mercoledì 23 giugno 2021

Hit parade inglese, prima dei Maneskin c'è stato Little Tony

 di FRANCESCO TRONCARELLI

In questi giorni è stato tutto un rincorrersi nei media con la notizia dei Maneskin "primi italiani nella classifica inglese".

Giornali, televisioni, radio hanno giustamente rilanciato l'ingresso della band romana nella prestigiosa chart d'oltremanica, attribuendo ai ragazzi di Monteverde lo storico primato.

Qualcuno poi, meno superficiale, ha precisato che in realtà erano trent'anni che non succedeva una cosa del genere, quando fu Andrea Bocelli ad entrare trionfalmente in quella hit parade. 

Nessuno però ha ricordato chi è stato veramente il primo ad arrivarci, il primo italiano a vedere il suo nome a fianco di artisti di fama internazionale ed altri che lo sarebbero diventati di lì a poco.

Quell'artista si chiamava Little Tony, era giovanissimo ed aveva conquistato Londra. Incredibile ma vero. Fu in Inghilterra infatti che il Ragazzo col ciuffo iniziò la sua carriera e a farsi conoscere.

Il Ragazzo col ciuffo

Prima di Bocelli, prima dei Maneskin a cui auguriamo di essere i primi italiani ad essere primi in classifica e molto prima di tutti quelli che con qualche 45 giri si trovarono catapultati nel tempio della musica più venduta e ascoltata.

Una storia che non tutti conoscono, come la buca presa dalle nuove leve del giornalismo on line conferma e che merita proprio per questo di essere narrata e che racconta di una famiglia di Tivoli con ascendenze sanmarinesi che amava la musica, i Ciacci.

Novino era il capofamiglia, faceva il cantante e si accompagnava con la fisarmonica insieme al fratello chitarrista Settembrino e i suoi figli, Antonio, il più piccolo che canta anche lui e i fatelli più grandi Alberto ed Enrico che strimpellano la chitarra e suonano la fisarmonica. 

Sulla scia del papà, Antonio comincia a muovere i primi passi suonando nelle osterie e ristoranti dei Castelli Romani, canta ai matrimoni, alle feste, nelle balere e nei locali da ballo. Coi fratelli forma un trio che si disimpegna bene e sa affrontare il pubblico.

Da qualche disco regalatogli da turisti americani scopre il rock and roll e se ne innamora. Ha quindici anni quando, nel 1956, nel corso di una serata in un ristorante di Grottaferrata, trova il coraggio di proporre insieme ai fratelli, uno di questi scatenati brani dal ritmo travolgente che arrivano d’oltreoceano. 

Il pubblico lo applaude convinto e per lui è un incoraggiamento a continuare su quella strada. La sua fama valica la regione e comincia ad essere ingaggiato un po' dapertutto. In un'esibizione al Teatro Smeraldo di Milano, è osservato dall'impresario inglese Jack Good, che gli offre la possibilità di lavorare con i fratelli in Gran Bretagna.

Little Tony negli uffci della Decca con Jack Good e gli autori di "Too Good"

Entusiasmo alle stelle e trasferimento immediato con una valigia di cartone piena di sogni. Sbarcato a Londra Antonio assume il nome d'arte di Little Tony, come omaggio a quello di Little Richard e nasce il gruppo "Little Tony and His Brothers".

Gli spettacoli hanno tale successo da indurre Little Tony a rimanere in Inghilterra. La Decca gli fa un contratto e così pubblica un disco contenente quattro classici del periodo: "Believe what you say", "Lara lovin’", "I’m walking" e "Take me nice". 

Il prodotto è destinato a essere venduto direttamente al pubblico che assiste alle sue esibizioni. Sono proprio queste incisioni ad attirare l’interesse del conduttore del programma televisivo “Boys Meet Girls”, che lo scrittura. 

È l’inizio della fortunata avventura di Little Tony che diventa l'idolo dei giovanissimi britannici conquistati dalle sue interpretazioni a ritmo di rock e dalla sua simpatia irresistibile. 

Uno degli autori di Elvis Presley, Doc Momus, scrive per lui insieme a Mort Shuman "Too Good", che  viene presentato nella trasmissione "Wham!" (è da qui che George Michael ha preso il nome della sua prima band), dove era ospite fisso.

il 45 giri che lo lancia nella UK Chart

Con lui ci sono altri tre giovani cantanti, Adam Faith, Craig Douglas e un certo Cliff Richard, destinato a diventare Baronetto per meriti artistici di Sua Maestà la Regina Elisabetta come i Beatles. 

Tony sarà il personaggio più votato dagli adolescenti incollati davanti al televisore e il suo disco "Too good" in un mese venderà oltre mezzo milione di copie e lo fa entrare nella classifica inglese. Era il 1959, aveva 18 anni, più giovane quindi dei Maneskin, di Bocelli, di Tony Renis e compagnia cantando.

In due anni era diventato un idolo per i teenagers d'oltremanica e addirittura era entrato nella Hit parade di quel paese che dettava legge in termini di musica. Nonostante fosse arrivato a Londra non tanto senza una lira ma soprattutto senza sapere una parola di inglese.

Nella Top Twenty

Prendeva il treno a carbone e andava a Manchester da dove andava in onda il programma "Boys Meet Girls" che ha fatto la storia del rock in tv per cantare accompagnato dai suoi fratelli e i giovani impazzivano.

Una popolarità enorme. Di cui chi scrive ha avuto una conferma inoppugnabile in tempi successivi, avendo assistito all'incontro tra Al Stewart, cantautore di fama internazionale con successi del calibro di "The year of the cat" e "Time Passages" conosciuti in tutte il mondo, e Little Tony che si svolse dietro le quinte dei "Migliori anni".

L'artista scozzese, ospite di prestigio del programma di Carlo Conti, volle conoscere quello che era stato un suo idolo quando era giovanissimo, e perciò andò a trovare nel camerino Tony che partecipava anche lui alla trasmissione, per stringergli la mano.

Una scena molto festosa durata qualche minuto, tra sorrisi, battute e pacche sulle spalle da parte del numero uno mondiale del pop verso il nostro Ragazzo col ciuffo, che ebbe un epilogo da commedia all'italiana al termine dell'incontro.

Quando Al Stewart andò via infatti, Tony rivolto al suo agente chiese "ma questo chi era?", non avendolo ovviamente riconosciuto.

Fantastico Ciacci, performer di razza col rock nelle vene e una bella persona, semplice, simpatica, disponibile con tutti. Il successo ottenuto in Gran Bretagna dove ad applaudirlo c'erano future pop star come Al Stewart e Paul McCartney, gli aprì le porte della scena musicale italiana. 

Alla fine del 1960 tornerà nel Bel paese e in coppia con l’altro astro nascente Adriano Celentano, porterà il rock and roll al Festival di Sanremo con il brano "24.000 baci". 

La sua carriera da quel momento non si fermerà più e sarà costellata da milioni di dischi venduti. Come quello inciso in Inghilterra, un lento alla Elvis che lo portò nella classifica più intrigante del mondo.




lunedì 21 giugno 2021

Orietta va a Mille

di FRANCESCO TRONCARELLI 


Incredibile, in tanti anni di più che onorata carriera, Orietta Berti non era mai arrivata in testa alle classifiche di vendita. Nonostante una serie di successi di quel genere melodico e nazionalpopolare che ha sempre interpretato, la soddisfazione di essere la numero uno nelle vendite non l'aveva mai colta.

Ma, come è noto, c'è sempre una prima volta e questa poi ha un sapore particolare, perchè arrivata inaspettatamente e su uno dei suoi colleghi e rivali storici, Gianni Morandi. Sono passati 60 anni infatti dal loro esordio, ma Orietta e Gianni sono ancora in pista e soprattutto l'uno contro l'altro per conquistare l'applauso del pubblico e sfondare nel mercato discografico. 

Una sfida tornata d'attualità la scorsa settimana quando nelle radio e nei servizi di streaming c'è stato il lancio delle nuove canzoni di questi due big del nostro pop, l'eterno ragazzo della canzone italiana e l'usignolo di Cavriago, in attività sin dal lontano 1961. 

Quell'anno gli aspiranti "saranno famosi" emiliani si sfidarono per la prima volta nella loro carriera il 15 aprile partecipando al concorso Voci Nuove Disco d'Oro a Reggio Emilia, lui con la canzone "24mila baci" di Celentano lei con Il cielo in una stanza di Gino Paoli, qualificandosi entrambi per la finale che vide Orietta sesta e Gianni nono.

Da allora non si sono più fermati, inanellando una serie di successi e affrontandosi in decine di competizioni e kermesse musicali di prestigio, da Canzonissima al Disco per l'Estate, da Sanremo al Cantagiro, dal Festivalbar alla Gondola d'oro. Ovunque c'era musica c'erano loro.   

Adesso sessant'anni dopo quella prima sfida, sono di nuovo in competizione perchè hanno esordito contemporaneamente con due nuovi singoli: Orietta Berti canta in "Mille", insieme a Fedez e Achille Lauro, Gianni Morandi canta (da solo) "L'allegria", scritta da Jovanotti e prodotta da Rick Rubin.

Morandi e Orietta, colleghi e rivali da sempre

E fanno centro. Secondo i dati diffusi da Radio Airplay, le due canzoni sono le più alte nuove entrate, in particolare "Mille" è in vantaggio al settimo posto, mentre "L'allegria" si attesta nella graduatoria al sedicesimo.

Poi è arrivata la classifica delle vendite diffusa dalla FIMI, che ha rivelato che Orietta è prima. Un vero trionfo, perchè il brano ha staccato nomi di grido presso il pubblico giovanile come Sangiovanni (con "Malibù"), Aka 7even (con "Loca"), Rocco Hunt e Ana Mena  (con "Un bacio all'improvviso") e i lanciatssimi Maneskin (con "Zitti e buoni") che sono in classifica da ben 16 settimane.

La Berti insomma sta prevalendo alla grande sul collega-rivale e fra i due "vecchietti " irresistibili e irriducibili della musica leggera, anzi leggerissima è quella che va veramente a Mille in tutti i sensi.

“L’allegria”, che canta Morandi è un pezzo che strizza l'occhio al rock e che mescola elettronica e citazioni anni 60. Si sente molto l’impronta dell’ex “ragazzo fortunato” e anche il suo indomito “penso positivo”, il resto ce lo mette il Gianni nazionale, con la sua voce e la sua simpatia e la sua manona ancora infortunata. 

Dal canto suo Oriettona, forte di una popolarità enorme (ospite fissa a Che tempo che fa) che l'ha portata a Sanremo con un pezzo che è molto piaciuto ("Quando ti sei innamorato") in cui ha confermato le sue eccezionali qualità vocali, è la regina di cuori nel nuovo brano firmato da Fedez, una sorta di twist post-moderno in cui il marito della Ferragni e il fantasmagorico Achille Lauro sono i suoi valletti.

Un trio improbabile con la Berti sempre impeccabile, ma che tira, sostenuto da un mix di nostalgia vintage e sonorità contemporanee che ha nel ritornello familiare e iper-orecchiabile il pezzo forte. Il video (verso 9milioni di visualizzazioni) di cui Giulio Rosati ha curato la regia per Maestro Production, riproduce lo scenario tipico di una calda giornata estiva negli anni ’60, in linea con la musica del disco.

Mara e Orietta impegnate nel balletto di Mille

Tra bagni in piscina con le vistose cuffie colorate e i vestiti tipici del tempo, passerelle a bordo vasca e gossip dal parrucchiere la musica incalza. L’apparente tranquillità iniziale e la sensazione di relax trasmessa si tramuta gradualmente in una situazione di caos totale e coinvolgente.

Questa atmosfera in crescendo non viene percepita dallo spettatore prima delle scene finali, confuso come è dalle espressioni statuarie dei protagonisti della clip, indifferenti a ciò che li circonda, poi però tutto cambia. Nel ritornello Orietta Berti mentre sventola un ventaglio piumato azzuro, canta “labbra rosso Coca-Cola”, assist alla nuova campagna di comunicazione della bibita.

Non a caso il Codaconos ha presentato un eposto all'Antitrust per vietare la trasmissione sul web e in radio del pezzo "Mille", per pubblicità occulta a favore della nota bibita gassata con la scusa del brano musicale. Ma sarà tempo sprecato, come insegna Vasco con la sua "Bollicine".

Orietta intanto si gode felice il meritato primato e racconta: «Tutto è iniziato a Sanremo dove ho conosciuto Fedez che mi ha fatto ascoltare la canzone dicendo che se non mi fosse piaciuta me ne avrebbe fatta un'altra per l'autunno, invece mi è piaciuta molto e l'ho registrata».  

Così quindi è nata la bozza di Mille che si è poi allargata con l'arrivo del terzo elemento, Achille Lauro che ha chiesto di partecipare al disco. Orietta si è molto divertita nella registrazione e si vede e al riguardo precisa «Chiesi a Federico come avrei dovuto cantare la mia parte e lui mi disse di farla come volevo». 

Il balletto, invece, di cui è stato pubblicato anche un ironico tutorial su Instagram, è nato da un'idea di Achille Lauro e sta contagiando un po' tutti. L'estate intanto è arrivata, il tormentone a tre pure, con quel pizzico di leggerezza e autoironia che rende i suoi protagonisti unici. Soprattutto Orietta.

 


mercoledì 16 giugno 2021

Califano, ecco la prima canzone

di FRANCESCO TRONCARELLI  


Poeta, uomo libero, cantautore con una marcia in più e tanto sentimento nel descrivere amori, sofferenze, gioie e monotonie quotidiane, Franco Califano è stato un artista unico, lontano dal giro dei soliti noti e degli impegnati di complemento al servizio del potere.

Un personaggio dello spettacolo speciale, vicino alla gente, protagonista assoluto della scena musicale italiana ed autore di brani entrati nella storia del nostro pop. Pezzi come "Minuetto", "La musica è finita", "E la chiamano estate", "Io e te un grande amore e niente più", "Me 'nnamoro de te", "L'ultimo amico va via", "Un mondo piccolo" per citarne solo alcuni. 

E in particolare quel "Tutto il resto è noia" considerata un manifesto esistenziale e della sua filosofia di vita, una canzone con cui scandaglia le emozioni che regala ogni storia d’amore, soprattutto nella fase iniziale, dove la novità e le prime avventure sono moltissime, per avviarsi poi tristemente in quel senso di noia, quotidianità, apatia che spegne l’ardore dell’inizio. 

Canzoni indimenticabili e divenute immortali, conosciute da tutti perchè hanno accompagnato il suo successo e quello degli artisti che le hanno interpretate prima di lui. Ma ce ne sono altre però ugualmente belle ma sconosciute ai più, perchè interpretate da Franco agli inizi della carriera, quando muoveva i primi passi nell'ambiente ed era uno dei tanti che provava a sfondare.

il Califfo cantante per la prima volta

Sono quelle composte quando era all'Ariston, dove il futuro Califfo scriveva come paroliere i testi delle canzoni per gli artisti della etichetta. E' qui, in questo contesto di effervescente creatività, che provò a saltare il fosso passando dalla scivania al microfono, cantando e incidendo un 45 giri con delle canzoni sue, scritte per sè e non per gli altri come stava facendo. Sono i primi due brani in assoluto di cui è autore che interpreta. 

E li propone al pubblico, spiegando sul retro della copertina del 45 giri, chi è ed i motivi per cui ha voluto incidere il disco, con un testo molto semplice e diretto: "Sono Franco Califano e questo è il mio primo disco. Ho deciso di cantare, spronato dai miei amici e mi auguro vogliate apprezzare le mie canzoni. Io ce l'ho messa tutta, col vostro aiuto cercherò di fare sempre meglio. Grazie! Franco Califano".

I due pezzi del debutto, composti per la parte musicale da Gianni Guarnieri figlio del grande direttore d'orchestra Antonio ed arrangiati dal maestro Enrico Simonetti, fanno già intravedere gli elementi della poetica del cantautore romano, cioè gli amori, gli amici e in sottofondo la malinconia.

Il primo, su cui si punta tutto, lato A del disco, s'intitola "Ti raggiungerò", ed è un brano di ampio respiro, una piacevole scoperta per chi lo ascolta per la prima volta, per l'atmosfera che lo avvolge e che rimanda ad echi dei grandi standard americani, in cui Califano pur essendo al debutto come cantante, dimostra tutta la stoffa che ha.

L'altro brano, "Amica malinconia" è introdotto da un parlato che anticipa i famosi monologhi in musica che reciterà in seguito da affermato cantautore, la voce, che può essere scambiata per quella di Fred Bongusto specialista di canzoni di questo genere, belle e delicate nei toni, è in linea con la melodia molto soft del pezzo musicato sempre da Guarnieri.

Paroliere e quindi cantante, un passaggio conseguenziale e logico ma non scontato per un tipo come il Prevert di Trastevere. L'epilogo infatti di quel primo disco è incredibile. Califano insieme ad altri artisti della casa discografica Ariston, fu scelto per partecipare al Festival delle Rose, la prestigiosa manifestazione canora che si svolgeva nei saloni dell'Hilton di Roma, nata per iniziativa della RCA sulla scia di Sanremo e Cantagiro.  

L'edizione del '65 prevede due sezioni, i Campioni, tra cui Sergio Endrigo, Bruno Lauzi, Orietta Berti, Edoardo Vianello, Peppino Gagliardi e Bruno Martino col pezzo di Califano "E la chiamano estate". Fra i giovani appunto il debuttante Franco con "Ti raggiungerò".

Applausi, riflettori, orchestra diretta da Bruno Canfora il maestro di Studio Uno della Rai, tutto pronto, ma quando Corrado che presentava con l'attrice Carla Puccini lo chiama alla ribalta, il colpo di scena, Franco si produce in un inchino e poi al microfono annuncia il forfait: "Grazie, come non detto". 

Califano paroliere
Il pubblico in sala pensò che stesse male e l'esordiente successivo che venne chiamato, fece passare quasi inosservato il suo ritiro. Oggi però, questo momento così imbarazzante ci appare veramente incredibile conoscendo la personalità così decisa dell'artista e una certa sfrontatezza guascona e irresistibile. 

La motivazione di quel ritiro all'ultimo momento però è comprensibile facilmente dal suo stato d'animo, da come Califano si sentiva in quel periodo dal punto di vista professionale. All'epoca infatti, di inseguire chimere con le canzoni, non gli importava più di tanto, lui si divertiva semmai a scriverle.

Lo spiegò poi nella sua prima autobiografia: "Non ho mai creduto in niente, neppure nelle mie possibilità come cantante. Se ci avessi fatto affidamento, avrei cominciato all'epoca dei cantautori, quando tante cornacchie gracchiavano ed era subito notorietà. Io invece avevo un sacro pudore. Non è che non ci provai, ma la convinzione mancava tutta".

Il tempo però avrebbe lavorato sulla sua ritrosia, regalando al pubblico non solo un autore di talento, ma anche un artista a tutto tondo, capace di interpretare nel modo migliore e in uno stile inconfondibile, le proprie canzoni, di dargli una vita, un respiro, un cuore. Ed è stato un bene per tutti.

Ecco allora il Califano dimenticato, tutto da ascoltare in religioso silenzio ed applaudire come sempre.




martedì 8 giugno 2021

Memo Remigi, un reggaeton senza età

 di FRANCESCO TRONCARELLI


Un Memo Remigi come non l'avete mai visto e soprattutto immaginato. O forse sì, ma non a questi livelli, così sciolto, ammiccante e irresistibilmente ironico. 

A 83 anni appena compiuti il Memo nazionale si è regalato e regalato al pubblico, un brano travolgente destinato a diventare un tormentone dell'estate ormai prossima, libera da coprifuochi vari e restrizioni conseguenti. 
 
Ha sparigliato una carriera ultradecennale di autore raffinato e interprete intenso di brani entrati nella storia del nostro pop, con un reggaeton che trascinerà in pista tutti.

Il pezzo s'intitola "ComoSaphira, è già in rotazone nelle radio e in digitale ed anticipa la pubblicazione di un album prevista per l'autunno.

Garbato, mai sopra le righe e da sempre un gran signore nei modi e nella mentalità, Memo Remigi è una delle icone della nostra musica leggera, un esempio di professionista di razza che col suo piano ammalia letteralmente chi lo ascolta.

in giacca e cravatta al piano

Un crooner raffinato che potrebbe cantare anche l'elenco del telefono tanta è la sua classe ed un intrattenitore navigato che riesce a coniugare la buona musica con gli aneddoti di una vita nello Spettacolo.

Una piacevole novità per chi l'ha scoperto coi suoi interventi a tutto tondo a "Propaganda live" nella banda di Diego Bianchi "Zoro" e compagni su La 7 (vedere i commenti su Twitter al riguardo).

E una piacevole conferma per chi già lo conosceva e l'ha ritrovato a "Oggi è un altro giorno" condotto da Serena Bortone su Rai 1, respirando con lui indimenticabili atmosfere di una volta. 

Scoperto da Giovanni D’Anzi, fan e imitatore di Tony Dallara di cui poi è diventato amico e compagno di viaggio in tante tournèe, cantautore di spessore (sue, tra le altre, "Io ti darò di più", "La notte dell’addio" e ovviamente il cavallo di battaglia "Innamorati a Milano") Memo non ha mai smesso di stupire. 

E' stato sempre avanti e un personaggio a tutto tondo. Al di là delle sue qualità artistiche infatti, ha sempre cercato di reinventarsi con intelligenza e gusto. Un esempio fra i tanti.

nella casa di riposo di Cologno Monzese

Prima che dilagasse la pandemia, con un gruppo di amici musicisti andava a esibirsi nelle case di riposo lombarde, portando una ventata di vita e serenità agli anziani facendoli partecipare alle sue performance.  

E anche questo nuovo e incredibile disco, vuole essere una spinta per scacciare questo periodo cupo che stiamo vivendo, per fare emergere la spensieratezza e l’allegria che sono state accantonate in un angolo.

E' una canzone fatta con molta ironia insomma, un brano ballabile (ad ispirarlo il famoso balletto di Gianulca Vacchi col suo cameriere) in linea col suo carattere e modo di essere. 

Il titolo stesso, "ComoShapira" è un termine nonsense sulla scia del personaggio televisivo che Remigi in questi ultimi tempi ha proposto al pubblico (a base di humor, pianoforte, interviste surreali) e con cui si è guadagnato uno spazio “virale” sui social.

Il brano ha una collaborazione con un rapper, Nartico, cantautore della scena indie, per avvicinare anche il mondo più giovane coi suoi gusti e stili ed è una presenza che arricchisce di contenuti un'operazione peraltro riuscitissimma di suo.

reggaeton sulla spiaggia
Prodotto da Clodio Music e scritto da Remigi-Nartico, per le edizioni musicali Clodio Management & Novalis, il pezzo è anche un neoromantico videoclip per la regia di Davide Legni che sta andando fortissimo.
 
Memo tutto di bianco vestito, Panama in testa e sigaro in bocca, si muove sinuosamente e danza attorniato da un corpo di ballo molto affiatato che segue le coreografie del mitico Enzo Paolo Turchi (ricordate il Tuca Tuca con la Carrà?).

Cristina Da Villanova, Felice Lungo, Federica Della Pelle, Francesco De Simone, Tiziana Cardella e Mario Giuseppe Uzzi sono i ballerini che movimentano la scena sulla spiaggia del Bagno “Havana Club Beach” di Focene al tramonto.

Un momento di relax intrigante e sound irresistibile con Remigi, che tra un incursione e l'altra di Nartico, diffonde emozioni e ritmo caliente con la sua vocalità suadente e inconfondibile.

“Nella Plaza del Sol se ci penso sai ti vedo ancora, tu che arrivi così con il tuo vestito bianco e un fiocco viola. Com’è stato non so, tutto così all’improvviso, Tu avevi però le chiavi del paradiso”. Vamos a bailar Memo!

 


mercoledì 2 giugno 2021

Gianni Meccia, 90 anni in musica

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Se fosse nato in Francia gli avrebbero dato la Legion d'onore come a tutti i grandi vecchi dello spettacolo, il ministro della Cultura avrebbe fatto un tweet celebrandone l'impegno per la Cultura e il lustro per il paese e le tv avrebbero fatto degli speciali per omaggiarlo. 

Ma Gianni Meccia ha avuto la sfortuna di nascere nel Bel paese che da sempre dimentica tutto e tutti e non ha memoria per chi comunque ha segnato momenti del costume e della sua storia ricordandosene solo quando è troppo tardi e non serve più.

Ecco perchè dei 90 anni di Gianni Meccia non ne parlerà nessuno, non ci saranno interviste del Mollica di turno nè articoli o reportage di giornali e programmi televisivi. 

Troppo vintage lui, troppo ignoranti loro, e non solo per ovvi motivi anagrafici, giustificabili peraltro, ma per la mancanza di essere sul pezzo e di conoscere come si sia arrivati all'oggi nel mondo dello Spettacolo.

Allora ricapitoliamo per tutti, Gianni Meccia, ferrarese di belle speranze con la passone del varietà e uno spirito anticonformista e in anticipo sui tempi è stato il primo cantante ad essere definito "cantautore", prima di Paoli, Tenco, De Andrè, De Gregori, Venditti e così via.

Il termine fu appositamente coniato da Ennio Melis e Vincenzo Micocci della RCA per lanciarne la carriera e in considerazione che, al contrario delle maggiorparte degli artisti della prestigiosa casa discografica di via Tiburtina, i pezzi se li scriveva e musicava da solo.

Si era trasferito a Roma a metà dei Cinquanta, in cerca di gloria, vivendo alla giornata tra comparsate, doppiaggio ed esibizioni nei locali notturni, l'incontro con Franco Migliacci che lo porta alla RCA, la svolta per la sua carriera.

Col primo disco che incide "Odio tutte le vecchie signore" scoppia subito lo scandalo. Lo presenta al Musichiere di Mario Riva, ma quel testo ironico e più da cabaret che da canzone di musica leggera, lo fa bollare come indesiderabile per la Rai.

Si cambia musica allora ed è il boom. Col "Barattolo" infatti scala i veritici delle classifiche in poco tempo e diventa un personaggio da copertina. Il 45 giri con quel titolo così insolito, dà il via ai favolosi Sessanta ed è il primo disco in cui il grande Ennio Morricone ha speso la sua creatività.

Ingaggiato dalla casa discografica come arrangiatore, il maestro ha l'idea vincente per caratterizzare il brano. Dopo varie prove prende un barattolo e lo fa rotolare con uno spago sopra uno scivolo con una superficie ricoperta di ghiaia e cemento, incidendone il rumore con un microfono ad asta. Primo esempio di house music in assoluto.  

A conferma della popolarità che aveva "Il barattolo", va ricordato che il regista Florestano Vancini lo sceglie per accompagnare le scene finali del film "La lunga notte del ‘43" con Gino Cervi, Enrico Maria Salerno e Belinda Lee. Un momento bellissimo.

Quando uno dei protagonisti ritorna di passaggio in città nell’estate del ’60, la leggerezza dolce e malinconica del brano che fa da sottofondo, rende indimenticabile e struggente il contrasto tra il dramma passato all'epoca della guerra e il presente spensierato sottolineato dalla canzone.

Il successo è replicato dal singolo successivo, "Pissi pissi bao bao", e, alla fine dell'anno, da "Il pullover", canzone morbida e avvolgente proprio come il maglione che pare ridonare il calore dell’amata e che Meccia racconta di aver ironicamente concepito quando un gregge di pecore attraversava via Nomentana davanti alla sua auto. 

Nello stesso periodo riscuote un grande successo come autore con "S'è fatto tardi" (su musica di Lilli Greco) "Folle banderuola" cantata da Mina, "Alzo la vela", interpretata da Jenny Luna, "Primo sguardo", scritta per Nilla Pizzi, e "Così, a poco a poco" cantata da Teddy Reno.

Nel 1961 debutta al Festival di Sanremo con il brano "Patatina", scritto insieme a Franco Migliacci e cantato in coppia con Wilma De Angelis tornato d'attualittà recentemente per reclamizzare una nota marca di patatine fritte.

Naturalmente la grande popolarità gli aprì le porte del cinema, niente di trascendentale ovvio, si trattava di musicarelli, pellicole nate sulla scia di una canzone di successo o che riunivano artisti sulla cresta dell'onda, ma che incassavano fior di milioni di lire e riempivano le sale.

Citiamo fra i tanti "Nel blu dipinto di blu (Volare)" con Domenico Modugno, "I ragazzi del Juke-Box" con Celentano, Fred Buscaglione e Tony Dallara, "Urlatori alla sbarra" sempre con Celentano, Mina, Joe Sentieri, i Brutos e addirittuta Chet Baker, "Io bacio... tu baci" con Mina, Peppino di Capri, il Molleggiato, Jimmy Fontana.

 

Ancora "Colpo gobbo all'italiana" con Gino Bramieri, Ombretta Colli e Mario Caratenuto,  "L'amore difficile" con Nino Manfredi, Gassman e la Spaak, "Gli Italiani e le vacanze", "Canzoni in bikini" con Edoardo Vianello, Ornella Vanoni e Miranda Martino, "Diciottenni al sole" con Catherine Spaak, Umberto Orsini e Mario Brega, "Per amore ...per magia" con Gianni Morandi.

Collabora quindi con il maestro Piero Umiliani, con il quale scrive "In un mare di guai" per la colonna sonora del film "Mariti a congresso" (regia di Luigi Filippo D'Amico) e "Un milione per uno" per "I soliti rapinatori a Milano" (regia di Giulio Petroni). 

Nel 1962 partecipa nuovamente come autore a Sanremo, con la canzone "Cose inutili" il cui testo venne scritto dall'attore Ugo Tognazzi, interpretata da Fausto Cigliano e Jenny Luna, che viene eliminata; nello stesso anno pubblica un altro 45 giri per un film di genere mitologico, "Arrivano i titani", esordio dell'aitante Giuliano Gemma per la regia di Duccio Tessari.

Alcune sue canzoni vengono raccolte nel 33 giri "Le canzoni d'amore di Gianni Meccia" con la celebre copertina realizzata da Peynet, che per l'occasione crea un disegno con i suoi celebri fidanzatini.

Come autore continua a scrivere canzoni, alcune anche con buon successo, come "I ragazzi vogliono sapere" per Mary Di Pietro, "Era la donna mia" per Robertino, "Il plip" per Rita Pavone che lancia l'omonimo ballo e "Uno dei mods" per Ricky Shayne che diventa una sorta di inno per i giovani aspiranti ribelli senza voglia però. 

Il suo più grande successo da autore è però "Il mondo", scritta insieme all'amico Jimmy Fontana per il testo su musica di Carlo Pes, Lilli Greco e dello stesso Jimmy Fontana che la incide, che diventa un successo internazionale. 

Sua la frase "il mondo, non si è fermato mai un momento...", che tutti conoscono e ripetono ascoltando la canzone arrangiata sempre da Morricone che è stata un simbolo di quegli anni in cui la musica era una parte fondamentale del cambiamento del costume e della società.

Come autore al Festival di Sanremo è presente con la canzone "Ma piano (per non svegliarmi)", interpretata da Nico Fidenco e Cher, che non accede alla finale ma che grazie alla versione della pop star americana ottiene una ribalta a livello mondiale.

Da quel momento Gianni, comincia a defilarsi dal palcoscenico, per muoversi dietro le quinte come autore e produttore discografico. Ecco così che confenziona per Patty Pravo la lunga suite "Concerto per Patty".

Zambini e Meccia coi Cugini di Campagna

Con Bruno Zambrini, altro nome storico della musica leggera, Meccia fonda una sua casa discografica, la Pull (da Pullover il suo grande successo) che tra gli altri fa nascere anche il gruppo musicale pop I Cugini di campagna, che esploderà con la voci in falsetto.

Un'intuizione azzeccata che svela ancora una volta il suo gusto ironico nella scelta del nome ma anche il fiuto del talent scout navigato. 

Compone alcune colonne sonore e sempre con l'amico Zambrini scrive le sigle di una delle serie televisive più famose degli anni Settanta, Qui squadra mobile con attori del calibro di Giancarlo Sbragia, Gigi Vannucchi e Orazio Orlando.  

Poi, il grande ritorno sul palcoscenico dei locali e su quello televisivo per quasi venti anni, dal 1984 al 2003, insieme a Jimmy Fontana, Nico Fidenco e Riccardo Del Turco con cui forma I Super 4.

E' un gruppo di artisti storici del nostro pop che porta in dote le proprie canzoni che hanno fatto epoca e accompaganto generazioni che danno vita ad uno spettacolo nello spettacolo 

Un successone sulla scia di quel revival dei "migliori anni della nostra vita" che entusiasma il pubblico, rievoca atmsofere, amori e stagioni felici di quando l'Italia andava a 45 giri.

E' un po' il suo canto del cigno, perchè alla fine di questa esperienza incredibile, il sornione Meccia, ripone lo smoking nell'armadio e si ritira per godersi la meritata pensione di artista.

Niente più apparizioni, niente più interviste, solo relax e buen retiro nella sua bella casa romana. Il riposo del guerriero delle sette note che odiava le vecchie signore e col tempo ha imparato per motivi anagrafici ad apprezzarle. 

Ironico, provocante con quel pizzico di sana follia che si respirava nelle sue canzoni irresistibili, Gianni Meccia ha rapppesentato lo spartiacque nella musica leggera perché dopo di lui, lo stile del cantautorato è cambiato completamente.

La generazione successiva di artisti che compongono i propri brani, preferirà infatti toni più profondi e parole più ricercate alla sua leggerezza surrueale. 

Il futurista Gianni, irriverente per natura e con la naturale simpatia che tutti i grandi suscitano, rappresenta il bagliore di un’epoca che chiude con lui il proprio corso.

E oggi che fa 90 novant'anni lo ricorda e celebra con l’applauso più scrosciante. Anche se i media non ne farnno menzione. Auguri!

40 anni senza Rino

 di FRANCESCO TRONCARELLI

I sogni muoiono all'alba, scriveva Montanelli e quelli di Rino Gaetano finirono troppo presto, all'alba del 2 giugno 1981 ponendo termine improvvisamente, alla vicenda umana e professionale di un grande artista.

Un personaggio nel vero senso della parola, un uomo intelligente, anticonformista, caustico e all'occorenza sferzante, fuori dagli schemi, lontano dai giri che contano e libero da condizionamenti politici e pseudo intellettuali.

Un cantautore in anticipo sui tempi, che era avanti, con brani che 40 anni dopo la sua scomparsa, sono ancora attuali, pezzi con testi mai banali ma venati di un'ironia sagace e tagliente.

Rino era un piccolo genio della comunicazione quando nessuno sapeva cosa fosse. Un artista che per la sua modernità e contemporaneità, ha lasciato davanti e non dietro di sè, una scia imponente. 

Ancora adesso le canzoni di Salvatore Antonio Gaetano (il suo vero nome con cui fu registrato all'angrafe di Crotone) risuonano nelle orecchie degli italiani, anche tra i più giovani che non lo hanno mai conosciuto in attività. 

Proprio durante i duri mesi del primo lockdown, diversi artisti italiani hanno fatto di "Ma il cielo è sempre più blu", un inno contro la pandemia e la paura. 

I versi delle sue canzoni e quella in particolare, hanno infatti il pregio di riempire gli animi di speranza e ottimismo, attraverso parole che a un primo ascolto sembrerebbero senza senso.

Il cielo è sempre più blu, il disco
Paradossalmente Rino, è stato un artista che ha riscontrato i maggiori consensi di critica e di pubblico, dopo, e non durante la vita, fatti salvi naturalmente i successi collezionati con alcuni dei suoi dischi più famosi.

Nelle sue canzoni raccontava l’Italia di ieri e di oggi, con uno sguardo sempre attento e commosso verso gli emarginati, gli ultimi, quelli che non riescono ad arrivare a fine mese.

Le difficoltà che incontrò all'inizio della carriera, sono tutte riconducibili alla sua personalità eccentrica e anticonformista e al modo in cui sapeva raccontare l'Italia. 

Il primo 45, 'I Love you Marianna' lo incise con lo pseudonimo salgariano di Kammamuri, mentre per il suo primo album "Ingresso libero", dovette attendere due anni, con esiti però più che modesti per le venite e disinteresse degli addetti.

Tutto cambiò nel 1975, proprio con "Ma il cielo è sempre più blu", e quello stile a filastrocca che lo rese popolare. Poi arrivò l' album, 'Mio fratello è figlio unico', grazie al quale, soprattutto sotto la spinta del pezzo 'Berta filava', cominciò a farsi conoscere ed apprezzare da chi era al dentro della musica. 

Alla sua discografia si aggiunsero 'Aida' e 'Nuntereggaepiù' il cui successo gli aprì le porte del festival di Sanremo dove nel 1978 cantò 'Gianna'. Con quel brano arrivò terzo nella classifica finale e fu scoperto da milioni di spettatori che rimasero folgorati da un'esibizione memorabile.

a Sanremo con Gianna
Alla ribalta dell'Ariston infatti si presentò impugnando un ukulele e con una tuba nera in testa (regalatagli da Renato Zero pochi giorni prima), un elegante frac attillato, papillon bianco, maglietta a righe bianche e rosse e scarpe da ginnastica.
 
Sul bavero del frac portava appuntata una colossale quantità di medagliette, che nel corso dell'esibizione consegnò in parte al direttore d'orchestra e in parte lanciò al pubblico.  
 
"Gianna", restò a lungo al primo posto della Hit parade facendolo diventare un personaggio e ancora oggi è uno dei titoli più amati del suo repertorio

Un repertorio che nel frattempo si era arricchito dell'album 'Resta vile maschio dove vai', realizzato insieme a Mogol e ricordato soprattutto per il brano 'Ahi Maria'. 
 
Quel disco segnò il passaggio dalla piccola casa discografica It, la stessa degli inizi di Venditti e De Gregori che aveva conosciuto al Folkstudio di Trastevere, al colosso RCA e l'inizio di una serie di tournée che lo resero popolarissimo. 
 
Nel 1980 partecipò come interprete al concept-album dei Perigeo nei brani ''Alice'', ''Al bar dello sport'' e ''Confusione gran confusione'' e sempre nell'inverno dello stesso anno uscì il suo sesto e ultimo disco ''E io ci sto''. 
 
Indimenticabile Rino
In un'intervista rilasciata nell'anno in cui morì, Gaetano spiegava che alla base della svolta musicale del suo ultimo album non c'era "nulla di pensato"

"E' un rifiuto che ho naturalmente. Il rifiuto per tutto ciò che si sta facendo nel campo della musica leggera. Adesso c'è un ritorno al cosiddetto disimpegno e io ho voluto tornare a parlare''. 

La morte lo colse alla guida della sua Volvo mentre stava tornando a casa sulla Nomentana, una scomparsa che incredibilmente aveva in un certo senso predetto nella canzone "La ballata di Renzo" scritta dieci anni prima, in cui si narra la storia di un ragazzo che muore in circostanze simili alle sue. 

Del suo rapporto d'amore-odio con vizi e virtù del Bel Paese, di cui è stato profetico analista con tono scanzonato, Gaetano aveva fatto la cifra stilistica. ''In fondo è bello però, è il mio Paese e io ci sto'', cantava nel 1980. 

In occasione dell'anniversario della sua scomparsa, una serie di iniziative sono state ideate per celebrare la sua arte. 

Sony Music lo ricorda con "Istantanee e tabù" un cofanetto realizzato in collaborazione con Anna ed Alessandro Gaetano, con le canzoni più rappresentative estratte dai sei album in studio pubblicati dall'artista, ma anche dal Q-Disc con Riccardo Cocciante e Perigeo.

Il francobollo
La collezione è impreziosita da materiale tratto da nastri emersi nel tempo, un vero "tesoro nascosto", l'inedito "Io con lei", oltre a demo mai pubblicati prima e versioni originali di sue canzoni (che qui differiscono per testo o arrangiamento).

Sono piccole istantanee, catturate come delle polaroid e immortalate nel tempo. Ancora, un'arena per 12mila posti intitolata a lui, sarà inaugurata all'interno del Parco delle Valli.

Un ex campo di patate a Conca d'oro arricchito di gelsomini, alloro, ginestra e lavanda è stato trasformato e rivitalizzato in suo onore. 

Dal canto suo Michelangelo Iossa ha scritto una approfondita e ricca biografia del cantautore con una prefazione di Sergio Cammariere.   

Bello poi l'omaggio delle Poste che hanno dedicato a Rino un francobollo (Tiziana Trinca la brava bozzettista che l'ha disegnato) per la serie 'le Eccellenze italiane dello spettacolo". Il suo volto, con l'iconico cilindro, è delimitato dal particolare di un disco in vinile.

Sono passati 40 anni da quel tragico incidente che fermò per sempre il suo cuore ma non la sua musica che continua ad emozionare, divertire e far riflettere.

Tante cose sono cambiate in questo lasso di tempo, ma il messaggio di Rino è sempre attuale e soprattutto appassionante e coinvolgente. E continuerà ancora ad esserlo.  Per sempre.