lunedì 24 maggio 2021

Lazio, si chiude un ciclo. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

8 e mezzo a Simone Inzaghi - La Lazio termina il campionato con una sconfitta. Un triste epilogo per una stagione che sembrava partita bene ma che in realtà si è rivelata molto al di sotto delle aspettative. C'è anche da dire però che con una squadra troppo corta, ovvero composta solo da 11 giocatori e con rincalzi che neanche al torneo parrocchiale troverebbero posto, più di tanto non si poteva fare. E' stato quindi l'ennesimo miracolo per Inzaghino che con i titolari e il contorno di pizza e fichi a disposizione ha ottenuto il massimo. Ora però si chiude un ciclo, perchè molti sono stati spremuti come un limone e attaccheranno gli scarpini al chiodo e altri se ne andranno per altri lidi. Probabilmente anche il mister che difficilmente accetterà ancora volta una campagna acquisti col braccino corto e a paramentri sottozero. A lui va il ringraziamento per aver dato sempre tutto, per la sua lazialità indiscussa e averci fatto esultare per tre titoli conquistati mentre gli altri stavano a guardare. Ciao Simone. 

7 e mezzo a veni, vidi, Lulic al 71° - E' il primo in assoluto dei nomi illustri che chiude con la Prima squadra della Capitale anche se non per suo volere. Al contrario di tanti cantastorie dell'altra sponda, ha scolpito il suo nome a caratteri cubitali nella madre di tutte le partite, il derby di Coppa Italia. E' nella Storia. È un mito. Eternamente grati.

7+ a dillo a Prolo tuo -  264 partite con l'Aquila sul petto, 39 gol, 19 assist e mai una parola fuori posto. L'esempio più calzante del termine professionalità. Uno stakanovista del centrocampo e della serietà che avrebbe potuto trovare posto nell'organigramma societario. Ma ovviamente in questa società non c'è posto per uno come lui. Un abbraccio amico mio.

7 a Innamoradu - Mille battaglie da quando è arrivato nel 2008 fino a quella contro i maiolicari di Sassuolo. Battiamo le mani ai veri laziali. Per l'ultima volta?


6 a chi lo Leiva - Certo non è più quello che appena arrivato fece capire che Biglia era un triste piagnone perdente ma di successo (pe' i soldi che se pijava), mentre lui giocava alla grande e rideva pure. Ma il tempo è passato anche per lui e a questo punto c'è da stare attenti, perchè da rubapalloni a ruba galline è un attimo.

6- a Somarusic - Il Sonnambulo dal volto umano è rientrato nei ranghi della normalità. Come un Riccardo Rossi qualsiasi.

6- a Lazzari alzati e cammina - Pupo biondo corre corre ma poi non combina nulla. E se lo caricano neanche riesce a farsi dare il rigore. La prossima volta smentisca se stesso e non si alzi più. Può darsi che al Var se ne accorgono.

6- a Sylva Strakoshina - 2 gol e 2 paratone che hanno evitato il cappotto. Lascerà anche lui, e come già successo per altri suoi predecessori, farà bene altrove. E' stato un piacere, se semo fatti un sacco de risate e tante partite a burraco al Tibidabo.

5 a Correa l'anno 1900 - E' durato 19 minuti poi è uscito per infortunio. In questi pochi minuti c'è tutto il suo campionato all'insegna del tanto fumo e poco arrosto. Ha illuso tutti pure se stesso. Non cresce mai ed è rimasto alle elementari quando giocava a figurine: ce l'ho, ce l'ho, me manca. Pure a noi ce manca perchè l'abbiamo visto solo poche volte.

5 a Massimo Di Cataldi - L'incompiuto per antonomasia. Je manca sempre un soldo pe fa 'na lira come si dice a Roma. Figurarsi poi adesso che c'è l'euro.

4 a Ke Pro - ma soprattutto a che serve. Anzi a chi serve, sicuramente agli avversari che grazie alle sue cappellate partono in contropiede e segnano.

4 a c'è tanto da Fares - Lo abbiamo detto alla sua prima apparizione lo ribadiamo anche per l'ultima. 

3- - a sono un pirata non sono un signore - Neanche se tirasse con le mani Nina Murici riuscirebbe a buttarla dentro. Una cosa mai vista. Elefantiaco, macchinoso, pietrificato, per girarsi su se stesso ci mette trenta minuti. Il trenino che parte da Piramide direzione Ostia fa prima. Non sa stoppare la palla e oltre a non vedere la porta non vede neanche la palla. E' il quarto mistero di Fatima e nessuno riesce a capire perchè ufficialmente sia un giocatore. Disertore della vanga, tagliaboschi in fuga e fusaiaro di lungo corso, ha trovato l'America da noi senza colpo ferire e con un incredibile faccia tosta. Bisognerebbe rispedirlo al mittente, ma non ci sono più i miracoli di una volta. Non è detta però l'ultima parola, perciò pregate fratelli biancocelesti. Hai visto mai... Sipario, anzi amen.    

Appunti di gioco

di Roberto Taglieri

 

Domenica, 23 maggio 2021

Il Sassuolo batte la Lazio. A Reggio Emilia la gara di epilogo del campionato 2020-21 finisce 2-0 per gli emiliani, che si aggiudicano l’incontro con una rete per tempo, siglata da Kyriakopoulos e poi da Berardi su rigore. Stasera De Zerbi senza Raspadori inserisce Djuricic dall’inizio, parte invece dalla panca Caputo; in difesa ci saranno Chiriches e Ferrari. Inzaghi in grande emergenza non ha Acerbi, Immobile e Milinkovic infortunati, mentre Luis Felipe, Luis Alberto e Pereira sono squalificati. In difesa viene inserito Parolo mentre a centrocampo ci sono sia Akpa che Cataldi; completano la formazione Correa e Muriqi in avanti. Dopo il minuto di silenzio per le vittime della funivia di Stresa, il primo tiro nello specchio è di Djuricic già al 3’ ma debolissimo. Invece è una bomba al 10’ la rete di Kyriakopoulos, che da oltre 30 metri trova l’angolino alla sinistra di Strakosha e il Sassuolo si porta in vantaggio. Dopo il gol la Lazio prova a svegliarsi: al 14’ Muriqi supera Consigli in corsa ma troppo defilato colpisce l’esterno della rete e poco dopo il colpo di testa di Correa è centrale. Questa è l’ultima azione del Tucu, che si fa male e lo sostituisce Fares; la Lazio ora soffre un po’ il pressing avversario, Deefrel al 26’ grazie ad un rimpallo si ritrova la sfera tra i piedi ma calcia troppo alto. Alla mezz’ora Ferrari abbatte Lazzari in area ma Prontera non fischia nulla, mentre al 40’ Kyriakopoulos ci riprova ma stavolta non ha la mira giusta. Prima della fine del tempo il tiro di Fares va sul fondo. Nella ripresa il sinistro di Lulic è bloccato da Consigli, arrivano le sostituzioni per il Sassuolo con Traorè e Caputo mentre Muriqi in mezza girata spedisce alto. La Lazio gioca un po’ meglio ed ora è favorita dall’espulsione di Kyriakopoulos per doppia ammonizione. La squadra di Inzaghi invece non sa sfruttare per niente la superiorità numerica e subisce un contropiede fulmineo al termine del quale Parolo atterra Caputo, appena entrato in area. Per l’arbitro è rigore; si incarica di battere Berardi, che spiazza Strakosha e di fatto pone la pietra tombale sulla gara. Il Sassuolo va pure vicinissimo al tris con Caputo, ma Strakosha gli nega il gol per due volte. Da segnalare l’esordio in serie A del giovane Bertini prima della fine della partita, che vede il meritato successo emiliano. Stasera è andata in scena una gara in cui le motivazioni erano solo di competenza neroverde; la Lazio “B”, per giunta con la testa alle vacanze, non ha fatto una bella figura. Il Sassuolo ci ha messo più grinta, provando a raggiungere l’obiettivo Conference, sfumato solo nel finale per il pareggio della Roma. Per la Lazio invece, che non aveva nulla da chiedere a questa giornata, negli ultimi cinque campionati altrettante sconfitte all’ultima gara, un triste primato negativo. Ma adesso è anche il momento dei bilanci: dopo il meritato ingresso in Champions quest’anno ci si aspettava una conferma. Invece per la Lazio è un finale di stagione così così; i biancazzurri terminano il Campionato a quota 68, centrando l’Europa League. Sembra anche un epilogo dal sapore di fine ciclo per Inzaghi: l’estate ci rivelerà le decisioni della società.

SASSUOLO  LAZIO 2-0  10’ Kyriakopoulos  78’ Berardi (rig.)

SASSUOLO: Consigli, Toljan (75’ Ayhan), Chiriches, Ferrari, Kyriakopoulos, Lopez (75’ Bourabia), Locatelli, Berardi, Djuricic (57’ Traorè), Boga (62’ Rogerio), Defrel (57’ Caputo). All. De Zerbi

LAZIO: Strakosha, Marusic, Parolo, Radu, Lazzari (87’ Bertini) , Akpa Akpro (80’ Moro), Leiva (80’ Escalante), Cataldi (87’ Armini), Lulic, Correa (19’ Fares), Muriqi. All: Inzaghi

Arbitro Prontera

 

domenica 23 maggio 2021

I Maneskin vincono l'Eurovision

di FRANCESCO TRONCARELLI

Un trionfo. L'Italia torna sul tetto dell'Europa musicale grazie ai Maneskin, la band dei ragazzi romani che suona il rock e che aveva dominato anche all'ultimo Sanremo.

Sono i terzi artisti italiani a vincere la competizione europea dopo Gigliola Cinquetti nel 1964 e Toto Cutugno nel 1990. Il premio torna in Italia dopo 31 anni.

È stata una vittoria al cardiopalmo ottenuta grazie al televoto, che ha ribaltato la classifica delle giuria di qualità, che vedeva in testa la Svizzera seguita dalla Francia e solo al quinto posto il gruppo italiano. 

Ma il televoto ha ribaltato tutto. I Maneskin con il loro brano "Zitti e buoni" sono stati in assoluto i più votati (318 punti, unici a superare quota trecento) e alla fine hanno respinto l'ultimo assalto dello svizzero Gjon's Tears.

Per il quartetto il trionfo completo considerando che prima della serata aveva già ricevuto il premio per il miglior testo.

 
Quello andato in scena all'Ahoy Arena di Rotterdam è stato il classico spettacolo dell'Eurovision, con grande spiegamento di mezzi per scenografie a grandissimo effetto.

Ma alla fine i primi tre classificati sono tra i pochi che hanno puntato tutto sulla musica con pochi aiuti di contorno. Ora l'organizzazione della prossima edizione spetterà all'Italia.

Nel mirino dei social è finito Damiano, il frontman del gruppo, accusato di aver sniffato cocaina durante la diretta tv (in un video lo si vede abbassarsi sul tavolino) e in molti hanno chiesto la squalifica dell'Italia. 

Ma il cantante si è "ribellato" a queste accuse e nella conferenza stampa della notte ha rimandato al mittente ogni accusa: "Io non uso droghe. Non dite una cosa del genere. Niente cocaina".

La kermesse canora è stata seguitissima sui social e l"hastag #Eurovision è stato per tutta la lunga notte in testa ai top trenders. Molto apprezzati gli interventi di Cristiano Malgioglio che commentava da studio insieme all'ex Iena Corsi.

Romani di Monteverde, i Maneskin sono partiti da zero, suonando per strada, a via del Corso ed ora sono diventati i numero uno in Europa.

  I Maneskin durante una esibizione a Via del Corso
Un percorso incredibile che dall’on the road di una città distratta li ha portati al palco dell’Ariston e vincere Sanremo e quindi al trionfo di Rotterdam.

Un racconto iniziato a X Factor nel 2017 e via via  proseguito con brani all’insegna del rock, del look e delle performance travolgenti.

Ma prima del talent che gli ha dato la notorietà, le prime esibizioni sono state per strada, in piccoli club o le palestre delle scuole come dicevamo. 
 
Se ora bucano il video con la loro gioventù sfacciata e ribelle, allora erano giovanissimi, degli adolescenti in t shirt e pantoloncini con la custodia della chitarra messa per terra per le offerte. 
 
E fa effetto vederli così acqua e sapone prima del boom, un conrasto clamoroso con l'immagine glam e grintosa a cui ci hanno abituati.


Damiano poi, il frontman del gruppo con una marcia in più rispetto a tanti Big visti a Sanremo, sembra un altro dallo studente in camicia bianca e caplellicorti del Liceo Montale che ai libri preferiva la musica.

La strada da sempre è stata una gavetta per gli artisti. Senza scomodare idoli internazionali come Ed Sheeran o Justien Bieber che prima di Youtube.

Loro hanno iniziato sui marciapiedi delle loro città a farsi sentire, anche da noi ci sono stati “saranno famosi” illustri.

Due nomi fra i tanti, Massimo Ranieri, che girava fra i ristoranti e i vicoli di Napoli col suo sguardo da guaglione vispo e sorridente.

E che dire di Luca Barbarossa che capello riccio e chitarra a tracolla si esibiva a piazza Navona fra venditori di palloncini.

Entrambi hanno vinto Sanremo, Ranieri con “Perdere l’amore” Ranieri e Barbarossa con “Portami a ballare”, come Damiano, Victoria, Thomas e Elthan con “Zitti e buoni”. 

Ora anche l'Eurovision. E scusate se è poco.

 

mercoledì 19 maggio 2021

Lazio, vacanze anticipate. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

6+ a Lupo Alberto - Se qualcuno pensava che la Lazio dopo il non gioco nel derby, reagisse con una partita all'insegna dell'orgoglio e della rivincita personale, si è dovuto ricredere. Primo tempo da sbadiglio, secondo della serie "vorrei ma non posso". Neanche su rigore infatti è riuscita a battere un Torino catenacciaro quanto si vuole ma che nelle utime due partite aveva preso 11 gol. Siamo al rompete le righe, assolutamente ingiusutificato ma concretamente applicato. Questa squadra, al di là dei pali, reti annullate e clamorose sviste arbitrali ormai è una Onlus che fa beneficenza. Copertina al Mago che qualcosa comunque ha fatto mentre gli altri erano già al mare. 

6 a chi lo Leiva - Rispetto alla stracittadina, un passo avanti. Come Fabio Fazio che ospitando Woody Allen e Sharon Stone è andato oltre il suo giro parrocchiale.

6 a veni, vidi, Lulic al 71° - L'ultima all'Olimpico che certifica un curriculum di tutto rispetto: 371 partite con l'Aquila sul petto, 50 assist, 34 gol, con quello del 26 maggio che resterà nella storia per sempre. Grazie.  

6 a Innamoradu - La vecchia guardia è arrivata al capolinea. Battiamo le mani. 

6 a Sylva Strakoshina - L'abbiamo detto e lo ribadiano dopo l'ennesimo legno della sua porta che hanno preso gli avversari: ha più Lato B lui di Belen.

6 a Somarusic - Il Sonnambulo dal volto umano si è destato. Ma era in anticipo perchè la sveglia non ha mai suonato.

6-  a Lazzari alzati e cammina -  Un palo al 96° e per il Toro l'ennesima botta di N Kulou.

5 e mezzo a dillo Parolo tuo - lo stanno spremendo come un limone. Voleva fare la stagione estiva al chiosco della Sora Mirella ma così come l'hanno ridotto manco la grattachecca je fanno fa.

5 al Ciro d'Italia - Dalla Scarpa d'oro al Tapiro col quarto rigore sbagliato è un attimo. Daje su c'è l'ultima partita pe chiude in bellezza.

5 a chiedimi se sono Felipe - E' tornato quel giocatore che tanto faceva bene nella serie D brasiliana. Ora l'aspetta il torneo Scapoli-Ammogliati al Tibidabo.

5 a Patric del Grande fratello - Finalmente una prova impeccabile. Non ha combinato casini. C'ha messo due anni, ma come si dice, con la costanza si arriva a tutto. Guardate Alba Parietti che non sa fare niente ma sta sempre in televisione.

5- - a Ke Pro, c'è tanto da Fares e sostiene Pereira - Tre briganti e tre somari sulla strada da Girgenti a Cefalù (cit. Rinaldo in campo), tre tre giù giù, uno due tre zella, in tre non ne hanno fatto uno buono, scemo più scemo più scemo. Neanche la birra ce famo, figurarsi una partita. Piazzamoli ai Cancelli a Ostia, chi al parcheggio, chi alle docce, chi ai lettini e non se ne parli più.

4 a sono un pirata non sono un signore - Quando al 21° lo abbiamo visto colpire di tacco la palla abbiamo avuto un sussulto: possibile? Ma allora è vero che la terra è piatta, che esistono i marziani e che Martufello è laureato alla Sorbona. Tranquilli, era solo un effetto ottico, un'immagine idealizzata, una proiezione dei nostri desideri che sono andati poi a infrangersi sulla dura realtà dei fatti. Nina Murici resta un disertore della vanga, un pachiderma che si muove al rallenty, un gambadilegno che ha nella goffagine il suo momento migliore e che non sa ancora con quale piede tirare, se tirare e se limitarsi a tirare i remi in barca o tuttalpiù la catena. E' il quarto mistero di Fatima, il quinto cavaliere dell'Apocalisse, il sesto bicchiere di vino, il settimo che si riposò. E non finisce qui, perchè ce lo ritroveremo ancora l'anno prossimo. Contenti? Sipario.   


 



martedì 18 maggio 2021

Addio Franco Battiato

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Franco Battiato il grande cantautore siciliano che ha saputo spaziare dal pop alla sperimentazione occupando uno degli spazi più importanti nella storia della musica italiana degli ultimi cinquant’anni, se nè andato. 

Era malato da tempo, è morto nella sua casa di Milo, dove si era ritirato dal 2019, aveva 76 anni. Pochi mesi fa era stato ripubblicato "La voce del padrone", uno dei suoi album capolavoro, che il prossimo mese di settembre celebrerà i quarant'anni dalla pubblicazione.

L’ultimo concerto tenuto dall’artista risale al 17 settembre 2017, presso il Teatro Romano di Catania: le ultime quattro date del tour che avrebbero seguito lo show nella sua città vennero annullate per motivi di salute. 

Poco prima dell’ufficializzazione del ritiro definitivo, nell’agosto del 2019, venne pubblicato il suo ultimo album, “Torneremo ancora”, composto da versioni orchestrali di brani di repertorio, da registrazioni dal vivo e dalla title track inedita.

Battiato in concerto con Alice
 
Franco Battiato è stato il centro di gravità permanente del pop italiano. Un artista tra i più innovativi e multiformi della scena musicale che ha dato tanto alla cultura del nostro paese. Per alcuni un genio assoluto, per molti un maestro da seguire. Per tutti un grande sperimentatore che ha saputo mescolare vari generi, dalla musica elettronica a quella classica, con testi avanguardisti e ricercati. 
 
La sua vita e la sua carriera sono l'esempio di una passione per la musica incontrovertibile. Partito giovanissimo da Jonia, un paesino in provincia di Catania, Franco arriva a Milano in cerca del successo. Ma è dura per tutti i meridionali come lui venuti al Nord in cerca di lavoro o gloria.
 
Dopo una lunga gavetta nei localini dei Navigli e della cintura milanese e anche per le strade con il duo "Gli Ambulanti", incide il primo brano su un 45 giri di plastica allegato alla Nuova Enigmistica, è la sua versione di "E più ti amo" di Alain Barriere. Una perla su un disco usa e getta. 

il primo disco in vinile
 
Fu Gaber a consigliargli di farsi chiamare Franco anziché col vero nome Francesco, per non confondersi con Francesco Guccini, giovane esordiente insieme a lui nel programma "Diamoci del tu" che l''autore di "Barbera e champagne" conduceva con Caterina Caselli.  

Da quel momento iniziò una lunga scalata verso il successo, salendo disco dopo disco tutti i gradini necessari per arrivare in cima. Nel 1979 pubblica "L’Era del Cinghiale Bianco", primo esperimento pop con l'etichetta Emi. Seguono "Patriots" (1980)
 
Nel 1981, "La voce del Padrone", che resta al vertice della classifica italiana per un anno vendendo oltre un milione di copie. Battiato diventa un “caso”, materia di studio per gli intellettuali e fonte d'ispirazione per i musicisti.


Gli album successivi sono: "L’arca di Noè" (1982), "Orizzonti perduti" (1983), "Mondi lontanissimi" (1985), "Echoes of sufi dances" (1985). Nel 1984 Battiato partecipa con Alice all'Eurovision Festival con i "Treni di Tozeur", arrivano quinti ma la loro esibizione è memorabile.  
 
Nel 1989 esce il doppio album dal vivo. È forse il suo album più iconico. Fino a quel momento Battiato era ancora uno dei pochissimi cantautori italiani che non aveva ancora pubblicato un disco dal vivo.
 
Decise di farlo solo dopo aver terminato una tournee realizzata con tutte le caratteristiche che egli stesso desiderava, dal clima tranquillo all'atmosfera che si creava col pubblico attento e coinvolto.
 
Il tour toccò città come Parigi dove suonò al Teatro de la Ville, come Madrid all'Alcalà Palace, per poi terminare al prestigioso Teatro Lirico di Milano per l'apoteosi finale. Ne venne fuori "Giubbe Rosse", testimonianza e pietra miliare del nuovo pop che Battiato portava nelle classifiche di quel decennio.

Negli anni seguenti Battiato comincia a guardare al mondo del cinema. Una vera passione che inizia nel 1990 con la colonna sonora composta per il film Benvenuto Cellini – Una vita scellerata per arrivare nel 2003 alla regia di "Perduto amor" che gi varrà il Nastro d'argento. Poi nel 91 incide "Come un Cammello in una grondaia".

col filosofo Sgalambro

L’album contiene, accanto ad alcuni lieder ottocenteschi, anche il brano "Povera Patria", registrato negli storici Abbey Road Studios di Londra già regno incontrastato dei Beatles, che diviene in breve tempo un simbolo di impegno civile.
 
E ancora tanti altri successi, un elenco interminabile che sarebbe superfluo citare, che hanno arricchito la sua lunga carriera da sperimentatore dai mille interessi (fisica, pittura, cinema, teatro, lirica, balletto), da personaggio eclettico sempre avanti sui tempi che si è fatto amare dal pubblico più raffinato e da quello più popolare, elevando la sua natura pop ad altro.
 
Fondamentali i collaboratori che lo hanno accompagnto in questo percorso, ossia il violinista Giusto Pio e il filosofo Manlio Sgalambro che con il loro bagaglio artistico e culturale hanno arricchito la sua personaltà.
 
Idimenticabili certi brani come "E ti vengo a cercare", "Voglio vederti danzare", "La stagione dell'amore", "Cerco un centro di gravità permanente", "Bandiera bianca" e "Cuccurucucu" che sono diventati fra i più amati della musica leggera italiana.
 
L'ultima fotografia, in casa e già malato
 
C'è poi un pezzo che in questi mesi passati di drammatiche sofferenze causa pandemia, è sembrato un adesivo incollato alle nostre voci. In tanti hanno fatto ricorso al potere salvifico della musica e delle parole de "La Cura", scritta da Franco Battiato col filosofo Manlio Sgalambro, suonata e risuonata dai balconi e dalle finestre degli italiani chiusi in casa.
 
Paradossalmente le parole di questo brano così intenso e suggestivo, si sono riversate su di lui mentre giorno dopo giorno veniva assistito dai suoi cari nella spetanza di una ripresa in realtà impossibie.
 
Ora che il maestro non c'è più, resta la sua musica immortale, restano le sue canzoni dal significato profondo e dalle atmosfere intense e coinvolgenti, restano i momenti felici e di trasporto che ha regalato in ciascuno di noi. 
 
Addio Franco, grazie di tutto, che la terra ti sia finalmente lieve.  

domenica 16 maggio 2021

Lazio, la fine dei giochi. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

5 e mezzo al Sergente - Nella partita più attesa di fine stagione, una Lazio sotto tono e senza idee si è sciolta come neve al sole alla prima difficoltà avviandosi così a perdere un derby senza reagire e soprattutto senza giocarlo. Hanno fallito tutti dal primo all'ultimo, nessuno è stato capace di dare la scossa nè titolari di qualità nè riserve di nullità. Un triste epilogo di una squadra fragile mentalmente che ha mostrato tutti i suoi limiti anche contro una formazione più debole ma più cinica. Si è concluso nel modo peggiore un ciclo che comunque qualche "titulo" e soddisfazione ce l'ha dati, ma è ovvio che dopo questa ennesima debacle tutto va resettato. Copertina al biancoceleste mascherato, l'unico ad avere un attenuante plausibile per via dell'operazione subita. Tutto il resto ciaone.

5 a Lazzari alzati e cammina - E' partito in quarta e arrivato in folle. Come Paolantoni ai Solti ignoti che si è tagliato il dito per stappare con una sciabola una bottiglia di champagne.

5 a chi lo Leiva - Ha ricordato il miglior Biglia. Un trionfo. Per gli altri.

5 a veni, vidi, Lulic al 71° - Sei stato un grande, il tuo nome è scolpito nella storia dei derby, mentre quelli che hanno segnato stavolta tra un mese non li ricorderà nessuno. Sei l'Eroe del 26 maggio mentre questi pulciari che stanno festeggiando col pigiama cacarella sono degli illustri sconosciuti. Grazie di tutto e goditi la pensione, tu si che l'hai meritata veramente. 

5- a Innamoradu - Anche a te, combattente di mille battaglie, va il sincero e convinto applauso. Poi, come disse il poeta, la musica è finita, gli amici se ne vanno, che inutile serata e buonanotte ai suonatori.

5- a Somarusic - E' rientrato nei ranghi della mediocrità. Nè più nè meno di Gigi Marzullo qulasiasi.

5- a Totò Riina - Omo de panza, omo de sostanza, omo che paranza quanno je pare. Ma a lui che je frega. Il posto come cameriere ce l'ha assicurato da Cencio alla parolaccia, la trattoria dove ti accolgono con gli improperi. Per ora però gliele dicono a lui.

5- al Ciro d'Italia - Immobile ha stretto amicizia col fuorigioco. Turone ha messo mi piace.

5- al Panter One - Se pure il talismano non funziona vuol dire che è proprio finita. Come Valeria Marini che non la cerca più nessuno.

4 a Lupo Alberto - Nella partita più attesa dai tifosi è riuscito nel suo numero migliore, è sparito. Ha rivalutato in un sol colpo maghi stagionati come Silvan e improbabili come il mago Forrest, il mago Nicola e il mago Casanova che solitamente fanno ridere. Lui co' novanta minuti d'assenza ha fatto ridere più di tutti loro messi insieme. Daje.

4 a chiedimi se sono Felipe - Come un film di Muccino. Inutile.

4 - sostene Pereira, a Ke Pro e c'è tanto da Fares - I tre dell'apocalisse, tre somari e tre briganti, siam tre piccoli porcellin, siamo tre fratellin, tre contro tutti, uno-due-tre zella, tre tre giù giù. 

3 e mezzo ad Antonio Elia Acerbis - Un'altra toppata. Come a Firenze e come in tante altre partite. Questa volta s'è fatto uccellare da Geko come un pivello. Tanto svelto sui social a scrivere frasi da Baci Perugina e piazzare foto da Giulietta e Romeo, tanto lento nel recuperare gli attaccanti che dovrebbe marcare. Il rosso con cui ha concluso una prestazione pessima è quello che merita per una stagione da dimenticare.

3 a sono un pirata non sono un signore - Non ci sono più parole per sottolineare la sua difficoltà nel giocare a calcio. Anzi, nel toccare un pallone. Anzi, nel muoversi in mezzo al campo. Lo vedevi sbandare a destra e a manca e ti chiedevi, ma questo chi è, che vole, che sta a fa, ma soprattutto che ce famo. Una domanda che qualcuno dovrebbe porre a chi l'ha portato qua, ovvero il Frigorifero che cammina (vedi collezione Pagelliadi), che in confronto a lui era Pelè. Con quei piedi fucilati che si ritrova Nina Murici è stato l'uomo in più di In quelli. Manco sul cargo liberiano di Manuel Fantoni avrebbe trovato posto come mozzo. Dice, ma tu ce l'hai con lui, no è lui che ce l'ha con noi. Sipario. 


giovedì 13 maggio 2021

Lazio, per fortuna che Ciro c'è. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI


8 e mezzo al Ciro d'Italia
-  Vedere una Lazio svogliata e con la testa al mare che cercava di intimorire un Parma già retrocesso con appena 20 punti e con ben 44 di differenza con noi, è stata una sofferenza. Dopo aver passato la giornata nel ricordo dell'impresa storica di Chinaglia e compagni del 12 maggio del 74, ci si è trovati ad assistere allo scempio messo in atto da tante comparse senza un minimo di orgoglio ed amor proprio. Per fortuna però tra tante figurine sbiadite c'è Immobile, uno che non molla mai e che si danna l'anima sempre dal primo all'ultimo minuto e che proprio all'ultimo assalto ha regalato alla gente laziale una vittoria insperata (la dodicesima consecutiva, incredibile..). E ha messo a segno la rete numero 20 in questo campionato e complessivamente la numero 150 con l'Aquila sul petto. Numeri da grande attaccante e bomber di razza. Grazie Cirù!

7+ a Sylva Strakoshina - Toh, chi si rivede, l'epurato di Formello. L'hanno ritirato fuori dalla naftalina per manifesta inferiorità di chi gli aveva sfilato il posto. Dice, come è andata? Beh, quanto meno con due pali che hanno preso loro ha dimostrato d'avere un lato B che al confronto quello de Belen è na padella. Poi è stato anche decisivo sullo 0 a 0. Vedremo come andrà a finire questa storia triste, certo è che metterlo in castigo è stata una brutta fazenda come diceva il desaparecido Beruschi. 

6+ a Lupo Alberto - Ha provato il colpo a sorpresa tirando fuori dal cilindro un numero dei suoi. Ma non c'era il coniglio, ma una maledetta traversa. E Silvan per una volta tira il fiato.

6 a Lazzari alzati e cammina - e continua a correre come sai, perchè qui tra chi tira i remi in barca e chi si presenta in infradito c'è aria di vacanza anticipata.

6 al Panter One - E' il talismano della squadra. E se pija bene con Ciruzzo. Come Colapesce con Di Martino, musica leggerissima, musica di vittoria.

6 ad Antonio Elia Acerbis - C'era una volta il ministro della difesa. Ora che anche le pulci gialloblu hanno mostrato di avere la tosse, è passato di ruolo. Un bel posto di usciere nel dicastero di via XX Settembre e la giornata passa tra un cruciverba e l'altro.

6 a Innamoradu - Va avanti per forza d'inerzia, collezionando record su record. Come Nino Frassica, che è arrivato da un pezzo tanto da non tingersi più i capelli, ma sta sempre lì da Fazio a sparare le stesse frescacce. E' record appunto. 

5 e mezzo a Massimo di Cataldi - Due più due quattro; tre per tre nove; sei diviso due tre. Ha fatto il compitino. Il problema è che sono tre anni che sta sempre in quinta elementare. E non va bene, perchè pure Nino D'Angelo è arrivato alla terza media.

5 e mezzo a dillo a parolo tuo - L'ho stanno spremendo come un limone, manco fosse na grattachecca. Voleva fare la stagione al chiosco della Sora Mirella a Lungotevere, ma se continua così non c'arriva. Manco er semifreddo potrà fa. 

5 a Correa l'anno 1900 - Il canestello pieno di merendine e succhi di frutta, il grembiule blu col fioccone bianco, i calzoni corti e i sandali da frate coi calzini sino al ginocchio, tutto è pronto per la Colonia. Viva la madre superiora!  

5 a Patric del Grande Fratello - Ma ancora qua sta sto rubagallne? La sua performance si può sintetizzare nel classico tanto fumo e un po' d'arrosto. Nè più nè meno di quello che fa Riccardo Rossi, che strilla strilla ma alla fine dei gochi non ha detto niente. Fa solo scena.

5- a c'è tanto da Fares - proprio tanto.

4 a Ke Pro e quando escalante el sol - Lui è peggio di me. Scemo più scemo. Dio li fa e poi li accoppia. E non andiamo oltre, sarebbe come sparare sulla Croce rossa.

3 a sono un pirata non sono un signore - Una cosa va detta: quando per tentare di prenderla di testa abbozza il salto, fa dimenticare improvvisamente tutte le cappellate che combina e i suoi impressionanti limiti. Sembra Alberto Sordi quando faceva il saltino, c'avete fatto caso? Non riesce a staccarsi da terra neanche di venti centimetri, uno spasso. Con quel volto così particolare, l'espressione vispa e appunto il saltino all'Albertone, Nina Murici potebbe tentare la fortuna nel varietà, rilanciando i mitici Brutos che tutti ricorderanno nel Carosello della Cera Grey con quella battuta finale diventata un tormentone: "Gianni, nonostante gli schiaffi che ti sei preso hai sempre una buona cera". Ovviamente lui prenderebbe gli schiaffi. Sipario.


domenica 9 maggio 2021

Lazio, addio sogni di gloria. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

6 e mezzo al Sergente - Per continuare a sperare in un posto al sole, la Lazio a Firenze doveva gettare il cuore oltre l'ostacolo e vincere, doveva fare insomma la partita della vita senza se e senza ma. Come è andata l'avete visto tutti, la partita della vita l'hanno fatta i viola, squadra che non vinceva da due mesi e mezzo e che ha preso una caterva di gol. Troppi assenti ingiustificati in campo, troppe amnesie nel gioco, troppe pippe al sugo come rincalzi, invece di reagire allo svantaggio iniziale i biancocelesti si sono via via sbracati e la reazione per cambiare la gara si è andata a farsi benedire. Peccato, ora però non si deve gettare alle ortiche quanto di buono è stato fatto comunque e chiudere in bellezza. Copertina d'obbligo al serbo che è stato l'unico a lottare e a predicare nel deserto fino alla fine nonostante la frattura al naso. Eroico.

6 a chi lo Leiva - La sua partita migliore nella partita peggiore della Lazio. Un paradosso. Come quello di Fedez che è diventato un politico e non fa più il cantante. Ma forse è la legge del cotrappasso perchè i politici sono in maggioranza cantastorie.

5 e mezzo a Totò Riina - Omo de panza, omo de sostanza e omo che paranza una volta sì e una volta no. Sì perchè qualcuna l'ha presa evitando il cappotto, ma anche vero che non è stato il valore aggiunto. Come Alba Parietti che ha affossato "Dieci" il programma di Carlo Conti.

5 e mezzo a Maru...sic - Il sonnambulo dal volto umano è rientrato nei ranghi. È partito in quarta come Paolo Colantoni ai Soliti ignoti con le mossette e le battutine ma è finito in folle proprio come lui che per stappare una bottiglia di spumante con la spada si è tagliato un dito.

5 a Innamoradu e veni, vidi, Lulic al 71° - Gli unici giustificati nella debacle generale a prescindere. Loro infatti almeno qualcosa di veramente importante l'hanno dimostrata in anni di militanza, ma gli altri? Il nulla, nè più nè meno di Fulminacci, che non a caso molti neanche sanno chi sia. 

5 al Ciro d'Italia -  Ei fu, siccome Immobile. Omaggio a Napoleone nel duecentesimo anniversario della scomparsa.

5 a Lupo Alberto - La prossima puntata di "Chi l'ha visto?" sarà uno speciale sul Mago improvvisamente sparito dal Franchi. Collegamenti da Formello con i compagni di merende della squadra che si sono allenati con lui e testimonianze del pizzicagnolo che frequenta per la spesa. Seguirà "Porta a porta" con il plastico dei suoi colpi migliori.

5- a Lazzari alzati e cammina - E' durato venti minuti. come Rocco Siffredi.

5- ad Antonio Elia Acerbis -  Quando anche i migliori vanno in tilt, vuol dire che è proprio finita. Chiedere conferma a Brignano che fa flop in contunazione col suo programma in tv.

4 e mezzo a chiedimi se sono Felipe - Un rientro bruciante. Come l'ha bruciato Vlahovic in occasione del raddoppio, manco Nerone con Roma.

4 e mezzo a Massimo Di Cataldi, a Ke Pro e sostiene Pereira - In tre non ne hanno fatto uno buono. Come Aldo, Giovanni e Giacomo che si sono sciolti perchè non fanno più ridere. 

4 a Correa l'anno 1900 - I maschietti a Carnevale si mascheravano da Zorro, le femminucce da Fatina. Per via Nazionale e Cola di Rienzo era tutta una passerella con le mascherine e i coriandoli che volavano nel cielo. Lui la maschera da calciatore la indossa da un pezzo ma è rimasto un pupo. Non cresce mai. Canzone preferita: 44 gatti; passatempo: lecca lecca; giocattolo: cavallo a dondolo; pubblicità: Pippo ippopatamo della Lines; canzone preferita: la pappa al pomodoro; dolcetto: scherzetto. Quello che fa ogni volta che tira in porta.

3 a sono un pirata non sono un signore - Ha avuto l'occasione per riscattasi dal suo status di sega internazionale entrando a venti minuti alla fine, ma ovviamente non solo l'ha sciupata ma non l'ha neanche presa in considerazione. Del resto come avrebbe potuto? Più lento di una tartaruga, più impacciato di un elefante, più impedito di una lumaca zoppa, Nina Murici alias Gamba di legno ha ampiamente dimostrato di non conoscere i fondamentali del calcio (manca la palla riesce a stoppare...) per cui è un'utopia consideralo un giocatore a tutti gli effetti e addirittura il salvatore della patria. Chiudetelo a chiave nelle cantine di Formello e via, problema eliminato. Sipario.


mercoledì 5 maggio 2021

"Io che non vivo" da Sanremo in tutto il mondo

di FRANCESCO TRONCARELLI 

Le canzoni, quelle belle, che fanno parte della memoria collettiva di un Paese, sono come certi amori, fanno dei giri immensi e poi ritornano. "Io che non vivo" di Pino Donaggio, capolavoro assoluto della storia del nostro pop è uno di questi.

Lanciato a Sanremo dall'artista veneziano con un buon successo, quando ormai non era più di moda per l'avvicendarsi di nuovi brani, tornò d'attualità per l'enorme successo internazionale che lo stava accompagnando. 

Una storia particolare che merita di essere raccontata in occasione dell'anniversario del suo primo posto nella prestigiosa classifica inglese che come è noto in quel periodo era dominata dai Beatles e dai gruppi della cosidetta "British invasion" che aveva conquistato il mondo.
 
Pino Donaggio aveva presentato “Io che non vivo (senza te)” al Festival di Sanremo del 1965, in coppia con Jody Miller, cantante country americana salita quell’anno alla ribalta grazie al brano “Queen of the House”, con il quale si sarebbe aggiudicata il Grammy l’anno successivo.
 
Forte del successo, grazie alla versione di Mina, del suo "Come sinfonia", Donaggio è un artista ormai maturo per puntare in alto. L'incontro col paroliere Pallavicini è determinate per comporre un pezzo che sembra fatto apposta per aggiudicarsi la vittoria del festival.
 
E' una ballata d'amore ma dall'arrangiamento arioso e classicheggiante, con un titolo che fa sospirare. Pino sale sul palco convinto della sua canzone e con il ritonello "io che non vivo più di un'ora senza te, come posso stare una vita senza te, sei mia, sei miaaaaa...", strappa applausi a scena aperta.
 

 
Lo stesso accade con la Miller. Sembra fatta e invece arrivano solo settimi con il podio a Bobby Solo insieme ai Minstrels con "Se pangi se ridi". Il pubblico però, come spesso accade, rivoluzionò la classifica sanremese con le vendite dei dischi.
 
E a distanza di due mesi dalla finale festivaliera, il 20 marzo, "Io che non vivo" raggiunse il primo posto della Hit Parade scavalcando Bobby e mantenendosi nella Top 10 fino alla fine di maggio.
 
Il brano insomma fece colpo, tanto che il grande regista Luchino Visconti se ne innamorò a tal punto da volerlo assolutamente inserire nella colonna sonora del suo “Vaghe stelle dell’Orsa” con Claudia Cardinale e Jean Sorel, quasi presagendo la futura carriera di Donaggio come compositore di musica da film.
 
L'influsso della formazione classica di Pino Donaggio, diplomato in violino nei conservatori di Venezia e Milano, e già membro dei Solisti Veneti di Claudio Scimone e del gruppo di Claudio Abbado, è molto evidente nella struttura di “Io che non vivo (senza te)”.
 
La melodia infatti è caratterizzata da una strofa in minore e da un ritornello in maggiore di grande respiro che ebbe un grosso impatto sul pubblico ed in particolare su una collega di Donaggio, la talentuosa Dusty Springfield presente anche lei in quella edizione del festival con "Tu che ne sai".
 
Dopo avere assistito all’esecuzione di Donaggio, pur non comprendendone le parole, la Springfield si commosse fino alle lacrime per la bellezza della canzone (che giudicò di gran lunga la migliore della manifestazione) e portò con sè in Inghilterra un acetato dell’incisione. 
 
 
L’anno dopo chiese a Vicki Wickham, sua futura manager, ed al giornalista musicale Simon Napier-Bell di adattarne il testo in inglese, “Io che non vivo” diventò così “You Don't Have to Say You Love Me”.

Dotata di una grande voce Dusty, la Mina d'oltremanica, incise il pezzo decine di volte, prima di avere un'intuizione sorprendente per esaltare il suo timbro vocale.
 
Fa posizionare dai tecnici del suono il microfono nella tromba delle scale dell'edificio che ospita lo studio di registrazione e lei canta dal fondo delle cantine, l'effetto eco che sogna in questo modo è assicurato.
 
Il disco così realizzato esce in Inghiltera ed è subito boom, nel giro di poche settimane entra in classifica e il 28 Aprile del 1966, esattamente 55 anni fa, raggiunge il primo posto della UK Singles Chart ed il 16 Luglio successivo la posizione #4 della Billboard Hot 100. 
 
Da quel momento la canzone spicca il volo e molti artisti decidono di inciderla e quando qualche anno dopo ci mette la voce ed il suo carisma Elvis Presley il successo diventa mondiale. 
 
"Buffa la vita -racconterà Pino Donaggio in una intervista- avevo cominciato a fare il cantante imitando Elvis ed ho avuto la soddisfazione di vedere a Graceland, la sua casa-museo, il disco d' oro da lui ottenuto con la mia canzone!”.
 
 
Votata in un referendum della BBC tra le cento migliori canzoni di tutti i tempi "Io che non vivo (senza te)" è diventata nel tempo un evergreen della musica pop conosciuto ovunque. Se la sua fortuna è stata quella di essere amata dalla Springfield e rilanciata da Elvis, molto della sua popolarità si deve anche alle innumervoli cover.
 
Nel corso degli anni infatti molti grandi interpreti internazionali hanno voluto misurarsi con questo classico della musica leggera, si ricordano quelle di Cher, Kiki Dee, Connie Francis, Tom Jones, Mel Tormé, Smokey Robinson, Richard Antony, Paul Mauriat, Luis Miguel, Elton John, Taylor Dayne, Shelby Lynne.
 
Gli inglesi Wall Street Crash presentarono al Festivalbar del 1983 una nuova accattivante versione di “You Don't Have to Say You Love Me” che fece centro e raggiunse la settima posizione della nostra Hit Parade. Nel 2012 Morgan reinterpretò le due versioni del brano (in inglese ed in italiano) per l’album “Italian Songbook Volume 2”.
 
Poi ci sono state la raffinata rivisitazione incisa nel 2014 da Chiara Civello in coppia con Gilberto Gil sino alla più recente e classica versione dei ragazzi de Il Volo che ha dato un ulteriore impulso internazionale a questo brano veramente unico ed eccezionale.
 
Un brano che non risente minimamente il tascorrere e l'usura del tempo. E' sempre attuale e moderno, ed ogni volta che lo si ascolta si rinnova l'emozione della prima volta. Magia della musica e di un capolavoro assoluto. 

Carlo Conti consegna il Premio alla cariera a Donaggio a Sanremo 2015


domenica 2 maggio 2021

Lazio, poker col brivido. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI 

9 a Correa l'anno 1900 - Se la Lazio non si complica la vita non è la Lazio. E' storia. Una vittoria netta, assicurata da un possesso palla devastante, si è rivelata nella parte finale una montagna russa di emozioni e strette di lato B che hanno messo ancora una volta a dura prova le coronarie dei tifosi. Ma tant'è e la vittoria (undicesima in casa consecutica, cosa successa solo nel 1927...) è stata al di là di tutto meritata e i tre punti ottenuti sono sicuramente pesanti e indispensabili per sperare nel posto al sole, leggi Champions. Copertina d'obbligo al puntero argentino che come col Milan con un Tucu di classe prima e un Tuca Tuca che manco la Carrà di bei tempi dopo, ha dato il meglio di sè. Avanti così fino all fine!

9 al Ciro d'Italia - Col sigillo numero 149, il bomber de noantri ha raggiunto il mito del calcio italiano Silvio Piola, nella classifica dei miglior goleador con la maglia biancoceleste. 149, mica bruscolini. Immobildream ha confermato insomma di non vendere sogni ma solide realtà rivelandosi un attaccante di razza. Tutto il resto sono chacchiere.

8 al Sergente - Vederlo fare a spallate in mezzo al campo e al tempo stesso smistare palloni di tacco (e in girata) è stato uno spettacolo. Solo lui è capace di coniugare il basso con l'alto, quello cioè che vanamente prova a fare il finto prete Fazio che alterna interviste in ginocchio a nomi importanti con le frescacce di Frassica e gli acuti di Orietta Berti. A ciascuno il suo. Noi ci teniamo l'Esorciccio.

7 e mezzo a Lupo Alberto -  Prova e riprova alla fine l'ha buttata dentro anche lui. Una magia che ha ammutolito di nuovo quel poveraccio di Silvan. Certo il Mago è un po' furastico, ma gli si perdona tutto: quando è uscito infatti è calato il buio ed erano appena le due.

7 a Lazzari alzati e cammina - e non fermarti più come hai fatto contro i rossoblu. Che fa pure rima. Una superprestazione su quella fascia in cui ha dato il fritto. E considerato che si giocava all'ora di pranzo non è poco. Loro i grifoni, lui ingrifato. Ai massimi livelli. Come Lino Banfi in quei film con la Fenech.

6+ a chi lo Leiva più - Ha ripreso a randellare come i bei tempi. Falli tattici e quant'altro. Quando riprenderà anche a impostare da dietro il gioco saremo a cavallo. Per adesso siamo con quello a dondolo.

6+ a Innamoradu - Ennesima performance tutta cuore. Battiamo le mani ai veri laziali.

6 a veni, vidi, Lulic al 71° - E' partito in quarta è finito in folle. Battiamo le mani all'eroe del 26 maggio. A prescindere. 

6 all'incredibile Hudt - L'uomo che si è fatto dittongo si è superato. Nè più nè meno di Massimo Ceccherini che non è saltato addosso alla Leotta nel programma di Carlo Conti. Non ha infatti combinato casini, anzi c'è stato un momento nel serrate finale genoano, che l'ha pure spazzata via come un Ibanez qualsiasi. La sua prestazione senza macchia e senza paura da difensore vero, sarà riportata in una delle  rubriche della Settimana Enigmistica più seguite: "Incredibile ma vero".

5 e mezzo all'abate Faria e Ake Pro - Inutili. Avete presente Ale e Franz?

5 a MaruSic - In pochi minuti s'è giocato tutta la buona reputazione conqusitata negli utimi tempi. Un autogol sfortunato sì ma sempre da pollo e una dormita clamorosa sul terzo gol loro (del resto non sarebbe il Sonnambulo dal volto umano) rischiano di fargli ritrovare quel "So" davanti il cognome che lo aveva contraddistinto per anni. Su, bello de casa, rimboccati le mani e faje vedè chi sei. Se ci sono riusciti Pio e Amedeo a fare strike ce la poi fa pure tu. 

5- a Totò Rina - Omo de panza omo de sostanza ma un rigore che è uno mai lo paranza. Se poi je tirano sul palo suo è 'n'artra toppa che pija. Come quella della Rai alla sfuriata di Fedez.

4 a Massimo Di Cataldi - Tenuto a lungo in naftalina a Formello, qualcosa per farsi nostare la doveva inventare. Assolutamente. Come Renga, che al Concertone c'azzeccava come Martufello agli Oscar, che nel cantare si è impappinato perchè ha visto la sua ex Ambra sul palco. Ma lui ha calcato troppo la mano, anzi il piede, e con quel 45 che se ritrova è stato letale. I tifosi spaparanzati sul divano a casa davanti la tv, assistendo incrudili a quella zampata che ha provocato il rigore e rimescolato le carte in tavola, hanno iniziato a sbroccare con imprecazioni irripetibili, al cui confronto quelle del più ispirato Sgarbi sono litanie da educanda delle Orsoline. Voleva lasciare un'impronta sulla partita? C'è riuscito in pieno. Ora però dateci tregua. Rimettetelo in naftalina e tenetelo a lungo in armadio. Sipario.  




Appunti di gioco

di Roberto Taglieri

 

Domenica, 2 maggio 2021

Contro il Genoa la Lazio si afferma soffrendo. All’Olimpico nell’anticipo di pranzo valido per la 34sima giornata di serie A i biancocelesti, già in vantaggio per 4 reti a 1, subiscono una doppietta nel finale di gara che li mette a rischio vittoria, che in affanno arriva comunque col risultato di 4-3. La Lazio deve mantenere viva la speranza Champions e quindi deve vincerle tutte, il Genoa è quasi salvo, ma non può ancora abbassare la guardia; Ballardini perde Pandev per squalifica ma s’infortuna anche Criscito, quindi gioca Radovanovic dal primo minuto. Inzaghi invece, che schiera Hoedt al posto di Acerbi fermato dal giudice sportivo, è ancora senza Caicedo; a sinistra Lulic oggi è preferito a Fares, mentre Marusic torna a fare il difensore a destra. La Lazio è in completo controllo della partita sin dall’inizio, mettendo alle corde gli avversari, sempre in affanno. Una sassata di Immobile al 3’ è deviata da Perin devia in angolo, poi un colpo di testa di Lulic va fuori e ancora Immobile manda a lato al 6’. Immobile al 15’ di sinistro calcia di collo pieno ma Perin riesce ancora a respingere. Al 18’ Milinkovic dai 18 metri tira una bomba e trova di nuovo il portiere. Finalmente alla mezz’ora la Lazio passa, stavolta con un po’ di fortuna, perché il rinvio di Radovanovic sbatte sulle gambe di Correa e la palla finisce in rete per l’ 1-0 dei biancazzurri. Radovanovic inguaia i suoi anche al 42’, perché ostacola Immobile in area e Giacomelli concede il calcio di rigore. Va alla battuta lo stesso Immobile, che spiazza Perin e raddoppia. Il massimo sforzo del Genoa prima della fine vede Reina salvare sul forte tiro di Strootman, che di fatto è l’ultimo brivido. Dopo il riposo il Genoa sostituisce Radovanovic, Goldaniga e Destro, segnando subito per una sfortunata deviazione di Marusic, che col tacco mette in porta un cross del nuovo entrato Ghiglione. Ma immediatamente dopo Luis Alberto ristabilisce le distanze con un tocco a girare dal 16 metri, che non lascia scampo a Perin. Al 56’ i biancazzurri se ne vanno in contropiede; Immobile porge a Correa, che col destro calcia rasoterra; il portiere devia in porta e la Lazio cala il poker. Al 75’ Cassata impegna Reina, poco dopo Immobile si mangia il quinto gol, ma ora per i biancocelesti sta arrivando il momento no. Inizia Cataldi, che con un pestone a Badelj fa scaturire un rigore: batte Scamacca che supera Reina e il Genoa accorcia. Passa un minuto e Shomorudov, poco contrastato da Lazzari riesce a calciare in porta ed indovinare lo spiffero tra palo e portiere, trovando la terza rete rossoblu. Così in un minuto di appannamento totale la Lazio si ritrova a rischiare, mentre il Genoa si riversa in avanti.  La sofferenza laziale dura sino al 94’; il fischio finale di Giacomelli consente ai biancazzurri di portare in porto l’undicesima vittoria casalinga della stagione, che peraltro rappresenta un piccolo record per i capitolini. Altri tre punti d’oro per la squadra di Inzaghi, che continua a cercare di tenere il passo delle altre ed ora si attesta a quota 64 punti. Non sono poi proibitive le prossime due gare per la Lazio, che dovrà affrontare Fiorentina e Parma prima del derby: la fiammella della qualificazione Champions è ancora accesa.

 

LAZIO GENOA 4-3   30’ 56’ Correa 43’ Immobile (r) 47’ Marusic (a)  48’ Luis Alberto 80’ Scamacca (r) 81’ Shomurodov

LAZIO: Reina, Marusic, Hoedt, Radu, Lazzari, Leiva (57’ Cataldi), Milinkovic (83’ Akpa), Luis Alberto (82’ Pereira), Lulic (67’ Fares), Correa (83’ Parolo), Immobile. All: Inzaghi.

GENOA: Perin; Biraschi, Radovanovic (46’ Ghiglione), Masiello, Goldaniga, Zajc (46’ Pjaca), Badelj, Strootman (52’ Rovella), Zappacosta (70’ Cassata), Destro (46’ Scamacca), Shomurodov. All. Ballardini.
Arbitro Giacomelli