venerdì 3 maggio 2019

La febbre del pomeriggio al Piper: c'era una volta

di FRANCESCO TRONCARELLI


Via Tagliamento, macchine ferme, gente per strada, i vigili stentano a controllare la situazione, è il caos. Una bolgia incredibile, vista e rivista in quella strada, come succede spesso ogni giorno. Ma quella volta, il 3 maggio del 1969, esattamente cinquant'anni fa, non era dovuta al traffico impazzito come quotidianamente avviene ai giorni nostri, ma alla calca per il pomeriggio "danzante" del Piper con uno dei gruppi più in voga in quel periodo, i Camaleonti.

Era la febbre del pomeriggio che si verificava regolarmente e con largo anticpo sul boom delle discoteche avvenuto dopo il film di John Travolta, nel mitico Piper che apriva i battenti oltre la notte anche nel pomeriggio per permettere ai giovanissimi di scatenarsi sulla sua pista o di ascoltare la musica dei propri beniamini.

Un'operazione di marketing astuta che sfruttando le ore pomeridiane, allargava l'utenza a chi solitamente vuoi per l'età vuoi per il fattore economico, non poteva permettersi di uscire la sera per andare a ballare. Il Piper che andava già fortissimo ed era il locale di tendenza della meglio gioventù "capellona" romana (e non solo) che dal ribellismo del beat aveva preso coscienza per recitare un ruolo nella società, diventava così il punto di riferimento di tutti, per l'ennesimo "appuntamento studentesco".

Ecco così i pomeriggi musicali nel tempio di via Tagliamento dalle 16 e 30 in poi, dopo le abboffate notturne dei vari Rokes, Equipe 84, Mal e Patty Pravo, con artisti di tuti i tipi e generi, come Jimmy Fontana e Fred Bongusto ad esempio, ma anche con certi gruppi entrati nel mito come gli Small Faces, lo Spencer Davis Group e addirittura (incredibile ma vero) i Pink Floyd con i magnifici Roger Waters, David Gilmour e Syd Barret che si esibirono anche loro nel pomeriggio di un 18 aprile di quei ruggenti anni Sessanta.

I Camaleonti

Ma quel 3 maggio di 50 anni fa, con largo anticipo sulle orario previsto per l'apertura alle 16e30, erano tutti lì a via Tagliamento per i Camaleonti, il complesso, come allora si chiamavano le band, composto da quattro amici per la pelle, Livio Macchia, Tonino Cripezzi, Paolo De Ceglie, Jerry Manzoli.

I Camaleonti che si erano chiamati così per la loro capacità di passare da uno stile di musica all’altro secondo le esigenze del pubblico, erano esplosi qualche anno prima in pieno fenomeno beat con pezzi come "Sha La La La La", "Non c'è niente di nuovo", "Chiedi chiedi" con cui avevano cavalcato le classifiche di vendita partecipando a numerose manifestazioni televisive, come il famoso Cantagiro.



L’apice della loro carriera era arrivato nel 1968 con "L’ora dell’amore", versione italiana di "Homburg" dei Procol Harum: con questo brano i Camaleonti restano in vetta alla Hit parade di Lelio Luttazzi per ben tredici settimane, vendendo un milione e 600mila copie e facendolo diventare una sorta di inno generazionale e tormentone da ballare nelle feste in casa.


Il successo viene bissato con "Applausi", che conquista il Disco d'oro, "Io per lei", "Mamma mia" che l'amico Lucio Battisti ha scritto per loro insieme a Mogol e a "Viso d’angelo", brano anche questo in linea col loro pop melodico e commerciale scritto da Pace, Panzeri e dal mastro Isola fresco di successo de "La voce del silenzio" a Sanremo, che proprio quel 3 maggio di 50 anni fa è in testa alle classifiche di vendita. Un trionfo insomma e soprattutto un momento d'oro per i ragazzi milanesi che sono acclamati al Piper.


Naturalmente come tutti i "numeri uno" che si rispettino, anche loro sono preceduti da un "apripista" che deve scaldare il pubblico prima della loro esibizione. Quel pomeriggio il compito viene affidato dalla direzione del Piper a Wess, bassista degli Airedales che dopo l'uscita di Rocky Roberts ("Stasera mi butto", ricordate?), guida il gruppo e ha iniziato a farsi conoscere per la sua voce possente e calda supportata da una musica che echeggia il rhithm and blues.

E il ragazzo della Carolina del Nord non deluderà quella folla di "studenti" con la sua musica che fa ballare anche chi è negato e che introdurrà poi il suo cavallo di battaglia del momento "I miei giorni felici", cover di grande atmosfera di "Chapel of dreams" dei Dubs firmata dal poeta Giorgio Calabrese. Un brano il cui titolo è tutto un programma per quei caldi e affollati pomeriggi al Piper, giorni sicuramente felici in cui con mille lire ballavi, ti divertivi e bevevi un'aranciata con gli amici. C'era una volta.


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