mercoledì 28 aprile 2021

"Tanta voglia di lei", 50 anni di un boom

di FRANCESCO TRONCARELLI 

 

Erano un gruppo fra i tanti che cavalcavano la moda del Beat, ma dall'oggi al domani diventarono i Pooh, il gruppo più amato e seguito del nostro pop. Tutto avvenne grazie a una canzone che nel giro di poco tempo divenne un successo clamoroso lanciandoli definitivamente e per sempre.

Quel brano s'intitolava "Tanta voglia di lei" e veniva inciso da quei ragazzi coi capelli lunghi e i pantaloni a zampa d'elefante esattamente 50 anni fa, il 28 aprile 1971, e subito per loro la musica cambiò letteralmente, regalandogli fama e una grande carriera. 

Dopo alcuni anni di gavetta tra esperimenti beat e tentativi 'impegnati' di farsi largo tra una schiera di gruppi emergenti, i quattro Pooh scelgono la via della melodia tradizionale e il risultato che ne deriva è eccezionale. 

Testo di Valerio Negrini, batterista considerato il poeta della band e musica di Roby Facchinetti, "Tanta voglia di lei" fu affidata alla voce di Dodi Battaglia. 

A suggerire questa scelta per così dire innovativa (solitamente il solista era Riccardo Fogli), fu Giancarlo Lucariello, il manager discografico che li produceva alla CBS, la loro nuova etichetta dopo gli inizi alla Vedette.

Il brano ha una carattersitica importante, è impreziosito da un'introduzione strumentale eseguita da una sontuosa orchestra di 22 archi tra violini, violoncelli, viole e contrabassi dell'Orchestra sinfonica della Rai di Milano, suggerita ai Pooh dall'arrangiatore del disco, Franco Monaldi.  

i Pooh con Valerio Negrini nel 1971

Una sorta di "tappetto sinfonico" utilizzato per la prima volta per accompagnare un complesso, che si rivelò un'idea vincente capace di valorizzare al massimo una melodia di per sè già accattivante e ricca di atmosfera.

Prima di andare in sala di registrazione però, ci furono alcuni tentennementi per quanto riguarda il testo da parte dei discografici che non erano convinti da quello proposto da Negrini e Facchinetti.

La canzone così viene cambiata e diventa "Meno male" poi "Tutto il tempo che vorrai", titoli via via scartati. La casa discografica affida allora le liriche al navigato paroliere Daniele Pace (di Pace-Panzeri-Pilat, in quanti Sanremo è stata ascoltata questo trio di autori, ricordate?).

Lui la trasforma in "La mia croce è lei" con un testo che si rifà a "My Sweet Lord", pubblicata l'anno prima dall'ex Beatle George Harrison e il brano diventa un pezzo ispirato al misticismo imperante nella musica.

Dodi Battaglia si ritrova ogni volta a dover cantare la canzone su un testo diverso, finché Valerio non porta la versione definitiva del brano, intitolato "Nel mondo tanta voglia di lei", quindi successivamente accorciato in "Tanta voglia di lei" ed è fatta.   

«Mi dispiace di svegliarti / forse un uomo non sarò / ma ad un tratto so che devo lasciarti / fra un minuto me ne andrò...» con questo incipit inizia così una delle canzoni più popolari del panorama musicale italiano. 

il 45 giri

Una canzone che parla del tradimento di un uomo che all'alba saluta la "strana amica di una sera" per tornare dalla moglie, che fece molto arrabbiare le femministe all'epoca, ma non il pubblico femminile che privilegiò l'atmosfera da ballo della mattonella della canzone senza dare troppo peso al suo reale significato di un amore usa e getta.

Il pezzo comunque fece subito presa, ballato nelle balere e nelle discoteche, passato alla radio ed eseguito dai quattro Pooh, Valerio Negrini, Dodi Battaglia, Riccardo Fogli e Roby Facchinetti, al Cantagiro e al Festivalbar, dove arrivarono secondi, alle spalle del vincitore Demis Roussos con "We shall dance".

Ovviamente il brano divenne il successo dell'estate 71 riportando i Pooh in classifica a distanza di due anni da "Piccola Katy". Il 17 luglio entrò nella Top ten della Hit parade e vi rimase per 26 settimane (9 da primo), con un totale di un milione e mezzo di copie vendute.

La leggenda metropolitana narra che i gestori dei bar, dovettero cambiare più volte il 45 giri inserito nei juke box con un nuovo disco, perchè il vinile si consumava per le innumerevoli e continue selezioni (una 50 lire, tre 100).

La verità ufficiale invece racconta che Roby Facchinetti compose la musica di questo brano entrato nella storia del pop, su un pianoforte verticale che aveva acquistato di seconda mano a rate e che costava 150mila lire.

Eccolo nella versione originale con l'inconfondibile look dell'epoca dei Pooh che rimanda a una stagione irripetibile del costume e della quotidianità di chi l'ha vissuta.

martedì 27 aprile 2021

La Lazio Correa e vince! Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI 

9 a Correa l'anno 1900 - Una grande Lazio tornata finalmente a giocare come sa e soprattutto con la voglia di spaccare tutto, ha preso il Diavolo per le corna e l'ha mandato all'Inferno. Ci voleva una sterzata dopo la debacle napoletana per sperare di risalire sul tram chiamato desiderio diretto a un posto a sole, e così è stato. Artefice del pesante kappao inflitto al finto prete Pioli e la sua congrega, l'argentino volante che con un Tucu di classe prima e un Tuca Tuca (cit. Raffaella Carrà) dopo, ha dato il meglio di sè. Si è tolto i calzoni corti ed è cresciuto tutto insieme, grandissimo. Avanti Lazio, avanti laziali, adesso proviamoci!

8 al Ciro d'Italia - Sembrava che ancora una volta la sorte fosse contro di lui. Un altro palo, come dire iella vera. Ma alla fine il suo sigillo è arrivato inesorabile e il bomber de noantri ha colpito ancora. Come Zorro. E so' 153 gol. Ciro si nu babà.

7+ a Lupo Alberto - Tanto fumo e tanto arrosto, come nel finale quando ha scodellato l'assist per il capocannoniere della squadra. E' il valore aggiunto quando je gira e contro i rossoneri j'ha girato benissimo.Il Mago insomma è tornato. E Silvan muto.

7 a Totò Riina - Omo de panza, omo de sostanza, omo de paranza. A Cannellongulo se l'è magnato con tutto er pallone al primo minuto e così via, compiendo tre quattro interventi che lèvate. Criticato come un Mago Forrest qualunque per quello che aveva combinato al San Paolo, s'è riscattato alla grande come Tommaso Zorzi all'Isola dei famosi. Daje.

7 al Sergente - Ma dove lo trovate uno come lui che lotta su ogni pallone, fa a spallate in mezzo al campo e smista palloni de qua e de là. Lotito quando lo inquadravano rideva sotto la mascherina, stava a rifà i conti su quanto vale: 100 cucuzze, alloggio e vitto gratis e 10 euri a settimana come paghetta per le figurine e le sigarette. Na cifra.

6 e mezzo a Lazzari alzati e cammina - e la prossima volta caccia indietro quel naso che te ritrovi se no te rifischiano il fuorigioco per tre centimetri...

6 e mezzo a Innamoradu - 404 con l'Aquila sul petto, ne volemo parlà?

6 e mezzo a Antonio Elia Acerbis - Draghi, segnate sto nome per il rimpasto nel governo, il ministro della Difesa è lui. Punto.

6+ a chi lo Leiva - Rispetto a Napoli, un passo avanti. Come Pio e Amedeo che so' arrivati in prima serata dalle sagre de paese.

6+ a MaruSic - Una prestazione impeccabile per il Sonnmabulo dal volto umano. Nè più nè meno di Loretta Goggi nel nuovo programma di Carlo Conti che non solo non ha mai pianto come fa sempre na non ha neanche detto "chapeau". E questa è una cosa incredibile.

6+ a veni vidi, Lulic al 71° - Vecchio Scarpone quanto tempo è passato. Ti abbiamo rivisto in palla come i bei tempi ed è stato bellissimo. Non poteva finire come sembrava che fosse. Sei stato un treno su quella fascia e hai dato tutto quello che potevi. Battiamo le mani ai veri laziali anche se non jela fanno più. 

6 a c'è tanto da Fares e Sostiene Pereira - In due non ne hanno fatto uno buono, come Ale e Franz che non fanno ridere nessuno, neanche quelli del palazzo dove abitano. Ma quando vinci tre a zero tutto fa Broadway, pure Nina Murici che è entrato a quattro minuti dalla fine e c'ha messo appunto quattro minuti per schierarsi all'attacco con quella Gamba di legno che se ritrova. Enrico Toti con la stampella avrebbe fatto prima. Ma lasciam perdere come direbbe De Sica e godiamoci sta vittoria piena, bella e pesante, come ci piacerebbe fosse sempre. Alla prossima puntata.Sipario. 

Appunti di gioco

di Roberto Taglieri

 

Lunedi, 26 aprile 2021

La Lazio straccia il Milan. All’Olimpico nel posticipo della 33sima giornata i biancazzurri siglano subito la prima rete con Correa, che raddoppia ad inizio di ripresa; perfeziona il risultato nel finale di partita Immobile, che fissa il risultato finale sul 3-0. Grande l’importanza di questa partita alla vigilia: praticamente è l’ultimo treno per i capitolini, ma anche l’opportunità del Milan di non perdere ancora terreno. Pioli oggi sorride: a parte Ibrahimovic il tecnico rossonero recupera tutti, compreso Hernandez; davanti ci sarà Mandzukic dal primo minuto. Simone Inzaghi, finalmente guarito dal Covid, può sedere di nuovo sulla panchina e decide per Lulic dal primo minuto; non c’è Caicedo alle prese con una fascite plantare, ma in ogni caso il duo d’attacco sarebbe stato ancora Immobile-Correa. La partita ha un inizio folgorante: al 1’ un errore laziale a centrocampo innesca Calhanoglu, che calcia subito ma trova Reina; non passa nemmeno un minuto e la Lazio va in vantaggio. Correa fa tutto da se’, ruba palla sulla trequarti, fraseggia con Immobile e va in porta, supera anche Donnarumma e col sinistro la butta dentro. Al 5’ Immobile si divora il raddoppio calciando sul portiere da posizione favorevolissima. La Lazio cerca subito la profondità; questo mette in difficoltà la retroguardia milanista che non riesce ad anticipare gli avversari. Comunque i rossoneri prendono le misure alla Lazio, che però al 23’ con Correa sfiora il palo. Poi è quasi solo Milan; alla mezz’ora una conclusione di Rebic va alta, poi Calhanoglu si ritrova solo ma aspetta troppo e il suo tiro è catturato da Reina, Saelemaeker calcia fuori al 36’. Al 43’ Lazzari raddoppia ma in fuori gioco, invece Reina nel recupero para su Mandzukic e con questa azione finisce il primo tempo. Nella ripresa quasi subito in contropiede Correa raddoppia; riceve da Immobile, supera Tomori e da posizione defilata calcia di destro e trova lo spiraglio giusto che consente alla Lazio di portarsi sul 2-0. Poco dopo ancora Correa sfiora il tris con un bel diagonale su cui c’è Donnarumma. Il Milan cerca di ribaltare il risultato, Pioli opera tutte le sostituzioni, i rossoneri hanno il controllo del centrocampo ma la Lazio tiene bene botta e prova anche qualche conclusione in ripartenza. Luis Alberto al 79’ manda sul fondo, Immobile un minuto dopo colpisce il palo ed ora i biancazzurri sono veramente sfortunati. Tonali di sinistro sfiora la rete all’85’, ma Immobile all’87’ in contropiede scaraventa in porta con rabbia il terzo gol della Lazio, che chiude i giochi. Kessie colpisce una traversa al 90’ prima del fischio finale che sancisce la netta affermazione biancoceleste. Decima vittoria consecutiva in casa per la Lazio, al sesto posto a quota 61 ma con una partita ancora da giocare. Saranno difficili per i biancazzurri le prossime tre gare da disputare con altrettante squadre coinvolte nella lotta per non retrocedere: è l’ultimo sforzo per gli uomini di Inzaghi che devono crederci fino in fondo.

 

  

LAZIO MILAN  3-0     2’ 51’ Correa  87’ Immobile

LAZIO: Reina, Marusic, Acerbi, Radu, Lazzari, Leiva (88’ Cataldi), Milinkovic, Luis Alberto (88’ Akpa), Lulic (68’ Fares), Correa (75’ Pereira), Immobile (88’ Muriqi). All Inzaghi 

MILAN: Donnarumma, Calabria (69’ Dalot), Kjaer (73’ Romagnoli), Tomori, Hernandez, Bennacer (70’ Tonali), Kessie, Saelemaeker (63’ Diaz), Calhanoglu, Rebic, Mandzukic (63’ Leao). All. Pioli

Arbitro Orsato


sabato 24 aprile 2021

Addio Milva, la Rossa della musica

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Quella nuvola di capelli rossi, quella presenza scenica eccezionale, quella voce unica, profonda ma anche acuta, capace di affronatre qualsiasi brano e salire su di tono dove le altre non arrivavano. Milva che se ne è andata a 81 anni dopo una lunga malattia che l'aveva consumata lentamente, è stata una delle più grandi interpreti italiane della scena internazionale.

Sì perchè la Pantera di Goro, come veniva chiamata da tutti, è stata certo la cantante con all'attivo più partecipazioni al festival di Sanremo ma è stata anche l'artista che ha saputo emanciparsi dalla dimensione nazionale per diventare un personaggio dello spetacolo acclamato ovunque.

Non solo cantante quindi ma anche attrice di grande spessore e donna di palcoscenico senza pari. Un gigante della cultura del 900, forse apprezzato più all'estero che in Italia, dove peraltro ai tempi dei dischi venduti a palate, era una star al pari delle colleghe rivali Mina, la Tigre di Cremona, Iva Zanicchi l'Aquila di Ligonchio.

Milva, pseudonimo di Maria Ilva Biolcati, faceva parte appunto di quel terzetto delle grandi voci femminili degli anni Sessanta e Settanta, che con le loro storie personali oltre che artistiche, hanno contribuito a cambiare il nostro Costume.

Pochi ricordano il suo debutto a al festival di Sanremo nel 1961 con "Il mare nel cassetto": in un attimo il suo talento è al cinema con il film "La bellezza d'Ippolita" al fianco di Gina Lollobrigida e in men che non si dica parte anche la prima tournee all'estero con un successo tale da portarla sul palcoscenico dell'Olimpia di Parigi già nel 1962. 

Nel 1965 inizia a lavorare in teatro con Giorgio Strehler, diventando una delle più accreditate interpreti del repertorio brechtiano e nel 1973 conquista la critica proprio con l' "Opera da tre soldi" di Brecht. la "pantera" collabora inoltre con poeti prestigiosi e impegnati come Eleftheriou, Livaditis, Kampanelis e Mikis Theodorakis, uno dei massimi esponenti della musica colta contemporanea. 

Ma il più importante sodalizio arriva con Luciano Berio, uno dei più celebri compositori d'avanguardia, che le affida un ruolo di primo piano nella sua opera "La Vera Storia" che, dopo essere stata rappresentata alla Scala di Milano, viene ospitata anche all'Opera di Parigi, all'Opera di Amsterdam, all'Accademia di Santa Cecilia a Roma e alla Royal Festival Hall di Londra.

Milva e Mina

Dopo oltre 50 anni di carriera, nel 2010, Milva pubblica il terzo album scritto e prodotto per lei da Franco Battiato intitolato "Non conosco nessun Patrizio" che arriva nella Top (twenty) dei dischi più venduti in Italia.

Nel 2018 le viene assegnato il Premio alla carriera a Sanremo su iniziativa lanciata da Cristiano Malgioglio, ritirato dalla figlia Martina Corgnati, curatrice e critica d'arte, avuta dal regista Maurizio Corgnati nel 1963. Milva ha avuto anche una relazione con l'attore Mario Piave, con il paroliere Massimo Gallerani e con l'attore e doppiatore Luigi Pistilli.

Durante la sua oltre cinquantennale carriera è riuscita a registrare un grande numero di brani, passando per generi musicali anche molto distanti fra loro con grande carisma interpretativo e vendendo oltre 80 milioni di dischi in tutto il mondo; rimane ad oggi l'artista italiana con il maggior numero di album realizzati, ben 173 tra album in studio, album live e raccolte.

Per il colore dei suoi capelli era anche nota come La Rossa (titolo di una famosa canzone scritta per lei da Enzo Jannacci, al quale dedicò l'omonimo album La Rossa del 1980) quel colore caratterizzava anche la sua fede politica di sinistra.

I successi musicali pop di Milva rimasti maggiormente impressi nell'immaginario collettivo sono, invece Milord, che incide per la prima volta nel 1960 ed è tratta dal repertorio di Édith Piaf, al quale la cantante dedica un intero LP con le sue canzoni tradotte in lingua italiana, diventandone così una delle eredi più significative, con molti trionfi all'Olympia di Parigi

sul palcoscenico
La filanda, cover della più grande cantante portoghese Amália Rodrigues (interprete del "fado") e che nel 1972 ottiene la prestigiosa "Gondola d'Oro" per le vendite del 45 giri alla Mostra Internazionale di Musica Leggera di Venezia.

Alexander Platz, scritta da Franco Battiato in collaborazione con Giusto Pio come tutto l'album Milva e dintorni (1982), primo di una fortunata trilogia e di un felice sodalizio artistico di grande livello.

Ancora Canzone, di Don Backy, presentata al Festival di Sanremo 1968, dove si classificò terza, Da troppo tempo, una delle sue più grandi interpretazioni, che ha conquistato un altro terzo posto al Festival di Sanremo 1973.

Nel 1980 è protagonista del varietà in quattro puntate Palcoscenico, diretta da Antonello Falqui, affiancata da Oreste Lionello, sorta di embrione di quello che sarà tre anni dopo Al Paradise, prima edizione dello show di successo accanto a Oreste Lionello e Heather Parisi. 

L'ultima partecipazione di Milva al festival sanremese avviene nel 2007, con la canzone The Show Must Go On di Giorgio Faletti che collabora anche all'album In territorio nemico

Con Faletti all'ultimo partecipazione a Sanremo
 Poi una decina di anni fa il ritiro dalle scene a seguito di un malore mentre era in sala d'incisione: "Stavo lavorando all’album quando mi sono sentita malissimo -raccontò-, scoprendo poi per diverse patologie, così sono stata ricoverata. Ho perso l’uso delle gambe e la memoria. Sono uscita dalla clinica che ho recuperato tutto, ma ho messo a dura prova la mia salute anche a causa della carriera. Per anni non ho avuto giorni di ferie, mai. E il mio corpo mi ha presentato il conto, a 71 anni".

Lo scorso gennaio a Domenica In Renato Zero ha speso alcune bellissime parole per lei:" volevo con voi esternare un saluto a Milva, che è una enorme interprete del panorama italiano ed è stata ingiustamente dimenticata. Questo non lo permettiamo. Le mandiamo un grande abbraccio".  

Oggi la triste notizia dela sua scomparsa, in casa, assistitita dalla fedele segretaria Edith e dalla figlia Martina. Addio Milva, pantera insuperabile di una stagione della nostra vita, hai regalato emozioni e brividi, gioie e bellezza, adesso hai finito di soffrire, che la terra finalmente ti sia lieve.

venerdì 23 aprile 2021

Lazio, non c'è niente di Bello. Le Pagelliadi

di FRANCESCO TRONCARELLI 


6 e mezzo al Ciro d'Italia
- A Napoli non c'è stato niente di bello. Ma l'esatto contrario. E' stata infatti una partita clamorosamente indirizzata dall'arbitro nei primi minuti di gioco, con l'assegnazione di un rigore inesistente e falso come colui che fingendo l'aveva provocato e con il rifiuto di vedere quello che c'era nei nostri confronti grosso come una casa da nababbi. Per non dire inoltre che anche il secondo gol loro era viziato da uno stop di mano solare. Insomma, si è passati dalla Superlega alla supersòla, uno scandalo. Poi certo la squadra è crollata e mancata in alcuni uomini una volta decisivi, ma la porcheria era stata fatta e il pacco servito. Copertina al bomber de noantri che si è battuto come un leone nonostante i calci e le cariche subite e ponendo comunque il suo sigillo. L'ennesimo.

il "rigore"...
 
6 e mezzo al Sergente -  Un altro lottatore che la pagnotta se l'è guadagnata e pure 'na biretta mo' che riaprono i chioschi a ponte Milvio. Fossero tutti come lui, sarebbe stata non certo una passeggiata ma uno scontro alla pari.

6 a Correa l'anno 1900 - Un Tucu dei suoi è finito sul palo. Come dire piove sul bagnato. Come vedere l'Isola dei famosi per Gazza e trovarsi quel pesce lesso del riommico Ciuffoli.

6 a sostiene Pereira - Tanto fumo e un po' d'arrosto. Avete presente Riccardo Rossi?  
 
6- a Massimo Di Cataldi - E' entrato quando la disfatta era annunciata, ma avuto la tigna di provarci. Nel giudizio però pesa l'abbraccio finale al direttore di gara. Na gaffe che manco Luca Giurato dei bei tempi avrebbe comesso.
 
5 e mezzo a Lupo Alberto - Poco incisivo e a corrente alterna, come l'illuminazione di via del Pigneto. A tratti anche irriconoscibile. Come Vincenzo Mollica che senza occhiali sembra la sora Lella.
 
5 + a Lazzari alzati e cammina - E' durato dieci minuti. Come Rocco Siffredi. 
 
5 ad Antonio Elia Acerbis, Innamoradu e Somarusic - In tre là dietro, non ne hanno fatto uno buono. Come Aldo, Giovanni e Giacomo che non a caso si sono sciolti perchè non fanno più ridere, manco a casa loro.

5- a chi lo Leiva - C'era una volta. Come Pippo Baudo. E' sparito. Come Pippone appunto.

4 e mezzo all'abate Faria - c'è tanto da Fares: per prima cosa mandarlo a quel paese e via. 

4- - a Toto Riina - Omo de panza sicuro, omo de sostanza c'è da discute, omo de paranza manco pe niente, perchè non solo nun pja un pesce se se mette a pescà, ma manco na palla che è una se se mette a  giocà. Un crollo. Come Franco Oppini che pare mi nonno e ai Soliti ignoti se credevano che era lui er parente misterioso perchè non l'aveva riconosciuto nessuno.

3 a sono un pirata non sono un signore - E' il quarto mistero di Fatima e il primo di Formello. Non si sa nè si capisce perchè sia stato preso visto che non sa fare niente. Non stoppa, non pressa, non palleggia, non tira, non corre, non legge nemmeno il giornale seduto su un tavolino in mezzo al campo come faceva Ernesto Calindri a Carosello bevendo un Cynar, l'aperitivo a base di carciofo. Lui, Nina Muricio alias Gamba di legno che è un carciofo avariato che manco alla sagra di Ladispoli lo vorrebbero, invece sta qua, costato venti cucuzze che er cucuzzaro se sta a magnà le mani pe' avelli cacciati. Inutile come un film di Muccino, incomprensibile come il dialetto degli sposi del Castello delle Cerimonie, irreparabile come i danni che fa quando entra in campo. Sipario.
 



Appunti di gioco

di Roberto Taglieri

 

Giovedi, 22 aprile 2021

Il posticipo della 32sima giornata al “Maradona” se lo aggiudica il Napoli. I partenopei vanno a segno con Insigne su rigore e con Politano nel primo tempo, ancora Insigne e Mertens fanno poker nella ripresa; di Ciro Immobile e Milinkovic le due reti laziali, arrotonda il risultato nel finale Osimhen che fissa il risultato su 5-2. Gli uomini di Gattuso dopo aver fermato l’Inter sono di nuovo in corsa Champions; indisponibile Demme per squalifica, nonché Ospina e Ghoulam infortunati, a centrocampo c’è Bakayoko mentre gioca Mertens in avanti con Osimhen pronto a subentrare. Per Inzaghi, sempre convalescente ed ancora sostituito da Farris in panchina torna Caicedo, che però resta di riserva; per il resto è la stessa squadra che ha battuto il Benevento. Di Bello fischia l’inizio e subito è il protagonista; mentre Hysaj atterra Lazzari, dal Var fanno notare un precedente presunto fallo di Milinkovic, che a gamba tesa anticipa di un soffio Manolas. L’arbitro assegna ugualmente il rigore al Napoli: batte Insigne che spiazza Reina ed i partenopei vanno subito in vantaggio. Passa una manciata di minuti ed al 12’ Politano servito da Mertens fa partire un tiraccio che indovina l’angoletto e i padroni di casa  addirittura raddoppiano. Correa su assist di Milinkovic colpisce il palo al 19’ e la Lazio stasera è davvero sfortunata. Ma i biancazzurri con uno sforzo cercano ugualmente di riacciuffare la partita; tengono viva la gara con un buon possesso di palla ma sono un po’ imprecisi sotto porta e non hanno occasioni. Nella ripresa Zielinski segna subito il terzo gol ma in fuori gioco; poco dopo al 53’ su Milinkovic para Meret ma sulla ripartenza Insigne con un tocco morbido e pregevole mette in rete il 3-0; nella circostanza reina è parso poco reattivo. Ma non finisce qui perché Mertens al 64’ sfruttando la velocità del cross di Zielinski la mette all’incrocio dei pali per il poker azzurro. Al 70’ il nuovo entrato Pereira serve Immobile che con un tiro a giro la butta finalmente dentro, passano solo 2’ e Milinkovic su calcio di punizione mette a segno all’incrocio dei pali la seconda rete laziale; negli ultimi minuti i biancazzurri prendono la quainta rete con Osimhen ma ancora una volta Reina stasera è senz’altro responsabile. La Lazio prova ad orchestrare un finale d’orgoglio, non arrendosi nonostante i 5 gol ed ha un paio di opportunità con Akpa e poi con Muriqi, ma il risultato resta fissato sul 5-2. Difficile commentare una partita indirizzata già con quella decisione arbitrale del primo tempo che ha condizionato tutta la partita. Però dopo cinque affermazioni consecutive la battuta d’arresto contro questo Napoli ci può stare; rigore iniziale a parte i padroni di casa hanno meritato la vittoria e sono riusciti a scavalcare in classifica i biancazzurri, che pur dovranno disputare ancora la gara col Torino. Ed ora senza sosta già lunedì prossimo c’è un nuovo banco di prova determinante per la truppa di Inzaghi. La partita contro il Milan all’Olimpico è troppo importante per cercare di non perdere più terreno a poche giornate dalla fine del campionato: i rossoneri nonostante la sconfitta ieri col Sassuolo restano avversari temibili.

 

NAPOLI   LAZIO  5-2 7’ Insigne (r) 12’ Politano 53’ Insigne  65’ Mertens 70’ Immobile 74’ Milinkovic 80’ Osimhen

NAPOLI: Meret, Di Lorenzo, Koulibaly, Manolas (71’ Rrahmani), Hysaj, Ruiz, Bakayoko (89’Lobotka), Politano (72’ Lozano), Zielinski (82’ Elmas), Insigne, Mertens (72’ Osimhen). All. Gattuso

LAZIO: Reina, Marusic, Acerbi, Radu, Lazzari, Leiva (57’ Cataldi), Milinkovic (83’ Akpa), Luis Alberto (63’ Pereira), Fares (63’ Lulic), Correa, Immobile (83’ Muriqi). All  Farris  

Arbitro Di Bello



domenica 18 aprile 2021

Lazio pioggia di gol! Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI 


8 e mezzo al Ciro d'Italia
-  Per continuare a sperare in un posto al sole, la Lazio aveva un solo risultato sulla "ruota di Roma", l'uno fisso. E così è stato. Ma quanta fatica. Le belle giocate del primo tempo sono state vanificate dalle solite, troppe, amnesie della ripresa. Dalle stelle alle stalle. Una partita rocambolesca insomma con una pioggia di gol abbattutasi sull'Olimpico insieme a quella che Giove Pluvio mandava dal cielo. In questa grandinata di emozioni alterne salutiamo il ritorno al gol del bomber de noantri che ha spezzato, seppur a metà (palo e rigore), la makumba che i figli stupidi di Roma gli avevano fatto, con due reti. Avanti Lazio fine alla fine, nonostante tutto.

7 e mezzo a Correa l'anno 1900 - Ce se crede che ha siglato una doppietta? Ce se deve crede, anche se per uno stitico sotto porta come lui, sembra una cosa impossibile. Praticamente s'è svejato tutto d'un botto come Di Maio che s'è ritrovato ministro degli esteri senza sapere parlare non tanto francese ed inglese, ma manco l'italiano. 

6 e mezzo al Sergente - Tanto fumo e tanto arrosto, come Valentina Persia all'Isola dei famosi, che chiacchiera chiacchiera ma poi t'ammolla la stoccata. 

6+ a Lucas 2.0 (Biglia chi?) - Sarà un caso, sarà una realtà, sarà quel che sarà come cantavano i Ricchi e Poveri in un Sanremo storico, fatto è che uscito lui, il reparto arretrato è crollato. Fatevi una domanda e datevei una risposta. Anzi ve la diamo noi, i rincalzi nun valgono na ceppa. 

6+ a Lupo Alberto - E' durato quaranta minuti. Come Rocco Siffredi. 

6 all'abate Faria - All'inizio si è involato, col passare del tempo si è involuto. E' finito involtino.

6 a Innamoradu - 403: che je voi dì de più? Battiamo le mani eccetera eccetera.

6 a dillo a Parolo tuo - Mezz'ora in campo per quella fuga solitaria all'ultimo secondo dell'ultimo insperato assalto del sesto minuto di recupero con cui ha scodellato l'assist per Ciruzzo. E scusate se è poco. 

6- - a veni, vidi, Lulic al 71° - Grazie di tutto. E' ora. 

5 e mezzo a Totò Riina - Omo de panza omo de sostanza ma che i rigori non li paranza. 

5 a Lazzari alzati e cammina - Ma de che, è rimasto nel loculo. 

5 ad Antonio Elia Acerbis - Ha fatto cento, partite con l'Aquila sul petto, ma non centro. Se li doveva mangiare in un sol boccone e invece nel concitato finale ha fatto la fine del sorcio restando letteralmente ubriacato dai campani, vedi Glik che l'ha sovrastato siglando il gol. Dal Manuale del saper vivere di Donna Letizia, pag.100: "Meno proclami, meno selfie, più concretezza. Farà bene al vostro spirito e alle coronarie di chi vi ama". E ho detto tutto.

5 a Maru (Sic...) - Stava lì, piazzato sulla difensiva senza arte nè parte, come un Riccardo Rossi qualsiasi, poi je s'è accesa la lampadina: devo fa qualcosa per farmi notare. E che c'è di meglio di provocare un rigore a buffo? Il massimo in una partita dove l'arbitro non c'ha capito nada e ha dovuto farsi telecomandare come Ambra da Boncompagni ai tempi di Non è la RAI. Finché la barca Var lascia il Sonnambulo dal volto umano andare. E così sia. 

5 - - a Ke Pro - Come è entrato è uscito. Il tempo di farsi ammonire in un nano secondo però ce l'ha avuto. Un fenomeno. Avete presente Fulminacci? Ha fatto Sanremo ma è uscito subito dai radar. Come lui.

4 a sono un pirata non sono un signore - E' il quarto segreto di Fatima. Nessuno sa infatti perchè giochi a pallone. Giochi, si fa per dire, perchè non sa da che parte si comincia. Se si fosse presentato per fare una partitella per strada insieme agli studenti usciti da scuola, l'avrebbero messo a fare il palo della porta al posto dei libri. Non sa stoppare una palla, non sa smarcarsi, non sa dribblare, non sa nemmeno lui che sta a fare un mezzo al campo. Gamba di legno vero, disertore della vanga storico, a una sega conclamata come Capocchiano gli avrebbe lustrato gli scarpini. Nina Murici insomma è come un programma di Gigi Marzullo, inutile. Sipario.

 



Appunti di gioco

di Roberto Taglieri

 

Domenica, 18 aprile 2021

Contro il Benevento la Lazio vince senza convincere. All’Olimpico per la 31sima giornata capitolini e campani disputano una partita rocambolesca, con tre rigori, tanti episodi da moviola e ben otto reti: il risultato finale premia i biancazzurri che alla fine si aggiudicano l’incontro per 5-3 non senza aver corso grandi rischi. Simone Inzaghi è ancora a casa e in panchina c’è di nuovo Farris, che ritrova Correa e lo schiera a fianco di Ciro Immobile. Sulle fasce poi ci sono Marusic e Fares. Pippo Inzaghi invece, che può disporre di Caldirola, lo affianca subito a Glik; il ballottaggio tra Lapadula e Gaich lo vince quest’ultimo. La Lazio deve vincere ed è subito pericolosissima con Immobile, che già al 4’ colpisce il palo di testa e poi sul rimpallo sfiora di nuovo il legno. Poco dopo il centravanti laziale sblocca: Correa lo serve sul filo del fuori gioco e la punta laziale con un tocco in scivolata fa carambolare il pallone in porta per l’1-0 con la deviazione ininfluente di Depaoli. Buon ritmo da entrambe le parti, ma Lazio molto più incisiva e Immobile che si sblocca definitivamente con la seconda rete. Il suo inserimento è determinante al 20’, con un morbido calcetto che batte Montipò per il raddoppio della Lazio. Il Benevento al 35’ prende una ripartenza velocissima, Immobile serve Correa ma Montipò lo atterra in area. Ghersini dopo controllo var assegna il rigore: batte lo stesso Correa, che supera il portiere giallorosso per la tripletta della Lazio. Ma i giochi non sono affatto chiusi perché nel finale di primo tempo Sau con un’azione personale ed un bellissimo tiro a giro sigla un pregevole gol che accorcia il passivo per i suoi. Nella ripresa arriva subito il poker biancoceleste: un altro contropiede fulminante trova Immobile che porge a Correa, il suo tiro da posizione difficilissima lo devia Montipò nella sua porta ed ora si va sul 4 a 1, mentre sull’ Olimpico inizia un vero diluvio. Al 55’ Banti invita Ghersini a controllare di nuovo il var per un fallo in area di Gaich su Milinkovic. Batte Immobile, che stavolta si fa ipnotizzare da Montipò che respinge il suo tiro e poi para anche la replica di Fares. Ancora il var è protagonista al 62’, con Ghersini che deve controllare un fallo in area di Marusic, che ostruisce Ionita. Arriva il terzo rigore, lo batte Viola che spiazza Reina ed il Benevento si porta sul 2-4. Passa un minuto e Lapadula solo soletto incorna addirittura per la terza rete dei suoi, che per fortuna della Lazio viene annullata per una spinta di Caldirola su Immobile. Gli ultimi minuti vedono il Benevento in avanti per cercare di riacciuffare il risultato; il possesso di palla è quasi sempre degli ospiti, che trovano all’80’ un tiro di Insigne su cui c’è Reina, che salva ancora la sua porta all’84’ sul gran tiro di Depaoli. Sul conseguente corner Glik incorna benissimo e sigla il gol che accorcia le distanze. Ora il Benevento spera, si butta  avanti  e ovviamente porge il fianco ai contropiede avversari. Al 95’ Lazzari non riesce a servire Immobile proprio davanti al portiere, poi al 96’ ancora Immobile, servito benissimo da Parolo stavolta la butta dentro e chiude la partita col 5-3 finale. La gara s’era messa benissimo, la Lazio avrebbe potuto controllare e non sprecare energie, invece è passata dal possibile 5-1 al 4-3. I biancazzurri, forse credendo di aver già vinto, hanno concesso grandi spazi e la concreta possibilità agli avversari di recuperare. Sono quindi tre punti importantissimi, che arrivano però dopo aver disputato una partita per nulla brillante: le differenze in campo erano evidenti ma oggi il Benevento avrebbe meritato anche qualcosa di più. Buon per gli uomini di Inzaghi, che a quota 58 raggiungono anche la quinta vittoria consecutiva e continuano a marciare a gran ritmo. Ma ora gli esami si fanno più difficili: le prossime avversarie saranno Napoli e Milan.

    

LAZIO  BENEVENTO  5-3    10’ Depaoli (a) 22’ 95’ Immobile 36’ Correa (r) 45’ Sau 47’ Correa 63’ Viola (r) 85’ Glik 

LAZIO: Reina, Marusic, Acerbi, Radu, Lazzari, Leiva (57’ Parolo), Milinkovic, Luis Alberto (70’ Akpa – 88’ Hoedt), Fares (57’ Lulic), Correa (70’ Muriqi), Immobile. All  Farris

BENEVENTO: Montipò, Letizia (57’ Caldirola), Glik, Barba, Insigne, Depaoli, Schiattarella (57’ Viola), Ionita (78’ Falque),  Improta, Gaich ( 57’ Lapadula), Sau (46’ Dabo).All. Inzaghi

Arbitro Ghersini





 




mercoledì 14 aprile 2021

Addio Lee Aaker, il Rusty di Rin Tin Tin

 di FRANCESCO TRONCARELLI


Quel sorriso che ti conquistava, quella simpatia contagiosa, quel calarsi nel personaggio del piccolo soldato al centro di mille avventure che ti faceva dire "vorrei essere come lui", quell'essere attore bambino che gli aveva dato il successo nelle televisioni di tutto il mondo.

Lee Aaker era tutto questo, era il mito di generazioni di ragazzi cresciuti con i suoi telefilm che gli avevano dato fama e soldi ma anche un abito troppo stretto come attore che nel corso degli anni lo avrebbe relegato sempre di più ai margini del mondo dello spettacolo americano.

E non a caso proprio a dispetto dell’enorme successo de «Le avventure di Rin Tin Tin», dove per 164 episodi aveva interpretato il piccolo orfano Rusty salvato dai soldati di stanza a Forte Apache insieme al suo fedele pastore tedesco Rin Tin Tin, l’attore Lee Aaker è morto l’1 aprile scorso da indigente a Mesa, in Arizona per le conseguenze di un ictus.  

Come ha detto a «The Hollywood Reporter» l’ex star di «Donna Reed Show», Paul Petersen, che da anni sostiene e aiuta gli ex attori bambini, il 77enne Aaker ha combattuto durante tutta la sua vita contro l’abuso di alcol e droghe «ed era da solo, con un unico parente in vita che non poteva aiutarlo».

 

Un epilogo triste e doloroso per un personaggio così amato e a cui tutti hanno voluto bene ma che si è ritrovato solo nella vita cercando di arrangiarsi fra mille mestieri, una parabola incredibile che dagli studios di Hollywwod lo ha portato nei cantieri della città dove abitava come muratore.

Di lui infatti si erano perse le tracce, la stessa morte avvenuta era passata inosservata, poi la "scoperta" del decesso da parte di una agenzia e la notizia della sua scomparsa si è subito diffusa in tutto il mondo rilanciata da quotidiani e televisioni.

Nato a Inglewood, in California, il 25 settembre del 1943, all’età di 8 anni ottenne il suo primissimo ingaggio per «Benji» (che vincerà poi l’Oscar per il miglior cortometraggio), dopo che il regista Fred Zinnemann lo vide ballare e cantare in un programma dal vivo sul canale tv KTLA un sabato sera.

L’anno successivo arrivarono poi dei piccoli ruoli in film come «Il più grande spettacolo del mondo», «Mezzogiorno di fuoco» e «La città atomica», mentre nel 1953 fu invece la volta di «Hondo» (con John Wayne e una debuttante Geraldine Page), «La marea della morte» (con Barbara Stanwyck e Barry Sullivan), «Arena» e «Allegri Esploratori». 

I magnifici tre di Fort Apache  


La popolarità gli arrivò nel 1954, quando ebbe la parte di Rusty ne «Le avventure di Rin Tin Tin», telefilm che fra la fine degli anni ’50 e i ’60 ha segnato la storia della tv dei ragazzi in Italia. Negli Usa infatti andò in onda fino al 1959, mentre in Italia le repliche sono andate avanti per decenni, l'ultima nel 2008 su Rete 4.

E proprio a proposito de «Le avventure di Rin Tin Tin», che resta il suo maggiore successo, in una video-intervista del 2011 lo stesso Aaker raccontò che i primi compensi furono di 250 dollari a episodio, per poi raddoppiare nell’ultima stagione alla considerevole cifra di 500. 

Protagonista delle avventure del cane lupo era Rusty, impersonato da Lee Aaker appunto, un bambino diventato orfano durante una incursione indiana e salvato dai soldati di una postazione di cavalleria di stanza a Forte Apache. Rusty e il suo Rin Tin Tin erano al centro di storie di frontiera che vedevano muoversi nel vecchio Far West tribù di indiani, malviventi e avventurieri di ogni sorta.


Otre al cane lupo-attore, rivale dell'altro cane divo Lassie, presenze principali del telefilm erano l'atletico James Brown, omonimo del cantante, nei panni del tenente Rip Masters e il simpatico Joe Sawyer in quelli del sergente O Hara. Il piccolo grande ometto della televisone americana, ammirato e invidiato dai ragazzini era già conosciuto avendo partecipato a film di grande successo come "Il più grande spettacolo del mondo", "Mezzogiorno di fuoco" con Gary Cooper, "Hondo" al fianco di John Wayne e nel thriller "La marea della morte" con Barbara Stanwyck.

"Le avventure di Rin tin tin" però, furono la sua apoteosi perchè trasmesse dalle televisioni di mezzo mondo. Al telefilm peraltro è legata la storia e la carriera di Pippo Baudo. Incredibile ma vero. Il futuro conduttore più famoso del Bel paese era riuscito agli inizi della carriera  e dopo tanti tentativi ad avere un proramma in tv tutto suo, s'intitolava "Settevoci". La prima puntata del programma, però fu giudicata «intrasmissibile» dai vertici Rai.

Sembrava la fine delle fervide speranze di gloria del trentenne Pippo, già frustrate dopo un provino che l'aveva in parte deluso e sul cui esito, a firma di Piero Turchetti, Lino Procacci e Antonello Falqui, ovvero i registi più importanti della televisione italiana, era scritto: «buona presenza, buon video, discreto nel canto, suona discretamente il pianoforte, può essere utilizzato per programmi minori».

Ma, domenica 6 febbraio 1966 il colpo di scena e la sua salvezza: la bobina con la prevista puntata del telefilm Rin Tin Tin non pervenne allo studio centrale della Rai e per tamponare la mancanza si pensò di mandare in onda la puntata pilota di "Settevoci". Che fu un successo clamoroso, con indice di gradimento dell' 84% (allora non c'era lo share), che valse la riproposizione del programma per le domeniche successive e l'inizio di una strepitosa carriera per Baudo.

Pippo Baudo a Settevoci

Per un presentatore che cominciava a salire tutti i gradini del successo sino a divenire un numero uno della televisione c'era invece un divo della televisione che col passare del tempo quei gradini inziava a scenderli clamorosamente sino a scomparire completamente. 

Una fine ingloriosa, e probabilmente inevitabile, perchè il buon Lee crescendo non avrebbe potuto più interpretare quei ruoli che lo avevano fatto conoscere come bambino prodigio rimanendo così giorno dopo giorno fuori dal giro.

L’ultima ciack per il biondo Lee, risale al 1963 con «Ciao ciao Birdie», dopo quella pellicola, i ruoli per Aaker cominciarono a diventare sempre meno, spingendo così l’ex bimbo prodigio a lasciare la Mecca del cinema americano non ancora ventenne per trasferirsi a Mammoth Mountain, in California.

Qui ha lavorato come falegname per due decenni e ha anche insegnato a sciare ai bambini svantaggiati e alle persone con disabilità, vivendo con una pensione di 1.500 dollari al mese (all’incirca 1.250 euro), arrotondandola con lavoretti come carpentiere e muratore.

«Si tratta dell’ennesima, triste fine di un attore bambino a Hollywood, dove devi piacere a tutti e quando non c’è più niente per te, ti mollano», ha commentato Petersen, aggiungendo che si è già attivato per ottenere un’indennità di sepoltura per l’attore, in quanto veterano dell’Air Force.

C'era una volta Rin Tin Tin, c'era una volta il piccolo Rusty. C'era una volta la Tv dei ragazzi che faceva sognare con loro. Il cane non c'è più, Rusty se n'è andato dopo una vita di stenti e miserie, i ragazzi di allora sono cresciuti e non sognano più. Addio piccolo grande uomo in divisa e grazie per quei sogni.

lunedì 12 aprile 2021

Yuri Gagarin, 60 anni fa primo uomo nello spazio

di FRANCESCO TRONCARELLI

Yuri Gagarin, il primo extraterrestre. Uomo, no marziano, semplicemente uomo, ma protagonista vero della Storia, quella con la “s” maiuscola, che il 12 aprile 1961 subì una sterzata. In meglio.

Sessant'anni fa infatti, quell’ufficiale dell’aviazione sovietica, fu il primo uomo lanciato nello spazio compiendo a bordo della navicella Vostok (Oriente), un orbita ellittica intorno alla terra in un’ora e 48 minuti.

Un viaggio che suscitò emozioni e clamore in tutto il mondo, e comprensibile invidia negli Stati Uniti, rimasti spiazzati da un successo del genere.

Gagarin aveva 27 anni ed era stato scelto fra oltre tremila piloti. Il padre era un modesto carpentiere e lui aveva lavorato in una fonderia. Amava il volo ed entrò in aviazione non sapendo che e sarebbe diventato un cosmonauta (secondo la dizione russa).


 Il primo in assoluto, che col suo viaggio “eroico” fra le stelle, avrebbe dato il via alle successive missioni di tanti altri colleghi del suo paese e di astronauti (secondo la dizione occidentale) americani.

E in quegli anni di “cortina di ferro” e “guerra fredda”, quel successo per quei tempi incredibile che trasformò il prode Yuri Alekseevic Gagarin in ambasciatore delle glorie del comunismo nel mondo.

Ma fu anche un bene per l’umanità intera, perché spostò il duello fra le due superpotenze dall’incubo nucleare a quello più avvincente della ricerca scientifica e tecnologica. 

Gagarin quindi come volano del progresso, tra i sogni del new deal kennedyano che affondavano nella Baia dei Porci cubana e l’orgoglio del tovarich-monarca Kruscev che all’Onu sbatteva le scarpe sui banchi. 

Lui che era alto appena 1 metro e 57 (statura  ideale per alloggiare nell'abitacolo), diventerà un gigante della Storia e soprattutto dei benefici tecnologici legati ai lanci spaziali che ne sono derivati. 

 

Benedetto quel volo del 12 aprile di sessant'anni fa allora. Avvenuto in un’atmosfera meteorologica e politica diversissima dall’attuale. A Mosca nevicava quel giorno. La sveglia per il maggiore Gagarin suonò alle 5,30 nella base (segretissima) di Baykonur nel Kazakistan. 

Yuri, che il giorno prima era tornato nella Capitale per rendere omaggio al padre della patria Lenin nel Mausoleo nella piazza Rossa, si lava, fa colazione e fa i consueti esercizi fisici.

Poi indossa una tuta leggera e calda di colore azzurro, quindi la tuta protettiva arancione, infila le cuffie e un casco bianco con la scritta CCP (URSS). Sale sul bus per il trasferimento verso la base di lancio, ma durante il tragitto chiede all’autista di fermarsi.

Scende e fa pipì contro la ruota del mezzo. Risale e viene portato alla rampa di lancio. Sale la scaletta del razzo e prende posto nella capsula. Alle 8 e 50 si chiude il portellone e dice, "pojechali!" cioè "andiamo!". Alle 9,07 inizia il decollo. 

La Vostok raggiungerà un’altitudine massima di 302 km, viaggiando a una velocità di 27.400 km/ora. Radio Mosca che aveva pronti due comunicati diversi a seconda dell’esito (era prevista anche l’ipotesi disastro) attenderà mezz’ora dal lancio per dare la notizia al mondo.

Gagarin con Gina Lollobrigida

“Da quassù la Terra è bellissima, azzurra e non ci sono confini o frontiere” la frase storica pronunciata da Gagarin dal suo osservatorio privilegiato e prima di rientrare alla base alle ore 10,55, quando toccò il suolo nei campi di una fattoria collettiva nella regione di Saratov.

Qui incontrò la contadina Anna Takhtova e la figlia alle quali per tranquillizzarle davanti a quella insolita visione disse “sono sovietico come voi”.

Era il 12 aprile 1961, l’avventura dell’uomo nello spazio era cominciata, da quel giorno i bambini russi canteranno la filastrocca “Andiamo” inventata sul momento e sulla scia dell’euforia per quell’avvenimento così importante.

Da quel giorno tutti i cosmonauti prima di partire faranno fermare il bus per scendere a fare pipì. Cosmonauti sì, eroi pure, ma anche comuni mortali.

Claudio Baglioni ha dedicato al cosmonauta un brano dal titolo "Gagarin", tratto dall'album "Solo" del 1977: fonte di ispirazione per questo pezzo è stato il poema "Sono Gagarin, il figlio della terra" di Evtusenko


domenica 11 aprile 2021

Lazio, la decide il Sergente. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

8 e mezzo al Sergente - Da sempre è "la fatal Verona" e per fare risultato su un campo ostico come quello quindi ci voleva una superprestazione della squadra o una grande giocata. Assente ingiustificata la prima ci ha pensato quel sellerone di SMS a risolverla buttandola dentro all'ultimo assalto con un colpo di testa magnifico. Una capocciata piena di rabbia per quello che si era visto in campo (palo e gol annullato) e soprattutto per quello che non si era visto, leggi gioco, fraseggio e partita...sul televisore. Ma tant'è, tre punti d'oro in cascina per continuare a sognare il posto al sole e via. Avanti Lazio fino alla fine!  

7 e mezzo a Maru Siiiic! - Il sonnambulo dal volto umano si è superato. Una performance da mastino dell'area. Da asoluto protagonsita. Avete presente Lillo a Lol? Dice ma quello faceva ride, sì ma è stato er mejo.

7 a Innamoradu - 403 partite con l'Aquila sul petto, 403 battaglie, 403 cross, come quello vincente per la testa del graduato biancoceleste. Un trionfo.

6 e mezzo al Panter One - Lui il dovere suo l'aveva fatto, un gol da bomber vero, reggendo la carica, sgomitando e sfondando la rete. Il problema è che la Var era sintonizzata su DAZN e non si vedeva niente e perciò glielo hanno annullato. Poi dice che uno se butta sui siti pirata.

6+ ad Antonio Elia Acerbis -  Ministro della difesa vero, doveva essere nominato lui Commissario per la tutela dalla pandemia, altro che storie.

6 al Ciro d'Italia - Quando te dice male nun c'è niente da fa. Guardate Gazza, doveva vince all'Isola e invece s'è rotto na spalla. Iella vera, come Ciruzzo.

6 a Ke Pro - Due salvataggi provvidenziali, per il resto poco e niente. Come la Lamborghini, tutto lato B e niente altro. 

6 a Lupo Alberto - E' mancato nel suo numero migliore, il coniglio tirato fuori dal cilindro da Mago qual è, per cambiare le sorti del match. E Silvan è tornato a rifiatare, ora potrà lavorare di nuovo.

6 a Totò Riina - Omo de panza, omo de sostanza, omo de paranza. Gioca coi piedi perchè con le mani fa i cruciverba della Settimana Enigmistica: 11 veriticale, "Vince soffrendo", cinque lettere: Lazio.

6- a chi lo Leiva più - Un passo avanti rispetto alla debacle con lo Spezia. Prima era più Biglia che mai, adesso è solo mai.

6- a veni vidi Lulic al 71° -  E' entrato quattro minuti dopo il suo orario e questo ha influito pesantemenete. Va bè, se scherza, eternamente grati pure se ora s'è arruginito.

6- a sostiene Pereira - Ininfluente. Nè più nè meno di Tommaso Zorzi all'Isola dei famosi.

5 all'abate Faria - c'è tanto da Fares...

4 a sono un pirata non sono un signore -  Un disertore della vanga. Neanche ad arare i campi lo vorrebbero. Più morto de sonno che mai, inespressivo come un quadro di Picasso e insipido al pari di un caciocavallo andato a male, Nina Murici non finisce mai di stupire. Lo pensavate che entrando in campo si sarebbe schierato come difensore aggiunto dei gialloblu? Manco un maniaco di complotti od esperto di servizi deviati ci sarebbe arrivato a profetizzarlo. E invece il Gamba di legno dei poveri si è piazzato lì nell'area piccola veronese, facendo di tutto per aiutare il portiere avversario. E c'era quasi riuscito quando si è alzato in cielo per intercettare la palla destinata a Sergej al fine di spazzarla via. Ma non aveva fatto i conti col nostro eroe che col fisicaccio che se ritrova, ha resistito alla sua carica e l'ha purgati. E ha purgato pure lui. Sipario.



Appunti di gioco

di Roberto Taglieri

 

Domenica, 11 aprile 2021

Lazio corsara a Verona nella trentesima giornata di Campionato. Al “Bentegodi” i biancazzurri riescono ad avere la meglio sull’Hellas solo nel recupero, grazie ad una rete siglata di testa da Milinkovic, dopo una partita molto equilibrata ed a tratti anche noiosa. Ironia della sorte né Juric, né Inzaghi oggi siederanno sulle rispettive panchine, il primo è squalificato, l’altro è costretto a casa dal Covid e quindi in campo ci saranno Paro e Farris. Il Verona perde Lovato, fermato dal giudice sportivo, per il resto a parte Cetin e Favilli la squadra veneta ha la formazione di sempre, con Lasagna rifornito da Zaccagni e Barak. La Lazio invece, senza gli squalificati Lazzari e Correa, ripropone Marusic nel suo ruolo naturale a destra, poi c’è Akpa Akpro dall’inizio e davanti con Immobile ancora una volta giocherà Caicedo, il risolutore della gara contro lo Spezia. Chiffi fischia l’inizio sotto la pioggia e già al 4’ il tiro di Milinkovic finisce di pochissimo fuori. E’ una gara combattuta a livello fisico con grande forza, il Verona è molto attivo sul pressing, i biancazzurri ordinati cercano di scardinare la difesa avversaria ma sono poco incisivi davanti. Al 22’ Immobile con un forte destro ad incrociare colpisce il palo, anche Lazovic al 36’ sfiora il legno da posizione defilata, ma nel complesso è una partita equilibrata senza grandi opportunità da ambo le parti nel primo tempo. Dopo il riposo Caicedo va subito in gol con una pregevole azione personale, ma Chiffi non lo concede, dopo controllo var, per una precedente gomitata dell’ecuadoreno a Magnani. La Lazio ora gioca con maggior convinzione, il Verona non riesce a tenere il possesso del pallone ma difende molto bene. Al 68’ Muriqi sostituisce Caicedo, arriva anche il turno di Pereira e Lulic, ma non succede nulla d’eclatante; serve solo un episodio per cambiare una partita che langue sullo 0-0. Verso il termine Farris ci prova anche con Parolo ed Escalante, Paro dal suo canto fa fare gli ultimi scampoli di gara a Salcedo e Kalinic. Nel recupero, esattamente al 92’ quando ormai le speranze laziali erano ormai al lumicino, arriva però la rete di Milinkovic. Il serbo in area riceve un cross lungo di Radu e anticipando anche Muriqi con un colpo di testa preciso riesce a sbloccare in extremis, regalando la vittoria ai suoi. Nel secondo tempo non s’era visto nemmeno un tiro in porta, era diventata una partita un po’ malinconica, che s’è rianimata solo con il gol che è oro puro per la Lazio. Difficile comunque giocare contro questo Verona, che è riuscito a bloccare ogni fonte di gioco dei biancazzurri. Quarta vittoria consecutiva della squadra di Inzaghi, ora a quota 55 e con una partita in meno, che con questo risultato riesce ancora a restare agganciata al treno Champions. Purtroppo non sembra che i biancocelesti abbiano grande energia ed anche il gioco non è spumeggiante, l’unica cosa che fa ben sperare è l’abbraccio finale tra i calciatori laziali, che evidentemente ancora ci credono.

 

 

    

VERONA  LAZIO 0-1    92’ Milinkovic     

VERONA:  Silvestri, Dawidowicz, Magnani, Dimarco (75’ Ceccherini), Faraoni, Sturaro, Veloso (68’ Ilic),  Lazovic, Zaccagni (75’ Bessa), Barak (85’ Salcedo), Lasagna (85’ Kalinic). All. Paro

LAZIO: Reina, Marusic, Acerbi, Radu, Akpa (83’ Parolo), Leiva (83’ Escalante), Milinkovic, Luis Alberto (74’ Pereira), Fares (74’ Lulic), Caicedo (68’ Muriqi), Immobile. All Farris

http://ctrl-c.cc/?7KciGJujQk2kWJ5Mdlyj4muGImQLFlsL3k8HulnI9GiILh0hlLjKpGgMnMLJKjkJCmtGgJ0G4L5I0MMG5KFkwjFLBiaH7h8jsIKI2HhIJMIghmXjxjJkz6IEf918HxU381Arbitro Chiffi



sabato 10 aprile 2021

Caterina Caselli, 75 anni per la musica

di FRANCESCO TRONCARELLI


75 primavere per Caterina Caselli. Un traguardo importante per un personaggio come lei che ha scritto numerose pagine della storia della nostra musica riuscendo poi ad ottenere grandi successi quando ha deciso di passare dal palcoscenico al dietro le quinte come manager.

Lei infatti è una delle poche artiste che ha avuto l'intelligenza di ritirarsi al momento giusto per reinventarsi talent scout e produttrice dal fiuto infallibile ad ulteriore dimostrazione delle sue capacità.  

E' lei che ha lanciato nomi del calibro di Andrea Bocelli diventato un protagonista della scena mondiale, Elisa, Avion Travel, Negramaro, Malika Ayane, Raphael Gualazzi, e ancora prima Giuni Russo, Paolo Vallesi, Gerardina Trovato ed ora la lanciatissima Madame. Un vero fenomeno.

Il suo compleanno perciò lo festeggia in piena attività. Al di là della ricorrenza da celebrare in forma strettamente privata con i familiari, la Caselli non cederà infatti ad altre “distrazioni” e occasioni mondane di sorta. Non è nel suo stile, riservato da sempre, meglio da tempo.

Caterina coi Negramaro

Sì perché la sua ormai proverbiale riservatezza è una caratteristica della sua forte personalità acquisita con la maturità, in linea con il suo ruolo di donna manager e di moglie e madre sempre presente. Sono passati i tempi di quando era un idolo del nostro pop. 

Come molti colleghi della sua generazione, la Caselli cantante si è fatta notare al grande pubblico partecipando al "Cantagiro", la mitica manifestazione itinerante organizzata da Ezio Radaelli a metà degli anni 60, dopo una gavetta (e un'esperienza da bassista) nelle balere emiliane insieme al suo gruppo, gli Amici. 

L'inizio del suo grande successo è legato invece al festival di Sanremo dove, nel 1966 cantò "Nessuno mi può giudicare" un brano peraltro scartato da Adriano Celentano, che è rimasto nell'immaginario collettivo e che diventò non solo un tormentone di quel periodo ma anche un modo di dire, tanta era la sua popolarità.

Casco d'oro
Proprio in quell'occasione la debuttante Caterina, si presentò con un taglio di capelli, ispirato al caschetto dei Beatles ideato appositamente per lei dagli stilisti Vergottini di Milano, che le fece guadagnare l'appellativo "Casco d'oro", ancora oggi uno dei soprannomi più celebri del mondo della musica leggera insieme alla "Tigre di Cremona" dedicato a Mina e "Il Molleggiato" riservato a Celentano.

Grintosa, dotata di una grande verve e voce potente, idolo della Beat generation italiana, la Caselli quando l'Italia andava a 45 giri ha collezionato una serie impressionante di successi, brani come "Perdono", "Cento giorni" , "L'uomo d'oro", Il Carnevale", che hanno regolarmente scalato la Hit Parade di Lelio Luttazzi

Ha lanciato anche cover di brani rock e pop molto conosciuti come ad esempio "Paint It Black" dei Rolling Stones in italiano "Tutto nero", "The days of Pearly Spencer" di David Mc Williams proposto come "Il volto della vita" o "I'm a Belevier", famoso successo dei Monkees divenuto nella sua versione "Sono bugiarda", una super hit. 

i grandi successi
 Tanti i classici musicarelli per il cinema e le partecipazioni ai più celebri programmi televisivi, poi nel 1968 Caterina ha inciso quello che viene considerato il brano più bello del suo repertorio e uno dei capolavori assoluti della canzone italiana: "Insieme a te non ci sto più", un altro titolo entrato nella storia del costume, scritto per lei dall'avvocato astigiano chansonnier Paolo Conte.

Già a partire dagli anni '70, e dopo il matrimonio con Piero Sugar da cui ha avuto il figlio Filippo futuro presidente della Siae, la Caselli comincia a diradare la sua attività di cantante a favore di quella di manager prima di una sua etichetta l'Ascolto.

In pochi anni scopre e impone all'attenzione del pubblico e del mercato artisti come Pierangelo Bertoli, Mauro Pagani e gli Area e poi in quella di famiglia, la CDG dove lancia personaggi come Enrico Ruggeri, Raf e Francesco Baccini, oltre a lavorare con Ornella Vanoni e Paolo Conte, fino ad "inventarsi" il trio Tozzi-Morandi-Ruggeri che trionferà nel 1987 al Festival di Sanremo con "Si può dare di più".

Donna colta, elegante e determinata, la Caselli si è impegnata in una costante attività a favore dell'approvazione di una legge sulla musica, la tutela del diritto d'autore, le quote (sul modello in vigore in Francia), garantite alla musica italiana nella programmazione radiofonica e soprattutto del lavoro dei produttori musicali indipendenti, dunque non legati alle Major del disco che condizionano da sempre il mercato.

Ieri e oggi

In coincidenza con il compleanno Raiplay proporrà le sei puntate di "Diamoci del tu", un programma che lei ha condottoi insieme a Giorgio Gaber dal 27 marzo al primo maggio del 1967. Un classico delle teche Rai per studiare il mondo Beat. 

C'è la prima apparizione televisiva di Francesco Guccini, insieme a un giovanissimo Franco Battiato, Ornella Vanoni che recita i versi di Umberto Saba, Gino Paoli, Arnoldo Foà, i mitici Byrds, Sandie Shaw che canta scalza, l'Equipe 84, Fausto Leali e Little Tony.

Caterina Caselli arriva ai 75 anni ancora da protagonista e dopo aver superato il "male del secolo" che l'aveva aggredita. Ieri come oggi è sempre la numero uno. Sul palcoscenico prima e dietro le quinte dopo, è l'unica, tra i produttori musicali indipendenti del Bel Paese ad avere ottenuto un successo internazionale.

Ha conciliato i gusti del pubblico con la qualità musicale grazie a una modalità di fare impresa tutta italiana che guarda alla tradizione artigianale, mentre il suo passato da cantante e protagonista di una stagione magica della nostra musica è comunque nella storia. Auguri "Casco d'oro".


domenica 4 aprile 2021

De Gregori, 70 anni da Principe

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Francesco de Gregori compie settant'anni. Settant'anni di emozioni, di poesia e di musica raffinata. Una vita da Principe (mai soprannome fu più azzeccato) nel vero senso del titolo.

Quello dell'aristocratico colto e illuminato, aperto al mondo ma no ai suoi riti modaioli e per questo lontano dai riflettori e da una certa immagime mediatica delle pop star che ora va tando di moda e sembra imprescindibile.

E' un artista di un'altra categoria. Sì perchè ci sono i cantanti e gli artisti e De Gregori è il Principe di questi ultimi. Il più bravo, nonostante certi suoi atteggiamenti austeri e un carattere decisamente introverso che lo possono rendere antipatico. 

Lui è uno di quelli che all'apparire preferisce l'essere. Ci tiene alla sostanza. Con i suoi testi infatti ha rinnovato la cosidetta "canzone d'autore", dandole nuovi orrizzonti e profondità inesplorate. 

I suoi sono racconti e storie in versi dove le invettive politiche sconfinano nel romanticismo di donne cannone e le metafore addolciscono la malinconia del quotidiano insieme a musiche dall'impatto struggente e coinvolgente.

Sono brani dove qualcosa rimane tra le pagine chiare e le pagine scure della nostra vita, confondendo i nostri alibi e le nostre ragioni. Come mai prima.

Della sua generazione è il migliore, il meno incline a compromessi commerciali e il più attento al mondo che lo circonda. Ha una storia personale alle spalle che viene da lontano, dal mitico Folkstudio di via Garibaldi.

Lì, in quel locale di Trastevere, fucina di grandi musicisti e personaggi autentici e compagni di avventura come Venditti, esordì mettendo sul pentagramma le sue letture giovanili di Steinbeck, Pavese e Pasolini. 

E i suoi amori musicali, ovvero Simon & Garfunkel, De Andrè, Leonard Cohen e Bob Dylan. 

Da lì iniziò una carriera lunga e ricca di successi e tournée trionfali  come quelle con l'amico Lucio Dalla.

Una storia in musica che gli ha permesso di costruire una galleria di personaggi e una raccolta di favole che incarnano la parabola italiana dal '68 ai giorni nostri.

Ora il ragazzo ermetico che tutto non diceva "perchè non c'è niente da capire", ma ti lasciava sicuramente immaginare, compie dietro la sua barba incolta e sotto quel cappello con le falde all'insù settant'anni.

E il suo nome non è Bufalo Bill ma "solo" Francesco De Gregori, artigiano della canzone che il rigore l'ha sempre saputo tirare al contrario del calciatore Nino.

E insieme a quell'Italia che resiste da sempre nonostante i balli sul Titanc che affonda. E questo Alice lo sa bene. Auguri Principe.