mercoledì 15 ottobre 2025

Dolso, il piede sinistro di Dio

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Era l'idolo dei tifosi laziali degli anni 60, gran dribblatore, estroso e col piede fatato, amava la musica e la dolce vita. Se ne andava dieci anni fa per una male incurabile  

 
Calzettoni rigorosamente arrotolati come tutti i funamboli del calcio, ciuffo a banana, aria sorniona e andatura da bandolero stanco, lo chiamavano “il piede sinistro di Dio”, perché da mancino naturale, con quel piede dava del tu al pallone.

Arrigo Dolso era proprio forte insomma, un numero 10 da applausi a scena aperta e curva in visibilio che però nella carriera ha raccolto poco rispetto a quanto valeva. “Lavore hombre” gli urlava Juan Carlos Lorenzo mentre il “Gigi Meroni biancoceleste” si allenava a Tor di Quinto, per stimolarlo a dare il massimo. Lui, si girava, guardava il mister e gli faceva l’occhietto.

Dolso Arrigo da San Daniele del Fiuli, centrocampista amato dalla gente laziale per i suoi numeri, era figlio di una coppia di operai e degli stenti del dopoguerra, perciò amava godersi la vita senza rimpianti. Uscire la sera e andare a via Veneto o al Piper  per dare un’occhiata a quel  mondo di nottambuli in fermento era come un tunnel a un avversario, un dribbling riuscito, un passo doppio in corsa, le sue specialità. Come le zingarate notturne appunto.

In campo poi annullava la stanchezza cronica con i suoi gesti tecnici che magari non erano proficui al gioco in sé, ma erano comunque un bel vedere. Tanti tocchi insomma, molti lanci, ma pochi gol. Ecco perché quando nel giorno del suo compleanno segnò di testa al derby, l’Olimpico esplose di gioia e all’indomani i bar di Trastevere furono tappezzati con il suo poster che era allegato al mitico “Momento Sera”.

Lo slogan impresso su uno striscione ripreso paro paro dalla pubblicità di una nota marca di prodotti alimentari, la diceva lunga sull’affetto che nonostante tutto i tifosi gli volevano: “Con Arrigo me la sbrigo”.  Poi c'era il coro "Dolso sei mejo de Corso" il mancino dell'inter.

Miglior giocatore della serie C, arrivò alla Lazio nel ‘66 grazie a Nello Governato per 95 milioni dall’Udinese e così iniziò la sua avventura nella prima squadra della Capitale tra alti e bassi. Una ottantina di presenze in tre stagioni, inframmezzate da un passaggio al Monza e un ritorno nella Lazio del 1970/71 che con Chinaglia e Wilson stava muovendo i primi passi verso un futuro entusiasmante.

Pizzaballa è a terra come la Roma, Dolso esulta per il gol 

Estroso, sorridente, giocoliere, Dolso era un artista a cui si voleva bene a prescindere. Anche se poi ti faceva addannare perchè la palla non la passava mai. Gli piacevano le camicie a fiori l’estate e quelle a coste di velluto l’inverno, i calzoni a campana e i basettoni. 

La musica era una mania come le donne (decine le lettere delle fan che arrivavano nella sede della società romana). Impazziva per Celentano e Patty Pravo, il ragazzo della via Gluck e la Bambola della musica leggera che conosceva a menadito. “Stanotte in che complesso hai suonato?” gli chiedeva Lorenzo l’allenatore che nonostante le bacchettate lo ha valorizzato più di tutti.

Finita l’epoca Lazio, il buon Arrigo ha viaggiato su e giù per l’Italia (Varese, Alessandria, Benevento, Trapani, Grosseto, Ravenna) continuando a dare calci al pallone sino ai 38 anni. 

Poi il buen retiro all’Elba, dove ha aprì un bar a Porteferraio, insegnando nello stesso tempo ai ragazzi dell’Audace i rudimenti della tecnica. E raccontando di calcio, dei grandi miti come Zoff e Riva con cui aveva fatto il militare o di Kroll cui aveva fatto un clamoroso tunnel.

Cei e Dolso con la Coppa dell'amicizia vinta battendo la Roma

Alla vigilia del compleanno (ne avrebbe fatti 69) Dolso, giocatore di un calcio a misura d’uomo e non di sponsor, fatto di passione e passioni fuori e dentro il campo, lasciò la vita che amava tanto e i suoi cari per un brutto male che se lo portò via senza tanti problemi e in poco tempo 

Sono passati dieci anni dalla sua morte, delle sue gesta è rimasto il ricordo nei commenti sui social e nell’etere romano, un ricordo malinconico di un eroe della generazione Panini, quella che elevava a protagonista anche chi non era il migliore di tutti e magari giocava una volta sì e due no. 

Come Arrigo Dolso, talentuoso e indolente poeta del calcio amato non solo dalle folle ma anche  da chi ama il gioco più bello del mondo.      
 





sabato 4 ottobre 2025

La Lazio riprende il Toro. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

8 a Massimo Di Cataldi - Ci sono voluti 104 minuti per riprendere una partita nata male e che stava finendo peggio. La remuntada si era sgretolata per mancanza di lucidità dei biancocelesti, avvitati su loro stessi invece di amministrare il gioco. E il Toro giustamente riusciva a pareggiare. E addirittura a portarsi in vantaggio. All'Olimpico! Sembrava una disfatta e invece in pieno recupero la ripresa di un risultato beffardo che avrebbe pionbato la squadra nel caos.. Onore al merito del Metronomo biancoceleste che si è preso la responsabilità di tirare il rigore così netto quanto inspiegabilmente difficile da assegnare. Grazie Danilo!

8 a Rosanna Cancellieri - Due gol da antologia del calcio. Meravigliosi. Da applausi a scena aperta. Grandissimo.

7 e mezzo a Basic Instinct - Ordinato, preciso, pulitino, il finto prete ha scodellato un assist a luci rosse. Ora subito a confessarsi.

7 a Pighin-Sanguin-Noslin - Daje ragazzo, te sei superato. 

6 e mezzo a Pedro Pedro Pedro Pè - il lancione che ha fatto per il Matador del Toro, lo ripaga dell'impegno profuso e lo riabilita da qualche svarione. Come Nino Frassica che ormai ne spara a raffica tanto per.

6 a Castellano e Pipolo - Tanto sacrificio. Ha lavorato insomma per la squadra. Speriamo che prima o poi qualcuno lavori per lui. Male che va chiamassero qualche operaio dell'Enel, quelli di Stiamo lavorando per voi, hai visto mai.

6- a senti che musica coi Tavares - Sicuramente non è più la freccia biancazzurra che partiva senza aspettare il via del capostazione e arrivava in un attimo al capolinea. Sì è imborghesito. Da quando mette quella retina in testa resa celebre da Giancarlo Giannini in Mimì Metallurgico è tutto un altra cosa. Un altro film. Un altro treno.

 6- a Lisasken dagli occhi blu - senza le trecce lo stesso non sei tu. Amen.

5 e mezzo a Viale dei Romagnoli e Gila il mondo gila - È meno male che Sarri cura in modo maniacale la fase difensiva. Bruciati in occasione del pareggio. 

5 a Dio perdona e pure Dia - Mo se c'era un fuorigioco è un dettaglio, resta il fatto che solo davanti a Israel si è marcato da solo invece di tirare, mangiandosi un gol fatto. Uno scandalo al sole, come Carmen Di Pietro a Tale e quale.

5- - a Dio vede e Provedel - Tre tiri tre gol. In perfetta media Carrizo. Per I miracoli rivolgersi a San Gennaro.

5- - a Hysaj che i papaveri - Dice me faccio biondo così mischio le carte e sembro un altro. Ma de che, è sempre lui e anche se se faceva roscio sarebbe rimasto immobile come una statuina del Presepe davanti a Simeone che la stava a buttà dentro. Passano gli anni, cambiano i governi e gli allenatori ma lui non cambia mai. È il quarto mistero di Fatima, nessuno sa perchè giochi a calcio. Neanche lui. Sipario. 

mercoledì 1 ottobre 2025

C'era una volta il primo ottobre

di FRANCESCO TRONCARELLI 

Primo ottobre. Una volta era il giorno in cui si tornava a scuola. Elementari, medie e superiori iniziavano il primo ottobre, san Remigio (i Remigini li chiamavano). Alle elementari erano tutti coi grembiuli, nell'abbigliamento cioè che annullava le diseguaglianze sociali e faceva sentire i bambini tutti uguali. 

I quaderni erano quelli della Pigna di Fabriano, con immagini e paesaggi della regioni italiane in copertina e le tabelline alla fine dei fogli. La penna, la biro della Bic. I compiti a casa e anche i pensieri personali venivano scritti sul Diario Vitt.

Le lezioni si svolgevano in religioso silenzio, i più caciaroni al secondo richiamo finivano dietro la lavagna o fuori dalla classe nel corridoio. E non c'era nessuna madre che il giorno dopo andava a schiaffeggiare il maestro dopo aver parcheggiato il Suv in doppia fila fuori la scuola. 

Anzi, a casa i discoli prendevano il "resto" dai genitori. A metà mattina, sole, pioggia o vento o altra calamità in arrivo, c'era comunque la ricreazione e il bidello vendeva le pizzette rosse, alle elementari, alle medie e alle superiori.

Panelli, MIna e Walter Chiari alle prove di Canzonissima

In tv iniziava Canzonissima con Mina, Paolo Panelli e Walter Chiari, una vera e propria sfida fra i cantanti più in voga con i loro successi, che venivano votati dal pubblico con le cartoline acquistate in tabaccheria o dai "venditori di fortuna" per strada.

Era il programma più atteso dell'anno che avrebbe accompagnato i telespettatori sino alla serata finale del 6 gennaio, quella in cui al "fortunato possessore del biglietto vincente", sarebbero andati 150milioni di lire, un'enormità. 

Claudio Villa cantava "Granada", Morandi "C'era un ragazzo", Modugno e no i Negramaro, "Meraviglioso", tre capolavori nei rispettivi generi, a ciascuno il suo. 

Non c'erano playstation nè i cellulari (erano i furgoni della polizia per le retate dei capelloni e delle "signorine" che attendevano i clienti a Tor di Quinto) ma si viveva bene lo stesso. 

Tutti avevano un telefono in casa, fisso, qualcuno il Duplex perchè non c'erano abbastanza linee ma anche per pagare di meno il canone visto che nello stesso palazzo un'altra famiglia condivideva la linea e te la bloccava con le sue chiamate.

il telefono a gettone col pulsante

Nessuno aveva la necessità spasmodica di telefonare, le chiamate si svolgevano di solito dopo pranzo, a metà pomeriggio e la sera mai oltre le 21.

Se avevi bisogno di dire qualcosa di urgente trovandoti in giro, c'erano i telefoni a gettone nei bar, poi arrivarono le cabine con un apparecchio che "incassava" più gettoni per le interurbane.

Il telefono a gettone permetteva comunque di ascoltare chi rispondeva dall'altra parte anche se non si spingeva il tastino per fare scendere quella particolare "moneta" di color bronzo del valore di 50 lire.

Se capovolgevi la cornetta e parlavi da dove si ascolta, dall'altra parte sentivano. Si risparmiava il gettone ma la figuraccia era tanta perché per farti sentire dovevi urlare, e ovviamente c'era chi nel bar commentava "a poveraccio!".

le partitelle per strada

I ragazzini giocavano per strada a pallone e i maglioni arrotolati e le cartelle facevano da pali per le porte. Poi arrivarono le cinghie elastiche per portare e avvolgere i libri e il pacco così "confezionato" divenne l'ideale per delimitare le porte.

A quattordici anni si sognava la Vespa, che portavi senza casco e coi capelli al vento e senza targa, opportunità che ti faceva parcheggiare ovunque e saltare il rosso del semaforo e a diciotto si sognava la 500, la più utile e simpatica delle Fiat. 

Aveva il tettino che si apriva l'estate e che dava quel senso da mini cabriolet per tutte le tasche e riusciva a ospitare, incredibile ma vero, sino a cinque passeggeri.

tifosi laziali in festa con le 500 imbandierate

Uno davanti al fianco del guidatore e tre di dietro nello spazio angusto soprattutto per la testa. I più abili riuscivano a piazzarne quattro dietro in un miracolo di equilibri da ressa di autobus.

Tutti sapevano fare la "doppietta" col piede destro, ossia quel movimento della scarpa sui pedali della frizione e dell'acceleratore per scalare la marcia al volo passando per il folle senza "grattare".

I maschi al momento dell'acquisto della 500 chiedevano i sedili reclinabili per trasformarli in giaciglio. E ci si entrava in questa maniera anche per lungo.

In tutti i quartieri c'erano le bische, locali fumosi ritrovo di perditempo e malandrini che si sfidavano per soldi a biliardo. Più familiari invece le atmosfere nei bar sotto casa dove si giocava a flipper.

il jukebox

C'erano anche i jukebok, con 100 lire selezionavi tre dischi in attesa delle feste in casa il sabato pomeriggio per ballare con la ragazzina a cui si faceva il filo.

Alle feste ognuno portava i suoi 45 giri, il padrone di casa metteva a disposizione il salone a "luci accese" per il controllo dei grandi e le ragazze i panini e le bibite. 

Un classico di queste riunioni danzanti, il gioco della scopa (chi la riceveva doveva lasciare la dama al nuovo cavaliere) e quello della bottiglia (tutti in circolo, la bottiglia in terra al centro fatta girare, con bacio a chi veniva indicato dalla punta della bottiglia quando si fermava).

Ma tutti in realtà aspettavano che i genitori si stancassero di osservare l'andamento del tutto per trasferisi in cucina, era il momento tanto atteso per spegnere le luci e ballare i lenti. Il cosidetto "ballo dal mattone".

il gioco della bottiglia

Le partite si seguivano alla radio con "Tutto il calcio minuto per minuto" guidato da "Roberto Bortoluzzi dallo studio centrale". Era normale incontrare per strada persone che camminavano con i transistor attaccati alle orecchie per seguire la trasmissione.

Enrico Ameri raccontava gli incontri entrando nel dettaglio ed era collegato dal campo principale, in pratica la partita più importante della domenica, Sandro Ciotti invece con la sua inconfondibile voce roca e bassa, lo incalzava coi suoi voli pindarici e immaginifici interrompendolo con l'andamento dell'altro incontro di cartello.

Per vedere le immagini dei match, si dovevano attendere le 19, quando sul Secondo canale Rai, veniva mandato in onda un tempo della partita più importante della domenica con la cronaca registrata in diretta di Nando Martellini . 

Le sintesi di tutte le altre arrivavano dopo le 22 con la "Domenica sportiva", condotta da Milano da giornalisti del calibro di Enzo Tortora, Guido Oddo e Alfredo Pigna. Come dire, classe e competenza.

Sandro Ciotti ed Enrico Ameri

Gigi Riva, "rombo di tuono" era il più forte, Dino Zoff era già il numero uno, Giacinto Facchetti e Tarcisio Burgnich erano insuperabili, Sandro Mazzola, il "baffo" e l'abatino Gianni Rivera, si alternavano con la staffetta, Giacomo Losi era il "core de Roma".

Alla Lazio erano sbarcati due giovani sconosciuti e di belle speranze  che "saranno famosi": Giorgio Chinaglia e Pino Wilson. Li aveva pescati dalla serie C Juan Carlos Lorenzo, il mago argentino che duellava dialetticamente nei deby con Herrera. 

Era un altro calcio, un altro mondo, un'altra Italia. La vita era forse in bianco e nero ma tutti sognavano a colori. C'era una volta il primo ottobre...

Maestrelli e i suoi ragazzi alla Domenica Sportiva con Alfredo Pigna


lunedì 29 settembre 2025

Lazio, Genova è per noi. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

8 a Rosanna Cancellieri - A volte l'emergenza non è deleteria nè è sinonimo di sventura in arrivo. La netta vittoria a Marassi contro i rossoblu ne è la conferma. Formazione rivoluzionata, modulo cambiato, squadra all'attacco (alla Baroni) e palla in rete. Tre volte. Genova è per noi la partita della svolta, della vittoria ritrovata e del morale alle stelle. Sintomatico che ad aprire le danze sia stato il più criticato della rosa, il calciatore che sino ad ora aveva deluso. Una bella sorpresa, e la conferma al tempo stesso di quello che Gerry Scotti dice nel suo programma che sta stracciando i Pacchi di De Martino: la ruota della fortuna prima o poi gira!

8 a Castellano e Pipolo - Bravo nel palleggio, bravo nei passaggi, bravo nel buttarla dentro. 

7 e mezzo a Dio vede e Provedel - Tre parate sul finale del primo tempo letteralmente decisive. Grandissimo, è tornato in auge. Come Barbara D'Urso a Ballando con le stelle.

7+ a Benigno Zaccagnini - L'arciere ha scagliato la sua freccia e ha fatto centro. Finalmente. E ho detto tutto.

6 e mezzo a Patrizia Pellegrini - Sicuramente non ha i piedi educati, sembra che ci mangi a tavola, ma la grinta, la voglia di provarci ed esserci  che dimostra superano qualsiasi galateo. Daje. 

6 e mezzo a Massimo Di Cataldi - 250 partite con l'Aquila sul petto. Non è il momento quindi di fare polemiche. Solo applausi.

6 e mezzo a Viale dei Romagnoli,13 Ostia - Galeotto fu il braccio che stava per cambiare le carte in tavola. Ma era un abbaglio dell'arbitro, manco avesse avuto un faro in faccia. Comunque bravo, un mastino.

6+ a Basic Instinct - Da Formello con furore. Vabè, furore è una parola grossa per un finto prete come lui, ma per essere uno che non giocava dai tempi di Piola, troppo ha trottato. Tornerà ancora utile? Chissà chi lo sa avrebbe risposto Febo Conti della Tv dei ragazzi di una volta. Ai posteri.

6 a Gila il mondo gila (Jimmy Fontana. Cantagiro 1965) - Spazza via, bastona se ce n'è il bisogno, ma spesso la sua irruenza crea casini. Come Cirilli da Carlo Conti. Dall'oroscopo di Branko la Luna consiglia: flebo di camomilla per smorzare i bollenti spiriti.

6 a Dio perdona pure Dia -Ancora tu? ma non dovevamo vederci più dopo quell'errore clamoroso nel derby? Doveva essere esiliato a Scurcola marsicana, lo ritroviamo abile e arruolato per l'emergenza. Ha fatto numero.

6 a Somarusic - Nun ce se crede: una volta che aveva ingranato la terza per l'allungo al Taty, si è fatto male e pure da solo. L'emozione insomma gli ha tirato un brutto scherzo. Anche i veterani possono avere il momento no per colpa propria. Chiedere a Mammucari conferma dopo le toppate a Domenica in

5 a Hysaj che i papaveri - È il quarto mistero di Fatima, nessuno sa perchè giochi a pallone, neanche lui. Gli anni passano, non riescono a toglierselo di torno, e ce lo ritroviamo spesso e volentieri fra le palle che vanno e vengono dalle parti occupate da lui. Dateci tregua. Levatelo dai piedi. Ce so riusciti con Loretta Goggi a Tale e quale non c'è se po riuscì a Formello? Chapeau. Sipario.




 

mercoledì 24 settembre 2025

Addio Claudia Cardinale

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Quella bellezza mediterranea che ti conquistava, quel fascino irresistibile che la distingueva dalle altre, quello sguardo che ti entrava dentro e che dava alle sue interpretazioni una intensità particolare, se n'è andata Claudia Cardinale, una delle ultime grandi attrici dello Star system internazionale, conosciuta e applaudita ovunque, una stella che brillava di luce propria e illuminava lo schermo.

Ad annunciare la sua scomparsa a Nemours, vicino a Parigi, dove viveva, circondata dall'affetto dei figli, il suo agente, aveva 87 anni ed era malata da tempo. 

Durante la sua lunga carriera, iniziata a metà degli anni Cinquanta, ha recitato in una vasta gamma di generi cinematografici. Dalla commedia all'italiana agli Spaghetti western, dai film drammatici a quelli storici sino a quelli di stampo hollywoodiano, lavorando anche nella musica, in teatro e in televisione. Ha partecipato a più di 150 film, alcuni dei quali considerati delle pietre miliari del cinema d'autore.

Nata a Tunisi il 15 aprile 1938 da una famiglia di origini siciiane, è stata una delle attrici più celebri del cinema italiano e una delle ultime dive del secondo Novecento. Ha vinto tre David di Donatello e tre Nastri d'argento, oltre al Leone d'oro alla carriera conferitole alla Mostra del cinema di Venezia nel 1993 e il David, anch'esso alla carriera, del 1997.  

Tra i suoi film più celebri, accanto al protagonista Marcello Mastroianni, “Il bell'Antonio” di Mauro Bolognini e "8½" di Federico Fellini, "La ragazza con la valigia " di Zurlini, "I soliti ignoti" di Mario Monicelli, “La ragazza di Bube”di Luigi Comencini, "Vaghe stelle dell'Orsa" di Visconti, "C'era una vota il west" di Srguio Leone,“La pelle ” di Liliana Cavani. 

Ancora "Bello onesto emigrato Australia" di di Luigi Zampa con Alberto Sordi, "Nell'anno del Signore" di Luigi Magni, "Il giorno della civetta" di Damiano Damiani. E' stata anche Paolina Bonaparte in “Austerlitz”, e Claretta Petacci in “Claretta” di Pasquale Squitieri, il regista napoletano al quale è stata a lungo legata.. 

Al di fuori dei confini nazionali, ha  dato volto e anima a ruoli intensi sotto la direzione di maestri come Abel Gance, Blake Edwards, Werner Herzog e Manuel de Oliveira. Oltreoceano ha raggiunto un grande successo di pubblico ricevendo numerosi consensi da parte della critica, affiancando alcuni degli attori internazionali più acclamati, nomi come John Wayne, Sean Connery, William Holden, Henry Fonda, Eli Wallach, Orson Welles, Peter Finch, Anthony Quinn, Jack Palance, David Niven, Laurence Olivier.

Il 1963 fu un autentico spartiacque nella sua carriera e nella storia del cinema italiano. In un arco di tempo incredibilmente breve, l'attrice lavorò contemporaneamente con Luchino Visconti e Federico Fellini. Due maestri, ma anche due mondi opposti.

Nel "Gattopardo" di Visconti, tratto dal capolavoro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Cardinale vestì i panni di Angelica Sedara, ruolo che lei stessa definì "il più bel regalo della mia vita d'attrice". Con lei Alain Delon nel ruolo di Tancredi e il grande Burt Lancaster. Un set dove l'ordine regnava sovrano e anche le candele della sala della scena del valzer erano vere e accese ad ogni ripresa.


All'opposto, nel vortice creativo di "8½", Claudia fu trascinata da un Federico Fellini che amava il caos quanto Visconti amava l'ordine. Nell'apparente disordine però, tutto era sotto il controllo del regista riminese. Fellini fu il primo a volerla non doppiata, intuendo la forza unica della sua voce così particolare.

La notizia della sua morte ha fatto il giro del mondo, rilancata dai media internazionali e dal popolo del web. E non poteva essere diversamente perchè Claudia Cardinale è stata un'attrice che ha lasciato il segno non solo come icona di una bellezza solare ma anche come artista che con le sue interpretazioni ha regalato emozioni a non finire al pubblico. 

Addio Angelica, ora lassù ritroverai il tuo Tancredi per un valzer celestiale... 

domenica 21 settembre 2025

Lazio, errore fatale. Le Pagelliadi

di FRANCESCO TRONCARELLI 

6 e mezzo a Castellano e Pipolo - Questa era una partita che non si doveva perdere. Per tanti motivi, classifica, prestigio, supremazia cittadina. Come sono andate le cose lo hanno visto tutti. Tre, quattro occasioni fallite, mille falli non sanzionati contro di noi, poi al primo attacco loro la squadra è andata in tilt. Sì poi c'è stata una reazione d'orgoglio ma se non riesci a recuperare lo svantaggio ce fai poco con l'orgoglio. Manco na bruschetta pe digerì sto scempio. Meglio comunque col puntero argentino in campo. Ma anche lui è stato sfortunato. Speriamo che sta botta non peggiori le cose, ma tre punti in quattro partite sò imbarazzanti...

6 e mezzo a Patrizia Pellegrini - Ha dato tutto. Un gladiatore. Altro che Riddley Scott. Ma non è bastato.

6 a Gila il mondo gila (Cantagiro, Jimmy Fontana, 1965 - All'inizio si è involato ma è finito involtino.

6 a Viale dei Romagnoli, 13 Ostia - È partito in quarta è finito in folle.

6 a Benigno Zaccagnini - Lo hanno massacrato ma il suo sacrificio non è servito a niente. Si è immolato per nulla. 

6 a Rovella per chi non si accontenta - Come si dice dalle nostre parti, je manca sempre un soldo pe fa na lira. Però quel pallone in mezzo all'area l'aveva scodellato bene. È che ai suoi compagni de merende manca non solo il fiuto del gol, ma anche la fame.

6 a Pedro Pedro Pedro Pè - Il meglio di Santa Fè e Trigoria gioca da subito. Una scelta che non condividiamo. Lui è l'uomo dell'ultimo assalto, che fa valere la sua classe ed esperienza quando gli altri tirano il fiato. Peccato. Avevi una carta da giocarti al momento opportuno, l'hai sprecata. Sorrisi e canzoni consiglia, guarda la Ruota della fortuna e vedi come i concorrenti si giocano il jolly.

6 a Massimo Di Cataldi - Quando te dice male te dice male. Un palo che grida vendetta.

6 a Dio vede e Provedel - Ha evitato che la situazione peggiorasse. 

5 a Somarusic  - Senza infamia e senza lode. Senza.

5- - a Guendo è bello esse laziali - ma se perdi per un errore te rode. E poi a fasse buttà fuori quando la partita è finita a che serve?

4-a Bella Janez (Sandokan, Rai 1) - Dice che è subentrato a Dele ctrl canc. Dice. Dicono. Sembra. Ma siamo sicuri? Si perchè si è fatto cacciare come un pivello dopo che loro hanno menato come fabbri. L'unico espulso nonostante gli altri ne avessero ammollate a raffica. 

3 Dio perdona pure Dia - Aveva sui piedi la palla del pareggio. Come un dilettante allo sbaraglio l'ha gettata alle ortiche. Ma ci dovrebbero buttare lui. E lasciarlo lì.

3- a senti che musica coi Tavares - C'era una volta la freccia biancazzurra. Partiva senza il via del capostazione e arrivava a destinazione in un attimo. Una volta. Ora è fermo sul binario morto. L'errore che ha commesso favorendo il gol degli avversari è da lavori forzati. A vita. Sipario


giovedì 18 settembre 2025

Quella calda estate del 65

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Il mondo, Ciao ciao, La notte, Il silenzio: una hit parade piena di successi. Da Jimmy Fontana a Petula Clark, da Adamo a Nini Rosso, quando l'Italia andava a 45 giri 

Musicalmente parlando, quella del ’65 fu un’estate veramente calda. Un’estate di fuoco. I dischi si vendevano a palate, la stampa specializzata (Sorrisi e Canzoni, Giovani) puntualmente dava notizie su divi e aspiranti tali della canzone, manifestazioni come il Cantagiro andavano a gonfie vele e radunavano decine di migliaia di persone ad ogni tappa.

Non c’era internet, non c’erano i social, i cellulari erano i blindati della Polizia che intervenivano per l’ordine pubblico e non telefoni portatili, eppure la voglia di musica che oggi è supportata e amplificata da queste realtà tecnologiche, era ugualmente soddisfatta. 

Bastava accendere la radio, mettere cento lire in un jukebox o andare in un negozio di dischi e comprare un 45 giri. E che dischi. Se si dà un’occhiata alla classifica dei brani più venduti di quell’anno, si può notare come la gran parte sia arrivata ai giorni nostri, sessanta anni dopo, praticamente una vita, con la stessa freschezza di allora o comunque senza portarsi appresso la polvere del tempo.

Perché sono pezzi scritti bene, musicati meglio e arrangiati come si deve. E non è solo questione del fascino del vintage alimentato da programmi televisivi ad hoc e dagli stessi interpreti ancora in attività, che ce li fa sembrare attuali. 

E’ questione che una volta c’erano gli autori, c’era la sana e provvidenziale gavetta che selezionava i migliori e c’erano le case discografiche che “crescevano” i propri artisti. Il settore insomma era in mano a professionisti che a loro volta si avvalevano di altri professionisti: due nomi su tutti, Morricone e Bacalov, maestri arrangiatori della Rca. 

gira il mondo gira...

Col passare del tempo invece, si è passati dai talenti ai talent, e non è la stessa cosa. E poi, come dicevamo, c’erano fior di autori. Mogol e Franco Migliacci per esempio, due poeti che raccontavano attraverso le oro esperienze anche la vita di tutti noi. 

Allora vediamo. Quattro sono i 45 giri che superarono abbondantemente il milione di copie vendute dominando in assoluto le classifiche, "Il mondo" di Jimmy Fontana, "Ciao ciao" di Petula Clark "La notte" di Adamo e "Il silenzio" di Nini Rosso.

Sono pezzi straordinari, entrati di diritto nella storia del nostro pop, quattro canzoni che hanno illuminato le notti di quella estate del Boom economico in cui gli italiani scoprivano le vacanze "tutto compreso", compravano le lavatrici e le macchine a rate all'inseguimento della felicità fatta di poche ma fondamentali cose.

 

"Il mondo" nasce da un'intuizione di Gianni Boncompagni sulla scia di una filastracca svedese che parlava del mondo che girava, dal testo di Gianni Meccia quello del "Barattolo" che rotolava e dall'arrangiamento della musica di Fontana e Carlo Pes studiato da Ennio Morricone. Come dire, cronaca di un trionfo annunciato. 

"Gira il mondo gira nello spazio senza fine con gli amori appena nati con gli amori già finiti, con la gioia e col dolore della gente come me, oh mondo soltanto adesso io ti guardo, nel tuo silenzio io mi perdo, e sono mniente accanto a te...".

"Ciao ciao" cover della hit "Downtown" è il brano che sbaraglia tutti al Festivalbar di Vittorio Salvetti vincendolo a mani basse grazie alla sua interprete, Petula Clark, "la Mina d'Oltremanica" che con i suoi acuti che esaltano le vacanze al mare con gli amici, scuote il pubblico del juke box. Tutta l'Italia canta con lei "Ciao ciao" il resto lo fa la musica avvolgente e travolgente. 

 

Ma a fare centro nei cuori più o meno infranti degli innamorati del Bel paese è Adamo, il figlio del minatore siciliano emigrato in Belgio e diventato un big internazionale che con "La notte" raggiunge una vetta altissima, per intensità del testo (è Nisa, il sodale di Carosone ha curarare la versione italiana dall'originale francese), della musica (che spettacolo la fisarmonica...) e della interpretazione.

"Se il giorno posso non pensarti, la notte maledico te, e quando infine spunta l'alba, c'è solo vuoto intorno a me, la notte tu mi appari immensa, invano tento di afferarti, ma ti diverti a tromentarni, la notte tu mi fai impazzir...".

 

E poi c'è "Il silenzio", un brano  dimenticato nonostante i 5 milioni (5 milioni!!!) di dischi venduti in Europa, lanciato dal mago della tromba Nini Rosso. Un pezzo che ha un sapore di cose perdute e di nostalgia canaglia ai massimi, perchè rimanda a una stagione della vita che non esiste più, quella del Servizio di leva obbligatorio.

Era la colonna sonora delle notti in caserma dei militari, il segnale della fine della giornata e dello spegnere le luci in camerata, quando i ragazzi con le stellette sprofondati sulle brande iniziavano a pensare a casa, alla fidanzata, agli amici e contavano i giorni che mancavano alla fine, "all'alba" come si diceva, scene che si possono rivivere nei musicarelli di Gianni Morandi con Laura Efrikian. 

  

Musicarelli nati sulla scia di canzoni che il golden boy della musica leggera italiana sfornava a ripetizione, come "Non son degno di te", "Se non avessi più te" e "Si fa sera" che esattamente 60 anni fa, il 18 settembre 1965 era ai primi posti di Hit parade. E scusate se è poco.

Ma c'erano anche Rita Pavone con "Lui", Dalida con "La danza di Zorba" (che brano, lo ballavano tutti) e il grande Peppino di Capri con la struggente "Melancolie" che 50 anni dopo sarà ripresa dal premio Oscar Sorrentino nel suo film The young Pope.

Rita e Gianni al Cantagiro

E in quella estate che sembrava non finire mai, fra i gorgheggi di Mina per "Un anno d'amore", i lamenti di Celentano col suo "E voi ballate", l' "Uno dei Mods" di Ricky Shayne  mentre Louiselle invitava tutti in campagna col suo trascinante "Andiamo a mietere il grano", Edoardo Vianello ci ricordava di non stare troppo sotto i raggi del sole per evitare di spellarsi e diventare rossi come "il Peperone".  

E che dire di Michele, genovese, amico di Fabrizio De Andrè che per lui scrisse "Susan de marinai" e di Luigi Tenco che due anni dopo il boom di "Se mi vuoi lasciare" tornava in classifica con "Ti senti sola stasera". 

Quel trionfo estivo lo inserì di diritto e prepotentemente fra Little Tony e Bobby Solo, come emulo, anche lui, di Elvis Presley perchè quel brano era la cover di "Are you lonesome tonight" del Re del rock mondiale.

Sì, fu un’estate veramente calda quella del ’65. Un’estate di fuoco.

 

martedì 16 settembre 2025

Addio Robert Redford

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Le rughe che solcavano il suo volto denunciando l'età che inesorabilmente avanzava, non avevano però scalfito il suo fascino e soprattutto la sua bravura che andava al di là del mero aspetto fisico. 
Sì perchè Robert Redford che ci ha lasciato a 89 anni era uno dei più grandi attori hollywoodiani, un gigante del Novecento, che ha regalato interpretazioni memorabili in film memorabili. 
Citando a caso pellicole come Butch Cassidy (che colonna sonora!), I tre giorni del Condor, Tutti gli uomini del presidente, A piedi nudi nel parco, La stangata, Come eravamo, La mia Africa, titoli di film entrati nella storia del Cinema come lui.
Sono film girati al fianco di nomi immensi come Paul Newman, Barbra Streisand, Jane Fonda, Dustin Hoffman, attori che solo a nominarli fanno venire i brividi.
Ambientalista convinto, produttore, regista, due Oscar (Gente comune e alla carriera) Redford era un'istituzione, un artista che viveva il suo tempo senza rintanarsi nel privato e nel quieto vivere, era un attore come purtroppo non ce ne sono più. 
È morto nel sonno a casa sua, il modo migliore per congedarsi da chi lo ha applaudito e ora lo ricorda con nostalgia...


domenica 14 settembre 2025

Lazio imbarazzante. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

6 a Benigno Zaccagnini - Nei 49 minuti del primo tempo la Lazio non ha fatto un tiro in porta contro il Sassuolo ultimo in classifica a 0 punti. Sicuramente nella ripresa le cose cambieranno. Sì, sono cambiate perché i neroverdi hanno segnato mentre i biancocelesti si avvitavano sempre di più su loro stessi, senza un'idea valida per uscire da quell'impasse o una giocata di qualità di qualcuno che potesse risollevare le sorti. Una sconfitta non certo annunciata ma che denuncia clamorosamente la mancanza di una visione di gioco e di assimilazione di schemi a cui evidentemente non crede nessuno. Copertina all'arciere che almeno c'ha provato. 

6 a Gila il mondo gila (Jimmy Fontana, Cantagiro 1965) - L'unico in palla là dietro. Ma una rondine non fa primavera. Qui piove de brutto.

6 a Pedro Pedro Pedro Pè - Una ventata di freschezza fra tanti cotti e stracotti. Ma c'ha pure na certa mica può risolvere i problemi di tutti.

6- a Massimo Di Cataldi - Due piu due, quattro, tre per tre, nove, il compitino lo sa fare, solo che è una vita che sta alle tabelline. Non cresce mai. Come Cristina D'Avena.

6- a Dio vede e Provedel - Il miracolo non è più nelle sue possibilità. Al Vaticano lo sanno e hanno bloccato la pratica di beatificazione.

6- a Guendo è bello esse laziali - Ma se si perde ce rode più dell'artri.

6- a Viale dei Romagnoli 13 Ostia - È rientrato nella partita sbagliata.

5 e mezzo a Somarusic - Non ha fatto danni, nè è stato fra i peggiori. Della serie non ci sono più le mezze stagioni nè le pippe al sugo di una volta.

5 e mezzo a Dio perdona pure Dia - Il tiro in porta questo sconosciuto. Boh.

5 e mezzo a senti sta musica coi Tavares - C'era una volta la freccia biancazzurra, partiva da Termini e arrivava in un baleno in cima al mondo. Ora lo supera pure il trenino per Ostia. Lui resta a Piramide.

5 e mezzo a Bella Janez (Sandokan, Rai 1) - Nè carne nè pesce. Nè.

5 a Castellano e Pipolo - No tiri no party ma manco na biretta con gli amici. Cercasi il puntero argentino disperatamente. 

5 a Rovella per chi non si accontenta - Troppo nervoso, troppo fumantino, troppo litigioso. Ma non troppo forte come Verdone. Dall'oroscopo di Branko la Luna consiglia: fate una flebo di camomilla e spegnete i bollenti spiriti con una immersione nel ghiaccio. 

5- a Dele ctrl canc alt - È come il programma di Gigi Marzullo. Inutile

5- - a Rosanna Cancellieri - c'è stato chi, quando ha visto la capocciata che ha preso, ha pensato, mò così se sveja, madeche, niente. Dormiva prima ha dormito dopo perdendo tutti i duelli e gli scontri con l'avversario di turno. Ronf ronf e tutti a nanna. Sipario.

lunedì 1 settembre 2025

Indimenticabile Mario Riva

di FRANCESCO TRONCARELLI


Era un primo di settembre come oggi, del 1960, e l’Italia si fermava per la morte di Mario Riva artista amatissimo dal pubblico e tra i padri fondatori della televisione. Il suo 'Il Musichiere' infatti era stato per anni l'avvenimento senza rivali del sabato sera sul piccolo schermo e non solo. Lo vedevono tutti, lo commentavano tutti, ne parlavano tutti.

Era un programma, compresa la sigla di chiusura 'Domenica e' sempre domenica (di Gorni Kramer, Garinei e Giovannini), ritagliato su misura del conduttore, esaltandone quella aria scanzonata e quella bonomia che lo contraddistingueva fra i tanti e che lo faceva entrare subito in sintonia con gli ospiti nazionali e internazionali di altissimo livello che vi partecipavano.

Tutti i più grandi nomi dello spettacolo di quei tempi, dalla star hollywoodiana Gary Cooper (“Mezzogiorno di fuoco”) alla diva internazionale Josephine Baker (“J’ai des amour, mon pays et Paris ”), andavano nel suo show introdotti dopo il tradizionale “Ecco a voi…”, da un avverbio rispolverato dal dimenticatoio dallo scoppiettante Mario e che diventerà d’uso comune immediatamente: “nientepopodimeno che".

Mario con Gary Cooper

Il duetto canoro tra Coppi e Bartali, acerrimi nemici sulle due ruote, ma amici nella vita, divenne, anche grazie all'abilità di Riva, un classico della televisione italiana, il debutto di Mina e Celentano avvenne lì, le gag con Manfredi hanno fatto epoca. Come i vincitori, a cominciare dal cameriere Spartaco D'Itri che con i milioni vinti in questo game show ante litteram si comprò un ristorante per proseguire con la bella e brava Piera Farfarelli poi attrice nei film con Claudio Villa.

All'epoca della morte Riva, che aveva appena 47 anni, era impegnato proprio in un'edizione speciale del programma all'Arena di Verona: quello che sembrò un banale incidente (una caduta nella buca del palcoscenico) si rivelò invece fatale, mettendo fine ad una storia professionale fatta soprattutto di una lunghissima gavetta e di un successo tardivo, ma memorabile.

A soli quaranta secondi dall'inizio della trasmissione accadde l'irreparabile. Mario in smoking, era pronto ad entrare in scena. Si trovava su un alto praticabile di legno posto sul lato sinistro del palcoscenico e dal quale, scendendo lungo un piano inclinato, avrebbe raggiunto il microfono reggendo un'accesa fiamma olimpica, visto che l'evento dell'anno, che sarebbe iniziato qualche giorno dopo, era l'Olimpiade di Roma.

Il praticabile sul quale si trovava il presentatore era unito al restante blocco del palco orchestrale da una incastellatura ricoperta di tela. Si trattava di una costruzione scenica di uso corrente con tanto di appositi cartelli di pericolo ben esposti. Ma l'Arena gremita da venticinquemila spettatori, l'emozione della diretta, l'ansia e la gioia di un nuovo trionfo, giocarono un brutto scherzo al presentatore.


Riva mise un piede su quella striscia di tela. Frazioni di secondo, un urlo, un pesante rotolare, una caduta di un paio di metri ma in grado di fare danni molto seri. Fu un attimo. Garinei balzò ad avvisare Gorni Kramer, al centro dell'orchestra e ignaro di tutto, Giovannini catapultò Miranda Martino sul palco.

I titoli di testa erano già passati, le telecamere erano sul totale dell'Arena. La Martino, cantante in gara, si improvvisò conduttrice, supportata da Tata Giacobetti del Quartetto Cetra. I cantanti erano sotto choc, Riva era stato prontamente soccorso ma non arrivavano notizie. Si offrì di condurre la serata Renato Rascel, ma gli autori si opposero perché la sua canzone era ancora in gara.

Pubblico e telespettatori vennero tenuti all'oscuro e la serata in qualche modo continuò, grazie all'abilità degli autori, alla disponibilità di Miranda Martino e al mestiere di Rascel che alla fine si aggiunse, riuscendo a far cantare a quella sterminata platea «Domenica è sempre domenica», sigla del «Musichiere».

All'ospedale civile di Verona iniziava la lunga battaglia per la vita di Mario Riva. Per una intera settimana si alternarono notizie preoccupanti e rassicuranti, cadute e riprese, arrivo di nuovi medicinali e mancate intuizioni. La cartella clinica del presentatore si presentava più critica del previsto già in partenza.


Morì il 1 settembre, epitaffio di un anno che già aveva visto la prematura scomparsa di Fausto Coppi e Fred Buscaglione tre miti che con la loro scomparsa entrarono nella leggenda. Due giorni dopo, il 3 settembre, la salma arrivò a Roma. Nella chiesa del Sacro Cuore di Maria, a piazza Euclide, c'erano duecentocinquantamila persone.

Il mondo dello spettacolo al gran completo (Aldo Fabrizi, Maurzio Arena, NinoTaranto, Gino Cervi, Alberto Sordi, Nino Manfredi) e una folla di sinceri appassionati fin dalle prime ore del mattino ad aspettare, sotto un caldo asfissiante, il feretro che arrivò solo alle due di pomeriggio, quando il termometro sfiorava i quaranta gradi. 

Mario era nato a Roma nel 1913, vero nome Mariuccio Bonavolontà, aveva alle spalle una robusta carriera di attore comico: giovanissimo negli anni '40 aveva esordito con spettacoli per i soldati italiani; nell'immediato dopoguerra era passato all'avanspettacolo e subito dopo, per tutti gli anni '50, nella rivista e nella commedia musicale.

Nel suo lavoro aveva collaborato con molti, destinati poi a rappresentare la storia dello spettacolo italiano: tra gli autori di rivista, Michele Galdieri, con il quale dette vita con Totò, Anna Magnani, Paola Borboni ad una lunga stagione di spettacoli al Teatro Valle di Roma. Poi, nel periodo napoletano, con la Compagnia di Peppino De Filippo, a fianco di Beniamino e Pupella Maggio.


Nel 1948, al teatro Colle Oppio di Roma, Riva aveva incontrato Riccardo Billi, altro giovane emergente attore comico, con il quale costituì una delle prime "coppie" comiche dell'epoca dando così il via a un modello che ha avuto grande successo: Totò e Peppino, Tognazzi e Vianello, Franco e Ciccio, Ric e Gian, Cochi e Renato, fino ai nostri giorni Greggio e Iachetti.

Billi e Riva, sotto la guida di Garinei e Giovannini, conobbero una fortunatissima stagione di commedia musicale con titoli di grande richiamo: 'La bisarca' (1950), 'Alta tensione' (1951), 'I fanatici' (1952), 'Caccia al tesoro' (1953), 'Siamo tutti dottori' (1954), 'La granduchessa e i camerieri' (1955), 'Gli italiani sono fatti così' (1956).

Insieme a loro, grandi nomi dell'epoca: Wanda Osiris, Gino Bramieri, il quartetto Cetra, due giovanissimi talenti come Nino Manfredi e Paolo Ferrari. Il tutto spesso accompagnato dalle musiche delle orchestre di Armando Trovajoli e Lelio Luttazzi.

Al cinema Riva ebbe al suo attivo oltre 40 film, sia come protagonista sia come 'guest star' assieme a Totò, Peppino De Filippo, Alberto Sordi, Walter Chiari e Aldo Fabrizi. Ma fu soprattutto 'Il Musichiere' (tratto da Garinei e Giovannini dal format Usa 'Name that tune') a dargli successo: la prima trasmissione andò in onda nel dicembre 1957 per chiudersi, 90 puntate dopo, nel 1960 con la morte del conduttore.

con Albertone

90 puntate entrate nella storia dello spettacolo e del nostro costume, grazie alla sua conduzione bonaria, scanzonata e al tempo stesso professionale da grande comunicatore quale era. Il sabato sera, i cinema, al posto del film in cartellone, trasmettevano il programma diffuso dallo storico 'Studio Uno' di via Teulada a Roma.

Riva insieme a Mike Bongiorno, ebbe la capacità di comprendere subito l'enorme potenziale di comunicazione della televisione: per questo fece perno su una conduzione popolare con l'uso ravvicinato della telecamera per dialogare direttamente con il telespettatore, sull'invenzione di una casalinga immaginaria "la signora Clotilde", sul rivolgersi direttamente ai politici per situazioni di bisogno e anche sulla noncuranza per una spiccata cadenza romana. E fu ripagato dal pubblico che lo sentiva vicino e amico.

Ma Riva, l’indimenticabile Mario, è stato anche un grande laziale, tifoso appassionato e convinto, così convinto da entrare a far parte del consiglio direttivo della società guidata dal Presidente Siliato. Era un fedelissimo dell’Aquila che seguiva nelle partite all'Olimpico.

 La sua simpatia travolgente, la sua romanità, la sua bonomia, incarnavano l’essenza tipica del tifoso laziale di quel periodo, mai invadente o sopra le righe ma comunque gajardo e tosto. Spesso si ritrovava in Tribuna Tevere con il divo dei "telefoni bianchi" Robeto Vila, il povero ma bello Franco Interlenghi e la voce di Stanlio Enzo Garinei (i quattro moschettieri della Lazio) per assistere alle partite.

La Lazio di Lovati, Rozzoni e Tozzi con il lutto al braccio per Riva

E i tifosi appena lo vedevano, lo accoglievano cantando la sigla del Musichiere diventata un successo per quel ritornello semplice e senza pretese che infondeva serenità e ottimismo, fotografando un piccolo mondo antico che di lì a poco sarebbe scomparso con l’esplodere delle nuove mode e dei nuovi modi di vivere.

“Domenica è sempre domenica/ si sveglia la città con le campane/ al primo din don del Gianicolo/ Sant’Angelo risponde din don dan/ Domenica è sempre domenica/ e ognuno appena si risveglierà/ felice sarà e spenderà, sti quattro sordi de’ felicità”.

Era un grande Mario Riva, un personaggio unico nel suo genere, un artista che dalla gavetta aveva scalato tutti i gradini del successo per conquistare l'Italia con la sua bravura e bonomia, il primo divo della Televisione in bianco e nero e di una lunga stagione di fenomeni.

Moriva sessantacinque anni fa tra la commozione di una nazione intera che lo amava e titoli a otto colonne dei giornali che offuscavano l'inizio delle Olimpiadi a Roma. Oggi, nell'anniversario della sua scomparsa, i media si sono dimenticati di lui mentre i giochi olimpici romani che nel 1960 di questi tempi lanciarono Livio Berruti, Nino Benvenuti, Abebe Bikila e Cassius Clay futuro Muhammad Alì, si sono presi giustamente la loro rivincita venendo rievocati sui siti e le varie tv.

Strano paese il nostro, che dimentica tutto e tutti e che non ha memoria del suo passato ma ancora più 'strana"e incredibile la preparazione degli addetti ai lavori che spesso e volentieri non hanno le basi per fare questo mestiere. Indimeticabile Mario, polvere di stelle di un'Italia che fu, quando la felicità era fatta di piccole cose e domenica era sempre domenica.


domenica 31 agosto 2025

Lazio, poker d'assi. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

9 a Castellano e Pipolo - Due gol in dieci minuti e la pratica Verona è archiviata. La Lazio in sostanza ha iniziato il campionato nella seconda giornata. Spenta, stordita, kappao all'esordio col Como, sveglia, pimpante e vincente coi gialloblu dell'Hellas. Certo non è che la squadra allenata da "Diego" Zanetti fosse tutto sto Real Madrid, ma era comunque importante dare subito un segnale di vivacità e fornire una prova di orgoglio, quello che sembrava invece il grande assente. Copertina d'obbligo al Taty autore degli assist (il secondo di rabona) e del terzo gol che ha chiuso i giochi. Grandissimo. Avanti Lazio avanti laziali!

7 e mezzo a Benigno Zaccagnini - Finalmente l'arciere ha scagliato la sua freccia e ha fatto centro. Era ora. Sembrava fuori fase come Malgioglio.

7 e mezzo a Guendo è bello esse laziali - Guendovunque, Guendovai, Guendovieni e apri le marcature sei il massimo. Daje.

7 a Rovella per chi non si accontenta - È tornato il Metronomo del centrocampo. E siamo tutti contenti.

7 a Gila il mondo gila (Jimmy Fontana, Cantagiro 1965) - Il più in forma là dietro. Peccato se ne voglia andare. Almeno rimanesse fino a Canzonissima.

7 a Dio perdona Dia no - Entra e segna. Alla Altafini. Fosse sempre così sarebbe il massimo. Top.

6 e mezzo a Prostamol - Dite la verità, ma chi avrebbe scommesso su di lui non dico un euro ma manco cinquanta centesimi. E invece il sellerone si è guadagnato con un pugno di partite i galloni del veterano. Incredibile ma vero, tanto che finirà sulla rubrica omonima della Settimana Enigmistica.

6+ a Dio vede e Provedel - Perfetta media Muslera, due parate e un palo. E l'omo campa.

6+  Bella Janez (Sandokan, Rai con Kabir Bedi) - Toc toc, ce so' pure io. 

6+ a senti che musica coi Tavares - È partito in quarta sul primo binario è finito deviato sul binario morto.

6 a Pedro Pè e Patrizia Pellegrini - buttati nella mischia pe fa l'ammuina. 

6 a Somarusic - Nel primo tempo è riuscito a battere un fallo. Fenomeno.

5 e mezzo a Dele ctrl canc alt - È l'oggetto misterioso della squadra. Potrebbe esplodere come potrebbe implodere. Per ora è già tanto che potrebbe.

5 a Rosanna Cancellieri - Sì è mangiato un gol che neanche il Pannella dei tempi d'oro dopo un maxi digiuno. Ma questa defaillance rientra nel suo curriculum improntato al vorrei ma non posso. Come un Riccardo Rossi qualsiasi. Crescerà. Crescerà? Ai posteri l'ardua sentenza come disse il poeta. Ai posteri, per finire sui poster c'è tempo. Sipario. 


giovedì 28 agosto 2025

C'era una volta il calcio d'agosto

 di FRANCESCO TRONCARELLI

C'erano una volta le amichevoli di precampionato. Feste per i tifosi in un clima vacanziero con 35 gradi all'ombra della pineta. Momento atteso con trepidazione perché era l'anteprima del calcio vero.

Il campionato iniziava a fine settembre a volte anche a ottobre, agosto perciò era solo mare, vacanza, bikini sgambati per le ragazze, Port Cross col gancio per i giovanotti e 500 in fuga per le consolari alla ricerca della spiaggia migliore perche il calcio era solo chiacchiere sotto l'ombrellone.

E partite sulla sabbia col Supersantos quando caliente el sol e la gente se ne andava, fra squadre improvvisate, ovvero scapoli contro ammogliati, Belsito sud contro Belsito nord e i bagnini muti in attesa della fine. 

Anni felici, in bianco e nero ma che facevano sognare a colori anche se non c'era nulla di particolare, non  esisteva neanche il telefonino croce e delizia di questi anni frenetici ma solo il telefono a gettone per chiamare casa dal campeggio.

il telefono a gettoni

L'esatto contrario di oggi in cui c'è tutto e pure il calcio con il torneo iniziato subito dopo ferragosto, una disgrazia che costringe i tifosi a togliere i piedi a mollo e correre allo stadio, parcheggiare a chilometri di distanza e sudare poi in tribuna senza la bottiglietta d'acqua stoppata all'ingresso dagli steward.

Nella calda estate del 70 invece, a fine agosto, nello stadio della Stella Polare di Ostia, si assisteva in tranquillità alla partita perchè la Lazio incontrava i dilettanti del Fregene. Portavi l'acqua fresca che sgorgava dalla fontanella sul lungomare  e, volendo, pure qualche fiasco di vino.

Una rimpatriata in biancoceleste per grandi e piccini con la paletta e il secchiello appresso, che suscitava euforia e tanta allegria e no incavolature come succede adesso per i risultati che non arrivano e le cappellate che lorsignori combinano in campo.

il trampolino del Kursaal simbolo di Ostia

I tifosi arrivavano dagli stabilimenti vicini, Plinius, Nuova Pineta, Pinetina, Kursaal, Mediterraneo e Marechiaro, lasciavano le sdraio e i pattini (i lettini e pedalò non esistevano), le bocce, le piastrelle e le biglie di plastica con le immagini dei ciclisti per giocare sulla sabbia al Giro d'Italia e si piazzavano sulle tribune.

C'era una volta Giorgio Chinaglia non ancora grido di battaglia ma già Long John, goleador irresistibile e idolo della gente, c'erano una volta il piede sinistro di Dio Arrigo Dolso, Peppiniello Massa e il capitano senza macchia e senza paura Ferruccio Mazzola.

Come prendevano palla, la gente applaudiva, come driblavano un avversario, i bambini strillavano e i nonni col cappello di carta in testa per ripararsi dal sole implacabile, esultavano felici. 

le biglie coi ciclisti

Tra entusiasmo alle stelle e abbronzature da muratore in canotta, l'incontro finì 13 a 0, segnarono un po' tutti, Chinaglia fu portato in trionfo a Wilson offrirono il cocomero a Dolso lo baciarono tutte. 

I selfie non esistevano ma qualcuno previdente e in anticipo sui tempi c'era sempre, pronto a scattare foto ricordo col beniamino di turno con la Polaroid, immagini che il tempo ha sbiadito inesorabilmente.

C'erano una volta le amichevoli precampionato, la maglia all'inglese della Umbro e le abbronzature da muratore con la canotta, c'era una volta un calcio a misura d'uomo e non di sponsor e una felicità fatta di niente. Ma non se ne rendeva conto nessuno...

Tutto esaurito allo Stella Polare

Per la cronaca e soprattutto per curiosità ecco il tabellino dell'amichevole:

FREGENE: Portoghese (26’ Rossi e 46’ Moriggi), Pagani (46’ Levroni), Zoppi (46’ Federici), Cesarini, Loreti, Ruffon, Manzia (46’ Lollini), Pizzichini, Ciolli, Cerioli (46’ Miotto), Soddu.

LAZIO: Di Vincenzo, Wilson (63’ Nanni), Facco (46’ Legnaro), Governato (66’ Andreuzza), Polentes, Marchesi (70’ Fortunato), Massa, Mazzola, Chinaglia, Manservisi (59’ Morrone), Dolso. All. Lorenzo

Marcatori: 1’ Massa, 7’ Mazzola, 8’ Chinaglia, 18’ Manservisi, 29’ Massa, 30’ Chinaglia, 44’ Mazzola, 49’ Chinaglia, 56’ Dolso, 60’ Mazzola, 61’ Massa, 80’ Dolso, 81’ Massa


domenica 24 agosto 2025

Lazio, Como va? Male. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

6+ a Prostamol - Una cosa è sicura, ci sarà da soffrire. La Lazio è sempre la stessa, con gli stessi giocatori, ma è cambiata nel manico che però, da quanto si è visto, non ha prodotto risultati eclatanti o quanto meno positivi. Dice ma c'era il rigore sul Taty, beh a parte il fatto che nessuno ha reclamato (ulteriore indice di una squadra scollata) resta la triste realtà che i Sarri boys sono apparsi in grave ritardo di forma e mentalità. Tra i pochi a salvarsi dalla prima sconfitta nella prima partita della stagione, il sellerone biondo che ha dato il fritto da veterano. Ma una rondine non fa primavera...

6 a Pedro Pedro Pedro Pè - il meglio di Santa Fè e Trigoria non ti può salvare sempre. Anche lui ha i suoi tempi. Certo che è tosta avere un solo giocatore di qualità in squadra, un superman fra tante seghe.. Ma so sempre 38 anni.

6 a senti che musica coi Tavares - La freccia biancoceleste era arrivata sul primo binario di Como. Ma poi il capostazione l'ha deviata sul binario morto.

5 e mezzo a Gila il mondo gila (Jimmy Fontana, Cantagiro 1965)  - Eppure era partito bene, come Amadeus quando era in Rai ma è finito male come Amadeus quando è passato al 9.

5 e mezzo a Castellano e Pipolo - Ha preso più palloni Fabregas (raccattapalle vero) che lui. Lento e macchinoso come un pachiderma, ha illuso tutti come Silvan col gol in fuorigioco. Sim sala bin.

5+ a Guendo è bello esse laziali - Ma se se perde all'esordio è un rodimento vero.

5+'a Rovella per chi non si accontenta - Auguri per la piccola appena nata. La partita? Perché è entrato? 

5 a Dio vede e Provedel - È partito in quarta è finito in folle. Avete presente Fedez?

5 a Rossana Cancellieri - L'uomo in più, per Sarri, di una Lazio in meno. Della serie tanto rumore per nulla.

5 a Massimo Di Cataldi - Gli anni passano ma è rimasto al solito compitino della quinta elementare. Non crescerà mai. Come Jovanotti.

5 a Benigno Zaccagnini - Sì è avvitato su se stesso. Come Massimo Giletti.

5 a Patrizia Pellegrini - Come il programma di Gigi Marzullo, inutile.

5 a Somarusic - Ancora tu? Ma non dovevamo vederci più? Battisti la sapeva lunga.

5- a Dele ctrl canc alt - Mamma mia,  che ce famo co' questo?  Imbarazzante come la Guaccero a Techetechetè.

5- a Lazzari alzati e cammina - Nè carne nè pesce. Un cetriolo. Ma gli ortolani purtroppo siamo noi. Sipario.

è cominciata ridendo...


sabato 23 agosto 2025

Rita Pavone 80 anni cantando

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Una nuvola di capelli rossi, le lentiggini sul volto, due occhioni da cerbiatto e tanta grinta da vendere, così Rita Pavone esplose nel mondo dello Spettacolo nei favolosi anni Sessanta diventando uno degli artisti più amati di sempre. 

Oggi Pel di carota raggiunge un traguardo importante, compie 80 anni, 80 anni in musica e di musica, 80 anni cantando con quella voce potente da soprano e al tempo stesso melodiosa che l'ha resa celebre in tutto il mondo.

Una carriera incredibile la sua, iniziata dalla gavetta e che successo dopo successo l'ha portata ad esibirsi in tutti i palcoscenici più prestigiosi di ogni continente, l'unica italiana ad essere stata invitata per ben 5 volte al mitico Ed Sullivan Show che ad ogni trasmissione paralizzava l'America intera davanti il televisore.

Rita con Ed Sullivan

"Sono fiera di me stessa, sono arrivata sino a qui da autodidatta -   ha raccontato Rita- dopo la quinta elementare sono andata a lavorare in una camiceria, ho studiato da sola, ho cercato di capire come andava la vita. E pensare che quando ero molto giovane, alle prime interviste facevo rispondere Teddy Reno perché avevo paura di dire castronerie...".

Aveva 17 anni appena compiuti quando vinse nel 1962, la prima edizione della Festa degli sconosciuti di Ariccia che le procurò subito il primo contratto discografico con la Rca. Di lì a poco il primo disco, La Partita di Pallone, non c'era neanche la foto sulla copertina ma fu ugualmente boom.

Fu chiamata così da debuttante ad Alta Pressione condotto da Walter Chiari e Renata Mauro sulla neonata Rai2 insieme a un altro ragazzino terribile, quel Gianni Morandi da Monghidoro che sarebbe diventato anche lui un numero uno per il pubblico giovanile. 

Rita e Gianni

Già animale da palcoscenico nonostante la giovane età fu  chiamata poi da Antonello Falqui a partecipare e condurre programmi entrati nella storia della tv che tutta l'Italia seguiva il sabato sera, show come Studio Uno di Mina e soprattutto Stasera Rita che la leggittimò come artista completa.

Simpatica, vulcanica, irresistibile la ragazzina di Torino che incantava tutti iniziò a inanellare una serie di brani strepitosi che scalavano subito le classiche, 45 giri come Alla mia età, Sul cucuzzolo, Come te non c'è nessuno, Il ballo del mattone, Datemi un martello, il Geghegè, Non è facile avere 18 anni e la meravigliosa Cuore, divenuta la sua signature song, il cavallo di battaglia, il marchio di fabbrica di una grande artista.

Nel 1964 ecco Il giornalino di Gian Burrasca tratto dal romanzo per ragazzi di Vamba e diretto da Lina Wertmüller, con musiche di Nino Rota orchestrate da Luis Bacalov e quella sigla, Viva la pappa col pomodoro, che divenne un hit internazionale. 

Il più grande successo 

E poi i musicarelli con Totò, Giancarlo Giannini. Giulietta Masina, la vittoria nel 1967 al Cantagiro con Questo nostro amore, i film Little Rita nel West con Lucio Dalla e la Feldmarescialla con Terence Hill.

Fondamentale il rapporto con Teddy Reno, patron della Festa degli sconosciuti, che divenne suo pigmalione che sposò nel 68 in Svizzera, tra le polemiche per la notevole differenza d'età (19 anni) e per il fatto che all'epoca Reno era già sposato civilmente con Vania Protti, dalla quale aveva avuto un figlio.

Con Teddy Rita ha avuto due figli, Alessandro (1969) e Giorgio (1974): "L'incontro con Teddy ha cambiato la mia vita ha dichiarato la cantante -, Siamo sposati da 57 anni viviamo per noi e per i nostri figli, non potevo aspettarmi niente di meglio".

Teddy e Rita

Rita ha sempre continuato la sua attività artistica anche dopo il lungo boom degli esordi e se pur lontana dai riflettori della tv che danno quella visibilità che sembra fondamentale ma in realtà non lo è.

Ha mantenuto la barra dritta dopo l'avvento dei Cantautori che avevano rivoluzionato i gusti del pubblico, incidendo dischi, avviando tournée e tenendo concerti, restando sempre se stessa.

Una donna di carattere che ha superato brillantemente l'operazione al cuore nel 2005 che l'aveva fermata, sembrava, per sempre. Del resto il suo motto è sempre lo stesso, alzare l'asticella e guardare avanti, senza autotune e intelligenza artificiale, ovviamente circondata dagli affetti più cari. Auguri Pel di carota!