sabato 31 ottobre 2020

Addio Sean Connery

di FRANCESCO TRONCARELLI

Sean Connery è morto. L'attore scozzese si è spento serenamente nel sonno nella sua villa alle Bahams dove risiedeva da tempo, secondo quanto riportato dalla BBC che ha raccolto le prime dichiarazioni del figlio dell'attore. 

La notizia ha fatto subito il giro del mondo. E non poteva essere diversamente perché l'attore è stato uno dei protagonisti più importanti ed apprezzati dal pubblico e dalla critica del Cinema internazionale.

Aveva da poco compiuto 90 anni ed in quella occasione tutti i suoi fan si erano stretti idealmente attorno a lui per fargli gli auguri, sia per il traguardo raggiunto sia per la consapevolezza del suo stato di salute ormai compromesso da diversi anni. 

Ora il triste epilogo di una vicenda umana e professionale che ha attraversato gran parte del Novecento elevandolo a grande Artista e che lo ha visto passare senza soluzione di continuità fra innumerevoli lavori prima di affermarsi come attore.

Da muratore all'Oscar, da bagnino ad attore, da mister Muscolo a uomo più sexy del mondo, Connery nasce a Fountainbridge, un sobborgo di Edimburgo, il 25 agosto del 1930 da Joseph Connery, un camionista figlio di immigrati irlandesi e da Euphemia "Effie" McBain, una cameriera scozzese. Una famiglia proletaria che non gli fa mancare nulla, ma che il giovane Sean, un metro e 89 per un fisico atletico, sente da subito stretta per il suo futuro.

A 16 anni si arruola così in Marina e a questo periodo risalgono due particolari tatuaggi che si fa apporre sul braccio destro: "Scotland Forever" ("Scozia per sempre") e "Mom & Dad" ("Mamma & Papà"). La sua esperienza nella Royal Navy però si interrompe nel 1950, quando non supera le visite mediche per una grave ulcera gastrica ed è congedato.

Cominciano i mille mestieri per sbarcare il lunario e crearsi un avvenire. Tra i tanti, anche il verniciatore di bare e il cameriere, prima di affacciarsi timidamente nel teatro con piccole particine che gli aprono la porta delle produzioni televisive e delle presenze in qualche film grazie al suo sguardo ammaliatore e al fisico prestante.

La svolta nel 62, quando a sorpresa, vince il provino per interpretare James Bond nel primo film della saga prodotta da Albert Broccoli e Harry Salzman, battendo la concorenza di nomi del calibro di Cary Grant e Roger Moore che lo sostituirà dopo.

il mio nome è Bond, James Bond

  Nell'autunno di quell'anno gli spettatori inglesi poterono vedere, a distanza di pochi giorni, due versioni molto differenti dello Sean Connery attore. Sugli schermi infatti, l'attore scozzese vestiva per la prima volta, in "Agente 007 licenza di uccidere" (Dr No), lo smoking del personaggio che lo avrebbe reso celebre.

Ma era anche Flanagan, soldato semplice della 3° Divisione di fanteria sbarcato sulle coste della Normandia assieme a Henry Fonda, John Wayne, Robert Mitchum, Richard Burton e mezzo Olimpo del cinema nel kolossal bellico" Il giorno più lungo".

Apparentemente i due personaggi avevano pochi punti in comune. Uno campione di raffinato aplomb l'agente segreto disegnato da Ian Fleming che presentandosi con la frase mitica "il mio nome è Bond, James Bond", conquistò subito tutti, l'altro il proletario e fanfarone Flanagan, è una specie di miles gloriosus che scende dal mezzo da sbarco minacciando i tedeschi ("Scappate, pezze da piedi. È tornato Flanagan"), ma poi finisce sott'acqua e teme di annegare.

Flanagan, insomma, è un personaggio comico rispetto  all'agente segreto, eppure, a guardar bene, i due Connery non sono così agli antipodi. Anzi. In tutta la serie dei film di 007 Sean, pur in modo più sottile e ammiccante, condisce le proprie interpretazioni di umorismo. Il suo volto sprizza ironia, anche in presenza delle donne più attraenti e dei nemici più pericolosi.

 

Ed è proprio questo atteggiamento, da superman che non si prende troppo sul serio, a insaporire avventure "a geometria variabile" che come aveva osservato a suo tempo Umberto Eco, in fondo non cambiano mai, cambiano solo l'antagonista, il villain, e l'ordine degli episodi. 

Agente 007, dalla Russia con amore (1963), Agente 007 - Missione Goldfinger (1964), Agente 007 - Thunderball (Operazione tuono) (1965) e Agente 007 - Si vive solo due volte (1967), gli altri film della serie con lui protagonista con il grande Pino Locchi a doppiarlo, e tutti ebbero straordinario successo sia di incassi che di critica.

La sua misurata ironia e la indubbia classe, spiegano anche perchè Connery resti a tutt'oggi (vedi il recente sondaggio della rivista Radio Times) lo 007 preferito dal pubblico. Laddove, tra i suoi epigoni, un Roger Moore esagera in ammiccamenti mentre un Pierce Brosnan o un Daniel Craig sono troppo seri e asettici.

Dopo il definitivo divorzio da 007, la vena umoristica dell'attore riemergerà in film e personaggi tra i più disparati. Basti pensare a Zed, il "bruto" del distopico Zardoz che si fa beffe della sofisticata Consuela sogghignando sotto i grossi baffi. O al Robin Hood anziano e acciaccato del "Robin e Marian" a fianco di Audrey Hepburn di Richard Lester, il quale continua a vaneggiare di imprese gloriose e vittorie che ormai non può più permettersi.

un crepuscolare Robin Hood

O all'arguto e affascinante Juan Sanchez Villa-Lobos Ramirez, mèntore del protagonista della saga Highlander, un immortale che ne ha viste troppe per non sorridere di sé e degli altri. O, ancora e soprattutto, all'ineffabile professor Henry Jones sr., eccentrico e distratto papà dell'archeologo-avventuriero di Spielberg, che in Indiana Jones e l'ultima crociata si produce in autentici duetti da commedia con Harrison Ford/Indy.

Certo, si potrà obiettare che spesso l'attore interpreta personaggi eroici, impegnati in grandi avventure e via via più carismatici col procedere dell'età: pensiamo al "Raisuli", il condottiero berbero del Vento e il leone, al Guglielmo da Baskerville de In nome della Rosa,  ad esempio, o all'incorruttibile poliziotto irlandese Jimmy Malone (che gli valse l'Oscar come miglior attore non protagonista) di "The Untouchables - Gli intoccabili".  Ma molto della sua cifra artistica, inizia da lì.

L'autoironia non si limita al circuito dello schermo e lo certificano alcune delle sue più celebri battute. Come quando affermò: "Forse non sono un buon attore, ma qualsiasi cosa avessi fatto, sarei stato peggio". O quando (era il 1999), proclamato dalla rivista People "l'uomo più sexy del secolo", ai giornalisti che gli chiedevano un commento rispose con humor scozzese: "Non saprei. Non sono mai stato a letto con un uomo di sessant'anni, calvo".

gli Intoccabili

Se Connery predilige l'ironia, è altrettanto vero che non ha mai amato gli eufemismi o le mezze parole. Basti ricordare che, nel 2005, dichiarò a un giornale neozelandese di volersi ritirare dallo schermo perché "stufo degli idioti". Proposito rigorosamente mantenuto.

E' sempre stato molto geloso della propria privacy. Si è sposato due volte, nel 1962 con l'attrice australiana Diane Cilento, dalla quale ha avuto un figlio, Jason, anch'egli diventato attore, che gli ha dato un nipote, Dashiell (1997). Divorziato nel 1973, due anni dopo si è risposato con la pittrice Micheline Roquebrune.


Vegano e ambientalista, nominato Sir dalla Regina Elisabetta nel 2002, Sean ha vissuto gli ultimi trent'anni alle Bahamas, in una villa che domina l'arcipelago corallino nell'Oceano Atlantico. Michael Caine, suo amico fraterno, tempo fa disse che l'icona del Cinema «non aveva più il controllo dei suoi sensi», facendo intendere che fosse malato di Alzheimer.

E purtroppo era proprio così. E quindi, addio James Bond, Goodbye Sean Connery, sei stato il più grande agente segreto di tutti i tempi.



 

giovedì 29 ottobre 2020

Rino Gaetano, 70 anni di un mito

 di FRANCESCO TRONCARELLI


Probabilmente i suoi capelli sarebbero imbiancati, sicuramente corti e con qualche ricciolo sulla fronte ma lo sguardo sarebbe sempre lo stesso, dolce e sornione con quei grandi occhi spalancati sul mondo. Ma chissà come sarebbe veramente Rino Gaetano che oggi avrebbe compiuto 70 anni.

Nessuno può dirlo, perchè il tempo che ci ha lasciato è veramente tanto e perciò nelle nostre menti e nell'immaginario collettivo, il ricordo iconogafico che si accosta subito al suo nome è quello di un ragazzo dinoccolato con un cilindro su un cespglio di capelli, una chitarra in mano e un sorriso contagioso.

I sogni muoiono all'alba, scriveva Montanelli e quelli di Rino finirono troppo presto, all'alba del 2 giugno dell'81 ponendo termine alla vicenda umana e professionale di un grande artista, intelligente, creativo, anticonformista, caustico e all'occorenza sferzante, lontano dai giri che contano e libero da condizionamenti politici e pseudo intellettuali.

Un cantautore in anticipo sui tempi, che era avanti, con brani che 40 anni dopo sono ancora attuali, pezzi con testi mai banali ma venati di un'ironia sagace e tagliente, un piccolo genio della comunicazione quando nessuno sapeva cosa fosse.

Un artista che per modernità e contemporaneità, ha lasciato davanti e non dietro di sè, una scia imponente. Ancora adesso le canzoni di Salvatore Antonio Gaetano (il suo vero nome con cui fu registrato all'angrafe di Crotone) risuonano nelle orecchie degli italiani, anche tra i più giovani che non lo hanno mai conosciuto in attività. 

Proprio durante i duri mesi di lockdown diversi artisti italiani hanno fatto di "Ma il cielo è sempre più blu", un inno contro la pandemia e la paura. I versi di Rino Gaetano hanno infatti il pregio di riempire di speranza e ottimismo, attraverso parole che a un primo ascolto sembrerebbero senza senso.

Il cielo è sempre più blu, il disco

Paradossalmente è stato un artista che ha riscontrato i maggiori consensi di critica e di pubblico, dopo, e non durante la sua vita, fatti salvi naturalmente i successi collezionati con alcuni dei suoi dischi più famosi. Nelle sue canzoni raccontava l’Italia di ieri e di oggi, con uno sguardo sempre attento e commosso verso gli emarginati, gli ultimi, quelli che non riescono ad arrivare a fine mese.

Le difficoltà che incontrò all'inizio della sua carriera, sono tutte riconducibili alla sua personalità eccentrica e anticonformista e al modo in cui sapeva raccontare l'Italia. Il primo 45, 'I Love you Marianna' lo incise con lo pseudonimo salgariano di Kammamuri, mentre per il suo primo album "Ingresso libero", dovette attendere due anni, con esiti però più che modesti per le venite e disinteresse degli addetti.

Tutto cambiò nel 1975, proprio con "Ma il cielo è sempre più blu", e quello stile a filastrocca che lo rese popolare. Poi arrivò l' album, 'Mio fratello è figlio unico', grazie al quale, soprattutto sotto la spinta del pezzo 'Berta filava', cominciò a farsi conoscere ed apprezzare da chi era al dentro della musica. 

Alla sua discografia si aggiunsero 'Aida' e 'Nuntereggaepiù' il cui successo gli aprì le porte del festival di Sanremo dove nel 1978 cantò 'Gianna'. Con quel brano arrivò terzo nella classifica finale e fu scoperto da milioni di spettatori che rimasero folgorati da un'esibizione memorabile.

Alla ribalta dell'Ariston infatti si presentò impugnando un ukulele e con una tuba nera in testa (regalatagli da Renato Zero pochi giorni prima), un elegante frac attillato, papillon bianco, maglietta a righe bianche e rosse e scarpe da ginnastica. Sul bavero del frac portava appuntata una colossale quantità di medagliette, che nel corso dell'esibizione consegnò in parte al direttore d'orchestra e in parte lanciò al pubblico. 

Con l'esecuzione di "Gianna", per la prima volta a Sanremo venne pronunciata la parola «sesso», presente nel testo. I Pandemonium entrarono inaspettatamente sul palco verso la fine della performance per cantare il coro finale della canzone, a mo' di sketch umoristico. Gaetano descrisse così la sua esibizione sul palco:

«Il Festival resta una passerella e come tutte le passerelle ti offre tre minuti per fare un discorso che normalmente fai in uno spettacolo di due ore. Così devi trovare un sistema. Da parte mia, ho scelto la strada del paradosso un po' alla Carmelo Bene».

"Gianna", restò a lungo al primo posto della Hit parade facendolo diventare un personaggio e ancora oggi è uno dei titoli più amati del suo repertorio che nel frattempo si era arricchito dell'album 'Resta vile maschio dove vai', realizzato insieme a Mogol e ricordato soprattutto per il brano 'Ahi Maria'. 

a Sanremo con Gianna
Quel disco segnò il passaggio dalla piccola casa discografica It, la stessa degli inizi di Venditti e De Gregori che aveva conosciuto al Folkstudio di Trastevere, al colosso RCA e l'inizio di una serie di tournée che lo resero popolarissimo. Nel 1980 partecipò come interprete al concept-album dei Perigeo nei brani ''Alice'', ''Al bar dello sport'' e ''Confusione gran confusione'' e sempre nell'inverno dello stesso anno uscì il suo sesto e ultimo disco ''E io ci sto''. 

In un'intervista rilasciata nell'anno in cui morì, Gaetano spiegava che alla base della svolta musicale del suo ultimo album non c'era "nulla di pensato": "E' un rifiuto che ho naturalmente. Il rifiuto per tutto ciò che si sta facendo nel campo della musica leggera. Adesso c'è un ritorno al cosiddetto disimpegno e io ho voluto tornare a parlare''. 

Dopo la sua morte, che lo colse alla guida della sua Volvo mentre stava tornando nella sua casa di via Nomentana, e che incredibilmente aveva in un certo senso predetto nella canzone "La ballata di Renzo", scritta dieci anni prima e rimasta inedita in cui si narra la storia di un ragazzo che muore in circostanze simili alle sue, sono stati moltissimi i tributi dedicati in varie forme all'artista. 

I titoli delle sue canzoni più note sono diventati titoli di film di successo. Nel '95 esce 'Il cielo è sempre più blu' di Antonello Grimaldi, in cui si fa chiaramente riferimento alla canzone, utilizzata anche come colonna sonora, nel 2006 arriva 'Mio fratello è figlio unico' di Daniele Luchetti con Elio Germano e Riccardo Scamarcio. 

Rino ha lasciato diversi provini e brani non ultimati. Due di questi sono stati negli anni concessi dalla famiglia per essere interpretati da altri artisti. E' successo nel 2002 per "Nuoto a farfalla" interpretato da Marco Morandi, il figlio di Gianni, e nel 2007 per "In Italia si sta male (si sta bene anziché no)", un pezzo scritto oltre venti anni prima e portato sul palco di Sanremo da Paolo Rossi, con un gruppo di cui faceva parte anche il nipote di Rino, Alessandro.

Del suo rapporto d'amore-odio con vizi e virtù del Bel Paese, di cui è stato profetico analista con tono scanzonato, Gaetano aveva fatto la cifra stilistica. ''In fondo è bello però, è il mio Paese e io ci sto'', cantava nel 1980. 

E c'è da scommettere che anche oggi tra influencer onnipresenti, trash televisivo, morti di fama e dilettanti allo sbaraglio nella politica, avrebbe trovato mille nuovi bersagli ed ispirazioni per il suo ''nun te reggae più''. Auguri Rino, ovunque tu sia.


domenica 25 ottobre 2020

Lazio, vincendo con le stelle. Le Pagelliadi

di FRANCESCO TRONCARELLI


9+ a Lupo Alberto
- La Lazio ha steso un Bologna rognoso e dall'ottimo pressing, andando a segno con i suoi uomini migliori. C'è voluto un tempo per prendere le misure ai rossoblu, ma poi la qualità è uscita fuori rimettendo la partita nella carreggiata giusta e mandando così Orsolini arredo bagno via Aurelia 414 coi suoi compagni a casetta, nonostante la zampata dell'ex senza rimpianti Gatto de Silvestro. L'Aquila quindi è tornata a spiccare il volo vincendo con le sue stelle. A dare il la a una vittoria importante che segue quella di Champions e consolida il morale, il talentuoso numero 10 spagnolo che ha tirato fuori dal cilindro una magia da leccarsi i baffi che ha entusismato i tifosi. Sim salabim e il povero Silvan muto.

8+ al Ciro d'Italia- "E una sera di ottobre in pre lockdown mentre l'ora legale stava per chiudere definitivamente i suoi battenti, Ciro Immobile superava con la rete numero 128 il re degli anni 90 Beppe Signori". Dalla Storia della Prima squadra della Capitale. Come dire, quanto è bello esse laziali...

7 all'Abate Fares - La rovesciata con cui ha passato la palla al bomber de noantri, resterà negli annali della Settimana Enigmistica: verrà infatti riportata nella seguitissima rubrica "Incredibile ma vero".

6 e mezzo a Ake Prò -  Si è mosso con la disinvoltura di un veterano. Sembrava Gerry Scotti alle prese con i concorrenti bislacchi di Tu si que vales che se li rigira come je pare. 

6 e mezzo all'incredibile Hudt - Dalle stalle alle stelle. L'uomo che si è fato dittongo ha compiuto un passo avanti a sorpresa. Dopo l'esordio choc con la Samp come un Riccardo Rossi qualsiasi è salito in cattedra come Pago a Tale e quale. Non ci credeva nessuno. E soprattutto lui che a un certo punto si è dato i pizzicotti sulle guance per capire se era sveglio veramente o stava sognando. 

6 e mezzo a Totò Riina - Un esordio da brividi quando per smanacciare un pallonetto al primo minuto di gioco momenti se la butta dentro. Poi il tiro dai venti metri che non ha visto andato direttamente in rete annullato dal Var, a cui sono seguti i giochetti palla al piede alla Carrizzo con gli attaccanti avversari, che hanno provocato una serie di svenimenti fa i tifosi presenti allo stadio: partiti in mille si sono assotigliati sempre di più ad od ogni tocchetto del panzer. Le tre-parate-tre nel giro di pochi minuti nel finale convulso però, lo hanno riscattato alla grande. 

6+ ad Antonio Elia Acerbis - E' tornato il Ministro della Difesa. Tutto il resto è servizio civile.

6 a Correa l'anno 1900 - Je manca sempre un sordo pe' fa 'na lira. 

6 a Lazzari alazati e cammina - Tanto fumo e un po' d'arrosto. Come Roberto Giacobbo.

6- a sono un pirata non sono un signore (cit. Julio Iglesias) - Sì vabè, l'abbiamo capito, ora è tempo che lo dimostri.

6- a Patric del Grande Fratello - Con Palacio e dintorni ha ballato la samba, poi quando il gatto Soriano e Sansone senza Dalida si sono scatenati pure il twist: della serie guarda come dondolo. Na caciara che lèvate.

6- a Quando escalante el sol - E' nel Guinness dei primati per essere stato sostituito mezz'ora dopo essere entrato in sostituzione di un compagno di squadra. In realtà è lui che ha chiesto di uscire dopo essere entrato, perchè si era ricordato che con la fine dell'ora legale il Tibidabo chiudeva la stagione e doveva andare a prendere il secchiello e la paletta in cabina.  

5 e mezzo a chi lo Leiva più - Un passo indietro. Quello che in realtà dovrebbe fare Alba Parietti, tuttologa del nulla, dai  vari talk televisivi. 

5 a Somarusic - Na botta de sonno che manco quando c'è Barbara Palombelli in tv. Il Sonnambulo dal volto umano ha colpito ancora. Imbottito di camomilla e infusi vari s'è presentato direttamente in pigiama. Sotto il braccio aveva i cuscini memory di Mondo Covenienza e ai piedi le pantofole De Fonseca che ti fanno camminare fra i sogni. Al primo affondo s'è addormentato e buonanotte ai suonatori. Ronf ronf. Sipario.


Appunti di gioco

di Roberto Taglieri

 

Sabato, 24 ottobre 2020

 

La Lazio batte il Bologna. All’”Olimpico” l’anticipo della quinta giornata se lo aggiudicano i biancocelesti con due gol nella ripresa: apre Luis Alberto e chiude Ciro Immobile; nel recupero De Silvestri riesce solo ad accorciare per il 2-1 finale. Difficile è la partita di stasera per tutte e due le squadre; dopo la sconfitta a Sassuolo Mihajlovic fa a meno di Skov Olsen, Medel e Poli, Inzaghi dal suo canto ha Milinkovic e Strakosha indisponibili. Il 4231 del Bologna vede Hickey a sinistra, con Schouten ed Orsolini a centrocampo. Invece la Lazio, reduce dalla bella vittoria in Champions, oggi prova a ripartire in Campionato e si presenta con Reina tra i pali, Marusic a destra ed Akpa Akpro al posto di Milinkovic.  Nei minuti iniziali è una partita molto viva, accesa dal Bologna che va subito in gol con Svanberg, ma Irrati dopo controllo var annulla per un precedente fallo di Schouten. Nella circostanza comunque Reina non aveva mostrato grande reattività, subendo un gol da oltre 25 metri. Orsolini al 20’ calcia bene ma centrale e la sua azione si perde, ed il Bologna mostra una grande condizione. La Lazio si vede per la prima volta al 24’ con Luis Alberto che vede bene l’angolino, ma Skorupski mette in corner. Al 32’ in contropiede Palacio di sinistro colpisce l’esterno della rete dopo una bella galoppata, poi Orsolini al 37’ prova il numero al volo ma spedisce altissimo. Prima della fine del tempo entrano Lazzari ed Escalante che rilevano Marusic e Leiva, colpiti da affaticamento  muscolare: nel complesso la Lazio si vede poco. Nella ripresa subito Akpa ha la palla dell’1-0, Danilo all’ultimo momento gli stoppa la conclusione in porta, ma poi arriva il gol di Luis Alberto. Lo spagnolo al 54’ recupera palla a centrocampo, si crea benissimo spazio fuori area ed alla fine fa partire un tiraccio imprendibile per Skorupski, che porta la Lazio in vantaggio. Al 61’ Orsolini colpisce la traversa su punizione ed il Bologna fa tremare la squadra di Inzaghi, che poco dopo fa uscire Correa per Muriqi. I biancazzurri mantengono il centrocampo e non consentono grandi giocate agli avversari, che subiscono il secondo gol al 77’: Fares recupera un tiro di Muriqi e in rovescaita rimette su Immobile, che deve solo spingere in rete di testa la palla del raddoppio. Reina salva su Barrow al 79’, ma intanto Pereira e Parolo, Santander e Vignato terminano le sostituzioni. Gli ultimi minuti Reina nel recupero riesce a salvare su Vignato, ma nulla può su De Silvestri, che troppo libero conclude in porta la rete del 2-1. Da questo momento la Lazio soffre tantissimo la pressione bolognese fino al fischio di Irrati, che toglie tutti i residui patemi e sancisce i 3 punti ai biancazzurri. Era difficile mantenere la concentrazione e la forma dopo la partita di Champions, ma la Lazio, pur se con qualche difficoltà è riuscita a concludere il compito. Poco brillante, una vittoria un po’ sporca ma nel complesso meritata per la truppa di Inzaghi, che deve infondere ai suoi grande concentrazione. Nei prossimi dieci giorni infatti ai biancocelesti toccheranno tre trasferte micidiali: Brugge, Torino e Zenit.

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LAZIO  BOLOGNA  2-1     54’Luis Alberto 76’ Immobile 90’ De Silvestri

LAZIO: Reina, Patric, Acerbi, Hoedt, Marusic (42’ Marusic), Leiva (42’ Escalante 79’ Parolo), Akpa, Luis Alberto (79’ Pereira), Fares, Correa (63’ Muriqi),  Immobile.  All: Inzaghi

BOLOGNA: Skorupski, De Silvestri, Danilo, Tomiyasu, Hickey (89’ Denswill), Schouten, Orsolini (81’ Vignato), Soriano, Svanberg (72’ Baldursson), Sansone (81’ Santander), Palacio (72’ Barrow).  All: Mihajlovic

Arbitro Irrati



domenica 18 ottobre 2020

Lazio colpita e affondata. Le Pagelladi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

5+ a Sylva Strakoshina - Una Lazio brutta, sporca ma sicuramente non cattiva perchè altrimenti avrebbe fatto vedere una reazione e un po' di attributi, ha perso in malo modo con una squadra che punta alla salvezza. Scollata fra i reparti e senza un minimo di gioco degno di questo nome è affondata nel modo peggiore, senza una reazione tangibile e concreta. D'accordo gli infortuni (ma solo noi abbiamo tutti sti azzoppati?), va bene le squalifiche, non va bene il mercato inesistente, ma il disastro non era annunciato e la cronaca di quello che si è visto è impietosa. Non si salva nessuno, ma la copertina la diamo al portiere che sul finale con uno scatto di reni ha parato un uno-due di Keita e compagno di merende evitando così il disonorevole cappotto che avrebbe fatto ridere tutto il Bel paese pallonaro. Amen.

5 a c'è tanto da Fares - ma proprio tanto, povero Inzaghi, qui so' Augelli amari.

5 a chi lo Leiva più - Meglio rispetto al poco e niente delle partite precedenti quando ricordava il miglior Biglia per le cappellate che faceva, ma sempre poca roba. Tipo Paolantoni a "Tale e quale" che fa certe imitazioni da dimenticare.

5 ad Antonio Elia Acerbis - Nei gol dei blucerchiati c'è purtroppo il suo zampino. E se quello che era considerato il Ministro della difesa per antonomasia perde i colpi c'è da strigne il lato B. Come stanno facendo i proprietari della prima casa per la possibile tassa su cui lavora il governo.

5 a sono un pirata non sono un signore (cit. Julio Iglesias) - Se c'era chi credeva che Nina Murici fosse come Superman, ovvero della serie "mo' entra e je spacca er kulo", è andato deluso. Come quelli che guardano "Verissimo" condotto dalla nuora di Berlusconi credendo di vedere qualcosa di interessante e poi si ritrovano Gabriel Garko intervistato dalla Toffanin. 

5- al Panter One - Monolitico come un Moai dell'Isola di Pasqua, tutto d'un pezzo come un frigorifero dell'Ariston, immobile come una statua di cera di Madame Tussauds ha annaspato stile lumacone sul prato del Ferraris. Quando gli è capitata la palla buona, per girarsi c'ha messo un'ora e si è ritrovato  nel frattempo sostituito e sotto la doccia.

5- all'incredibile Hudt - Toh chi si rivede l'uomo che si è fatto dittongo. Richiesto dal mister secondo i giornalai che passano le veline della società. Non giocava nemmeno nel campionato belga dove era confinato. E ho detto tutto.

4 e mezzo a dillo a Parolo tuo - Ha fatto la fine di Bugo, sì quello che se n'era andato dal palco di Sanremo mentre Morgan cantava. E' sparito. E non je ne frega na mazza a nessuno.

4 e mezzo a Patric del Grande Fratello -  Tanto fumo e poco arrosto. Avete presente Teo Mammucari a "Tu si que vales"?

4 a Lupo Alberto -  Adesso basta, ha fatto il suo tempo. Grazie di tutto caro Alberto Lupo, ritorna nell'al di là e lascia il posto al tuo omonimo al contrario, l'ex Ciuffo biondo che faceva impazzire il mondo. Dall'oroscopo di Branko la Luna consiglia: tagliarsi la barba e tingersi i capelli, fingere di essere un altro speso e volentieri fa diventare un altro.

4 al Sergente - Dalle stelle alle stalle. Fenomeno in nazionale di casa sua, oggetto misterioso nella squadra biancoceleste. Da cento milioni che valeva coi due gol fatti a un cappuccino e una brioche per chi se lo accatta dopo lo scempio coi doriani. La verità sta nel mezzo come dice sempre Rocco Siffredi.

4 a Correa l'anno 1900 - Un altro che le gite all'estero je fanno male. Portiamolo ai Castelli e famolo accontentà. Mejo la porchetta che l'asado.

4 a Somarusic - Il sonnambulo dal volto umano ha colpito ancora. Ronf ronf e via.

3 a Vavro al minuto 114' del secondo tempo supplementare beffa la roma- Come la trasmissione di Gigi Marzullo. Inutile.

3- - a le favole di Anderson - Dice che ha giocato la partita. Dicono. Sembra. Forse. Boh. Un ectoplasma. C'è ma non si vede, non si vede se c'è. Puntata speciale di "Chi l'ha visto?" mercoledì prossimo per ricostruire gli ultimi movimenti prima della sparizione. Nel frattempo Massimo Ranieri ha dichiarato che lo vorrà assolutamente per la riedizione della commedia di Eduardo De Filippo "Questi fantasmi": protagonista assoluto. Sipario. 


Appunti di gioco

di Roberto Taglieri

 

Sabato, 17 ottobre 2020

Figuraccia della Lazio al “Ferraris”. Nell’anticipo della quarta giornata di Campionato i biancocelesti, già sotto nel primo tempo grazie a Quagliarella ed Augello, subiscono nella ripresa la terza rete da parte di Damsgaard e così la Samp si aggiudica perentoriamente la gara con un 3-0 che non consente alcuna discussione. Dopo il riposo la Lazio si tuffa di nuovo nel campionato, ma l’emergenza infortunati è gravissima. Ancora senza Luis Felipe, Marusic e Radu, con Immobile squalificato, anche Lazzari si infortuna e Fares non è al meglio. Inzaghi quindi è costretto a schierare una difesa inedita, con Hoedt centrale, mentre a destra il prescelto è Parolo, con Anderson dall’altro lato. Ranieri, dopo i passi falsi contro Juve e Benevento, vuole dare continuità alla vittoria con la Fiorentina, ma non può disporre di Gabbiadini. Si affida così all’inossidabile Quagliarella in avanti, con l’ex Keita in panca, mentre a centrocampo le scelte ricadono su Ekdal e Jankto a sinistra, per un tradizionale 442. Ritmi elevati nella prima fase di gioco, con le due squadre attente su ogni pallone e la Samp che mostra più intraprendenza, mentre la Lazio pare troppo contratta. Nella prima mezz’ora di gioco però non succede niente, ma proprio al 30’ Caicedo si ritrova davanti ad Audero ma si fa anticipare dal portiere, sprecando una grande opportunità. Al 33’ dalla sinistra Augello va al cross, la palla filtrante finisce sulla testa di Quagliarella che di testa trova lo spazio per bucare Strakosha e portare i suoi in vantaggio; latitano i difensori laziali nell’occasione. Passano una manciata di minuti ed Augello impegna ancora Strakosha in angolo con un traversone insidioso. Sugli sviluppi del corner ancora Augello da fuori area spara un tiro al volo di sinistro che s’insacca in rete per la seconda volta e per la Lazio ora sono dolori. Caicedo sfiora il palo al 42’ e con questa occasione finisce il primo tempo. Nella ripresa Inzaghi manda in campo Marusic al posto di Parolo e Fares a sostituire Anderson. La Lazio prova a spingere con più vigore ma è troppo confusionaria ed imprecisa; la Samp invece erige una bella barriera davanti ad Audero e non concede spazi agli avversari. Nemmeno l’ingresso di Muriqi, che esordisce stasera in A, produce effetti positivi. Anche il centravanti si ritrova invischiato in una trama involuta, ma mostra qualità quando al 70’ porge benissimo a Correa, che angola troppo la palla sul palo lontano. Al 73’ Milinkovic manda a lato dai 18 metri e poco dopo al 74’ dopo tre 3 sbagli consecutivi di Strakosha, Patric e Marusic, arriva la rete di Damsgaard, che prima colpisce la traversa e poi mette in gol la terza rete che pone la pietra tombale sulla gara. Il nuovo entrato Keita all’82’ si mangia il poker e questa sarebbe stata l’ennesima vergogna di una partita giocata in modo a dir poco imbarazzante da una Lazio che sembra l’ombra di se stessa. I biancazzurri, pur rabberciati dagli infortuni, sembrano slegati, privi di forze e di gioco; insomma troppo brutti per essere veri I supporters laziali ora tremano: già martedi arriverà il Dortmund e l’esordio in Champions; chissà se tornerà la bella Lazio della stagione passata?      

 

    

SAMPDORIA  LAZIO  3–0    33’ Quagliarella 40’ Augello 75’ Damsgaard

SAMPDORIA: Audero, Bereszynski, Tonelli, Yoshida, Augello, Candreva (79’Leris), Thorsby,Ekdal (58’ Silva), Jankto (68’ Damsgaard), Ramirez (57’ Verre), Quagliarella (79’ Keita).All. Ranieri

LAZIO: Strakosha, Patric, Hoedt (59’ Vavro), Acerbi, Parolo (46’ Marusic), Leiva (76’ Cataldi), Milinkovic, Luis Alberto, Anderson (46’ Fares), Correa, Caicedo (59’ Muriqi). All Inzaghi

Arbitro Orsato

venerdì 16 ottobre 2020

"Insieme" a Mina da 50 anni

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Un regalo di compleanno. Uno dei più belli ed importanti che abbia mai ricevuto. La festeggiata, Mina, il gentile donatore, Lucio Battisti, il pensiero meraviglioso, il brano "Insieme". E' una storia particolare quella che sta dietro una delle canzoni più famose e di successo della Tigre di Cremona.

E’ la primavera del 1970, Mina è reduce dal successo di "Bugiardo e incosciente" ed è una delle artiste più in voga di quel periodo. Qualche giorno prima del suo compleanno, Lucio Battisti la va a trovare e per celebrare i suoi prossimi 30 anni, le offre due canzoni, "Insieme" e "Fiori Rosa Fiori di Pesco" che ha musicato su testo di Mogol.

All'inizio del decennio, loro due sono gli autori più ammirati della scena musicale italiana. Una coppia innovativa che sta rivoluzionando il nostro pop. Hanno già composto brani di successo come "Un'avventura", "Mi ritorni in mente", Io vivrò senza te", "Acqua azzurra acqua chiara" interpretate dallo stesso Lucio e "29 settembre" affidata all'Equipe 84". 

Mina ascolta i due brani, e se ne innamora subito, ma è indecisa su quale scegliere. Pensa che "Fiori rosa fiori di pesco" potrebbe andare, ma Battisti le consiglia "Insieme", un pezzo che per la sua vocalità così potente sarebbe l'ideale. Mina accetta l'invito e quel regalo inaspettato.

Entrambi i brani avranno comunque un grande riscontro di ascolti e di vendite nell'estate del 1970, Battisti addirittura con "Fiori rosa fiori di esco" vincerà per la seconda volta consecutiva il Festivalbar di Vittorio Salvetti. 

"Insieme" che viene inciso a maggio di quell'anno su 45 giri, il suo 102esimo, dove sul lato B compare "Viva lei" una bella canzone, che però ha il compito impossibile di completare fisicamente un disco dove il Lato B non sarebbe neanche necessario tanto è travolgente il brano principale, diventerà col tempo uno dei successi più importanti nella carriera di Mina.

L'arrangiamento del pezzo è di Detto Mariano, per anni al Clan di Celentano, che dirige anche l'orchestra impreziosita dai componenti del gruppo dei Quelli (futura PFM) ossia Franz Di Cioccio alla batteria, Franco Mussida alla chitarra, Flavio Premoli alle tastiere e Giorgio Premoli al basso. Battisti è al pianoforte, sua l'intro del pezzo.

Mariano nell'arrangiare la canzone si rifà sia all'adagio del balletto Spartak (Adagio di Spartacus e Phrygia) del compositore armeno Aram Il'ic Chacaturjansia e al classico giro di accordi del Canone di Pachelbel. 

Il 6 Giugno di 50 anni fa, la svolta grazie alla televisione. Mina è ospite di "Doppia Coppia", il programma del sabato sera condotto da Alighiero Noschese. La Tigre è in grande forma, radiosa, imponente, affascinante con un semplice tubino marrone che mette in evidenza le sue gambe lunghissime.

 
Canta su un palco a scacchi, con il pubblico in studio ipnotizzato dalla sua presenza e quello in casa dalla sua voce e fisicità prorompente. Attacca quasi sussurando "Insieme". Le prime note col coro che l'accompagna e la batteria che scandisce il ritmo, danno alla sua esibizione un qualcosa di magico e sensuale al tempo stesso.

La regia di Eros Macchi indugia sul primo piano, mentre Mina illuminata dall'occhio di bue, interpreta questo pezzo dai sapori soul come solo lei sa fare, mostrando spesso quel suo sorriso ironico che si svela al mondo e poi si ritrae e mettendo spesso le mani incrociate sul seno quasi a proteggersi.

E’ un’emozione che dura quattro minuti e che tutti vorrebbero non finisse mai. La canzone è bella, fa subito colpo e ti travolge, come Mina stessa che non solo buca lo schermo ma trafigge anche i cuori di chi la sta ascoltando. 

L'applauso dello studio che la sommerge e quello dell'Italia televisiva che dal salotto di casa si è goduta questa performance e che nei giorni a seguire decreterà il successo del disco facendolo diventare uno dei più venduti in assoluto dell'anno.

Battisti dal canto suo non inciderà mai questa canzone. L'unica testimonianza che ci rimane di come l'avrebbe interpretata, è data dallo storico duetto proprio con Mina a "Teatro 10" del 72. Il medley dei successi firmati Mogol-Battisti dai due artisti, si apre infatti con questa canzone, di cui Lucio canta alcuni versi.

Sono passati 50 anni da quell'exploit televisivo e da quel boom di vendite che iniziò nei primi gioni dell'Estate per arrivare sino all'Autunno inoltrato. Il tempo non ha minimamente scalfito il fascino di questa poesia in musica sulla bellezza del ritrovarsi insieme che la voce di Mina esalta.

Oggi come ieri quando con la sua estensione vocale e il suo timbro caldo e sensuale canta “sono nata ieri nei pensieri tuoi” ci si rende conto che Mina sta parlando in prima persona, sta parlando come una donna caparbiamente anticonformista che ha segnato un'epoca del costume.

E la magia di un capolavoro si ripete. Struggente, avvolgente, coinvolgente. Insieme a Mina da 50 anni. Eccola.




lunedì 12 ottobre 2020

"La notte" infinita di Adamo

di FRANCESCO TRONCARELLI


Ci sono brani che superano la generazione di riferimento ed arrivano ai giorni nostri con la stessa intensità e coinvolgimento del primo ascolto. Pezzi senza tempo che emozionano sempre al di là di mode e modi che li hanno accompnati al momento della loro composizione. 

"La notte" di Adamo è uno di questi, nonostante sia stato inciso nel 1965, per la sua musica accattivante e l'architettura semplice ma al tempo stesso sorprendente, è riuscito a svincolarsi dal mero esercizio revivalistico per diventare un classico del pop internazionale.

E' una gemma dell'artista di origini siciliane (registrato all'angrafe di Comiso il primo novembre del 1943 come Salvatore Adamo) ma belga d'dozione, che nel tempo è diventato un evergreen che affascina a prescindere e non delude mai. 

Il testo malinconico e la melodia travolgente del brano sottolineati dal controcanto della fisarmonica di Oscar Saintal che curò anche l'arrangiamento del disco, avvolgono "La notte" in un'atmosfera struggente che non ha uguali e che la rendono unica nel suo genere. 

 

Provvisto di un timbro vocale inconfondibile, una voce quasi roca capace di salire su toni alti, al limite del falsetto e di una ispirazione particolarmente felice, Adamo eplose a metà degli anni Sessanta diventando uno degli artisti più famosi ed apprezzati di quel decennio che ha segnato una svolta nel costume.

Viveva in una baracca con i suoi sei fratellini a Jemappes, un sobborgo della Vallonia, in Belgio, dove il padre Antonio era emigrato per fuggire dalla povertà e dare un avvenire ai figli col duro lavoro nella miniera di Marcinelle. Studiava Adamo e intanto imitava Elvis davanti allo specchio con una scopa fra le mani a mo' di chitarra.

Mai avrebbe immaginato di lì a poco di vendere 100 milioni di copie di dischi e di diventare una delle più grandi star internazionali francofone al pari di Charles Aznavour, Dalida e Johnny Hallyday. Dalle miniere di carbone all'Olympia, un exploit incredibile, da emigrato "brutto sporco e cattivo" a idolo delle folle.

Da noi Adamo arrivò dopo i successi in Francia e in Belgio, portando in classifica brani come “Lei”, “Non mi tenere il broncio”, "Amo", "Dolce Paola" e appunto "La nuit" che troverà nel testo italiano curato da Nisa, il grande Nicola Salerno, la giusta atmosfera per fare centro nei pensieri e nel cuore del pubblico.


Quel bambino pieno di sogni e una valigia di cartone al seguito, era diventato un poeta raffinato e un musicista (autodidatta) di talento che ancora oggi, i capelli bianchi e il sorriso gentile di sempre, continua ad esibirsi ovunque in affollati concerti.

Per Jacques Brel Adamo era “il tenero giardiniere dell'amore”, per Vinicio Caposela cresciuto con le sue canzoni che risuonavano in casa, un mito da venerare, per Nanni Moretti, Carlo Verdone e Franco Battiato che hanno inserito i suoi brani nei loro film, uno chansonnier immenso, per Morgan, un maestro.

Un maestro da omaggiare quindi, proprio con quella canzone che lo fece diventare un numero uno in Europa (primo nelle vendite ovunque) e che per questo motivo è stata reinterpretata da un gruppo di artisti che si sono alternati nella registrazione a distanza nel periodo del lockdown e che recentemente è stata pubblicata.

Una felice e azzeccata reunion fra nomi conosciuti da noi e all'estero, nata un'idea di Giovanna la sorella del cantante insieme al cantautore Fabio Abate che ha visto partecipare con le loro voci Sacha Toroop, Carlotta Proietti, Elena del gruppo Le Rivoltelle e Morgan coadiuvati da musicisti di razza come Jerome Munafò, Bart Denolf e Bernard Wrincq (chitarre), Nicola Stevens (violino), Hervè Coury (fisarmonica), Gino Latucca (tromba) e Sante Scinta (batteria).

Ovviamente c'è anche Adamo, con un cameo di grande eleganza e intensità che dà il sapore di vissuto al tutto e rende "La notte" veramente infinita.

  


martedì 6 ottobre 2020

Ricordando Ivan Graziani, 75 anni oggi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

"Tu sai citare i classici a memoria, ma non distingui il ramo da una foglia”

Ironico, estroso, geniale, spesso tagliente e ma ancora di più malinconico Ivan Graziani oggi avrebbe compiuto 75 anni. Nel panorama musicale italiano è stato un artista particolare, unico. Capace di coniugare il rock alla poesia, la chitarra, di cui era un grande virtuoso, al sentimento, la narrazione delle storie minime alla qualità della grande scrittura.

Ivan Graziani e la chitarra erano un tutt’uno, con lei sprizzava energia a mille, travolgendo chi lo ascoltava e seguiva nei suoi live. Era infatti il “cantautore con la chitarra elettrica” per antonomasia, la fedele Gibson compagna di tante serate nel raccontare di “Maledette malelingue”, “finanzieri e contrabbando”, “dolci Agnesi” “Monnalise” e Paoline Paoline” e con la quale volle essere sepolto il primo gennaio del ’97 quando se ne andò per una malattia incurabile.

Aveva appena 51 anni Graziani e aveva dato tanto alla musica con la sua passione e i suoi sentimenti, chissà cosa avrebbe potuto dare ancora e soprattutto dire adesso del nostro paese così diverso da quello in cui era cresciuto e che aveva tanto amato e attentamente analizzato.

Ivan infatti era il cantore principe di quell’Italia meno evidente ma vitale rappresentata dalla provincia, capace come era di riuscire a rendere esaltanti e intriganti grazie alla sua sensibilità ed ironia, microstorie animate da personaggi locali e particolari, da figure sbiadite realmente esistite o intraviste nella fantasia. 


Un artista fuori dagli schemi, oltre le righe, poliedrico (disegnava fumetti, dipingeva quadri, scriveva romanzi), che non è stato mai “allineato e coperto” alle mode del momento. La sua produzione infatti non si è mai omologata alle tendenze della musica italiana anni Sessanta e Settanta, non ha fatto parte cioè né dei cantautori “politici” ispirati al folk di Bob Dylan, né in quella degli importatori del rock’n’roll alla Elvis Presley o degli imitatori dei Beatles.

Lui aveva qualcosa di suo da raccontare, frutto dell’attenta osservazione del suo mondo e dell’umanità che lo popolava (quell’Abruzzo di cui andava fiero e che sentiva dentro) e la grande padronanza della chitarra gli consentì di farlo in un modo originale. Graziani si è inventato insomma un linguaggio nuovo, a metà tra il rock e la canzone d’autore, che non era stato praticato in precedenza. E quella è stata la sua cifra stilistica.

Una scelta peraltro coraggiosa la sua, sicuramente agli antipodi della discografia di tendenza e commerciale che l’ha reso unico nel suo genere e inimitabile, ma che per rovescio della medaglia lo ha allontanato dal successo facile, quello fatto dalla visibilità, il can can mediatico, le classifiche.

"Lugano Addio", "Firenze (Canzone triste)", "Monnalisa", "Maledette malelingue", "Signora bionda dei ciliegi", “Limiti”, “Agnese dolce Agnese”, “Pigro” (tra i 100 album più belli della musica italiana secondo la rivista specializzata Rolling Stone), sono gemme di un ricca discografia mai banale ma qualitativamente alta che Graziani ci ha lasciato.

Brani entrati nella memoria collettiva dove la malinconia crepuscolare di amori perduti e sognati sottolineati da assoli di chitarra, si fonde con il ricordo per un grande artista che ha regalato emozioni senza risparmiarsi fino all’ultimo e che oggi festeggiamo con nostalgia.

Auguri Ivan, grandissmo del nostro pop, auguri ovunque tu sia. 

domenica 4 ottobre 2020

E' una Lazio...Vidal. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI 

 

8+ al Sergente - La Lazio ha pareggiato una partita che avrebbe potuto vincere. La sua è stata una grande prestazione, più forte del rimpallo, degli infortuni e dell'arbitro. Ha tenuto botta all'Inter dei fenomeni e del gentiluomo con la cresta e spesso e volenieri l'ha surclassata, recuperando col palo una iella cosmica in perenne agguato. E' una Lazio...Vidal insomma, che lotta come un leone alla faccia di chi gliela tira e della mala sorte che la martorizza e nonostante un mercato fiacco e insufficente. La sosta arriva come il cacio sui maccheroni per riordinare le idee e per cucinare una squadra più appetibile. 

7+ ad Antonio Elia Acerbis -  L'assit che ha rimesso le cose per il verso giusto è il suo. Ma sarebbe riduttivo focalizzare quel passaggio vincente a discapito di una grande prestazione. E' come dire che Amadeus è bravo perchè ogni sera coi Soliti ignoti fa il botto. E' in gamba a prescindere.

7 a Lazzari alzati e cammina - e continua a correre e crossare come sai solo tu. Resuscitato dalla disfatta atalantina (provare con Padre Pio, il nostro consiglio ha funzionato), ha ripreso a macinare chilometri su e giù per il prato dell'Olimpico. E' lunico che da un momento all'altro può spiccare il volo e sosituire la latitante Olympia.

7 a Patric del Grande Fratello - Tra i più criticati per la disfatta co' Gasperino er carbonaro, l'ex zazzera bionda si è riscattato come Roberto Giacobbo che dalle teorie sugli extraterrestri artefici delle Piramidi è passato a più miti pretese coi nuraghi della Sardegna. Entrambi insomma hanno dato luogo a delle performace credibili lasciando per strada quell'in che li affossava. E lasciando per strada anche i maneschi nerazzurri.

6 e mezzo a dillo a Parolo tuo - Donne è arrivato l'arrotino,  arrota coltelli, forbici, forbicine, forbici da seta, coltelli da prosciutto. Donne è arrivato l'arrotino e l'ombrellaio, aggiustiamo gli ombrelli, l'ombrellaio, donne! Ripariamo cucine a gas, abbiamo i pezzi di ricambio per le cucine a gas.

6+ a Lupo Alberto - Il primo tempo c'era solo lui in mezzo al campo. Propositivo, propulsivo, protagonista. Poi è calato alla distanza. Come Gabriele Cirilli a "Tale e quale" che più che Achille Lauro sembrava il Pulcino pio.

6 ad A Ke Prò - Ancora nessuno ha capito se il calciatore che si è fatto codice fiscale possa reggere la serie A. Per ora regge il moccolo in panchina e quando Simone lo chiama si fa trovare presente. E scusate se è poco.

6 a chi lo Leiva più - Bentornato Lucas. Magari ancora un po' imballato come Ninetto Davoli a Ballando con le stelle ma la stoffa è quella. Principe di Galles.

6- a quando escalante el sol - E' rimasto sul lettino al Tibidabo per acchippare l'ultimo raggio di sole.

5 a Sylva Strakoshina -  Sveglia Citofono, Toto Reina è in agguato dietro la porta.

5 al Ciro d'Italia - Ingenuo è caduto nel trabocchetto teso dal galantuomo con la cresta. Una figura da pollo. Amadori entusiasta lo contatterà a breve.

5 a Somarusic, Innamoradu, basta Bastos - AAA esorcista cercasi, no perditempo, rivolgersi a Formello e chiedere del principale, garantiti pasti caldi e mancetta per gli extra ad obiettivo raggiunto. 

5 a c'è tanto da Fares - Ma proprio tanto.

5- - a Correa l'anno 1900 - Bibita preferita: camomilla; hobby: relax; canzone: Vieneme 'nzuonno; opera: la Sonnambula; libro: Il lungo sonno; il film: Sogni d'oro; lo slogan: ronf ronf; la frase: buonanotte ai suonatori. Sipario. 


Appunti di gioco

di Roberto Taglieri

 

Domenica 4 ottobre 2020

 

E pari tra Lazio ed Inter. All’Olimpico l’Inter va a segno nel primo tempo con Lautaro, il pareggio è di Milinkovic nella ripresa: 1-1 il risultato finale che arriva dopo una partita rocambolesca e soffertissima. Terza giornata di Campionato: dopo la brutta sconfitta interna contro l’Atalanta per la Lazio arriva un’altra grande. L’Inter viaggia a punteggio pieno ed arriva a Roma senza alcuna defezione, a parte Vecino; per Conte un 3412 con Lukaku e Lautaro finalizzatori. Inzaghi invece già dopo due giornate deve cominciare a fare i conti con gli infortunati. A parte Luis Felipe e Vavro, in difesa infatti anche Radu è acciaccato e Correa non è al meglio; il mister biancazzurro li manda in campo lo stesso e decide di allestire la stessa formazione vittoriosa a Cagliari. Le due squadre si affrontano a viso aperto, non paiono per nulla bloccate, fa qualcosa di più la Lazio all’inizio, ma poi retrocede, lascia l’iniziativa agli avversari e aspetta le loro ripartenze. Si fa male subito Radu e Bastos lo sostituisce al 15’; la prima grande opportunità ce l’ha Luis Alberto al 19’ ma il suo sinistro a botta sicura è respinto in angolo da Handanovic. Alla mezz’ora l’Inter passa: un cross corto di Perisic crea un rimpallo fortuito e Martinez si ritrova la palla tra i piedi, si gira improvviso e di sinistro batte Strakosha. Dopo il gol si fa male anche Marusic ed esordisce il nuovo acquisto Fares al 35’. Non convince proprio la Lazio, che concede il centrocampo all’Inter e resta sempre bloccata ad aspettare; troppo lenta la squadra di Inzaghi, che non trova spazi per giocare anche grazie all’attenta difesa interista. Per il colmo della sfortuna nel finale di tempo deve uscire per infortunio anche Bastos, e quindi dopo il riposo è il turno di Parolo, adattato in difesa. Subito ad inizio ripresa duettano Martinez e  Lukaku, che manda di un soffio sul fondo, poi al 52’ Lautaro ci riprova e spedisce alto di poco. Al 55’, in un momento di grande sofferenza, la Lazio però trova il pareggio, il cross di Acerbi è millimetrico, Milinkovic salta oltre Perisic e infila Handanovic, che non riesce a respingere di piede. La squadra di Inzaghi si esalta: Luis Alberto al 62’ calcia bene ma il potere mette in corner; sempre lo spagnolo manda di poco fuori al 65’. Ma al 70’ l’arbitro prende un provvedimento troppo drastico: espelle Immobile per una reazione su Vidal, che fa una gran scena e questa decisione potrebbe indirizzare la gara. Entrano D’Ambrosio e Sanchez, poi Escalante e Akpro, gli ospiti ci provano ancora: all’83’ il tiro di Hakimi lo prende Strakosha, poi arriva anche un palo sul tiro di Brozovic, dopo una deviazione. Guida però pareggia i conti, espelle Sensi per una manata a Patric, scaltro ad aggravare il colpo e si ristabilisce la parità numerica. Il finale è concitatissimo con l’Inter tutta avanti e i biancazzurri che resistono alla disperata; dopo 4’ di recupero la gara finisce in parità. Punto d’oro per i biancazzurri, che riacciuffano una partita che s’era messa malissimo; la Lazio dimostra di avere grande orgoglio e di saper soffrire. Questa prestazione non può cancellare però il primo tempo, completamente insufficiente, che i biancazzurri hanno svolto senza mai prendere il controllo della gara. Gli uomini di Inzaghi avrebbe senz’altro avuto un contraccolpo psicologico negativo da un eventuale seconda sconfitta, invece possono gioire per una prestazione che dà morale; ora il riposo servirà a riordinare le idee e recuperare gli infortunati per la partita contro la Samp di sabato 17 ottobre.       

 

 

LAZIO INTER  0–1    30’ Martinez  55’ Milinkovic

INTER: Handanovic, Skriniar (79’ D’Ambrosio), De Vrij, Bastoni, Hakimi, Barella, Gagliardini (67’ Sensi), Perisic (67’ Young), Vidal (73’ Brozovic), Lukaku, Lautaro (79’ Sanchez). All: Conte

LAZIO: Strakosha, Patric, Acerbi, Radu (15’ Bastos), Lazzari, Leiva (80’ Escalante), Milinkovic, Luis Alberto (80’ Akpa Akpro), Marusic (35’ Fares), Correa, Immobile. All: Inzaghi.

Arbitro Guida




 


giovedì 1 ottobre 2020

Lazio, è buio pesto. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

6+ al Panter One - Una Lazio inconcludente e molto nervosa, è stata affondata in casa da un Atalanta solida e ben messa in campo. Gli orobici hanno avuto quattro occasioni e le hanno concretizzate tutte, lasciando a noi uno sterile possesso palla puntellato peraltro da falli vari da parte loro tollerati con nonchalance da Pupetta Maresca. Sono mancati gli uomini migliori e soprattutto è mancata la Lazio brillante che sa il fatto suo. A salvarsi dal naufragio il puntero ecuadoriano che tra il lusco e il brusco il suo l'ha fatto firmando il gol della bandiera. Sono gli altri che l'hanno ammainata...

6+ ad Antonio Elia Acerbis - L'unico difensore che ha difeso mentre gli altri andavano per farfalle. Il migliore rispetto al nulla cosmico che lo affiancava. Un po' come Panariello ai Soliti ignoti che tiene alto il morale della truppa televisiva rispetto alla piagnona Loretta Goggi e l'inutile Salemme. Chapeau.

6- a Massimo Di Cataldi - Je manca sempre un sordo pe' fa 'na lira.  

5 e mezzo a Lupo Alberto - Speriamo che torni presto perchè il suo sostituto omonimo al contrario Alberto Lupo inizia a svelare tutti i limiti che ha. Come Enrico Papi.

5 a chi lo Leiva dal campo - Ha ricordato il miglior Biglia.

5 al Ciro d'Italia - S'è magnato un gol grosso come una casa che manco il Pannella dei tempi d'oro dopo un digiuno biblico sarebbe riuscito a papparsi con un sol boccone.

5 al Sergente - Praticamente un altro. Come Vincenzo Mollica senza occhiali che pare la sora Lella.

5- a Sylva Srakoshina - E' convocata l'assembla condominiale sabato 26 p.v. nella sala riunioni della parrocchia Regina Pacis. All'ordine del giorno "sostituzione poriere con citofono". Data la particolare importanza del tema in oggetto, si raccomanda la partecipazione anche per delega. 

5- a Innamoradu - Ha fatto la fine di di Pippo Baudo. E' sparito. 

5- a A Ke Prò, Quando escalante el sol e le favole di Anderson - In tre non ne hanno fatto uno buono, come Aldo, Giovanni e Giacomo che non a caso si sono sciolti.

5- a Lazzari alzati e cammina - o te serve un altro miracolo? Sensibilizzate Padre Pio.

4 e mezzo a Somarusic - Dalle stelle alle stalle.  E' tornato il sonnambulo che tutti conosono. Ha dormito sui gol che manco Marzullo quando fa televisione. Da "Il Medico in casa" pag. 23: Quando vi sentite giù e la cecagna vi pressa, una bella flebo di tè mixata a Vov da ripetersi tre volte in un giorno, vi tirerà su. Provare per credere, hai visto mai. 

4 a Patric del Grande Fratello - Imbarazzante come Fausto Leali nella casa del GF Vip, spaesato come Beppe Convertini a Linea Verde, assente ingiustificato come Tridico dall'Inps. Un film dell'orrore in 90 minuti, Dario Argento j'ha spicciato casa. Sipario. 


Appunti di gioco

di Roberto Taglieri

 

Mercoledi, 30 settembre 2020

 

Atalanta a valanga sulla Lazio. All’Olimpico il recupero della prima giornata di campionato se lo aggiudicano i nerazzurri;  già sopra di tre gol nel primo tempo con Gosens, Hateboer e Gomez, nella ripresa Caicedo riesce per un attimo ad accorciare ma subito dopo ancora Gomez fissa il risultato finale sull’1-4. Le due formazioni arrivano a questo incontro con due vittorie per parte; Gasperini, che recupera Romero e Djimsiti, oggi non può disporre di Gollini, Pessina, Ilicic e Miranchuk. Le sue scelte in avanti sono Malinovskyi ed il Papu davanti a Zapata, mentre a centrocampo ci sono sia Freuler che Pasalic. Simone Inzaghi decide per mandare in campo la stessa formazione vittoriosa a Cagliari, unica eccezione Caicedo, che prende il posto di Correa, infortunatosi alla schiena all’ultimo minuto. E’ una sfida di livello, che può dimostrare sin da subito le reali potenzialità delle due squadre; l’Atalanta, già in piena forma, è squadra che fa della dinamica la sua grande forza, ma al 7’ la prima grande opportunità è laziale. Infatti Luis Alberto in area calcia forte ma Sportiello respinge, riprende poi Leiva, però il suo tiro si infrange sulla difesa. Poco dopo invece arriva la rete di Gosens, che raccoglie un cross in area piccola di Hateboer e da due passi di piatto mette in rete il vantaggio ospite. Al 26’ Maresca grazia Freuler, che dopo un fallo aveva dato anche un calcione a Luis Alberto a palla lontana, ma alla mezz’ora l’Atalanta raddoppia. E’ Hateboer l’autore della segnatura, lasciato colpevolmente solo a destra, che senza alcun disturbo mette in gol una palla servita da Gosens.  Al 33’ la traversa nega la rete ad Immobile, dopo che Sportiello aveva perso il pallone su uno spiovente. Il suo omologo Strakosha salva al 40’ su Zapata e nel prosieguo dell’azione Gomez raccoglie da una respinta fasulla di Patric e mette in gol il tris atalantino. Nel finale di tempo il tiro di Leiva lo para Sportiello e col pesante passivo di 3 reti finisce il primo tempo. Nella ripresa entra subito Cataldi a sostituire Leiva ed i biancazzurri provano una rimonta difficilissima. Al 55’ Marusic calcia perfettamente ma Sportiello d’istinto para e subito arriva il gol di Caicedo, che di sinistro in caduta riesce a recuperare la coordinazione e mette in rete l’1-3. Un attimo dopo Immobile in ripartenza si mangia la seconda rete laziale calciando a lato dopo aver superato anche il portiere. Gol mangiato, gol subito: al 61’ Gomez di sinistro davanti a Patric calcia ad incrociare e mette sotto all’incrocio dei pali la quarta rete nerazzurra che di fatto mette la pietra tombale sulla gara. Al 76’ Caicedo è sfortunato perchè colpisce l’esterno della rete; la Lazio ora è conscia di non poter più recuperare, gli ospiti invece non mollano e col nuovo entrato Muriel quasi siglano la quinta rete. Ma la partita finisce ugualmente col rotondo risultato di 1-4. L’Atalanta è una big: probabilmente la squadra più in forma del momento, con una forza individuale e del collettivo davvero non comune, i biancazzurri stasera sono stati inferiori, sia fisicamente che per organizzazione di gioco. Gasperini stavolta da una lezione di calcio ad Inzaghi, che ha anche commesso degli errori d’approccio alla gara, con un centrocampo bloccato ed una scarsa propensione sulle fasce. E’ certo presto per giudicare, il Campionato è ancora un cantiere aperto, ma questa battuta d’arresto non fa per niente bene. Il morale dei ragazzi biancocelesti non deve essere intaccato da questa sconfitta, deve ripartire l’ottimismo anche in funzione del prossimo turno che metterà di fronte gli uomini di Inzaghi contro un’altra grande: all’Olimpico domenica sera c’è l’Inter. 

 

LAZIO    ATALANTA   1-4    10’ Gosens 32’ Hateboer 42’ 61’ Gomez 57’ Caicedo

ATALANTA: Sportiello, Toloi, Palomino, Djimsiti (Romero), Hateboer, Pasalic (56’ De Roon), Freuler, Gosens (90’ Mojica), Malinovskyi, Gomez (82’ Lammers), Zapata (82’ Muriel). All. Gasperini
LAZIO: Strakosha, Patric, Acerbi, Radu (58’ Bastos), Lazzari (70’ Anderson), Leiva (49’ Cataldi), Milinkovic (70’ Escalante), Luis Alberto (70’ Akpro), Marusic, Caicedo, Immobile.  All: Inzaghi

Arbitro Maresca