di FRANCESCO TRONCARELLI
Se fosse nato in Francia gli avrebbero dato la Legion d'onore come a tutti i grandi vecchi dello spettacolo, il ministro della Cultura avrebbe fatto un tweet celebrandone l'impegno per la Cultura e il lustro per il paese e le tv avrebbero fatto degli speciali per omaggiarlo.
Ma Gianni Meccia ha avuto la sfortuna di nascere nel Bel paese che da sempre dimentica tutto e tutti e non ha memoria per chi comunque ha segnato momenti del costume e della sua storia ricordandosene solo quando è troppo tardi e non serve più.
Ecco perchè dei 90 anni di Gianni Meccia non ne parlerà nessuno, non ci saranno interviste del Mollica di turno nè articoli o reportage di giornali e programmi televisivi.
Troppo vintage lui, troppo ignoranti loro, e non solo per ovvi motivi anagrafici, giustificabili peraltro, ma per la mancanza di essere sul pezzo e di conoscere come si sia arrivati all'oggi nel mondo dello Spettacolo.
Allora ricapitoliamo per tutti, Gianni Meccia, ferrarese di belle speranze con la passone del varietà e uno spirito anticonformista e in anticipo sui tempi è stato il primo cantante ad essere definito "cantautore", prima di Paoli, Tenco, De Andrè, De Gregori, Venditti e così via.
Il termine fu appositamente coniato da Ennio Melis e Vincenzo Micocci della RCA per lanciarne la carriera e in considerazione che, al contrario delle maggiorparte degli artisti della prestigiosa casa discografica di via Tiburtina, i pezzi se li scriveva e musicava da solo.
Si era trasferito a Roma a metà dei Cinquanta, in cerca di gloria, vivendo alla giornata tra comparsate, doppiaggio ed esibizioni nei locali notturni, l'incontro con Franco Migliacci che lo porta alla RCA, la svolta per la sua carriera.
Col primo disco che incide "Odio tutte le vecchie signore" scoppia subito lo
scandalo. Lo presenta al Musichiere di Mario Riva, ma quel testo ironico
e più da cabaret che da canzone di musica leggera, lo fa bollare come
indesiderabile per la Rai.
Si cambia musica allora ed è il boom. Col "Barattolo" infatti scala i veritici delle classifiche in poco tempo e diventa un personaggio da copertina. Il 45 giri con quel titolo così insolito, dà il via ai favolosi Sessanta ed è il primo disco in cui il grande Ennio Morricone ha speso la sua creatività.
Ingaggiato dalla casa discografica come arrangiatore, il maestro ha l'idea vincente per caratterizzare il brano. Dopo varie prove prende un barattolo e lo fa rotolare con uno spago sopra uno scivolo con una superficie ricoperta di ghiaia e cemento, incidendone il rumore con un microfono ad asta. Primo esempio di house music in assoluto.
A conferma della popolarità che aveva "Il barattolo", va ricordato che il regista Florestano Vancini lo sceglie per accompagnare le scene finali del film "La lunga notte del ‘43" con Gino Cervi, Enrico Maria Salerno e Belinda Lee. Un momento bellissimo.
Quando uno dei protagonisti ritorna di passaggio in città nell’estate del ’60, la leggerezza dolce e malinconica del brano che fa da sottofondo, rende indimenticabile e struggente il contrasto tra il dramma passato all'epoca della guerra e il presente spensierato sottolineato dalla canzone.
Il successo è replicato dal singolo successivo, "Pissi pissi bao bao", e, alla fine dell'anno, da "Il pullover", canzone morbida e avvolgente proprio come il maglione che pare ridonare il calore dell’amata e che Meccia racconta di aver ironicamente concepito quando un gregge di pecore attraversava via Nomentana davanti alla sua auto.
Nello stesso periodo riscuote un grande successo come autore con "S'è fatto tardi" (su musica di Lilli Greco) "Folle banderuola" cantata da Mina, "Alzo la vela", interpretata da Jenny Luna, "Primo sguardo", scritta per Nilla Pizzi, e "Così, a poco a poco" cantata da Teddy Reno.
Nel 1961 debutta al Festival di Sanremo con il brano "Patatina", scritto insieme a Franco Migliacci e cantato in coppia con Wilma De Angelis tornato d'attualittà recentemente per reclamizzare una nota marca di patatine fritte.
Naturalmente la grande popolarità gli aprì le porte del cinema, niente di trascendentale ovvio, si trattava di musicarelli, pellicole nate sulla scia di una canzone di successo o che riunivano artisti sulla cresta dell'onda, ma che incassavano fior di milioni di lire e riempivano le sale.
Citiamo fra i tanti "Nel blu dipinto di blu (Volare)" con Domenico Modugno, "I ragazzi del Juke-Box" con Celentano, Fred Buscaglione e Tony Dallara, "Urlatori alla sbarra" sempre con Celentano, Mina, Joe Sentieri, i Brutos e addirittuta Chet Baker, "Io bacio... tu baci" con Mina, Peppino di Capri, il Molleggiato, Jimmy Fontana.
Ancora "Colpo gobbo all'italiana" con Gino Bramieri, Ombretta Colli e Mario Caratenuto, "L'amore difficile" con Nino Manfredi, Gassman e la Spaak, "Gli Italiani e le vacanze", "Canzoni in bikini" con Edoardo Vianello, Ornella Vanoni e Miranda Martino, "Diciottenni al sole" con Catherine Spaak, Umberto Orsini e Mario Brega, "Per amore ...per magia" con Gianni Morandi.
Collabora quindi con il maestro Piero Umiliani, con il quale scrive "In un mare di guai" per la colonna sonora del film "Mariti a congresso" (regia di Luigi Filippo D'Amico) e "Un milione per uno" per "I soliti rapinatori a Milano" (regia di Giulio Petroni).
Nel 1962 partecipa nuovamente come autore a Sanremo, con la canzone "Cose inutili" il cui testo venne scritto dall'attore Ugo Tognazzi, interpretata da Fausto Cigliano e Jenny Luna, che viene eliminata; nello stesso anno pubblica un altro 45 giri per un film di genere mitologico, "Arrivano i titani", esordio dell'aitante Giuliano Gemma per la regia di Duccio Tessari.
Alcune sue canzoni vengono raccolte nel 33 giri "Le canzoni d'amore di Gianni Meccia" con la celebre copertina realizzata da Peynet, che per l'occasione crea un disegno con i suoi celebri fidanzatini.
Come autore continua a scrivere canzoni, alcune anche con buon successo, come "I ragazzi vogliono sapere" per Mary Di Pietro, "Era la donna mia" per Robertino, "Il plip" per Rita Pavone che lancia l'omonimo ballo e "Uno dei mods" per Ricky Shayne che diventa una sorta di inno per i giovani aspiranti ribelli senza voglia però.
Il suo più grande successo da autore è però "Il mondo", scritta insieme all'amico Jimmy Fontana per il testo su musica di Carlo Pes, Lilli Greco e dello stesso Jimmy Fontana che la incide, che diventa un successo internazionale.
Sua la frase "il mondo, non si è fermato mai un momento...", che tutti conoscono e ripetono ascoltando la canzone arrangiata sempre da Morricone che è stata un simbolo di quegli anni in cui la musica era una parte fondamentale del cambiamento del costume e della società.
Come autore al Festival di Sanremo è presente con la canzone "Ma piano (per non svegliarmi)", interpretata da Nico Fidenco e Cher, che non accede alla finale ma che grazie alla versione della pop star americana ottiene una ribalta a livello mondiale.
Da quel momento Gianni, comincia a defilarsi dal palcoscenico, per muoversi dietro le quinte come autore e produttore discografico. Ecco così che confenziona per Patty Pravo la lunga suite "Concerto per Patty".
Zambini e Meccia coi Cugini di Campagna |
Con Bruno Zambrini, altro nome storico della musica leggera, Meccia fonda una sua casa discografica, la Pull (da Pullover il suo grande successo) che tra gli altri fa nascere anche il gruppo musicale pop I Cugini di campagna, che esploderà con la voci in falsetto.
Un'intuizione azzeccata che svela ancora una volta il suo gusto ironico nella scelta del
nome ma anche il fiuto del talent scout navigato.
Compone alcune colonne sonore e sempre con l'amico Zambrini scrive le sigle di una delle serie televisive più famose degli anni Settanta, Qui squadra mobile con attori del calibro di Giancarlo Sbragia, Gigi Vannucchi e Orazio Orlando.
Poi, il grande ritorno sul palcoscenico dei locali e su quello televisivo per quasi venti anni, dal 1984 al 2003, insieme a Jimmy Fontana, Nico Fidenco e Riccardo Del Turco con cui forma I Super 4.
E' un gruppo di artisti storici del nostro pop che porta
in dote le proprie canzoni che hanno fatto epoca e accompaganto
generazioni che danno vita ad uno spettacolo nello spettacolo
Un successone sulla scia di quel revival dei "migliori anni della nostra vita" che entusiasma il pubblico, rievoca atmsofere, amori e stagioni felici di quando l'Italia andava a 45 giri.
E' un po' il suo canto del cigno, perchè alla fine di questa esperienza incredibile, il sornione Meccia, ripone lo smoking nell'armadio e si ritira per godersi la meritata pensione di artista.
Niente più apparizioni, niente più interviste, solo relax e buen retiro nella sua bella casa romana. Il riposo del guerriero delle sette note che odiava le vecchie signore e col tempo ha imparato per motivi anagrafici ad apprezzarle.
Ironico, provocante con quel pizzico di sana follia che si respirava nelle sue canzoni irresistibili, Gianni Meccia ha rapppesentato lo spartiacque nella musica leggera perché dopo di lui, lo stile del cantautorato è cambiato completamente.
La generazione successiva di artisti che compongono i propri brani, preferirà infatti toni più profondi e parole più ricercate alla sua leggerezza surrueale.
Il futurista Gianni, irriverente per natura e con la naturale simpatia che tutti i grandi suscitano, rappresenta il bagliore di un’epoca che chiude con lui il proprio corso.
E oggi che fa 90 novant'anni lo ricorda e celebra con l’applauso più scrosciante. Anche se i media non ne farnno menzione. Auguri!
Tantissimi auguri,bello l'articolo, il bello della musica è che è parte integrante della storia!
RispondiEliminaTanti auguri Maestro. Grazie di esistere!
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