«... mi dispiace di svegliarti
forse un uomo non sarò
ma ad un tratto so che devo lasciarti
fra un minuto me ne andrò ...»
Nella prestigiosa carriera della band più amata del nostro pop, c'è una data fondamentale. Importante e decisiva per la loro sorte. Perchè quella della svolta definitiva e dell'inizio di un successo inarrestabile durato per decenni.
La band, anzi il complesso come allora venivano chiamati i gruppi che suovano le chitarre sulla scia del successo mondiale dei Beatles era quello dei Pooh, la data quella del 30 aprile del 1971. Un 30 aprile come oggi.
Quel giorno negli scaffali dei negozi dei dischi di tutta Italia arrivava il loro nuovo singolo, un 45 giri che li avrebbe lanciati per sempre. Quel pezzo era "Tanta voglia di lei", brano che nel giro di pochi mesi riporterà nuovamente i Pooh nelle classifiche, da cui mancavano dal lontano 1968, dopo il discreto successo di "In silenzio/Piccola Katy".
Questo singolo pubblicato dalla CBS che crede molto in loro, porterà i quattro ragazzi per la prima volta a raggiungere i vertici dell'Hit Parade, la trasmissione che ogni venerdì per la voce di Lelio Luttazzi annunciava i dieci pezzi più venduti della settimana e ci resta per 10 punate. Un successone insomma grazie al quale tutti scoprono i Pooh.
Lato B del disco d'oro è "Tutto alle tre", questo come il pezzo principale è stato scritto per quanto riguarda i testi da Valerio Negrini, batterista fondatore del complesso e l'unico degli originari componenti e da Roby Facchinetti per le musiche.
Decisivi per il successo del disco, gli arrangiamenti, curati da Gianfranco Monaldi, il maestro e compositore di tante colonne sonore per il Cinema che aveva trionfato qualche anno prima all'Eurofestival insieme alla Cinquetti col suo "Non ho l'età" come direttore d'orchestra.
Soprattutto "Tanta voglia di lei" che è impreziosita da un'introduzione strumentale, affidata ad una sontuosa orchestra di 22 archi e suggerita appunto da Monaldi ai Pooh, ma è tutta l'atmosfera che si respira dall'ascolto del brano, derivata dai suoni dell'orchestra al posto degli abituali accompagnamenti e assoli delle chitarre elettriche, che dà al brano una intensità da grande pezzo.
Così come per gli arrangiamenti orchestrali, il nuovo produttore del complesso Giancarlo Lucariello decide di affidare alla voce di un giovane Dodi Battaglia l'interpretazione della canzone, una scelta motivata dal suo intendimento di non voler lasciare al solo Riccardo Fogli il ruolo in pratica di frontman del gruppo.
La genesi della canzone è molto tormentata. Dopo aver scritto la melodia nella sua casa di Bergamo, Roby Facchinetti affida il brano a Negrini, considerato il poeta del gruppo. Ne nascono testi che non soddisfano il produttore Lucariello e vengono scartati man mano i titoli più improbabili come "Meno male", "Tutto il tempo che vorrai" e "La mia croce è lei".
I Pooh con Valerio Negrini nel 1971 |
Dodi Battaglia si ritrova ogni volta a dover cantare la canzone su un testo diverso, finché Negrini non porta la versione definitiva del brano, intitolato "Nel mondo tanta voglia di lei", quindi successivamente accorciato in "Tanta voglia di lei".
Questa, che racconta la storia di un tradimento con la "strana amica di una sera" con ritorno a casa da pentito del protagonista, sarà la versione definitiva di una delle canzoni più popolari e rappresentative del complesso con cui tra l'altro arriverà secondo al Festivalbar vinto da Demis Roussos con "We shall dance".
Sarà il brano più gettonato nelle balere e discoteche al momento dei lenti, nella estate di fuoco 1971, anche a dispetto delle numerose donne che lo hanno ballato strette strette al proprio uomo, probabilmente senza nemmeno rendersi conto del senso della canzone che invece fu contestata dalle femministe.
Venne piuttosto privilegiata, come spesso accade quando un pezzo diventa popolare, la melodia accattivante e coinvolgente del brano rispetto al significato del testo e il "mi dispiace devo andare il mio posto è là" vinse ogni contestazione. E fu trionfo.