martedì 27 febbraio 2024

Mal 80 anni in musica

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Lo sguardo è lo stesso, profondo e ammaliatore con quegli occhi azzurri che gli illuminano il viso, l'andatura a grandi falcate pure, e che dire della voce con quella cadenza particolare un po' da Don Lurio un po' da Ollio che lo rende inconfondibile.

Se non fosse per i capelli ormai candidi come la neve, diresti che Mal è rimasto lo stesso, quello che il Bel paese scoprì piacevolmente negli anni Sessanta. Quei capelli però sono l'unica spia del tempo che è passato, tanto che Mal oggi compie 80 anni. Incredibile ma vero, perchè nell'immaginario colletivo è rimasta la sua figura di "tenebroso capellone" degli esordi.   

Nato a Llanfrechfa, nel Galles, per avere qualche scellino in tasca, da piccolo consegnava il giornale mattina e sera, prima e dopo la scuola. Non ero portato per gli studi e appena finita la scuola dell'obbligo, a sedici anni iniziò a lavorare come apprendista elettricista. 

Poi seguì il padre come muratore, fino a che un gruppo che si chiamava The Primitives gli chiese di entrare nella loro formazione come cantante e così iniziò la sua avventura come musicista. Paul Bradley Couling, questo il vero nome e il suo gruppo, furono scoperti da due attenti osservatori del mondo giovanile e della musica, Alberigo Crocetta e Gianni Boncompagni.

I grandi successi di Mal

I due che si trovavano a Londra in cerca di idee e novità, intuirono le loro potenzialità e li portarono a Roma per farli esibire nel loro locale, il mitico Piper di via Tagliamento, dove si alternavano con gruppi come i Rokes e l'Equipe 84 che sarebbero diventati i numeri uno del beat tricolore.

I Primitives, autenticamente inglesi come le band che andavano per la maggiore in tutta Europa, conquistarono subito la simpatia del pubblico dei giovanissimi, ma fu soprattutto Mal che, con la sua singolare vocalità ed un look inconfondibile (un'eleganza particolare con giacche di velluto, camice con chabod in stile vittoriano), riuscì a ritagliarsi un posto importante nel nostro pop diventando solista.

Il Festival di Sanremo, il Cantagiro o le discoteche, non c'era luogo che non fosse in grado di ospitare l'energia positiva e trascinante di Mal (ricordate il suo "i tuoi occhi sono fari abbaglianti io ci sono davanti, Yeeaaaah?) per la gioia di quanti, soprattutto nel pubblico femminile, lo seguivano.

Mal, Dori Ghezzi e Battisti

"Il momento più bello sicuramente – ha ricordato l'artista – è stato in occasione di un live al Piper, sull'onda del successo di "Pensiero d'amore", fuori dal locale, le vie principali erano congestionate da ragazzi e ragazze in attesa di entrare per ascoltarmi". Scene alla Beatles per intenderci.

Dalla tv ai fotoromanzi, dai musicarelli alle copertine dei settimanali (la lunga love story con Marina Marfoglia), Mal era ovunque e con successi come "Bambolina", "Betty blu", " Tu sei bella come sei", "Occhi neri", "Parlami d'amore Mariù"  conquistava le classifiche, sino al vero e proprio botto con "Furia", sigla di una serie televisiva che non voleva incindere perchè non in linea con la sua produzione melodica da ballo della mattonella, che vendette milioni di dischi.

Poi come tanti altri colleghi della sua epoca, l'inevitabile appannamento della carriera per l'avvento dei nuovi artisti e dei nuovi generi musicali, continuando comunque a fare serate e ospitate nei programmi d'intrattenimento televisivo e partecipando a commedie musicali.

Ci riferiamo in particolare alla lunga tournèe teatrale con il musical 'Grease' insieme a Lorella Cuccarini e Giampiero Ingrassia, in cui ha diviso il camerino con Amadeus, il re del Festival, amicizia che però non gli ha giovato. "Non vorrei criticare Sanremo ma le mode cambiano, io non ho tatuaggi e non mi tingo i capelli. Forse per questo lui non mi ha chiamato", ha ironizzato Mal difensore della tradizione del bel canto amato peraltro nel mondo.

Mal e Furia in copertina

Legato da oltre 30 anni alla sua compagna, Renata, dalla quale ha avuto due figli, Kevin Paul e Karen Art, l'ex Primitive nel tempo libero gioca a golf per mantenersi in forma e non accetta la parola pensione.

"Ho ancora tante cose da dire ai miei fan che mi hanno seguito in tutti questi anni" spiega e così per festeggiare il suo compleanno ha pubblicato un nuovo album dal titolo emblematico, 'I'm still singing' (Continuo a cantare) prodotto dalla Clodio Music, con undici brani inediti in cui si riappropria delle sonorità rock e delle ballad dalle atmosfere internazionali. .

Ma non solo, è in libreria un volume autobiografico dal titolo 'La furia di Mal' edito da Bertoni, in cui racconta tutta la sua vita, gli alti e bassi della carriera e la storia di quel brano sul "cavallo del West che beve solo caffè" che fece impazzire tutti bambini italiani che poi sono cresciuti con lui che oggi fa 80 anni. Auguri Mal!
 


lunedì 26 febbraio 2024

Lazio che tristezza. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

6 a Lupo Alberto - Sembrava che la fortuna fosse dalla nostra parte anche con la Fiorentina. Presi a pallonate per tutto il primo tempo avevamo trovato il coniglio dal cilindro col gol del Mago nel minuto di recupero. Ma era un'illusione perché i viola non hanno mollato  neanche dopo il rigore sbagliato riuscendo così con merito a ribaltare l'esito della partita. È stata la Lazio invece che ha mollato non riuscendo nè ad arginare gli assalti avversari nè a produrre un gioco degno di tale nome mentre Sarri prendeva appunti. Una vergogna, una tristezza infinita. Una cosa bruttissima che nega ogni possibilità di posto al sole. 

6 a Dio vede e Provedel - Scusi chi ha fatto palo? cit. Rag. Ugo Fantozzi.

5 e mezzo a Casale degli Ulivi Agriturismo - Ultima scelta difensiva e tornato a galla per necessità, si è ripreso il posto con mestiere. Come Magalli ai Fatti vostri. Ma non può fare miracoli.

5 e mezzo a Viale dei Romagnoli, 13 Ostia - Ce l'ha messa tutta, ma è mancato il filtro davanti. Come le vecchie sigarette Nazionali che facevano malissimo. Come il nostro centrocampo appunto.

5 e mezzo a Guendalina facce sognà - L'assist che ha fatto sognare. Ma poi siamo cascati dal letto. Lui per primo.

5 e mezzo a Benigno Zaccagnini - Sbrigati a tornare in forma ce servi come er pane.

5 e mezzo a Miei cari amici Vecino e lontani e Pedro Pedro Pedro Pè  - Se anche i soliti noti diventano ignoti è la fine dei giochi.

5- a Massimo Di Cataldi - Sembrava un altro col Toro. È tornato quello di sempre. Come Massimo Giletti.

5- al Ciro d'Italia - Non ha mai tirato in porta ma è anche vero che non gli hanno passato una palla che è una. Assolto per insufficenza di prove.

5- a Lisasken dagli occhi blu - Tanto fumo e poco arrosto. Come Riccardo Rossi.

4 e mezzo a Pasquale Ametrano Anderson - Con quella faccia un po così quell'espressione un po così che hanno tutti i Turisti per caso come lui in vacanza perenne all'Olimpico c'era da temere il peggio. E il bandolero stanco non si è smentito preferendo ai guizzi sul campo i selfie col David di Donatello in piazza della Signoria. Per lui è previsto un Oscar. Da bagno.

4 a Lazzari alzati e cammina - Ho detto arzate a cornuto arzate, cit. Mario Brega 

4 a Castellano e Pipolo - Ha fatto rimpiangere Nina Muriqui.

4 a Hysaj che I papaveri - Son alti alti alti e tu sei piccolino. Ma proprio piccolino.

4- - a Somarusic - Un tempo di niente. Nè più nè meno della presenza di Mauro Casciari a Viva RAI 2. Inutili entrambi. Sipario.

sabato 24 febbraio 2024

Alberto Sordi, l'ultima apparizione

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Stanco, gli occhi velati di malinconia, le parole che scorrono con lentezza, Albertone in poltrona a casa sembra un altro. Improvvisamente scopri che quel vecchio zio di cui avevi un ricordo brillante è diventata un altra persona che il tempo ha fiaccato inevitabilmente.

Ma non era solo il naturale declino dovuto al passare degli anni ad offuscare quell'immagine solare e irresistibile del grande attore romano, c'era qualcosa d'altro e più serio. Alberto era malato e si stava consumando.

E ti si stringe il cuore nel vederlo così, fragile e indifeso, ma dignitosamente presente per dire, ci sono, eccomi nonostante tutto. Le immagini che lo raccontano così, furono girate per un videomessaggio che Sordi inviava ai presenti alla serata in suo onore organizzata all'Ambra Jovinelli il 17 dicembre del 2002.

Accusando una generica indisposizione che gli impedisce di muoversi, Sordi si rammarica di non essere lì in quello storico teatro che lo aveva visto negli anni della giovinezza protagonista indiscusso di varietà di successo. 

"Se non faccio il saltino, la gente non mi identifica come Alberto Sordi" dice sorridendo, un modo per sviare l'attenzione di chi guarda dal suo stato così insolito nell'insieme e dall'ambientazione casalinga.

Fa tenerezza Alberto e ripensando a come è si è chiusa la sua vicenda umana, ti viene un groppo alla gola. Le parole con cui termina l'intervento e in cui ribadisce di aver dato tutto se stesso al pubblico, sono il suo testamento spirituale e artistico.

Sapeva che sarebbe finita e salutava chi lo aveva amato e applaudito per una vita intera. Quell' "Addio..." finale pronunciato a tutta voce, è un congedo da pelle d'oca che ti entra dentro e ti avvilisce. Non ci sarà tempo per dirgli grazie. Due mesi dopo Albertone ci lascerà per sempre...

giovedì 22 febbraio 2024

La Lazio mata il Toro

 di FRANCESCO TRONCARELLI

8 a Guendalina facce sognà - La Lazio mata il Toro e rilancia le sue ambizioni in campionato. Per sperare di riagganciare la zona Champions i Sarri boys avevano una sola possibilità, vincere il recupero coi torinisti. E così è stato anche se tutto faceva presagire il contrario perché i granata ci hanno assalito a testa bassa prendendoci a pallonate nel primo tempo. Poi, nella ripresa, è uscita fuori la Lazio che con un uno-due fulminante ha dichiarato finiti i giochi. Copertina d'obbligo al francese che si è superato segnando e facendo segnare. Guendo è bello esse laziali. È proprio il caso di dirlo.

6 e mezzo a Dio vede e Provedel - Tanto criticato per la cappellata col Bologna tanto di cappello per la prestazione col Torino. È tornato come lo conosciamo. Nè più nè meno di Cristiano Malgioglio a Tale e quale che come parla fa ridere.

6 e mezzo a Lupo Alberto - Il Mago c'è ma non si vede. Due i conigli tirati fuori dal cilindro, uno per gol dove ha messo lo zampino ad entrambi. Sim salabin e Silvan dietro la lavagna.. 

6 e mezzo a Massimo Di Cataldi - Stavolta il compitino gli è riuscito bene. Ha fatto tre anni in uno e si è presentato alla maturità. E l'ha superata col massimo dei voti. Il suo gol li ha stesi definitivamente.

6+ a Viale dei Romagnoli, 13 Ostia - Daje de tacco daje de punta daje aquilotti nun se po sbaja col sergente de ferro nessuno riece a passà. 

6 (ma senza l'espulsione sarebbe stato 7) a Gila il mondo gila (cit. Jimmy Fontana, Cantagiro 1965) - Come tonno Nostromo, insuperabile. Mena quando c'è da menà, anticipa quando c'è da pagare il conto. L'amico che tutti vorrebbero insomma. Peccato che per azzoppare Zapata si è dato la zappa sui piedi.

6 al Ciro d'Italia - 50 minuti di poco e niente come i compagni di merende, ma il velo per il francese è stato fondamentale.

6 a Lazzari alzati e cammina - Niente di che ma al posto di Hysaj ha fatto un figurone a prescindere.

5 a Somarusic - Il suo impiego è incomprensibile. Come il guaglione Geolier a Sanremo.

5 a Pasquale Ametrano Anderson - Con quella faccia un po' così quell'espressione un po' così che hanno tutti i Turisti per caso come lui in vacanza perenne non c'era da aspettarsi nulla di buono. Bandolero stanco più che mai nel nulla cosmico in cui la squadra si è avvitata lui era il nulla assoluto. Avete presente Mauro Cacciari con Fiorello?

5 a Lisasken dagli occhi blu - Un fiasco rispetto allo show coi rossoblu. Se stava allo Jovinelli gli avrebbero tirato un gatto morto sul palco come a Cacini.

 5- - a Castellano e Pipolo - Un pesce fuor d'acqua. Annunciato come lo squalo dell'area piccola si conferma il merluzzo di tutto il campo.

4 a Hysaj che i papaveri - Una figura meschina e pure patetica vederlo inerme più del solito di fronte al carneade Bellanova che grazie alla sua incapacità manifesta ad arginarlo sembrava Pelé. Nell'insieme la sua no performance è stata una scena da film bulgaro anni 50. Tristissima. Come tutta la Lazio del primo tempo. E' il quarto mistero di Fatima, nessuno sa perchè gioca, neanche lui. Sipario.



domenica 18 febbraio 2024

La Lazio si butta via. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

7+ a Lisasken dagli occhi blu - Si sperava nell'onda lunga della vittoria in Champions ma è finita a schifio con un harakiri perfetto che ha ridimensionato le ambizioni dei Sarri boys. Eppure era iniziata bene con un assalto alla baionetta che aveva fruttato un gran gol dell'Achille Lauro biancoceleste. Ma una rondine non fa primavera se non ne arrivano altre. Occasioni sciupate, rigore non dato e soprattutto espulsione negata di Fabian da parte di Pupetta Maresca e via, la ruota gira e quella che poteva essere una partita vinta si trasforma in suicidio collettivo con la Lazio assente ingiustificata nella ripresa che si è buttata via. Un vero peccato.

7 al Ciro d'Italia - Un altro partitone del bomber de noantri, non solo per l'assist al danese volante, ma perché ha giocato con grinta e intelligenza tattica come una volta. Il re è tornato e gli ingrati a cuccia.

6+ a Guendalina facce sognà - guendo è bello esse laziali. Ma spesso non basta.

6- a Massimo Di Cataldi - Tre più tre sei, due per quattro otto. Ma con l'ennesimo compitino ce famo poco o niente. Mandatelo alle serali per integrare le basi.

5 e mezzo a Pasquale Ametrano Anderson - Con quella faccia un po così quell'espressione un po così che hanno tutti i Turisti per caso come lui in vacanza perenne all'Olimpico c'era da temere il peggio. E così è stato. Bandolero stanco doveva suonare la carica ha suonato il silenzio. Tutti consegnati in caserma.

5 e mezzo a Somarusic - Nè carne nè pesce. Nè.

5 e mezzo a Lazzari alzati e cammina - È partito in quarta è finito in folle. Come la Lazio.

5 e mezzo a Pedro Pedro Pedro Pe - Come la rilevazione della temperatura di Santa Maria di Leuca, non perventa. 

5 ad avviso di Kamada - Puntata speciale di Chi l'ha visto mercoledì prossimo dedicata alla sua scomparsa. Ospite in studio il giardiniere di Formello che è stato l'ultimo a vederlo cogliere le margherite dietro lo spogliatoio.

5 a Gila il mondo gila (Jimmy Fontana Cantagiro 1965) e Casale degli Ulivi Agriturismo - Avete presente le nemiche amatissime Heather Parisi e Lorella Cuccarini? Beh dimenticatele, come ballano loro due in difesa non ce n'è per nessuno. John Travolta un dilettante al confronto. Ci faranno un film, La febbre della domenica a pranzo.

5- a Patrizia Pellegrini - Doveva essere il valore aggiunto come Fiorello a Sanremo è stato il disvalore confermato come Diaco nel pomeriggio tv.

5- a Castellano e Pipolo - Disertore della Pampa ha fatto rimpiangere Nina Muriqui il disertore della vanga. Nun ce se crede ma è così.

4 a Lupo Alberto e Dio vede e Provedel - Franco e Ciccio, Ric e Gian, Boldi e De Sica, Ficarra e Picone, ecco la nuova coppia da oggi le comiche. Risate assicurate ma per gli avversari. Della serie lui è peggio di me e messi insieme famo tonto più tonto. La chiamano costruzione dal basso in realtà si regalano palle. Di chi si è rotto di vedere sti scempi che si ripetono. Sipario.

domenica 11 febbraio 2024

Califano, Tutto il resto è noia

di FRANCESCO TRONCARELLI

"Califano" in prima serata su Rai 1 è stato un evento. Portarlo sulla rete ammiraglia un'operzione coraggiosa e dovuta per rendere omaggio ad uno degli artisti più bravi che hanno dominato la scena musicale italiana. E il film su di lui ha ricevuto giudizi positivi dalla critica e soprattutto dal pubblico che sui social, in diretta, durante la programmazione, ha commentato entusiasticamente.

Gli ascolti sono volati al 22,8 % di share pari ad oltre 4 milioni di spettatori, staccando così di gran lunga la concorrenza televisiva e il merito di questo indiscutibile successo va ovviamente a Leo Gassman che si è calato nei panni del Califfo con cuore e presenza scenica grazie ai preziosi consigli di chi l'ha conosciuto e gli è stato amico come Antonello Mazzeo e di chi ha scritto musica per lui e lo ha accompagnato nei suoi recital, il bravo Alberto Laurenti.

Lui di questo ritrovato interesse sarebbe stato contento sicuramente, ma forse non più di tanto, perchè  andava sempre dritto per la sua strada da spirito libero e controcorrente qual era e non dipendeva dai giudizi altrui. E' comunque positivo che un artista del suo calibro, considerato dai media più come personaggio che come autore, ora sia rivalutato a prescindere grazie a questo film.

Franco Califano è stato uno dei più grandi autori della nostra musica. Poeta, anticonformista, ribelle, artista maudid, protagonista di storie di cronaca nera e cronaca rosa, attore di cinema e di fotoromanzi. Ha fatto di tutto mettendo tutto se stesso come ha ben reso l'interpretazone del giovane Gassman.

Leo Gassman Califano
Per una certa Roma ai confini della legalità ma anche per tanta gente di ogni ceto sociale innamorata della sua musica è stato un idolo, la sua esistenza guascona e sempre generosa verso il prossimo lo ha reso umanamente simpatico e affascinante, resta sicuramente un grande chansonnier, un cantautore di rara sensibilità, un autore prolifico e sempre di qualità.

Un uomo dalle spalle larghe e dalla creatività innata, con la capacità di raccontare il vissuto quotidiano della gente, fosse di borgata come in quel brano portato al successo da Edoardo Vianello e Wilma Goich in coppia, o fosse dei quartieri alti della città, l’una e l’altra alle prese con i problemi che da sempre tormentano le rispettive esistenze. La vita, l’amore, l’amicizia. Non a caso qualcuno molto acutamente l’ha definito il Prevert di Trastevere.

Autore di alcune pagine intense della musica leggera italiana come "La musica è finita", "Una ragione di più", "Minuetto", "Un grande amore e niente più", "E la chiamano estate", "Un'estate fa", Califano a un certo punto disse basta: "Adesso ognuno si canta le cose sue", come spiegò in un'intervista televisiva ritrovata da Blob.

Il Maestro
Non più regalare agli altri le sue gemme, ma tenerle per sè. E iniziando a cantarle con quella voce calda e roca che conferiva un'ulteriore fascino a quei brani. E così dopo dopo alcuni tentativi rimasti nel limbo che non non gli avevano dato il modo di farsi apprezzare appieno anche come interprete, arriva l'occasione giusta quando incide "Tutto il resto è noia", un brano che diventerà uno dei capolavori assoluti della musica italiana.

Una canzone dal sapore amaro ma irresistibile che dipinge su musiche di Frank Del Giudice, il malessere esistenziale di una passione che si spegne piano piano nella routine, un testo diretto e malinconico che il Califfo scrisse più di quarant’anni fa, ma che per le dinamiche e le situazioni del rapporto di coppia che racconta, è sempre attuale.

Pubblicato nel 1976 ed inserito nel suo quarto album sulla cui copertina c’è un bambino dal cognome che rimanda ad echi di malavita, ovvero l’allora piccolo Eros Turatello, figlio del boss milanese Francis suo amico, “Tutto il resto è noia” è considerato dalla rivista Rolling Stone, uno fra i cento dischi italiani più belli di sempre ed è per lui, quella che gli americani chiamano “signature song”, la canzone cioè con cui si identifica subito un cantante.

La copertina del disco

Sicuramente è il brano che gli ha regalato una nuova credibilità artistica dopo le vicissitudini giudiziarie che avevano movimentato in negativo la sua esistenza e lo avevano allontanato dalla ribalta. Un pezzo di forte impatto che segnò il suo riscatto come artista e per taluni che snobisticamente lo avevano emarginato, anche come uomo. E' stato un brano che lo rilanciò a pieno titolo e senza falsi moralismi, come cantautore con la “c” maiuscola.

Califano che andava a letto cinque minuti dopo degli altri per avere cinque minuti in più da raccontare, nato per sbaglio a Tripoli da genitori campani, ma romano d’adozione, con quella inconfondibile voce e quello sguardo sornione che bucava il video e le anime, aveva sul braccio tatuato “tutto il resto è noia”.

Quella frase di questa canzone che gli ha dato la notorietà e la fama imperitura e che avrebbe voluto come suo epitaffio si è rivelata alla fine una verità sacrosanta. Basta infatti dare uno sguardo all'ambiente  dello spettacolo attuale popolato da mezze figure senza personalità e personaggi di plastica morti di fama, per rendersi conto come sia maledettamente noioso questo mondo senza uno artista come lui. 




Peppino Gagliardi per sempre

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Sarebbero bastati 5 minuti, 350 secondi. Signore e signori vorremmo ricordare un artista che ci ha lasciato in punta di piedi e che è stato uno dei protagonisti di Sanremo, Peppino Gagliardi.

Poi introdotta da una foto sul maxischermo sarebbe partita una delle sue canzoni, una a caso, festivaliera tipo Come le viole o conosciuta in tutto il mondo, come Che vuole questa musica stasera.

5 minuti per rendere omaggio a un artista unico nel panorama del nostro pop, musicista autodidatta che ha dimostrato un talento eccezionale e un interprete di razza tanto da guadagnarsi l'appellativo de "il Charles Aznavour italiano".

350 secondi per dire grazie Peppino hai fatto parte di questo festival portando la tua classe e la tua napoletanità "jentile" e affascinante, quella tradizionale e meravigliosa nella sua semplicità e musicalità.

Bastavano 5 minuti per rispondere a una richiesta partita dai social e sostenuta da migliaia di persone nel silenzio però significativo della stampa che non voleva disturbare il conducente.

Ma Sanremo che dà spazio a illustri sconosciuti trattandoli come Big non ha avuto tempo per lui. Troppo ingombrante la sua figura per mezze calzette pompate dal nulla cosmico della modernità.

Basti guardare come ha considerato due dei pochi artisti veramente tali come Diodato e Loredana Bertè piazzati in fondo alla classifica.

Ma forse è stato meglio così. Perché Sanremo non è più il festival della Canzone italiana ma un Festivalbar 2.0 che predilige brani usa e getta che dureranno un battito di ciglia.

Mentre Peppino Gagliardi resterà per sempre. E in buona compagnia con numeri uno come Franco Migliacci scomparso anche lui la scorsa estate.

E che Morandi ha dimenticato di ricordare nel momento in cui ha cantato C'era un ragazzo che come me eccetera eccetera. nonostante a lui debba tutto.




sabato 10 febbraio 2024

La Lazio torna a vincere. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

7 e mezzo al Ciro d'Italia - Battendo un modesto ma battagliero Cagliari, La Lazio è tornata in corsa per un posto in Champions. Certo l'avversario era robetta tranne elementi come Rino Gaetano e pochi altri, ma la vittoria era necessaria come il pane per mettere da parte, momentaneamente, polemiche e critiche che avevano avvelenato la vigilia della partita. Copertina d'obbligo al bomber de noantri che ha siglato la rete numero 200 in serie A mettendo a tacere stolti e ingrati denigratori che magari neanche nei tornei scapoli ammogliati hanno dato un calcio al pallone eppure chiacchierano a sproposito. Bravo Cirù i veri laziali sono sempre con te. Avanti Lazio avanti laziali!

7 e mezzo a Dio vede e Provedel - Dovrebbero fargli un monumento. Magari al Gianicolo, accanto a Garibaldi. Le partite che ha salvato con le sue parate miracolose non si contano. Le parate provvidenziali al momento giusto neanche. E meno male che gli è stato prolungato il contratto perchè è l'unico che lo merita davvero. Impagabile.

6 e mezzo a Miei cari amici Vecino e lontani - È entrato lui e i compagni di merende se so svejati. Ha un carisma unico. Avete presente Roberto Vecchioni a Sanremo?

6 e mezzo a Lisasken dagli occhi blu - Ha messo lo zampino nell'autogol rossoblu che ha dato il via alla vittoria. E poi tanto dinamismo e voglia di correre. Al contrario di altri. 

6 e mezzo a Pasquale Ametrano Anderson - Con quella faccia un po così quell'espressione un po così che hanno tutti i Turisti per caso come lui in vacanza perenne in tutti gli stadi d'Italia c'era da temere il peggio. E non a caso il bandolero stanco ha tirato i remi in barca a lungo. Poi quando si è ricordato che gli osservatori della Juve lo tenevano sotto controllo si è inventato un gol speciale. Te possino Felipe ricordati de giocà pure per noi.

6+ a Guendalina facce sognà - Ha dato il meglio di sè. Tanta caciara ma fondamentale per disorientarli.

6 ad avviso di Kamada - Il giapponese è vivo e lotta insieme a noi. Arigatò e sushi per tutti.

6 a Viale dei Romagnoli 13 Ostia e Gila il mondo gila (Jimmy Fontana, Cantagiro 1965) - Ficarra e Picone o Ale e Franz da applusi, ma anche pernacchie a John Travolta per il ballo del qua qua. Si è visto un po' di tutto là dietro, nonostante davanti a loro ci fosse uno attacco da ridere. Meno male che alla fine della fiera non c'hanno fatto piangere.

6 a Massimo Di Cataldi - Il solito compitino che pure contro un avversario in difficoltà ha dato pochi frutti. Non prenderà mai il diploma. 

6 - - a Castellano e Pipolo - Inutile. Come Sabrina Ferilli a Sanremo.

5 e mezzo a Lupo Alberto - La solita magia che ultimamente gli riesce al meglio. È sparito.

5 e mezzo a Somarusic - La Lazio lo celebra sui social per le sue 250 "apparizioni" con la maglia biancoceleste suscitando l'ilarità generale. Ma il problema è un altro. Siamo noi che dovremmo essere ringraziati perché lo sopportiamo da 250 partite.

5 a Hysaj che i papaveri - È il terzo mistero di Fatima. Nessuno sa perché giochi. Neanche lui. E nemmeno Sarri che infatti prende appunti. Sipario.



mercoledì 7 febbraio 2024

Claudio Villa, l'ultimo applauso

 di FRANCESCO TRONCARELLI

"Purtroppo devo dare una brutta notizia e mi sembra doveroso interrompere per un momento questo spettacolo fatto di festa, di gioia e di canzoni per rivolgere l'ultimo applauso a Claudio Villa". Con queste parole Pippo Baudo, il volto tirato per la commozione e gli occhi tristi, interrompeva il festival di Sanremo per annunciare la morte del Reuccio.

Era un 7 febbraio come oggi, del 1987, e all’ospedale di Padova dove era ricoverato da giorni, se ne andava uno dei protagonisti più famosi e popolari della scena musicale italiana, un artista conosciuto in tutto il mondo e al tempo stesso un personaggio da sempre al centro dell'attenzione per la sua vitalità e le sue prese di posizione.

Baudo interrompeva il festival, per annunciare la morte di un cantante che aveva  fatto la storia di Sanremo, non solo per le sue partecipazioni (tredici) e vittorie (quattro) ma anche per le polemiche e le battaglie contro le sue esclusioni e i meccanismi di ammissione alla gara spesso poco chiari, che puntualmente finivano sui giornali creando scalpore. Una sorta di onore alla memoria per un caduto illustre.

Villa moriva mentre sul palco dell'Ariston Morandi, Tozzi e Ruggeri stavano vincendo con "Si può dare di più", togliendo così per un momento la scena a quei tre big della canzone e occupandola di nuovo come ai bei tempi, un'incredibile coincidenza che di colpo lo riportava in auge dopo tanti ostracismi e che con la standing ovation dei presenti certificava l'affetto che il pubblico aveva per lui.

      Villa e la Zanicchi vittoriosi a Sanremo

In quell'applauso della platea alzatasi in piedi per il doveroso tributo infatti c'erano anche i 22 milioni di telespettatori che seguivano l'evento da casa e che piangevano la sua morte come quella di un numero uno ammirato, applaudito ed anche criticato che aveva accompagnato la vita di tutti.

Perchè Claudio Villa era unico in tutti i sensi, non era solo il polemico che ce l'aveva con tutti, il guascone che sfidava a suon di acuti chi lo contestava, il personaggio pubblico che si batteva per cause importanti, Claudio Villa era anche e soprattutto un artista con la "a" maiuscola, che incantava il pubblico con la sua voce, con le sue canzoni, con il suo carisma.

Nato a Trastevere, a due passi da Regina Coeli, da una famiglia di umili origini, dopo aver fatto vari mestieri, vinse un concorso canoro che lo porterà a cantare dai microfoni della Radio e diventare nel giro di qualche anno, molto conosciuto. I primi dischi, i primi successi, una lunga malattia che lo costrinse a cantare con un solo polmone funzionante e infine il successo sempre più nazionale sino alla consacrazione definitiva di divo della canzone degli anni 50.

Non a caso è stato il primo cantante ad avere dei fan club in Italia, come fu per Frank Sinatra in America, una circostanza singolare che lo accomuna a The Voice, lui che alla sua voce inconfondibile doveva tutto. 50 milioni di dischi venduti, 30 film, successi indimenticabili come "Binario", "Non ti scordar di me", "Vecchia Roma", "Buongiorno tristezza", "Non pensare a me", "Un amore cos' grande" e l'evergreen "Granada che è legato indissolubilmente al suo nome.  

Gabriella Ferri e il Reuccio, romani autentici

Una canzone scritta da Agustin Lara che ha fatto il giro del mondo e che il Reuccio (fu Corrado, amico di sempre, a chiamarlo scherzosamente così per via dell'altezza)  presentò a un'edizione speciale di “Canzonissima” chiamata "Scala Reale", condotta dal grande Peppino Di Filippo che lanciò in quella occasione la macchietta di Pappagone.

Villa la presentò alla finale del 6 gennaio del 67 a cui arrivò insieme e contro Gianni Morandi, beniamino di un pubblico eterogeneo e cantante del momento (era in Hit parade con la canzone che presentava, “La fisarmonica”).

Un duello che appassiona i telespettatori, uno scontro generazionale seguito dalla stampa specializzata (Sorrisi e Canzoni, Giovani, Ciao Amici, Big) che propende per il ragazzo di Monghidoro e quella nazionale rappresentata dalle grandi testate, che invece è più equidistante.

Morandi è il nuovo, Villa il vecchio. Nonostante abbia solo 40 anni, un’età che ai giorni nostri apparirebbe sicuramente ininfluente per qualsiasi giudizio artistico (si pensi ai 58 anni di Ramazzotti, ai 70 di Vasco, agli 84 di Celentano), è considerato il simbolo di tutto quello che i giovani contestano, ovvero l’autorità, i genitori, i professori.

l'acuto di Granada

Ma i dissensi al suo modo di cantare furono messi a tacere. I preventivati ed attesi fischi si tramutarono in applausi a scena aperta non solo al Teatro delle Vittorie dove si svolgeva in diretta la finale, ma anche nelle case degli italiani perché tutti furono conquistati dalla sua “Granada”. Con un’interpretazione entrata nella storia dell Tv infatti, “il combattente” Villa si superò davanti a venti milioni di telespettatori.

La sua voce, possente e forte, a tratti tenorile ma più armoniosa di quella di un tenore e che non aveva uguali colpì tutti, quella voce suscitò brividi e ammirazione, raggiungendo l'apoteosi nell'acuto finale interminabile che prima di quel momento nessuno aveva ascoltato da un “semplice” cantante di musica leggera in relazione a questo brano. E il Reuccio vinse la sfida con Morandi e "Scala Reale"

20 anni dopo quella vittoria, il 7 febbraio del 1987, Claudio Villa moriva mentre il suo rivale di sempre Gianni Morandi vinceva a Sanremo. Al termine di quella serata l'eterno ragazzo della canzone italiana telefonò felice alla madre per commentare la sua vittoria: "Mamma ho vinto, sei contenta?", "sì" rispose la madre mentre singhiozzava. 

"Dai su, non devi piangere però - replicò Gianni - mica ho perso",  "Ma io sono contenta per te, mi dispiace per la morte di Villa" la replica della mamma. Il padre del Gianni nazionale infatti era il presidente del fan club del Reuccio di Monghidoro e la madre la prima iscritta. Quel cerchio invisibile fra due mondi apparentemente lontani ma in realtà vicini si era chiuso per sempre. Sipario.

 

martedì 6 febbraio 2024

Sanremo Rhapsody, quando i Queen andarono al Festival

di FRANCESCO TRONCARELLI


Festival della canzone italiana, ma anche vero e proprio show, con tanto di ospiti stranieri a dare lustro alla manifestazione e chiamati soprattutto per aumentare la platea televisiva con i rispettivi fan e gli apassionati del pop internazionale. Questo è stato Sanremo da sempre, o meglio da quando è stato trasformato in uno spettacolo con al centro la gara fra cantanti nostrani e col contorno di artisti e gruppi di fama mondiale.

E in questo contesto di spettacolarizzazione della kermesse canora più seguita del Belpaese, ricordiamo la presenza dei Queen nel 1984, un'esibizione che fece epoca in pieno boom del gruppo inglese presente in tutte le classifiche del mondo con i suoi brani.

Successe nell'edizione numero 34 del Festival che si tenne al teatro Ariston di Sanremo dal 2 al 4 febbraio 1984, condotto da un Pippo Baudo in grande spolvero e al rientro al Festival dopo il suo esordio nel 1968, affiancato nella conduzione da una serie nutrita di vallette come Edy Angelillo, Elisabett Ardini, Inris Peynado e Tiziana Pini.

Un Sanremo che andò benissimo, e che catturò l'attenzione degli italiani che alla fine risultarono circa 80 milioni ripartiti nelle tre serate con 6 milioni e mezzo di votanti tramite il Totip che decretarono la vittoria di Al Bano e Romina con il brano "Ci sarà". 
 
Successo anche per Patty Pravo tornata sulle scene dopo alcuni anni di silenzio, con il brano "Per una bambola" che si aggiudicò il Premio della critica e per l'emergente Fiordaliso (a cui andò anche il plauso di Freddie Mercury, che aveva assistito alla sua esibizione), che con "Non voglio mica la luna", divenuta un evergreen della musica italiana, ottenne anch'essa successo a livello internazionale.
 
Costoso l'allestimento scenografico (la celebre scala da dove scese Claudio Villa per intonare il suo "Un amore così grande"), imponente la presenza di addetti ai lavori, con ben 2700 pass per giornalisti e commentatori accreditati. 

Fu l'edizione che vide l'esordio di una competizione parallela, quella delle Nuove proposte vinta dal debuttante Eros Ramazzotti con "Terra promessa" a fianco a quella principale, ribattezzata Big
 
I Queen, facevano parte della schiera di ospiti eccellenti chiamata dall'organizzatore Gianni Ravera in cui c'erano Paul Young, Culture Club, Stephen Schlaks, Randy Crawford e Bonnie Tyler, presentarono "Radio Ga Ga", pezzo appena inciso tratto dall’album "The Works" e scritto dal batterista Roger Taylor che diventerà uno dei loro successi più conosciuti.

Si esibirono in due serate. Entrarono in scena entrambe le volte sul tardi, la prima, la più attesa, la sera del 3 febbraio, annunciati da un Beppe Grillo scatenato con le sue battute e dal padrone di casa Baudo in veste di spalla. Ma la prima volta in Italia, fu "strana", insolita per una band che dal vivo, nei concerti, riusciva a dare il meglio di sè.

Performance a parte di Freddie Mercury infatti, come si può notare dal video che pubblichiamo, l'esibizione è in playback. La somiglianza con la versione incisa in studio della canzone è evidente e la voce di Mercury è fin troppo "ferma". Questo perchè la politica della RAI di quegli anni imponeva agli artisti questa condizione per esibirsi sul famoso palco del teatro Ariston.

L'orchestra infatti non c'era e tutti i cantanti in gara e in passerella come guest star, dovevano adattarsi al playback. Una scelta tecnica sicuramente dettata dalla facilità con cui si poteva (e si può volendolo, anche ora) inserire una band a metà spettacolo senza dover perdere tempo nel regolare i volumi degli strumenti.

Gli stessi fonici che seguivano i vari gruppi internazionali quindi non erano necessari, e così si risparmiava sul budget evitando che un estraneo potesse mettere mano al sistema di mixing della manifestazione. Si eliminavano poi tutti i vari microfoni necessari ad amplificare e regolare i vari strumenti e si evitavano anche brutte figure, leggi stonature, cosa peraltro non ascrivibile ai Queen, ma la regola doveva valere per tutti non ammettendo deroghe.

Come è facilmente immaginabile, Freddie Mercury non la prese bene. Lo si vede, canta in playback sì, ma in un certo qual modo si prende gioco dell’intera situazione, allontanando da sé il microfono volutamente più di una volta. Va bene che la sua voce è molto potente, ma senza microfono è chiaro che non potrebbe mai essere percepita come si sente dal palco.

Una sorta di presa in giro insomma a quel "sistema" che voleva imbrigliare la sua voce unica e che lo spinge al termine della performance ad andarsene senza salutare Baudo che lo insegue.



Scritta da Roger Taylor ed ispirata come si capisce da alcune parole pronunciate dal figlio piccolo dell'autore, "Radio Ga GA"è una canzone sul periodo d'oro della radio e sulla nostalgia per quello che un tempo veniva considerato un componente della famiglia a tutti gli effetti.

Il testo fa riferimento anche al nuovo potere mediatico esercitato dal canale di video musicali  MTV, il cui avvento ha scalzato la radio come mezzo principale per promuovere i dischi. Ironia della sorte, gli stessi Queen avevano pesantemente contribuito a ridefinire il concetto di videoclip con "Bohemian Rhapsody" nel 1975.

Questo brano riporto la band ai vertici del successo dopo il flop causato dal disco "Hot Space", giudicato troppo diverso dagli altri, ed è il primo singolo dei Queen che va in testa alla Hit Parade del nostro paese. Durante i concerti il pezzo "sanremese" divenne uno dei brani preferiti dal pubblico, che partecipava battendo all'unisono le mani sulla sequenza di applausi suggerita dal ritmo del ritornello.

Celebre ed indimenticabile è l'esecuzione effettuata nel luglio 1985 al  Live Aid, quando Mercury eseguì il testo sul ritmo delle mani battute da tutto lo Wembley Stadium e che anche i millenials hanno potuto rivivere nella scena clou del bel film interpretato da Rami Malek che racconta la storia e la carriera del frotman dei Queen e che ha ottenuto un successo clamoroso di critica e di pubblico.

domenica 4 febbraio 2024

Lazio, un naufragio. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

6 a Dio vede e Provedel - La partita della svolta in chiave quarto posto è finita nel peggiore dei modi con una sconfitta che fotografa impietosamente lo stato attuale della Lazio, catastrofico. Una squadra amorfa, timida, imbelle, che non reagisce agli schiaffi che prende, che non ha leader che la possono guidare e che è rinunciataria a prescindere. Non si salva nessuno dalle sabbie mobili di questo Sarrismo inutile e perdente. Giusto il portiere che comunque ha limitato il passivo. Un naufragio.

6 al Ciro d'Italia - Una presenza di rigore.

5 e mezzo a Miei cari amici Vecino e lontani - Se non ha funzionato neanche il salvatore della patria biancoceleste la parola fine ce sta tutta.

5 e mezzo a Rovella per chi non si accontenta - Il meno peggio. Avete presente Mr Rain a Sanremo? Infatti lo hanno richiamato pure sto giro.

5 a Lisasken dagli occhi blu - Una delusione. L'Achille Lauro biancoceleste sembrava Tony Dallara da zia Mara. E' arrivato.

5 a Lupo Alberto - Vagabondo vagabondo qualche santo mi guiderà, si vede che ha visto Nicola di Bari a Domenica in  (cit. Gianfranco da Giolitti). 

5- a Pasquale Ametrano Anderson - Primo minuto di gioco, il bandolero stanco sembrava impazzito:  uno scatto da centometrista incredibile verso la porta bergamasca. Molti per lo spavento sono caduti dalla poltrona davanti la TV. Ma era solo un bluff. Si è riaddormentato subito. Sino alla fine.

5- a Viale dei Romagnoli. 13 Ostia, Casale degli Ulivi e Gila il mondo gila (Jimmy Fontana, Cantagiro 1965) - In tre non ne hanno fatto uno buono come Aldo Giovanni e Giacomo che non a caso si sono sciolti. Il gol del vantaggio ce l'ha sulla coscienza il neo melodico ma pure gli altri due hanno ballato che è una bellezza là dietro. Altro che la Carrà.

5- a Patrizia Pellegrini - Tanto fumo e poco arrosto. Come Staffelli a Striscia la notizia..

5- a Guendalina facce sognà - Nè carne nè pesce. Nè.

5- - a Castellano e Pipolo - Siamo passati dalla padella alla brace. Dal disertore della vanga Nina Murici al disertore della Pampa. Mamma mia.

4- - a Somarusic - Quante partite è andato male? Quanti casini ha procurato? Quante frescacce ha combinato? Non si contano. Eppure sta sempre lì come il Milite ignoto a piazza Venezia. La speranza è che se lo portino via come i calcinacci dei lavori per la Metro nella piazza. Sipario. 



Roma nun fa la stupida co' la Sora Lella

 di FRANCESCO TRONCARELLI

La notizia ha dell'incredibile. La Sovrintendenza comunale ai Beni culturali ha detto no a un busto dedicato alla Sora Lella proposto dall'Associazione "Le donne di Roma". Il manufatto a detta dei sapientoni dell'ufficio capitolino non avrebbe rilevanza pubblica.

Sora Lella, conosciuta in tutto il Bel paese per la sua simpatia e romanità diffusa a piene mani, nata a due passi da Campo de Fiori dove per anni gestiva un banco di frutta e verdura coi familiairi, Aldo Fabrizi compreso, caratterista del Cinema al fianco di nomi come Totò, De Sica e Verdone e premiata con un Nastro d'Argento e un David di Donatello, non ha rilevanza pubblica.

Cioè lei è una sorta di nullità che non merita un busto, a spese di privati peraltro, vicino alla celebre Trattoria apprezzata da tutte le guide del mondo, ubicata come è noto all'Isola Tiberina. La nonna che tutti noi romani abbiamo avuto e rimpiangiamo ma evidentemente i capoccioni della Sovrintendenza no, non conta niente.

Lei, il simbolo di quella romanità perduta, di quella semplicità fatta di piccole cose come le fette di pane raffermo addolcite da olio o acqua e zucchero, di quella bonomia e solidarietà de noantri (come i pasti che assicurava durante l'occupazione ad una famiglia ebrea nascosta nel suo palazzo), non ha valenza pubblica.

"Annamo bene, annamo proprio bene" potrebbe essere il suo amaro commento ad una vicenda paradossale che denuncia un certo tipo di snobismo culturale inopportuno e soprattutto miope.

Stupisce infatti che la solerte e inflessibile Sovrintendeza comunale abbia tempo per occuparsi di un non problema come quello del busto per un personaggio simbolo di Roma, ma non abbia tempo nè occhi per occuparsi del degrado in cui questa città sta affondando.

Alberi che cadendo uccidono passanti, piazze meravigliose e monumenti storici assediati da camion bar e bancarelle abusive, mondezza che nutre milioni di topi e i nuovi residenti, leggi gabbiani e cinghiali. Tutto a posto. Nessuna condanna o proposta per risolvere problemi come questi che hanno sì valenza pubblica e culturale.

Elena Fabrizi romana de Roma autentica e per questo laziale "quando ero piccola io c'era solo la Lazio" con questo rifiuto/sentenza, è stata discriminata due volte, come cittadina amata dell'Urbe e come donna, condizioni che evidentemente non meritano un'attenzione particolare.

"Roma nun fa la stupida stasera" cantava il Rugantino di Garinei e Giovannini, due romani che sapevano come va il mondo e regalavano sorrisi ed emozioni, come Sora Lella, agli italiani con i loro spettacoli al Sistina.

Roma non fare la stupida con la Sora Lella, non lo merita. E' come darle uno schiaffo. Voi dareste uno schiaffo a vostra nonna? Sovrintendenti, capoccioni e compagnia politica cantando, smentite quello che ha detto Alessandro Gassman su questa storia bruttissima: "i nani hanno paura dei giganti". E che la Sora Lella fosse un gigante è sicuro. Diamole il busto vicino casa sua.


venerdì 2 febbraio 2024

Quando Sanremo era Sanremo

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Non ci sono più i Sanremo di una volta, quante volte abbiamo sentito questa frase, considerazione condivisa da tutti quelli che rimpiangono i festival passati che duravano un paio d'ore e vedevano sul palco star internazionali e cantanti italiani di chiara fama. 

I Sanremo insomma con i Big veri, no con ragazzini e/o perfetti sconosciuti più propensi ad apparire per look improbabili che per musiche indimenticabili. Certo, i tempi sono cambiati, ma basterebbe avere il coraggio di chiamare il festival in un altro modo senza sfruttare l'onda lunga di un successo che dura da decenni e che una volta significava ben altro dall'attuale.

Quando le canzoni le riascoltavi subito, il giorno dopo, fischiate dai cascherini (spariti pure loro) che consegnavano il pane con le loro biciclette per le strade della città o dai muratori che lavoravano sulle impalcature dei palazzi. 

E che canzoni, brani che ancora oggi tutti ricordano. Prendiamo un festival a caso, quello del 1964, che proprio in questi giorni festeggia sessant'anni. "Non ho l'età", "Una lacrima sul viso", "E se domani", "Ogni volta", "Quando vedrai la mia ragazza", "Un bacio piccolissimo", "Sabato sera", basta elencare qualche titolo di quel Sanremo e la memoria si scalda e il buonumore illumina la giornata.

Mike proclama la Cinquetti vincitrice del Festival

Quel festival, il quattordicesimo della kermesse sanremese, si svolse al Salone delle feste del Casinò della cittadina ligure dal 30 gennaio al 1º febbraio 1964 con la conduzione per la seconda volta consecutiva, di Mike Bongiorno affiancato dall'attrice Giuliana Lojodice.

Prime due serate in diretta alla Radio e la serata finale in contemporanea radio e finalmente TV. Quella del '64, senza tanti fronzoli ma ugualmente godibile, fu la prima edizione in cui i concorrenti italiani si esibirono in coppia con un interprete straniero, ed è rimasta nella storia anche e soprattutto per vari motivi.

Innanzitutto perchè fu vinta da un'esordiente e per di più minorenne, Gigliola Cinquetti, allora sedicenne e ammessa al festival perchè vincitrice di Castrocaro. Poi per l'esclusione, causa raucedine, di Bobby Solo, altro debuttante, a cui fu concesso di esibirsi in playback l'ultima serata.

Fu inoltre la prima volta in cui ogni cantante in gara poté scegliere il proprio direttore d'orchestra (nomi come Morricone, Iller Pattacini, Gorni Kramer, Luis Bacalov, Pino Calvi, Enrico Simonetti eccc.), spezzando così il "monopolio", poi divenuto "duopolio", che aveva sempre caratterizzato le edizioni precedenti.

Ogni volta il successo di Paul Anka
Si trattò di un'edizione molto fruttuosa dal punto di vista commerciale, perché sulla scia della manifestazione le canzoni in gara vendettero complessivamente oltre sei milioni di copie, di cui un quarto solo grazie al brano di Bobby Solo definito dalla stampa "vincitore morale", che da allora detiene il record di vendite per un 45 giri sanremese.

Gigliola Cinquetti, ragazza acqua e sapone della porta accanto col suo cignon e quegli abiti vaporosi da feste in casa, grazie alla vittoria sanremese, fu invitata dalla Rai a rappresentare l’Italia all'Eurovision Song Contest, svoltosi a Copenaghen e che vinse prepotentemente.

Doppiò infatti nelle votazioni il secondo classificato, il britannico Matt Monro, dando all'Italia la sua prima vittoria nella manifestazione continentale. La sua fu la prima vittoria anche di una canzone vincitrice del Festival di Sanremo fatto che si sarebbe poi ripetuto solo nel 2021 coi Maneskin con il loro brano "Zitti e buoni".

Altri brani di successo furono "E se domani", presentato da Fausto Cigliano e l'astro nascente americano Gene Piyney (da quel festival una serie interminabile di partecipazioni), che però venne eliminato subito. Sarà Mina, per la quale il pezzo era stato scritto da Giorgio Calabrese e Carlo Alberto Rossi, a farla diventare un evergreen del nostro pop.

La versione giapponese del disco di Little Tony con la Carrà in copertina

Poi "Ogni volta" interpretata da Paul Anka insieme al suo autore Roby Ferrante, che nella versione dell'interprete di "Diana" conquistò le prime posizioni della classifica di vendita assicurando una dorata vacanza romana al golden boy canadese e un grande rilancio nel mercato discografico internazionale.

Ancora "Con un bacio piccolissimo, con le labbra tue di zucchero..." di Robertino che proprio in questi giorni è tornata d'attualità grazie al film di Ficarra e Picone "Santocielo" e "Ma sabato sera ti porto a ballare ti potrò baciare, ti potrò baciare" dell'ex Voce bianca della Cappella Sistina Bruno Filippini recentemente scomparso.

E poi quel "Quando vedrai la mia ragazza" brano ritmato con tanto di "yè yè" del coro dei 4 più 4 di Nora Orlandi, che sancì la definitiva affermazione di Little Tony. La curiosità di questo pezzo è che dietro lo pseudonimo di Giangrano, autore del testo sulla musica di Enrico Ciacci fratello di Tony, si nascondeva Gino Paoli.

Lui, cantautore impegnato peraltro in gara con la tristissima "Ieri ho incontrato mia madre", non poteva mischiarsi con un genere di canzoni così popolare, intascare però i diritti d'autore si, della serie pecunia non olet. No, non ci sono più i Sanremo di una volta, neanche gli pseudonomi.  

Un festival dunque veramente speciale, con artisti veramente tali ancora sulla cresta dell'onda al di là di mode e modi di cantare, con canzoni entrate nella storia del nostro pop che già il giorno dopo del loro lancio, 2 febbraio 1964, potevi sentire in giro. Come "Una lacrima sul viso" che anche adesso, 2 febbraio 2024, sessant'anni dopo il primo ascolto, funziona sempre...