di FRANCESCO TRONCARELLI
"Chiedi chi erano i Beatles", cantavano gli Stadio in un celebre brano giocato sul contrasto generazionale tra chi ha vissuto la rivoluzione musicale dei Fab four e chi per ovvi motivi d'età non l'ha potuta conoscere.
Quella richiesta era un suggerimento per chi non c'era, in modo da godere le forti emozioni di quel passato e i ricordi che ha lasciato.
Ora però quella domanda che ha dato vita alla canzone, dovrebbe essere riveduta e trasformata in un "Chiedi chi era Peppino di Capri".
Il ritrovamento di un documento quanto meno sorprendente, ha infatti mischiato le carte e fornito una visione diversa sullo stato dell'arte della musica nei primi anni Sessanta.
Si tratta di un articolo di giornale in cui i ragazzi di Liverpool vengono accostati ai ragazzi di Capri guidati da Giuseppe Faiella, il vero nome con cui è registrato all'anagrafe dell'Isola Azzurra l'artista napoletano.
Una considerazione che sembrerebbe incredibile data la differenza di genere e di impatto sulla musica del complesso inglese che è stato il gruppo più famoso nel mondo e l'interprete di "Champagne" che è diventato un'eccellenza italiana nel mondo.
Ma è una visione delle cose non certo peregrina, innanzitutto perchè fa capire a chi non ha vissuto quel periodo quanto fosse importante per la musica italiana Peppino di Capri, poi perchè sottintende quello che nella realtà è stato.
Ovvero che fra la band di Liverpool e quella di Capri ci sono state musicalmente parlando alcune similitudini e poi momenti in cui la vicinanza ha influenzato lo stile dei secondi.
L'articolo recuperato e da cui nasce il tutto, è più precisamente una recensione relativa a due brani degli "Scarafaggi", Please please me e She loves you, che uscirono in Italia sul finire del 1963.
Due pezzi che in Inghilterra scalarano subito le classifiche aumentando notevolmente la popolarita dei quattro capelloni nel loro paese, facendoli poi conoscere nel resto d'Europa.
Ovviamente grazie alla diffusione che Radio Luxumbourg (una sorta di emittente privata internazionale ante litteram) e al fiuto dei discografici stranieri.
Del resto allora non esistevano internet nè tantomeno i social e tutto avveniva a rilento e non in tempo reale come ora. In Italia per esempio i Beatles non erano ancora sulla cresta dell'onda, anzi, e fu proprio Peppino di Capri a spingere i manager della sua casa discografica, la Carish, a pubblicarli.
Questi dischi infatti erano sui tavoli degli uffici insieme a tanti altri della consociata Parlophone (l'etichetta dei Beatles), ma nessuno li aveva presi in considerazione.
Peppino che già faceva serate ovunque (era stato all'Olympia di Parigi), aveva cantato alla tv inglese a Londra e li conosceva, consigliò ai suoi manager di pubblicarli.
E così, grazie alla sua dritta, i 45 giri di Paul McCartney e compagni arrivarono sul mercato italiano. L'articolo in questione si riferisce a questi due dischi appena pubblicati e li recensisce. Parla con competenza dei Beatles (per lo più sconosciuti da noi presso il grande pubblico) come fenomeno di costume.
E per far capire chi siano gli interpreti dei 45 giri, fa riferimento al celebre servizio di "TV 7" con l'intervista che il giornalista Gianni Bisiach aveva fatto ai Beatles (l'unica che abbia fatto un cronista italiano), andato in onda sul Canale nazionale (Rai 1) la vigilia di Natale del 1963.
Entrando nel merito poi, la sorpresa: "Ad un primo ascolto abbiamo avuto una strana impressione: e cioè che essi non abbiano inventato nulla di nuovo, ma calchino soprattutto le orme di Peppino di Capri e i suoi Rockers soprattutto dal punto di vista dell'arrangiamento dei pezzi".
In altre parole, i Beatles s'ispiravano a Peppino e ai suoi fedeli e bravissimi boys che lo accompagnavano, ovvero Bebè Falconeri alla batteria, Pino Amenta al basso, Gabriele Varano al sax e soprattutto il chitarrista Mario Cenci, autore e arrangiatore dei grandi successi dell'artista napoletano.
Certo, l'affermazione del critico musicale fa sorridere e stupisce non poco, sembra più una battuta che un giudizio tecnico, ma se viene però inquadrata nel momento storico in cui è stata fatta e non con la conoscenza e la visione di quello che è avvenuto dopo, è sicuramente comprensibile.
Nel 1963 in Italia, i Beatles erano un gruppo come tanti che si affacciava sul mercato, il grande pubblico li ignorava e solo alcuni giovani li conoscevano.
Nessuno, neanche i giornalisti e gli addetti ai lavori, aveva la sfera di vetro per sapere che avrebbero rivoluzionato non solo il costume ma la musica componendo capolavori assoluti che avrebbero fatto il giro del mondo e che ancora oggi regalano emozioni.
Peppino e Celentano idoli delle folle al Cantagiro |
Peppino di Capri invece, al pari di Celentano, era un "numero uno", in quell'anno tra l'altro aveva piazzato ben sette dischi in classifica, un record, vinto il Cantagiro, partecipato ad alcuni Musicarelli e cantato davanti lo Scià di Persia nella sua reggia di Teheran a conferma della popolarità anche a livello internazionale.
Naturale quindi l'accostamento a lui e ai suoi brani, arrangiati da Mario Cenci con un'impronta moderna per quei tempi rispetto alla melodia tradizionale alla Claudio Villa e Nilla Pizzi imperante, a base di riff e assoli di chitarra notevoli. Come facevano appunto i Beatles.
Nessuna eresia quindi da parte del giornalista, ma una semplice osservazione, peraltro a "un primo ascolto", redatta in base alle proprie conoscenze e a fatti incontrovertibili. Beatles e Peppino di Capri legati, senza saperlo, da un comune modo di intendere la musica, moderno, al passo coi tempi e le mode che cambiavano.
Un legame per certi versi incredibile che avrà una seconda puntata speciale in occasione della tournèe italiana dei Fab Four, quando l'artista napoletano coi suoi Rockers fu scelto per fare da supporter ai loro concerti di Milano, Genova e Roma, insieme ad altri artisti (New Dada, Fausto Leali, Guidone) ma col privilegio di essere l'ultimo ad esibirsi prima di loro per una ventina di minuti.
I Beatles con Peppino e i Rockers nei camerini dell'Adriano |
Di Capri e i Rockers erano già all'avanguardia (come i Fab Four anche gli artisti napoletani facevano i coretti nelle canzoni), ma presero spunto dopo questa esperienza, per aprire i loro concerti con un assolo a tre chitarre.
Senza contare poi che durante quel tour italiano, sia Peppino, che Mario Cenci, ripresero le esibizioni dei Beatles con le loro cineprese in 8mm, realizzando così dei filmati eccezionali seppur in forma amatoriale che sono le uniche testimonianze di quell'evento.
La Rai infatti snobbò il tutto non mandando nè reporter nè cineoperatori, ritenendo che i capelloni inglesi non avessero un futuro. Sic.
La sintesi di quell'incontro di stili certamente diversi ma con
qualche indiscutibile similitudine, si ebbe poi quando Peppino di Capri
incise l'anno dopo un brano dei Beatles, Girl.
La cover italiana
fu affidata a Mario Cenci che ebbe così l'onore, meritatissimo, di
vedere il suo nome nel disco accanto a quelli di Lennon e McCartney.
Cenci-Lennon-McCarteny |
Il 45 giri peraltro uscì nel mercato italiano qualche mese prima di quello del gruppo inglese che ormai viaggiava ad alti livelli anche da noi come nel resto del mondo e perciò riuscì subito a vendere moltissimo.
Il brano inoltre venne eseguito nel film per la Tv "Totò a Napoli" episodio della serie dedicata al Principe della risata "Tutto Totò", diventando una specie di clip musicale ante litteram realizzzata dal regista della serie Daniele D'Anza.
Peppino e i suoi Rockers con le chitarre e i capelli al vento, cantano e suonano in una darsena del porto del capoluogo patenopeo, fra barche ormeggiate e in rimessaggio con le onde del mare che si infrangono sulla sulla sabbia in sottofondo.
Fra i Beatles e Di Capri non ci saranno poi più "contatti" e quella storia iniziata con una recensione che li accumunava e proseguita con una tournè insieme e un disco in replica, finì come era inevitabile.
Ma c'è un'altra vicenda sconosciuta ai più che ha riaperto il discorso a sorpresa. È recente e si riferisce all'incontro avvenuto a Capri tempo fa fra Yoko Ono e Peppino.
In quella occasione la vedova di John Lennon gli ha regalato un "libro" scritto di pugno dal marito, con pensieri e disegni, un documento eccezionale. Ma questa come direbbe qualcuno, è un'altra storia. Da scoprire alla prossima puntata.
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