giovedì 4 marzo 2021

4 marzo 1943, auguri Lucio

di FRANCESCO TRONCARELLI 



 

Dice che era un bell'uomo e veniva, veniva dal mare, così inzia una delle canzoni più celebri e amate di Lucio Dalla, "4 marzo 1943”, intitolata col giorno della sua nascita e che oggi nella ricorrenza del suo compleanno, verrà trasemssa in tutte le Radio italiane.

Un modo significativo per rendere omaggio a questo grande cantautore che avrebbe compiuto 80 anni e sicuramente particolare per ricordare uno dei brani più significativi del nostro pop, presentato a Sanremo esattamente 52 anni fa.

Quando Sanremo era tutta un'altra cosa rispetto all'attuale, frequentato da artisti con l' A maiuscola e fior di autori e non da improbabili cantastorie e personaggi da cartoon.

"4 marzo 1943" e un brano rimasto impresso nella memoria collettiva di un Paese in cerca di emozioni e compagnia, e che nelle canzoni di Dalla mai banali e sempre puntuali, trovava risposte ai suoi sogni ai suoi dubbi e alle sue certezze.

Venne presentata da Lucio insieme alla Equipe84 al Festival di Sanremo del 1971 e si è classificò al terzo posto, alle spalle dei vincitori Nicola di Bari e Nada con "Il cuore è uno zingaro" e dopo "Che sarà" interpretata da Josè Felciano e i debuttanti Ricchi e Poveri.

Inizialmente il titolo del brano doveva essere “Gesubambino” ma la censura costrinse Lucio Dalla e Paola Pallottino, la scrittrice e poetessa pupilla di Aldo Palazzeschi coautrice del brano, a cambiare sia il titolo che gran parte della canzone. 

Proprio la Pallottino ha spiegato più volte il significato della canzone e il momneto che ha portato alla creazione di “4 marzo 1943”. L'incontro tra i due fu casuale, alcuni amici comuni le consigliarono di proporre al cantante alcuni suoi testi, nati dall'amore per i francofoni Brel e Brassens.

Così cominciò la loro avventura che caratterizzò un pezzo della prima parte della carriera di Dalla, culminata proprio in quella "4 marzo 1943" che gli resterà cucita addosso a causa (o grazie) a quel titolo che riprendeva la sua data di nascita. 

"Gesubambino" "voleva essere un ideale risarcimento a Lucio per essere stato orfano dall’età di 7 anni. Una canzone sull’assenza del padre, ma poi è diventata una canzone sull’assenza della madre. Lucio rimase folgorato da quei versi, che musicò con una melodia avvolgente e intrisa di malinconia e la presentò ai dicografici della sua etichetta, la RCA.

Si decise di portarla a Sanremo, ma la Commissione esamintarice la respinse ritenendo blasfemo quel richiamo a Gesù. Convinti del pezzo, Dalla e la Pallottino a malincuore virarono in un più accettabile ed insolito richiamo a una data precisa e così il brano passò al vaglio dei "tecnici".

Lucio e Paola Pallottino

Uno dei passaggi del testo più controversi della canzone era quello che diceva: "E anche adesso che bestemmio e bevo vino, per ladri e puttane sono Gesù Bambino" che però diventò, come noto: "E ancora adesso che gioco a carte e bevo vino, per la gente del porto mi chiamo Gesù Bambino", un cambiamento che accontentò tutti.

La canzone ha dunque tre versioni, quella originale, quella censurata e quella che fu presentata nel tour di "Banana Repubblic" assieme a Francesco De Gregori. E proprio quest'ultimo ha voluto rendere nuovamente omaggio alla canzone, riproponendola nel suo ultimo album live "Sotto il vulcano", mantenendosi, però, fedele alla versione censurata.

"Preferisco questa, più dolce e connessa al senso di maternità che esprime la canzone -ha ricordato il Principe-. L’ho fatta solo quella sera, eravamo vicini alla casa di Lucio sull’Etna e me lo sono immaginato giovane, circondato da un’aura come in quel Festival di Sanremo del 1971. È stata una sensazione di gioia, non di dolore o rimpianto".

Nella versione più nota, la canzone è introdotta dal violino di Renzo Fontanella, che faceva parte del primo gruppo del cantante, ed è una delle caratteristiche di un brano che risultò, da subito, amatissimo anche all'estero, soprattutto nei paesi in lingua spagnola, grazie alle versioni di Maria Betania e Chico Buarque de Hollanda, ma a rifarla, quasi subito, fu anche Dalida.

 


All'epoca a conquistare il primo posto della Hit parade di Lelio Luttazi fu la versione proprosta dalla Nuova Equipe 84, che era composta da Dario Baldan Bembo alle tastiere, Franz Di Cioccio alla batteria, Victor Sogliani al basso e voce e al frontman e voce storica del gruppo Maurizio Vandelli.

Poi Lucio se la riprese con tutti gli interessi nel tempo, portandola al trionfo perenne e rendendola un brano senza tempo che a distanza di anni regala emozioni e sempre nuove passioni. 

E non potrebbe essere diversamente, perchè Dalla era un numero uno, un poeta, un musicista vero, un artista dal talento immenso che in un mondo dello spettacolo come questo che predilige l'immagine alla sostanza, manca terribilmente.

Auguri Lucio ovunque tu sia.

Il testo di “4 marzo 1943”:

Dice che era un bell’uomo e veniva, veniva dal mare

parlava un’altra lingua, però sapeva amare

e quel giorno lui prese a mia madre, sopra un bel prato

l’ora più dolce, prima d’essere ammazzato.

Così lei restò sola nella stanza, la stanza sul porto

con l’unico vestito, ogni giorno più corto

e benchè non sapesse il nome e neppure il paese

mi aspettò come un dono d’amore, fino dal primo mese.

Compiva sedici anni, quel giorno la mia mamma

le strofe di taverna, le cantò a ninna nanna

e stringendomi al petto che sapeva, sapeva di mare

giocava a far la donna, col bambino da fasciare.

E forse fu per gioco, e forse per amore

che mi volle chiamare, come Nostro Signore

della sua breve vita il ricordo, il ricordo più grosso

è tutto in questo nome, che io mi porto addosso

e ancora adesso che gioco a carte e bevo vino

per la gente del porto io sono, Gesù Bambino

e ancora adesso che gioco a carte e bevo vino

per la gente del porto io sono, Gesù Bambino.


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