di FRANCESCO TRONCARELLI
Lionel Scaloni è sul tetto del mondo per aver portato la sua Argentina alla conquista del titolo più prestigioso del calcio. In pochi quando fu chiamato a sostituire Sampaoli avevano scommesso su di lui, due mesi e passserà il testimone a qualcun altro più qualificato ed esperto, dicevano. E invece...e invece abbiamo visto tutti come è andata a finire.
Scaloni, più giovane allenatore dei Mondiali, è l'unico tecnico nella storia del football argentino ad aver vinto La Coppa America e il Mondiale con la selezione del suo paese. E scusate se è poco. Certo c'erano Messi e tutti quei campioni in campo, ma al timone c'era lui. Una nostra cara e vecchia conoscenza.
Per lui scrissi un articolo su Globalist quando se ne andò, era il 30 gennaio del 2013, in cui spiegavo perchè era entrato nel cuore della gente laziale pur avendo giocato poco. Lo ripropongo nella sua interezza per chi non ricorda o chi non capisca il motivo per cui lo sentivamo e lo sentiamo ancora "uno di noi". Eccolo:
Beniamino de tifosi e leader dello spogliatoio, senza giocare. Scaloni se ne va dalla Lazio e la squadra gli dedica la vittoria in Coppa Italia contro la Juve. Un quadretto da libro “Cuore” per un giocatore tutta grinta e asado
di Francesco Troncarelli
Giocare poco ma diventare comunque un beniamino della gente e un leader dei compagni. Può capitare, capita. A Lionel Scaloni, 34 argentino di Rosario, difensore tuttofare fino all’altro giorno della Lazio, dove ha disputato appena 63 partite tra campionato e coppe in quattro stagioni e mezza, è capitato.
A “Scalo” infatti, vogliono tutti bene nella Città Eterna. I tifosi naturalmente, che hanno sempre apprezzato il suo modo di proporsi in campo tutto grinta e cuore e che ora hanno inondato facebook e i siti dedicati alla prima squadra della Capitale di commenti amareggiati per la sua inspiegabile cessione e tanti ma proprio tanti saluti calorosi.
I compagni di squadra poi, che hanno visto in lui un fratello maggiore, un amico, un leader dello spogliatoio, il capitano non giocatore per antonomasia, come Pietrangeli all’epoca dei trionfi di Panatta e Bertolucci nel tennis. La dedica del gol segnato da Gonzalez nella semifinale vinta contro la Juve ne è la più chiara e sintomatica conferma.
La foto del giocatore uruguaiano che esibisce la maglia numero 5, quella da sempre appartenuta al buon Lionel, mentre la squadra esulta per la rete appena siglata ai bianconeri ha fatto il giro del web e dei media.
Una testimonianza d’affetto e riconoscenza per il collega “ceduto” sul più bello da parte dei compagni, che non ha precedenti nel Belpaese pallonaro, un episodio da libro “Cuore” che solo in casa Lazio poteva succedere.
Ma tant’è, perché per lui, è successo. Pur non essendo un fenomeno o un campione, ma molto più modestamente un onesto e navigato lavoratore del pallone seppur con un glorioso palmares nel Deportivo La Coruna alle spalle.
Amato da tutti pur non chiamandosi Maradona o Klose insomma, per via di quel carisma innato che tutti gli riconoscono. Come Wanda Osiris, la mitica regina del varietà, (paragone sicuramente azzardato ma che rende), che pur non essendo una donna super quanto a bellezza rispetto alle tante soubrettine che giravano all’epoca, riscuoteva comunque grandi successi e innumerevoli dichiarazioni d’amore dai suoi fan, per via del suo fascino e carisma sulle scene.
L'articolo su Globalist |
Molto daje de tacco e daje de punta, arrugginito dalla inattività condita da innumerevoli panchine e grigliate di asado argentino a Formello, Scalonissimo in ogni caso, ha comunque dato il fritto in campo ogni qualvolta è stato buttato nella mischia. Sempre, senza se e senza ma e con tutti i suoi limiti e con tutta la sua proverbiale determinazione.
Come quando nel finale della scorsa stagione, stante una catena di infortuni dei titolari, divenne fra gli insostituibili della Lazio targata Reja, giocando a destra e a sinistra, sempre col coltello fra i denti e la voglia di vincere. Una serie di prestazioni applaudite da tifoseria e stampa iniziata alla grande col derby di ritorno (2-1 con reti di Hernanes e Mauri), dove il prode Lionel guidò una squadra con sette rincalzi al trionfo.
Ecco il motivo per cui, adesso che “Scaloni, uno di noi”, come dicono i tifosi biancocelesti, se ne va, c’è dispiacere e rammarico nell’ambiente e la piazza rumoreggia. Dove lo ritroviamo un jolly come lui che aveva già l’erede pronto, Scaloncino, a vestire la gloriosa maglia biancoceleste?
La risposta alle prossime puntate della storia della Mitica. A noi intanto c’è rimasto solo il tempo del saluto e dei ringraziamenti: adios Scalonissimo, gracias e buena suerte. E la vita in biancoceleste continua.
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