i migliori show della tv pubblica a cominciare da Canzonissima per proseguire con Fantastico, Millenovecento, Serata d'onore e ben tredici Sanremo, record ancora ineguagliato.

Naturalmente ci sono stati anche tanti giudizi positivi da subito e che hanno favorito l'esordio di altri futuri big facendoli partecipare alle varie trasmissioni in onda. Vediamo allora come andò e soprattutto che ricevette il "sì" e chi il "no".

 

Adriano Celentano

Adriano Celentano

Esaminato in data: 7/2/1957
Giudizio: "Giovane dilettante di/canto. Esegue il genere “Rock and Roll” e presenta notevole somiglianza fisica con Jerry Lewis. (Immaturo e disordinato) Non interessa"

 

Tony Renis

Tony Renis

Data provino: 16/11/1956 Giudizio: “Giovane cantante chitarrista. Ancora immaturo, non presenta motivi di interesse. Come cantante non ha estensioni, né qualità di voce, né di espressione. Non interessa

 

 Fausto Leali


Data provino: 24/11/1958
Giudizio: “Giovanissimo cantante 14enne di genere rock’n’roll moderno americano. Ha un viso interessante e possiede una musicalità sicura nel genere moderno. Sa anche muoversi e si accompagna correttamente alla chitarra. Da tenere presente".
 
  

Pippo Baudo

Pippo Baudo

Data provino: Aprile 1960, esaminatori Antonello Falqui e Lino Procacci
Nota: “Fantasista; buona presenza; buon video; discreto nel canto; suona discretamente il pianoforte. N.B. può essere utilizzato per programmi minori”.

 

Enzo Jannacci

Enzo Jannacci

Data provino: 30/11/1961
Giudizio: “Si presenta come cantautore. Buon pianista e autore di motivi non spiacevoli; appare tuttavia insufficiente vocalmente per cui si ritiene che non sia idoneo a essere presentato come interprete di canzoni in un programma televisivo (il che non esclude che in una rassegna di cantautori possa essere presentato sullo stesso piano di molti altri suoi colleghi)

 

Mia Martini (Mimì Bertè)

Mia Martini

Data provino: 06/05/1964
Giudizio: “Giovanile ma banale. Voce un po’ nasale ma incisiva. Stile moderno, tipo urlatori alla Celentano. In quel genere ha una certa aggressività e può essere utilizzata

 

Dori Ghezzi

Dori Ghezzi

Data provino: 31/10/1967
Giudizio: “Video - Grazioso e telegenico. Voce di mezzi limitati ma garbata e abbastanza educata che denota già una certa intelligenza nell’interpretazione. Giudizio complessivo - Può essere utilizzata in programmi musicali minori e per giovani. Ha cantato: “Non dimenticar” e “Vivere per vivere”

 

Marcella Bella

Marcella Bella

Data provino: 25/10/1971
Giudizio: “Video - Gradevole, sottolineato da una particolare acconciatura estremamente giovanile e moderna. Con capelli crespi. Timbro della voce - Intonato, abbastanza musicale, con qualche durezza. Si rifà un po’, nelle sue interpretazioni, a cantanti di successo. Maturità artistica - Denota un certo mestiere. Giudizio complessivo - Idonea. La commissione ritiene di registrare la sua prova in audio. Ha cantato “Love story” e “Io e te, da soli”

 

Drupi (Giampiero Anelli)

Drupi

Data provino: 26/04/1973
Giudizio: “Video - Gradevole, con volto scavato, interessante e piuttosto espressivo. Dizione - Normale, con qualche imperfezione di origine dialettale. Timbro della voce - Rauco e scarsamente intonato. Giudizio complessivo: Il candidato dichiara di presentarsi in condizioni di affrettata preparazione. È il tipico cantante di complesso che preso isolatamente dà una scarsa prova di sé. In considerazione del fatto che il candidato, che pure incide dischi ed esercita professionalmente l’attività di cantante, la commissione ritiene di riascoltarlo quando le sue condizioni vocali saranno normali. Ha cantato “Vado via”

 

Gianna Nannini

Gianna Nannini

Data provino: 05/11/1975
Giudizio: “Video - Interessante. Timbro voce - Gradevole. Maturità artistica - Discreta, si accompagna al pianoforte (lo studia da sei anni al Conservatorio di Firenze). Giudizio complessivo - Ha personalità anche se non si sottrae alla moda di cantare con grinta e voce rauca, quasi raschiante. Si può utilizzare come cantautrice

 

sabato 21 novembre 2020

Immobile zittisce tutti. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

10 al Ciro d'Italia - Crotone-Lazio l'ha vinta lui, Ciro il grande. Sì d'accordo la squadra ha giocato alla perfezione nonostante il campo ridotto a una risaia, ma la partita aveva una valenza speciale per il bomber de noantri, oggetto di una campagna mediatica vergognosa e senza alcun fondamento, che aveva squarciato la sua serenità e la vigilia dello scontro cercando di screditarlo all'opinione pubblica. E lui ha risposto sul campo, alla sua maniera, da campione: un gran gol di testa in tuffo sotto il nubifragio e un assist al bacio per l'argentino volante. Una performance maiuscola insomma in cui si è dimostrato più forte degli avvoltoi, più forte della pioggia, più forte dei tamponi. Il vero positivo di questa squadra che ci fa sognare è Immobile, 130 gol con l'Aquila sul petto. E ho detto tutto.

8 e mezzo a Correa l'anno 1900 - Un diagonale mancino dopo uno slalom fra quattro avversari. Un Tucu di classe come solo lui. Quando je gira bene.

7 e mezzo ad Antonio Elia Acerbis -  E' tornato il Ministro della difesa da tutti acclamato. Mica come quello in carica. A proposito, alzi la mano destra chi sa come si chiama e sopattutto chi è il politico che occupa la poltrona più alta di quel dicastero. Non si vedono mani. Invece il nome del nostro difensore lo conoscono tutti, anche all'estero.

7 a Lupo Alberto - Alla fine ha preso l'aereo. Sì quello che aveva in parte criticato per questioni economiche. Salvo rimagnasse tutto dopo aver dato un'occhiata al dindarolo de casa che trabocava de euri, così tanti da potecce giocà a Mercante in fiera contro tutti condominii del quartiere dove abita. Na cifra. Dall'oroscopo di Branko la Luna consiglia: prima di parlare pensateci dieci volte. Eviterete di pagare multe salate e fare la figura di Stam (quello che coi miliardi non aveva i soldi per la spesa...). E de resta a terra a Crotone e torna a fette. 

7 a dillo a Parolo tuo - E' diventato il tuttofare di Inzaghi. Lo mette sempre e dappertutto. A volte anche fuori Formello per controllare le macchine. E lui ripaga la fiducia. Avete presente quel lancione per la testa di Ciro in occasione del gol? Provaci ancora Marco.

7 a Innamoradu - La vecchia guardia non si arrende. E non teme nessuno. Quando infatti si è trovato di fronte il Messias che camminava sull'acqua, gli ha fatto bu bu settetete e il miracolo è terminato. 

6 e mezzo a Patric del Grande Fratello - Lo rimpiangono tutti i fan della Casa. Del resto rispetto alle nullità che la abitano come i Carneadi Zorzi e Oppini, il biondo è un gigante. E nel pantano dello Scida lo ha confermato. Con tutti i suoi limiti peraltro che so' tanti.

6+ a Somarusic - Vedendolo correre in mezzo a quel lago molti hanno pensato che si fosse fatto una flebo di caffè corretto. Il sonnambulo dal volto umano infatti è entrato in corsa stupendo tutti, poi quando a un certo punto si è marcato da solo lasciando la palla ancorata al prato, tutti hanno capito che dormiva in piedi. Come sempre.

6+ ad A Ke Pro - Poco fumo e tanto arrosto. Nè più nè meno di Nino Frassica, l'unico che rende accettabile il programma di Fazio.  

6 a Lucas 2.0 (Biglia chi?) - Tanto fumo e un po' d'arrosto. Avete presente Massimo Giletti?

6 a Totò Riina - Pochi tiri ma buoni. Una scatto de reni, uno de panza in fuorigioco, et voilà, la porta è salva. Hai capito Cicciobelllo?

6 al Panter One - In the jungle, the mighty jungle, the lion sleeps tonight... (Il leone si è addormentato) cit. The Tokens, 1961.

6 a Lazzari alzati e cammina - Un po' più svelto però, sembravi na lumaca.

6 a Sostiene Pereira - Buttato nella mischia per fare numero. Come Salemme a "Tale e quale".

6- all'abate Farias - C'è tanto da Fares...Sipario.


Appunti di gioco

di Roberto Taglieri

 

Sabato, 21 novembre 2020

Bella Lazio allo “Scida”. Nell’anticipo dell’ottava giornata di Campionato contro il Crotone i biancocelesti si aggiudicano l’incontro per 0-2 con un gol per tempo: apre le danze Immobile e nella ripresa chiude Correa, per la terza vittoria in trasferta dei capitolini. Inzaghi oggi incontra il suo ex compagno Stroppa, che per questa gara non può disporre di Molina, infortunato e di Luperto squalificato. Per i padroni di casa dal primo minuto a centrocampo c’è Petriccione, con Messias e Simi di punta. Il tecnico biancazzurro invece può finalmente schierare Leiva ed Immobile dopo i problemi legati al Covid, ma proprio per il virus perde Milinkovic. Decide infine di mettere in campo anche Luis Alberto, già multato dalla società per le sue dichiarazioni inopportune di qualche giorno fa. Pioggia e vento fortissimo si abbattono su Crotone, di fatto guastando la regolarità della partita, che comincia ugualmente in un vero pantano. Al 7’ un errore di Cordaz innesca Immobile, che non riesce ad inquadrare la porta sguarnita, un minuto dopo Correa tira forte ma il portiere para a terra. Al 14’ Nwankwo si divora il gol del vantaggio, appoggiando fuori per un pelo dentro l’area piccola e lo stesso fa Luis Alberto, che di testa mette troppo centralmente consentendo la parata a Cordaz. Nonostante le condizioni del campo impossibili, al 21’ i biancocelesti sbloccano: è Immobile a raccogliere un cross dalla destra di Parolo ed a insaccare in tuffo di testa all’angoletto, eludendo il controllo di Magallan. La Lazio domina e si mangia lo 0-2 con Parolo, che si fa respingere in corner il suo tiro da distanza ravvicinata. Prima della fine del primo tempo Fares di testa colpisce molto bene ma Cordaz respinge e perfeziona poi Marrone rinviando sulla linea. Dopo il riposo i biancazzurri ripartono senza Parolo e Fares; al loro posto Akpa Akpro e Marusic, ma subito il Crotone è pericoloso con Benali che calcia in diagonale, ma Reina blocca. Cordaz fa altrettanto poco dopo sul tiro di Correa. Non piove più, le condizioni del campo migliorano sensibilmente, ma il vento prosegue e la Lazio ora lo ha contro. Il Crotone appare più grintoso ma proprio ora i biancazzurri vanno al raddoppio. Immobile al 58’ serve Correa, che finta di andare in fondo per crossare ma da posizione difficilissima calcia in porta e fa secco Cordaz infilando in porta un diagonale millimetrico. Inzaghi sostituisce l’argentino con Caicedo quando ricomincia fortissima la pioggia. La Lazio è ancora pericolosa al 66’ con Immobile, che non riesce a bucare la porta rossoblu da posizione defilata, poi con Caicedo che si smarca bene ma spara a lato. Il Crotone negli ultimi minuti prova a impensierire i biancazzurri, che però tengono bene il campo fino in fondo conquistando la vittoria. Una partita complicata, la pioggia aveva annullato le differenze tecniche tra le due squadre, ma la Lazio è riuscita ugualmente ad avere la meglio sugli avversari grazie a due prodezze dei suoi attaccanti migliori. Tra l’altro due gol bellissimi, che consentono agli uomini di Inzaghi di fare bottino pieno. Sono ora 14 i punti per i biancazzurri, che in attesa delle altre gare raggiungono la quinta posizione in classifica ed ora si concentreranno sulla Champions, in programma già martedi prossimo all’Olimpico contro lo Zenit.  

 

 

    

CROTONE LAZIO  0–2    21’  Immobile 58’ Correa

CROTONE: Cordaz, Magallan, Marrone, Cuomo, Rispoli (46’ Pereira), Benali, Petriccione (68’ Dragus), Vulic (78’ Riviera), Reca, Messias, Nwankwo.All. Stroppa

LAZIO: Strakosha, Patric (78’ Hoedt), Acerbi, Radu, Lazzari, Parolo (46’ Akpa Akpro), Leiva, Luis Alberto, Fares (46’ Marusic), Correa (62’ Caicedo), Immobile (75’ Pereira). All Inzaghi

Arbitro Sacchi

martedì 17 novembre 2020

Verdone, 70 anni un sacco belli

 di FRANCESCO TRONCARELLI


E pensare che c'è stato un momento in cui ha pensato di mollare tutto. Si sarebbe messo a fare l'insegnante di lettere, materia che in cui si era laureato col massimo dei voti all'università, pur di superare l'impasse artistico in cui era piombato, credendo di aver bruciato tutte le sue cartucce.

Già, perchè nostante il botto con cui erano stati accolti i suoi primi due fim, "Un sacco bello" e "Bianco, rosso e Verdone", non lo cercava più nessuno. Incredibile ma vero. Come se all'improvviso non ci fosse stato più spazio per il giovane attore considerato da subito l'erede di Albertone, fra i nuovi comici (Troisi, Benigni, Nuti) lanciati alla conquista degli anni 80.

Ma per fortuna nostra e sua ci pensò Mario Cecchi Gori, il cinematografaro dal fiuto più sensibile di un cane da tartufo, a chiamarlo e metterlo sotto contratto, dando così il via a un successo sempre più travolgente che da allora ("Borotalco" 5 David di Donatello, per proseguire con "Acqua e sapone", "Viaggi di nozze", "Gallo Cedrone" e così via) si è sempre più consolidato nella critica e nel pubblico. Meritatamente.


Eccolo qui Carlo Verdone, 70 anni portati con nonchalance e saggezza e con quella voglia innata e intatta di continuare a stupirsi di tutto quello che lo circonda. L'hanno fatto commendatore per meriti artistici come Peppino De Filippo e Vittorio De Sica, ma ai doppiopetto grigi di quei mostri sacri del nostro Cinema, preferisce i jeans e il giubbotto coi quali si muove per la città a bordo della sua moto.

Sì perchè Carlo detesta le auto blu della produzione, come quelle della politica e i conformismi in genere. Ai salotti istituzionali e mondani dove si va a dissertare sui massimi sistemi e tessere trame e amicizie, preferisce le chiacchiere al baretto di quartiere, gli incontri col meccanico, le battute col fioraio egiziano e la fruttarola del mercato. Come quando da ragazzo abitava a Ponte Sisto, nella casa sotto i portici.

Carlo Verdone insomma nonostante sia diventato un personaggio di successo e popolare quant'altri mai, rifugge lo snobismo dei vip o presunti tali per frequentare l'umanità che lo circonda alla ricerca di quella Roma della gioventù che resiste tra mille difficoltà, antichi sapori ed atmosfere perdute.

Compie gli anni con qualche acciacco peraltro superato brillantemente (doppia operazione alla anche), ma al ruolo di protagonista h 24 non ci tiene, preferisce vivere come un fan. Di Jimmy Hendrix, De Niro (con cui ha lavorato), dei Led Zeppelin o dei Beatles di cui possiede l'opera omnia.

 

"Pedinatore" degli italiani, come si definisce, dopo averli fotografati mentalmente li ripropone nei suoi film con gusto, ironia, compassione. Così i suoi personaggi diventano beniamini del pubblico, che li riconosce e in cui si riconosce, siano Ivano il coatto di "o famo strano" o Furio il pedante professore marito di Magda "tu mi ami? io ti amo, lo vedi che il nostro è un amore reciproco?".

Con lui la commedia all'italiana si è aggiornata, venandosi di riflessione e malinconia, le due cifre principali del suo carattere. Ipocondriaco secondo la vulgata, in realtà esperto di medicina (con tanto di laurea Honoris causa), colto e mai volgare, avvilito per questo paese che non si indigna più di niente, un po' il "Compagno di scuola" che molti avrebbero voluto avere e molto "Troppo forte" per tutti, è un pilastro del cinema italiano.

Con 27 film, compreso l'ultimo "Si vive una volta sola" pronto da tempo ma bloccato dal Covid, ha raccontato l'Italia contemporanea e degli ultimi 40 anni, passando senza soluzione di continuità ma con tanta maestria, da personaggi mitici come il tontolone con gli occhi al cielo dei due cervi a Ponte Sisto, il timido Leo che deve andare a Ladispoli e il mitomane Armando Feroci, a storie corali scritte bene e inerpretate meglio da lui e gli attori che ha scelto.


A scoprirne il talento fu il critico Franco Cordelli che su Paese Sera scrisse una divertita ed entusiasta recensione del suo spettacolo d'esordio all'Alberichino. Enzo Trapani attirato da quella nomea crescente lo volle in "Non stop", il programma Rai che lancerà i più grandi comici di quella generazione. 

Quelle sue caratterizzazioni fecero appassionare Sergio Leone che intuì il potenziale dell'attore, capendo che quel successo in tv avrebbe avuto un seguito anche nelle sale. Il primo film fu un "Sacco bello", un cult per eccellenza, poi arrivò "Bianco, rosso e verdone" con la Sora Lella e fu trionfo. 

Alberto Sordi lo accolse come un figlio (e fu "In viaggio con papà") e l'Italia come l'attore comico più simpatico e intelligente, garbato e travolgente, romano ma di tutti. Un artista che in una vita sotto i riflettori ha regalato sorrisi e buonumore senza risparmiarsi, smentendo clamorosamente l'affermazione di un suo personaggio diventata titolo di film:"Maledetto il giorno in cui...". 

Ma de che. Auguri Carlo, benedetto il giorno in cui ti abbiamo incontrato.

 


giovedì 12 novembre 2020

"Apache" 60 anni di un boom

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Vasco Rossi la sentì alla radio e se ne innamorò all'istante. Così quando insieme ad altri ragazzini fondò il primo complesso, i Little Boys, iniziarono subito a suonarla. Stesso discorso per Dodi Battaglia, che lasciò l'amata fisarmonica per lei, impugnando per la prima volta una chitarra.

Medesima folgorazione la ebbero Enrico Ciacci, il talentuoso fratello di Little Tony vero e proprio funambolo della chitarra, come anche Alberto Radius, chitarrista di Lucio Battisti e della Formula 3, Gino Santercole e Natale Massara dei Ribelli di Celentano, Ricky Portera e tutti quei giovani che dalla metà degli anni Sessanta in poi, si affacciavano nella musica per diletto con la speranza che diventasse un mestiere.

Tutti pazzi per "Apache", il brano strumentale degli Shadows che esattamente 60 anni fa esplose nelle classifiche di tutto il mondo, aprendo orizzonti sconosciuti e nuove strade ai futuri saranno famosi delle sette corde. Da Eric Clapton a Jimmy Page, da David Gilmour a Brian May, tutti a suonare questo bano dedicato ad una delle tribù più famose dei nativi americani, quella di Geronimo.

La storia degli Shadows si fa risalire a un trio fondato da Cliff Richard (prima che diventasse solista e numero uno in Inghilterra), che si esibiva nei locali di Londra facendosi chiamare The Drifters. La svolta si ebbe quando diventarono complesso con l'entrata del fenomeno Hank Marvin, chitarra solista e del bravissimo Bruce Welch alla ritmica.

Cliff Richard e The Shadows

E la musica cambiò, rock elettronico come pure il nome, The Shadows appunto, che conquistarono subito la scena piazzando due brani ai primi post della chart britannica. Era il 58 e il gruppo si pose alla ribalta della scena musicale d'Oltremanica dominandola per quattro anni sino all'avvento dei Beatles di cui furono i precursori. 

Fu proprio durante un'esibizione degli Shadows a Liverpool che il manager dei Beatles Brian Epstein segnalò a John Lennon e gli altri, l'eleganza degli abiti delle "Ombre", i loro passi coreografici sul palco e l'inchino al termine dei concerti. 

Una messiscena di grande classe che colpi il pubblico giovanile già ipnotizzato dalle svisate di Hank Marvin e le rullate sui tamburi di Tony Meehan. The Shadows sono stati il primo gruppo "elettrico" della storia del rock nella formazione poi divenuta classica, ovvero chitarra solista, ritmica, basso elettrico e batteria.

Una band che come dicevamo influenzò migliaia di giovani che a loro volta diedero origine ad una miriade di gruppi (all'epoca chiamati complessi) tra i quali emersero gli stessi Beatles, i Rolling Stones, gli Yardbirds e così via.

il 45 giri "Apache"

La Stratocaster Fiesta Red divenne l'icona per eccellenza, stesso discorso valeva per gli amplificatori Vox e per l'echo Binson, quelli che avevano Cliff Richard e compagnia bella. Musicisti eccezionali e di grande talento che entusiasmavano il pubblico in tutto il mondo.

Ciliegina sulla torta del loro successo e vero e proprio brano da applausi a scena aperta per il ritmo incalzante e le atmosfere esotiche che evocava fu "Apache", disco decisamente suggestivo composto da Jerry Lordan sulla scia del film omonimo interpretato da Burt Lancaster, che ancor oggi mantiene la sua freschezza nella versione originale. 

All'inizio del pezzo si sente un rullo simile a quello dei tamburi di pelle animale degli indiani, poi la chitarra elettrica di Marvin inizia ripetendo due volte il riff d'introduzione enfatizzato da un calibrato riverbero e dalle vibrazioni del tremolo, dopodiché anche gli altri partono con il motivo che riecheggia quello dei nativi quando camminano e danzano intorno ai falò prima di una guerra.

il film "Apache" con Burt Lancaster

"Apache" ha avuto parecchie cover per tutti gli anni '60, ma dobbiamo arrivare ai precursori del movimento Hip Hop d'oltreoceano per ritrovarlo in una nuova veste, grazie all'arguzia geniale di Michael Viner e The Incredible Bongo Band che lo hanno rilanciato negli anni Settanta.  

Dopo 21 anni "Apache", incurante del tempo e delle mode, si reincarna una terza volta nel 1981 per effetto dell'energia della Sugarhill Gang e al groove di Grandmaster Flash.

Ed ancora la nostra storia non è finita, perché la canzone dei The Shadows,  riarrangiata da Michael Viner e ripresa dalla Old School Hip Hop statunitense, nel 1998 ritorna nel Regno Unito e compare nell'album On The Floor at The Boutique di FatBoy Slim.

Con questa riproposizione vinecnte, si è chiuso il cerchio delle mille vite di questa canzone che per 40 anni ha vissuto un numero illimitato di reincarnazioni, restando sempre in cima e nel cuore delle generazioni che si sono succedute, un record che poche altre musiche possono vantare.

"Apache" peraltro ancora oggi è nel repertorio live di Fatboy Slim e inevitabilmente è finita nella serie "The Get Down" di Netflix che descrive quella New York degli anni 70 che ha generato gli stili pop che attualmente invadono la nostra quotidianità. L'originale però è sempre il migliore. Eccolo


domenica 8 novembre 2020

Lazio, all'ultimo Caicedo! Le Pagelliadi

di FRANCESCO TRONCARELLI

 

10 al Panter One - Nonostante una campagna stampa denigratoria, un'inchiesta giudiziaria in corso e un assedio mediatico e medico ingiustificati, la Lazio ha pareggiato con la Juve, gettando il cuore oltre l'ostacolo e dimostrandosi una squadra con gli attributi. Merito innanzitutto di Simone Inzaghi che ha cambiato le carte in tavola per trovare il bandolo della matassa e sfondare il catenaccio che i bianconeri avevano alzato, ma stramerito soprattutto del bomber ecuadoriano che all'ultimo secondo dell'ultimo assalto ha segnato un gol da antologia del calcio, stop del pallone di sinistro, giravolta su se stesso e siluro di destro all'angolo opposto dell'ex portiere della roma. Un gol stratosferico alla faccia di chi ci vuole male: Caicedo li ha tamponati tutti. Avanti Lazio avanti laziali! 

8 e mezzo a Correa l'anno 1900 - Quando tutto sembrava perso e dopo una prova più no che sì, l'argentino a sorpresa ha tirato fuori un Tucu di classe portando lo scompiglio nelle retrovie juventine. Manco Belen quando esibì la famosa farfalla a Sanremo fu capace di tanto. Applausi.

8 a Totò Riina- Punizione di Ronaldo all'acquedotto al termine del primo tempo. Tutti i laziali spaparanzati davanti il televisore a casa tremano temendo il raddoppio e l'avvio di una goleada, ma il pelato sfodera una paratona (con tutta la panza in fuorigioco che se ritrova) con cui dice no all'uomo con i gabbiani al posto delle sopracciglia. E andiamo.

7 ad Ake Prò e sostiene Pereira - Sono entrati in corsa nel serrate finale. E la Lazio ha pareggiato. Hanno dato tutto insomma. Come Paolo Conticini e la sua compagna di merende a Ballando con le stelle.

6 e mezzo a chiedimi se sono Felipe - non c'è bisogno di chiedertelo. Dopo che hai neutralizzato CR7 con un anticipo da paura visto in mondovisione, lo sei sicuro. E' come se Martufello vincesse l'Oscar.

6 e mezzo al Sergente - Quando tutto andava storto (zero tiri, zero pressione...) ha retto la baracca da solo. Combattente vero. L'esatto contrario di Paolo Brosio al Grande fratello.

6+ a Somarusic - Il sonnambulo che non ti aspetti. Una dormita biblica poi all'81 il risveglio con un colpo di testa che scuote l'Olimpico deserto e nel finale la rimessa laterale monstre che dà il via all'azione del pareggio. Ovviamente dopo i festeggiamenti, si è rimboccato le coperte è si è addormito di nuovo. Grande.

6 a Lazzari alzati e cammina e Innamoradu - Bentornati. 

6 all'incredibile Hudt - Tanto fumo e un po' d'arrosto. Avete presente Vincenzo Salemme?

5 e mezzo a Massimo Di Cataldi - Tanto fumo e niente arrosto. Avete presente Massimo Giletti?

5 e mezzo a Lupo Alberto -  L'americano a Roma Nando Moriconi aveva avuto la malattia che l'aveva bloccato, al Mago invece j'ha fatto male la quarantena. Dall'oroscopo di Branko la Luna consiglia: se si siete costretti al ritiro per evitare assembramenti, uscite comunque in balcone per osservare il mondo, fate su e giù per le scale e annaffiate i fiori del condominio. Fa bene all'anima e allo spirito.  

5 e mezzo ad Antonio Elia Acerbis - Da "e segna sempre lui" dedicato a Beppe Signori a "segnano sempre quelli che deve marcare lui". Il passo non è breve ma così è. Purtroppo. A grande richiesta lo rivogliamo Ministro della difesa.

5- all'abate Fares- C'è molto da fares, ma proprio molto.

4 a sono un pirata non sono un signore (cit. Julio Iglesias) - ma da quello che ho fatto vedere sino ad ora anche una sega internazionale. Aò, Nina Murici nun ne azzecca una, ma non solo, non tira in porta manco se je dicono i morti. Assente ingiustificato come Fiorello che è sparito dalla circolazione. E soprattutto inutile come il miglior Vignaroli. Praticamente è come la ministra del lavoro Nunzia Catalfo nel governo, c'è ma non si vede. E soprattutto nessuno sa anche che esiste. Sipario.  


Appunti di gioco

di Roberto Taglieri

 

Domenica, 8 novembre 2020

 

Felipe Caicedo: una garanzia. All’Olimpico è un pareggio al cardiopalmo tra Lazio e Juve; nell’anticipo di pranzo della settima giornata la Juventus va in vantaggio con Ronaldo all’inizio del primo tempo ma, come già accaduto domenica e mercoledi passato, viene raggiunta all’ultimo secondo utile da un gol di Caicedo, che in extremis fissa il risultato sull’1-1. Dopo la rocambolesca vittoria col Toro ed il pareggio in Russia la Lazio torna a Roma accompagnata da un mucchio di polemiche per le regolarità dei tamponi eseguiti sui suoi calciatori. Nell’incertezza della positività al Covid, Inzaghi non può schierare Strakosha, Leiva ed Immobile; spazio dunque a Cataldi a centrocampo con Radu e Luis Alberto che finalmente si riuniscono ai compagni. Pirlo invece, dopo la vittoria di Crotone, è senza Ramsey; oggi è Kulusevski a sostituirlo, mentre in avanti col redditizio Morata ci sono Ronaldo e Frabotta. La prima conclusione della partita la fa proprio Ronaldo di destro al 7’, ma Reina blocca senza problemi e fa altrettanto su Rabiot che calcia da fuori al 12’. Sono le prove del vantaggio della Juve: Ronaldo al 15’ riceve dalla destra da  Cuadrado e da solo in area piccola mette in porta indisturbato lo 0-1 per i suoi. Al 21’ Muriqi non arriva alla deviazione su un bel servizio di Correa, che dopo qualche minuto prova a calciare forte ma Szczesny neutralizza. Al 37’ in ripartenza Ronaldo sfiora il palo, un secondo dopo Muriqi in posizione defilata spara sull’esterno della rete. Al 42’ un altro contropiede vede il palo di Ronaldo, che tira benissimo ma colpisce proprio il sette e Reina si salva. Il portiere laziale è stupendo poialla fine del primo tempo a neutralizzare la conclusione di Ronaldo su punizione dal limite. Nella ripresa subito Bentacur prova dalla lunga distanza ma mette abbondantemente fuori, invece Marusic a giro sfiora la traversa al 49’. Entrano Lazzari, Hoedt e Caicedo, per Fares, Radu e Muriqi, ma la Juve è di nuovo pericolosa con Rabiot, su cui Reina riesce a respingere al 58’. La Lazio fa tutto bene a centrocampo ma poi manca di idee davanti, la Juve invece riesce a controllare i biancazzurri e prova a pungere in contropiede. Dybala e McKennie, Akpro e Pereira sono gli ulteriori cambi delle due squadre. All’80’ su cross di Milinkovic è Marusic a provare la deviazione di testa ma Szczesny blocca a terra e salva i suoi; la Lazio ora cerca il pareggio e negli ultimi minuti si riversa in avanti. Quando tutto sembra perduto però c’è sempre Santo Caicedo che nel recupero, ad un solo secondo dal termine fa impazzire i tifosi laziali. Grande la percussione di Correa, che s’infila caparbio in area e serve l’ecuadoreno, che pur pressato da Demiral fa un grande gesto atletico e mette in gol una mezza girata imprendibile per Szczesny,  riuscendo ad impattare una partita praticamente persa. Un pari quello di oggi che vale tantissimo, sia per il punto raggiunto in extremis sia per tutte le polemiche che hanno messo sotto scacco i biancazzurri durante tutta la settimana. Il titolone a caratteri cubitali se lo prende chiaramente Felipe Caicedo: non è più un caso che il “Pantera” ci creda fino alla fine e riesca sempre a metterla dentro, ma oggi tutta la Lazio si merita un grande elogio. Gli uomini di Inzaghi hanno meritato il pari tenendo testa ai bianconeri: un grandissimo segnale di forza, di consapevolezza nei propri mezzi ed un bel viatico per il prosieguo del campionato, che ora osserverà un turno di riposo per le partite della Nazionale. Stavolta la sosta è davvero utile per recuperare tutti.          

 

LAZIO JUVENTUS 1–1      15’ Ronaldo 94’ Caicedo

LAZIO: Reina, Luis Felipe, Acerbi, Radu (54’ Hoedt), Marusic, Cataldi (76’ Akpa Akpro), Milinkovic, Luis Alberto (76’ Pereira), Fares (54’ Lazzari), Correa, Muriqi (54’ Caicedo).  All: Inzaghi

JUVENTUS:  Szczesny, Cuadrado, Demiral, Bonucci, Danilo, Kulusevski (76’ Mc Kennie), Rabiot, Bentancur, Frabotta, Ronaldo (76’ Dybala), Morata (88’ Bernardeschi).  All: Pirlo

Arbitro Massa

 

venerdì 6 novembre 2020

Nun je da' retta Roma: la canzone più bella di Proietti

 di FRANCESCO TRONCARELLI


Cantare per Gigi Proietti è stata sempre una passione, ma anche un lavoro, perchè proprio come cantante e musicista mosse i primi passi negli anni Sessanta nel mondo dello spettacolo, suonando con le orchestrine nei night romani intorno a Via Veneto.

Prima di iniziare a fare l'attore, Gigi suonava il basso e la chitarra e si esibiva tutte le sere nei locali notturni con il suo gruppo, iniziando così a farsi le ossa e ad avere i primi contatti con il pubblico, quel pubblico che in seguito l'avrebbe apprezzato come mattatore del palcoscenico.

Ed il canto è rimasto per lui il primo amore che non si scorda mai, tanto che nel corso della carriera ha inciso vari dischi e raccolte di brani che spesso ha riproposto negli spettacoli teatrali e televisivi.

Tra i tanti, quello che viene considerato il più bello in assoluto, carico d'atmosfere e suggestioni che rimandano a un Roma che non c'è più e per questo magica, è "Nun je da' retta Roma", il pezzo per il film "La Tosca" del 1973, composto da due numeri uno, il regista Gigi Magni a cui si deve il testo e il maestro Armando Trovajoli che ha scritto la musica.

La canzone nel film è interpretata appunto da Proietti protagonista della pellicola nei panni del pittore Mario Cavaradossi, che è rinchiuso a Castel Sant’Angelo in attesa di essere giustiziato per aver dato rifugio al giacobino Angelotti. Quest'ultimo, pur di non cadere nelle mani della polizia pontificia, si era suicidato, ma fu impiccato da morto per far credere al popolo che la “giustizia” aveva fatto il suo corso. 

 

L'album della colonna sonora del film
 

Nel film, Cavaradossi canta il brano durante l’ora d’aria, il testo è quello di un ipotetico dialogo fra lui e i romani. Il personaggio invita la città alla ribellione, ma Roma non ascolta l’invocazione e si rifugia nei suoi stornelli e preferisce rimanere in attesa di un cambiamento lento e graduale. 

Cavaradossi invita alla rivolta: "Pja er cortello" chiede. Ma l'Urbe non lo ascolta, lei pazienta e continua ad attendere tempi migliori. Inoltre, per giustificare questo atteggiamento attendista, nell'ultima strofa, viene citato un celebre proverbio popolare «La gatta presciolosa fece li fiji ciechi»

L'interpretazione del brano di Proietti nel film è considerato da alcuni l’apice del pathos drammaturgico della pellicola, indubbiamente un momento particolare e coinvolgente. Proietti canta accorato e i Cantori moderni di Alessandroni gli fanno il controcanto e il coro. Gigi Proietti si impadronisce insomma del brano con cui non a caso, spesso chiuderà i suoi spettacoli.

La canzone peraltro all'epoca, gli fu pure in parte censurata dalla RAI. Infatti, l’attacco "Nu je da’ retta Roma che t'hanno cojonato" in qualche apparizione televisiva diventava "Nun je da’ retta Roma er boia l'ha impiccato". Il film si ispira non già alla celebre opera di Puccini ma al dramma omonimo scritto nel 1887 da un francese, Victorien Sardou, al quale tra l’altro la stessa opera lirica, che uscirà solo nel 1900, fa riferimento.

La Tosca del Sardou, così come il film del Magni vero e proprio dramma tragicomico musicale che è diventato un caposaldo del patrimonio culturale della Città eterna e dell’Italia tutta, si svolge nella Roma del 1800, durante la battaglia di Marengo che oppone le truppe napoleoniche a quelle austriache. Magni per raccontare la storia, si avvale di un cast stellare.

Gigi e Monica Vitti

Aldo Fabrizi è il Governatore della città, il perfido capo della polizia pontificia è Vittorio Gassman, la cantante Floria Tosca amante di Cavaradossi è una splendida Monica Vitti che ottenne per questa interpretazione il Globo d’Oro, il giacobino Cesare Angelotti è Umberto Orsini, i bravissimi Gianni Bonagura e Fiorenzo Fiorentini caratteristi di lungo corso e grande mestiere sono i brigadieri di polizia Sciarrone e Spoletta.

Gigi Magni con la sua proverbiale maestria, nessuno come lui sapeva raccontare la Storia di Roma a cavallo tra il 1800 ed il 1865 ( “Nell’anno del signore”, “In nome del Papa Re”, “In nome del popolo sovrano” e così via) confezionò un film di livello a cui le musiche di un maestro come Trovajoli (Roma non fa la stupida stasera, Ciumachella de Trastevere, Aggiungi un posto a tavola), fornirono la giusta atmosfera.

Proietti ovviamente è il valore aggiunto che raggiunge l'apice appunto nell'interpretazione di questa canzone diventata un grande successo e legata indissolubilmente a lui. Nell'immaginario collettivo infatti al nome di Gigi Proietti viene subito associata "Nun je da' retta Roma". Così come vengono associati il Cavaliere nero, Toto e la saùna e il maresciallo Rocca.

Gigi del resto con questo brano ci ha regalato una gemma meravigliosa del suo repertorio. La sua interpretazone è un atto unico, intenso e vibrante, un capolavoro che ti entra dentro e ti scuote l'anima. Se si è romani poi ancora di più. Proietti è Roma mentre canta la sua invocazione, è il suo cuore, è la voce calda e vibrante di una città.

 

 


martedì 3 novembre 2020

Caro Gigi ti scrivo...

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Caro Gigi ti scrivo così mi distraggo un po'. Sì, perchè per cercare di dimenticare in fretta lo sgomento che ci ha attanagliato da quando te ne sei andato, è bene tenere la mente occupata per provare a pensare ad altro.

Ma è un puro esercizio di stile, perchè è impossibile dimenticare "a babbo morto" come si dice dalle nostre parti, la tua persona, la tua maschera, le mille maschere che hai indossato per tenerci compagnia, per farci sentire meno soli e renderci la vita più dolce e senza pensieri.

Perchè era proprio così, i tuoi spettacoli rendevano tutti più felici e sereni. Le due ore in teatro passate con te, una goduria che allontanava beghe condominiali, liti stradali, pagamenti in scadenza e quant'altro di insopportabile e nocivo come d'incanto. 

C'era Gigi con i suoi numeri da acrobata della parola, da artigiano della risata, da maestro del varietà che ponevano tutto in secondo piano rendendoci tutti più liberi, più umani, più intelligenti. Più attenti a noi stessi e meno al volere degli altri.

Gigi Proietti per tutti è stato sinonimo di Arte e Cultura, ma anche di Romanità e saggezza sorniona, quella buona come il colesterolo HDL, che ti permette di andare avanti e ti regala serenità e goia.

Ecco perchè la tua mancanza si sente così enormemente, perchè lasciandoci così senza preavviso, dal giorno, che si attendeva per festeggiarti, alla notte, che ti ha portato via alle prime luci dell'alba, ci hai resi orfani.

Di un nonno e un padre per qualcuno, di un fratello più grande per molti, di un amico di famiglia per tutti. Tutti quelli che andavi a trovare la sera nelle loro case entrando in punta di piedi direttamente dal televisiore, per poi allietare tra frizzi, lazzi e "un fischio maschio senza raschio". 

Caro Gigi ti scrivo ma non riesco a distrarmi neanche un po'. E siccome sei molto lontano più forte ti scriverò. Da quando sei partito c'è una sicura novità, questo maledetto anno sta per finire sperando che non combini altri guai.

Si esce poco la sera compreso quando è festa con questa pandemia in agguato, e c'è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra e si sta senza parlare per intere settimane e a quelli che hanno niente da dire e purtroppo sono tanti, del tempo ne rimane.

Ma la televisione ha detto che il nuovo anno porterà una trasformazione, ma non sarà quella che volevamo perchè tu ci non sarai. E questo non è accettabile. Perchè eri, sei stato, sei unico.
 
L'unico che sapeva passare dal tragico al comico con la stessa capacità e bravura e senza soluzione di continuità. E quando si rideva con te era uno spasso, ti venivano le lacrime agli occhi. Ora il sorriso ha abbassato la serranda e ci restano solo le lacrime.

Ciao Gigi, ti saluto a nome di tutti quelli che ti hanno amato e apprezzato con tanto affetto e già con una travolgente nostalgia. E' scritto pure sul Colosseo "ci mancherai"....



 

lunedì 2 novembre 2020

Addio Gigi Proietti, ultimo mattatore

di FRANCESCO TRONCARELLI


Un talento assoluto. Un fuoriclasse. Attore, regista, doppiatore, cantante, conduttore, cabarettista, scrittore e insegnante. Un vero mattatore. L'unico nel variegato panorama dello Spettacolo italiano ad essere un artista poliedrico e completo.

Gigi Proietti se n'è andato all'alba nel giorno del suo ottantesimo compleanno per gravi problemi cardiaci dopo essere stato ricoverato in una clinica romana. La famiglia aveva mantenuto il massimo riserbo, ma ieri sera, si era diffusa la voce delle sue condizioni suscitando immediatamente un grande clamore e tanta apprensione sui social e fra il pubblico che lo ha sempre amato considerandolo un fratello maggiore, un padre, uno di famiglia.

E non poteva essere diversamente perchè Proietti è stato un gigante dello Spettacolo, che in oltre 55 anni di carriera ha regalato gioie e divertimento senza risparmiarsi e portando l'Arte, quella con la a maiuscola nelle case degli italiani e nei teatri del Bel paese.

Sornione, affabile, elegante e gran signore, con quella voce inconfondibile, calda e vibrante, Proietti faceva parte di quella ristretta cerchia di attori di formazione teatrale, campo nel quale ha mietuto notevoli consensi sin dagli inizi degli anni Sessanta, capace di fare tutto, risultando sempre immensamente bravo e il migliore di tutti i suoi colleghi.

Era l'ultimo dei moicani di quella comicità romana che veniva dall'avanspettacolo, caustica e sarcastica, dalla battuta fulminante e le caratterizzazioni irresistibili e che ha avuto nel grande Ettore Petrolini il capostipite sommo, in Aldo Fabrizi e Alberto Sordi i discedenti diretti e in Proietti l'erede unanimamante riconosciuto.

Romano nato a due passi da Campo de Fiori e vicino a via Giulia, avrebbe voluto fare il cantante, il suo sogno, la musica infatti è sempre stata la sua passione. Mentre studiava Legge all'università infatti, si manteneva e si divertiva tutte le sere tirando l'alba nei locali notturni della città suonando la chitarra, ballando il cha cha cha e cantando un po' di tutto, da "Pupo biondo" ai classici di Frank Sinatra. 

a Sanremo con Stefano Palatresi e Peppino Di Capri

Una gavetta eccezionale, non solo per la fatica fisica ma anche per il rapporto che si creava con quel pubblico esigente e spesso su di giri che affollava le piste e che lo fortificava nel mestiere. Un'esperienza che poi gli sarebbe tornata utile molto più tardi, quando per esempio partecipò con Peppino Di Capri e Stefano Palatresi (il Trio Melody) al Festival di Sanremo col brano "Ma che ne sai", affrontando non solo il pubblico dell'Ariston, ma anche i milioni di spettatori piazzati davanti il televisore.

Noto per le sue doti di affabulatore e trasformista, è considerato uno dei massimi esponenti della storia del teatro italiano. Nel 1963 grazie a Giancarlo Cobelli esordì nel Can Can degli italiani, per poi interpretare senza sosta numerosi spettacoli teatrali sino a "A me gli occhi, please", esempio di teatro-grafia che segnò uno spartiacque nel modo di intendere il teatro, e al quale seguiranno numerosissime repliche anche con nuove versioni nel 1993, nel 1996, e nel 2000, attraversando i più importanti teatri italiani. Lo spettacolo ha registrato un record di oltre 500 000 presenze al Teatro Olimpico di Roma.

Da lì la scalata verso il successo sulle tavole del palcoscenico che arriva per la prima volta nel 1970 quando viene chiamato a sostituire Domenico Modugno, nella parte di Ademar nella commedia musicale di Garinei e Giovannini 'Alleluja brava gente'. Negli anni '70 arrivano anche i ruoli da protagonista al cinema in 'Gli ordini sono ordini' (1970), 'Meo Patacca' (1972), 'Conviene far bene l'amore' (1975), 'Languidi baci, perfide carezze' (1976), 'Chi dice donna dice donna', film diviso in cinque episodi di Tonino Cervi. 

L'artista romano passa dalla commedia, al ruolo impegnato, dal dramma erotico al film grottesco, quindi partecipa a film di Bolognini, Monicelli, Petri e Magni. Sbarca anche oltreoceano e recita in alcune pellicole dirette da registi di prestigio come Lumet, Altman e Ted Kotcheff, ma la grande consacrazione cinematografica arriva nel 1976 con il cult 'Febbre da cavallo" nel ruolo dell'incallito scommettitore Mandrake, che con il passare degli anni è divenuto un vero e proprio film di culto, che ha ripreso nel 2002 anno nel quale ha iniziato un forte sodalizio con i fratelli Carlo ed Enrico Vanzina.

 


Ha avuto anche esperienze nel campo televisivo, al quale si è dedicato fugacemente tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Settanta: prese parte allo sceneggiato Il circolo Pickwick di Ugo Gregoretti, collaborazione che proseguì successivamente con altre esperienze televisive. Tra gli anni settanta e gli anni Ottanta fu inoltre protagonista di svariati spettacoli di successo come "Sabato sera dalle nove alle dieci", "Fatti e fattacci", "Fantastico" e "Io a modo mio". 

Verso la fine dei Settanta ha anche aperto il Laboratorio di Esercitazioni Sceniche, che ha visto tra i suoi allievi numerosi personaggi divenuti poi volti noti dello spettacolo italiano, da Giorgio Tirabassi a Flavio Insinna, da Enrico Brignano a Gabrile Cirilli, da Massimo Wertmuller a Rodolfo Laganà.

Il grande boom poi, in piena maturità, quando parallelamente al successo ottenuto in teatro, è stato protagonista di svariate serie televisive di successo, prima fra tutte la serie RAI "Il maresciallo Rocca" iniziata nel 1996 e divenuta una delle serialità di maggior audience della televisione italiana, spianandogli inaspettatamente la strada verso una vera e propria seconda giovinezza.

Il maresciallo Rocca

Sempre per la RAI è stato San Filippo Neri nella miniserie "Preferisco il Paradiso", il cardinale Romeo Colombo da Priverno in "L'ultimo papa re", il misterioso generale Nicola Persico in "Il signore della truffa", e lo stravagante giornalista Bruno Palmieri in "Una pallottola nel cuore".

Nel 2017, a vent'anni dall'ultima esperienza, è tornato in televisione come protagonista assoluto del programma "Cavalli di battaglia", tratto dall'omonima tournée celebrativa dei suoi 50 anni di carriera che ha avuto un successo clamoroso.

Nel 2019 gli viene conferito il titolo di Distinguished Professor, Professore Emerito Honoris Causa, durante una cerimonia all'Università Tor Vergata di Roma, per essere stato "una delle personalità della scena italiana che ha accompagnato almeno tre generazioni di spettatori attraversando e caratterizzando con le sue performance cinquant'anni della storia artistica e sociale dell'Italia". 

Proietti è stato un vero mattatore, l'ultimo, un personaggio dalle mille maschere che ha regalato sogni e risate, indimenticabili il suo Mandrake, il suo Shakespeare nel Globe Theatre, il suo "Adrianaaaaa" di Rocky Sylvester Stallone, il Gastone di Petrolini, il "Nun me rompe er ca'" degli chansonier simil francesi, il Toto nella sauna e così via, a ciascuno il suo personaggio, a ciascuno il suo momento fissato nella memoria fra i ricordi, a tutti e per tutti il nostro Gigi.

Aveva sempre ironizzato sul giorno della sua nascita "Che dobbiamo fa? La data è quella che è, il 2 novembre" diceva e poi iniziava a spalancare gli occhi come solo lui era in grado di fare. Ed amara ironia del destino se n'è andato proprio nel giorno del compleanno che è lo stesso dedicato al culto dei morti lasciando attoniti tutti i suoi fan e quanti lo hanno amato e che purtroppo non potranno tributargli l'ultimo applauso come avrebbero voluto, per le note proibizioni dovute per la pandemia.

Ciao Gigi,sei stato un grande artista e un grande uomo, saggio, ironico e alla mano, un romano autentico che hai dato lustro alla nostra città e che hai passato una vita a difenderla e a coccolarla. Sei stato insomma Gigi Proietti, l'ultimo mattatore delle scene e l'ultimo imperatore della Caput mundi. Grazie di cuore e riposa in pace. Te lo sei meritato...