giovedì 5 giugno 2025

Addio Enzo Staiola

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Lo potevi incontrare al baretto della Garbatella, il suo quartiere e lo riconoscevi subito, perché nonostante fossero passati tanti anni, aveva sempre quello sguardo dolce che ispirava serenità e quegli occhioni azzurri che avevano conquistato il mondo.

Enzo Staiola che ci ha lasciato dopo una breve malattia, aveva esordito a 9 anni in "Ladri di biciclette" il capolavoro di Vittorio De Sica, divenendo cosi il più famoso bambino-attore del cinema italiano per la straordinaria sensibilità con cui aveva dato vita al personaggio di Bruno, il figlio del protagonista, l'operaio Ricci interpretato da Lamberto Maggiorani. 

Lasciandosi guidare da De Sica con estrema bravura, il piccolo Enzo divenne una specie di "manifesto" vivente del neorealismo italiano, un protagonista assoluto grazie alla sua umanità veramente notevole e spontanea.  

la bicicletta tanto agognata

La sua faccia da bambino triste col naso a patata era finita addirittura in un francobollo nel 1988, ma nella storia del cinema c’era già da un pezzo per quell'interpretazione che trasudava innocenza, dignità e amore filiale.

«Eravamo cinque fratelli, tre maschi e due femmine. Abitavamo insieme ai nostri genitori in un piccolo appartamento di due stanze nel quartiere San Giovanni» aveva raccontato Staiola. "Mamma Rosa aveva un banco di frutta vicino al Colosseo, mentre mio padre Otello vendeva fiori". 

il francobollo

De Sica lo notò per strada mentre era in macchina, per come camminava ciondoloni: "Stavo tornando da scuola e a un certo momento mi accorgo che una grande auto mi seguiva a passo d’uomo. Poi scende questo signore coi capelli grigi, tutto vestito bene, e mi chiede: “Come ti chiami?”, e io zitto. E lui “Ma non parli?”,“Non mi va di parlare”, risposi. Mia madre mi diceva sempre di non dare confidenza se qualcuno ci fermava. C'era stata la storia di Girolimoni, accusato ingiustamente di rapire i bambini".

De Sica però non si scoraggiò e lo seguì fino a casa e lì ovviamente venne riconosciuto dai genitori. Alla fine venne firmato un contratto che proponeva 300 mila lire per due mesi. Per allora una cifra esagerata a cui non si poteva dire di no 

sul set con De Sica

Sul set De Sica era severo con Enzo, a volte usava modi bruschi probabilmente per avere qualcosa in più nel film a livello di recitazione. Lo stesso regista premiato con l'Oscar per questo film, raccontò che per fare piangere in maniera così naturale il piccolo Staiola, gli aveva messo delle cicche nelle tasche dandogli del “ciccarolo” e del bugiardo.

"Ladri di biciclette" sceneggiato da quel poeta di Cesare Zavattini, ebbe un successo enorme e Staiola continuò a lavorare nel Cinema partecipando a una ventina di film, lavorando anche insieme ad attori del calibro di Humprey Bogart e Ava Gardner come fu nel film "La contessa scalza" ma tutte le pellicole a cui prese parte le interpretò in quanto bambino e poi ragazzetto, senza avere la possibilità da parte dei registi di crescere nei ruoli e così diventare attore professionista.

Enzo Staiola e Lamberto Maggiorani

Passato così il magic moment con gli studi di Cinecittà si diplomò all'Istituto Tecnico, e dopo qualche supplenza come docente di matematica preferì la solidità di un posto fisso al Catasto alle lusinghe del set, senza rimpianti e nostalgie particolari da buon romano fatalista quale era. Gli piaceva molto il calcio e tifava Lazio e nel tempo libero faceva l’allenatore di alcune squadre amatoriali della Garbatella. 

Enzo Staiola aveva 85 anni ed era l'ultimo protagonista ancora in vita del Neorealismo, quel movimento culturale e artistico che aveva caratterizzato il nostro cinema nel dopoguerra e influenzato quello internazionale.

Il suo Bruno in lacrime per le tristi e drammatiche vicende del padre in quel film considerato uno dei film più importanti del Ventesimo Secolo, aveva commosso milioni di spettatori, ora quel dispiacere si rinnova e la parola "FINE" nei titoli di coda della sua esistenza chiude un'epoca indimenticabile che grazie alla magia del cinema vivrà per sempre. 

indimenticabile Enzo


 

domenica 25 maggio 2025

Lazio, tutti a casa. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

6+ a Pedro Pedro Pedro Pè - La Lazio è fuori da tutto. Cercava, a parole, un posto al sole, ha trovato con il suo menefreghismo e la scarsa applicazione il buio assoluto. Altro che Europa siamo al terzo mondo del calcio. Che pena, che tristezza, che figura. Un'altra sconfitta in casa nella partita in cui doveva dare il fritto. E abbiamo giocato pure in superiorità numerica. Ma questa squadra non ha nerbo nè dignità. È andata peggio di come si potesse immaginare. Si salva il meglio di Santa Fè ma è una magra consolazione. Meno male che il campionato è finito perché siamo veramente allo sbando. Tutti a casa...

6 a Patrizia Pellegrini - Anche sto giro ha dato quello che poteva. Ma il problema è che il mister non lo ha mai visto. Pensa un po'. 

5 e mezzo a miei cari amici Vecino e lontani -  Poteva dare una mano per recuperare la partita ma si è ritrovato in mezzo a una manica di sfigati che lo hanno bloccato in tutti i sensi. Che fine.  

5 e mezzo a che Dio ce la Mandas buona - Ultimamente non è stato più decisivo. Tanto valeva mettere in porta il padre Rosario Di Vincenzo.

5+ a Castellano e Pipolo - Due gran colpi di testa. Il problema è che ne puoi fare anche dieci di colpi di testa ma poi almeno uno deve entrare. Non è il suo caso.

5- a Hysaj che i papaveri - È il quarto mistero di Fatima, nessuno sa perché giochi. Neanche lui.

5- Guendovunque - se anche un gladiatore come lui non coglie l'attimo (vedi la loro rete) vuol dire che è proprio finita.

5- a Rovella per chi non si accontenta - Lo abbiamo già detto e lo ribadiamo, je manca sempre un sordo pe fa na lira, come si dice a Roma. Nulla altro da aggiungere. 

5- - a Viale dei Romagnoli, 13 Ostia - Coinvolto suo malgrado nel naufragio generale. Il rosso premia la sua prestazione negativa.

5- - a Benigno Zaccagnini - Ei fu. 

5- - a Dio perdona pure Dia - Come il programma di Gigi Marzullo. Inutile.

5- - a Gila il mondo gila (Jimmy Fontana, Cantagiro 1965) - Maniscalco dal volto umano ha perso come un Riccardo Rossi qualsiasi la palla che ha favorito il contropiede salentino. Una cappellata che neanche in terza categoria. Tristezza.

5- - a senti che musica coi Tavares - C'era una volta la freccia biancazzurra, Roma-Milano in un'ora scarsa saltando i passaggi a livello. Una volta. Adesso con un solo cross in 90 minuti più recupero è come se si fosse fermato su un binario morto.

5- - a Somarusic - Nè carne ne pesce. Nè.

4 a Pighin-Sanguin-Noslin - Fortemente voluto da Ricky Tognazzi Baroni . Ah ah ah.

4 a Lisasken dagli occhi blu - Quando l'hanno inquadrato in primo piano ha fatto tenerezza. Occhi spenti, espressione  svagata, più magro del solito, sembrava uscito da un riformatorio. Ha dato molto nella prima parte del torneo poi si è avvitato su se stesso. Manco fosse Holly che dopo Sanremo è sparito dalle scene. Una promessa rimasta tale. Come questa Lazio. Sipario.



martedì 20 maggio 2025

Addio Nino Benvenuti

 di FRANCESCO TRONCARELLI

È morto a Roma, all'età di 87 anni, Nino Benvenuti, icona del pugilato italiano e mondiale. Era malato da tempo. Nato a Isola d'Istria il 26 aprile 1938, Benvenuti è stato campione olimpico dei pesi welter nei Giochi Olimpici di Roma 1960, campione mondiale dei pesi superwelter tra il 1965 e il 1966, campione europeo dei pesi medi tra il 1965 e il 1967, campione mondiale dei pesi medi tra il 1967 e il 1970. 

Nel 1968 aveva vinto il prestigioso premio di Fighter of the year e nel 1992 è stato inserito nella International Boxing Hall of Fame, primo italiano a ricevere entrambi i riconoscimenti. Leggendari i suoi combattimenti con Emile Griffith che fecero la storia non solo dello sport ma anche della società dell'Italia di quei tempi. Come furono epiche le sfide con Sandro Mazzinghi, suo rivale storico.  Ottantadue vittorie (35 per KO), un pareggio e sette sconfitte fra cui quelle con Monzon a cui cedette il titolo, il bilancio della sua carriera.

"Sei entrato nell'Olimpo e hai dominato sul ring diventando un'icona senza tempo. Hai conquistato il Mondo, vincendo i Giochi di Roma '60 e poi i titoli iridati, regalando al pugilato e a tutto lo sport italiano un esempio sinonimo di orgoglio": così sui suoi profili social il presidenbte del Coni, Giovanni Malagò ha ricordato il campione triestino. "Ciao Nino. Le tue gesta, il tuo sorriso, la tua classe rimarranno un marchio di fabbrica intramontabile. Sei stato un campione straordinario, rimarrai una leggenda, un Mito per sempre".

Sì un vero mito, orgoglioso delle sue radici istriane,  un simbolo dello sport italiano non solo per i grandi risultati raggiunti ma anche per la sua dirittura morale ed etica, un atleta che non mai fatto una polemica nè un commento negativo verso un rivale ma che ha trasmesso solo positività a tutti i livelli, un esempio da seguire per la dedizione totale alla Noble art.

Ne è la testimonianza l'incontro entrato nella leggenda con Griffith, un duello fra campioni all’ultimo colpo, una delle pagine di sport più avvincenti che è rimasta nell’immaginario collettivo e ha segnato un’epoca, ma anche una bella storia di amicizia fra due uomini di sport al di là della rivalità che un tempo li aveva messi l’uno contro l’altro.

Si svolse il 17 aprile 1967 al Madison Square Garden di New York per la corona mondiale dei Medi e fu uno scontro epico. All’ultimo jab che consacrò il pugile istriano che nella velocità, classe e tecnica aveva le sue doti migliori, come uno dei boxeur più grandi di sempre e come uno degli atleti più amati dagli italiani.     

Medaglia d’oro alle Olimpiadi di Roma del 60, già detentore del titolo mondiale dei Medi junior dopo le drammatiche ed emozionanti “battaglie” col rivale storico Sandro Mazzinhgi, Benvenuti lanciando la sfida a Griffith, e soprattutto vincendola contro tutti i pronostici della vigilia, vide aumentare la sua popolarità enormemente, diventando un idolo sportivo nazionale, secondo italiano dopo il mitico Carnera a conquistare un titolo mondiale negli Stati Uniti. Una vera e propria impresa.

E che impresa. Griffith, il detentore, nativo delle Isole Vergini ma americano a tutti gli effetti, aveva fama dell’invincibile e del picchiatore. Era considerato il pugile del momento dopo Muhammad Ali. Cinque anni prima aveva affrontato il cubano Benny Paret, che prima del match durante le operazioni di peso, gli aveva dato del «maricon», epiteto gergale e offensivo per deridere la sua omosessualità non dichiarata. La sfida si trasformò in mattanza, Paret crollò sotto i colpi feroci del campione, andò in coma e morì dieci giorni dopo.

Nessuno in America accredita lo sfidante Benvenuti come vincitore, gli addetti ai lavori lo snobbano, qualcuno lo schernisce definendolo un pugile dalla lingua lunga e quindi un fanfarone, lo stesso suo arrivo passa inosservato, non ci sono cronisti ad attenderlo quando sbarca dal volo Alitalia proveniente da Roma all’aeroporto Fiorello La guardia di New York come di solito si usa. Tutti però si dovranno ricredere di lì a poco.

il duello con Griffith


Quando Benvenuti e Griffith salgono sul quadrato del Madison davanti a 15 mila spettatori tra cui a bordo ring personaggi come Sugar Ray Robinson, Jack La Motta, Frank Sinatra e i nostri Enrico Maria Salerno e Milva arrivati con altri 500 connazionali per sostenere Nino, a New York solo le 22, in Italia le 4 di notte.

L’attesa per la sfida da noi è alle stelle, la Rai però non fa la diretta seguendo le indicazioni venute dall’alto, da parte del Governo presieduto allora da Aldo Moro si disse dopo, perchè non si voleva turbare il sonno degli italiani che il giorno dopo sarebbero dovuti andare a lavorare.

Precauzione inutile, 18 milioni di connazionali (solamente Italia-Germania ha registrato un numero simile) mettono la sveglia alle 4 per seguire l'evento alla radio grazie alla cronaca di Paolo Valenti. Il Paese intero vive così in diretta, incollato ai transistor, il saliscendi di emozioni di quello “scontro” sulla carta (stampata a stelle e strisce) impari. Con Nino insomma c’è anche l’Italia che sale sul ring.

Inizia il match, i due si studiano, Benvenuti sfrutta l’allungo, Griffith la corta distanza. Al 2° round Griffith va al tappeto, al 4° tocca a Benvenuti. I due se le danno di santa ragione, elegante e  preciso nei colpi Nino, potente e aggressivo Emile. Si arriva alla 12ma ripresa, Griffith è stanco, Benvenuti prende il sopravvento, il suo rivale barcolla. Gli ultimi round sono un delirio di pugni sino al gong finale, è fatta. E stata una gara di resistenza e attacco da parte dello sfidante, e così i giudici danno 10 riprese su 15 a Nino, è un trionfo. L'Italia vede l'alba col titolo di campione del mondo, Benvenuti entra nella leggenda e al ritorno sarà accolto come un eroe.

«La storia del costume italiano si è arricchita di una pagina densa di significato: nel cuore della notte, in ogni città come nei borghi più sperduti, migliaia e migliaia di persone hanno interrotto il sonno per seguire trepidanti, attraverso la radio, l’impresa sportiva di un giovanotto di Trieste che, a settemila chilometri di distanza, nella più famosa e temuta arena pugilistica del mondo, s’apprestava a vivere un’affascinante avventura».

Così Gino Palumbo futuro direttore della Gazzetta, racconta l’indomani sul “Corsera” quello che successe quella notte indimenticabile rendendo perfettamente l’idea della carica emotiva con cui un’ intera nazione visse quell’evento sportivo che avrebbe poi visto solamente la sera in televisione in differita, con il commento competente e appassionato di Paolo Rosi, la “voce” del pugilato.

Al match del Madison ne seguirono altri due, sempre a New York, completando un trittico tra i più famosi nella storia del pugilato. Nel secondo combattimento che si svolse allo Shea Stadium il 29 settembre successivo Griffith si prese la rivincita conquistando il verdetto ai punti, nel terzo, la bella, che fu proposta il 4 marzo 68 nel nuovo Madison, Nino si riprese la corona dei Medi battendo il rivale sempre ai punti, ma con margine minimo.

Dopo 45 round complessivi, il duello ricco di colpi puliti e mai proibiti, da campioni veri, aveva espresso un vincitore incontrastato, Nino Benvenuti, 29 anni, istriano di nascita, triestino d’adozione, italiano applaudito ovunque.

Ma la vicenda sportiva fra i due contendenti ebbe un’appendice che durò molto di più rispetto a quei match e che li vide passare dal ruolo di acerrimi nemici a quello più sorprendente considerato  ciò che c’era stato fra loro, di amici sinceri. I due infatti rimasero sempre in contatto negli anni successivi, ritrovandosi spesso (Emile è stato padrino di Cresima di uno dei figli di Benvenuti) e dando vita a un rapporto incentrato sulla stima reciproca che ebbe il momento più importante quando Griffith facendo coming out, destò scandalo nel mondo della boxe mettendosi tutti conto.

Senza pensarci un attimo, Nino si schierò al suo fianco. Poi, quando Griffith colpito da demenza pugilistica e con un conto in banca vicino allo zero, cominciò a perdere colpi fisicamente, corse in suo aiuto, organizzando una raccolta di fondi necessari alle cure e continuando ad interessarsi a lui fino alla sua morte avvenuta nel 2013.

Ora lassù, nel paradiso dei pugili, Nino ritroverà Griffith e anche l'amico-nemico Mazzinghi per degli incontri che non saranno più a base di pugni ma di sorrisi e sentimenti di vera amicizia: Per l'eternità.

Nino bacia la salma di Mazzinghi


domenica 18 maggio 2025

Pedro santo subito. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

9 a Pedro Pedro Pedro Pè - La Lazio ha giocato una grande partita e fermato l'Inter dei campioni. Ha giocato al limite delle sue possibilità cercando di ovviare i limiti tecnici dei suoi uomini con tanta grinta e buona volontà. E non è un caso che la riscossa sia stata suonata dal meglio di Santa Fè che ha ripreso due volte i nerazzurri. È la conferma che la differenza la fanno i migliori, i fuoriclasse, i campioni, e che se vuoi centrare un obiettivo importante lo fai solo con gente di livello non con scommesse o giovani "prospetti" . Santo subito Pedro. E avanti Lazio fino alla fine.

7 a Guendo è bello esse laziali - Guendovunque non ha paura di nessuno e lo trovi dappertutto. Ma è solo, questa è la realtà.

6 e mezzo a miei cari amici Vecino e lontani -  Un combattente. Ne ha viste e fatte più lui di Salvini e Vannacci messi insieme. Sino alla fine ha trascinato la squadra è suonato la carica. Daje.

6+ a Rovella per chi non si accontenta - Gli manca sempre un soldo pe fa na lira. Quando ce l'avrà saremo milionari.

6+ a Gila il mondo gila (Jimmy Fontana, Cantagiro 1965) - Tra i pochi a lottare e dare il fritto. Peccato che l'olio messo dai compagni di merende fosse bruciato.

6+ a Viale dei Romagnoli, 13 Ostia - Al di là della partita, applausi perché gliene ha dette quattro ad Antonio Elia Acerbis (vedi collezione Pagelliadi), per gli amici "Riderà". 

6 a Castellano e Pipolo - Come il programma di Gigi Marzullo. Da sonno. Poi si è svegliato e ha scodellato l'assist per il collega di reparto. Ma è stato come parlare a un albero. Il rigore procurato lo assolve da ogni peccato senza bisogno di ricorrere al Papa.

6- a che Dio ce la Mandas buona - Il secondo gol che ha preso parando con le mani aperte è la conferma che anche lui è un uomo come tutti noi, che può sbagliare sul posto di lavoro come tutti gli esseri umani. Del resto il padre, Rosario Di Vincenzo, di sbagli ne faceva, per cui tutto resta in famiglia. Di padre in figlio. 

5 e mezzo a Hysaj che i papaveri - Sicuramente meglio di chi ha sostituito, il problema è che è scarso di suo. 

5 a Dio perdona pure Dia - L'uomo in meno. Come Amadeus per 9 che non ne azzecca una è fa un flop dopo l'altro. Il gol che ha mancato a venti minuti dalla fine è la fotografia del suo campionato giocato all'insegna del vorrei ma non posso.

5- a senti che musica coi Tavares - È partito in quarta è finito in folle. La freccia biancazzurra doveva arrivare al mare si è fermata a Vitinia in mezzo alla campagna come un locale qualsiasi. Tristezza.

5- a Somarusic - Avete presente Gabry Ponte all'Eurovision? Uguale. Era mejo se non c'annava. 

5- -  a Lisasken dagli occhi blu - Ha avuto sui piedi l'occasione per passare alla storia. Se l'è xaxata come un dilettante allo sbaraglio. Si è fatto ipnotizzare manco Sommer fosse Silvan. O forse è proprio lui che è un pollo tout court. Amadori non a caso gli ha messo gli occhi addosso. Sipario. 

venerdì 16 maggio 2025

Storie di tifo e di bomber

 di FRANCESCO TRONCARELLI

14 Novembre 1971, si gioca Lazio - Palermo e decidiamo di portare lo striscione dei Commandos Monteverde allo stadio. È il debutto del gruppo che ho fondato insieme a Gino e Luciano nel nostro quartiere in un momento difficile per la prima squadra della Capitale. 

La Lazio è in serie B e perciò vogliamo essere vicini ai ragazzi guidati dal nuovo allenatore Tommaso Maestrelli. Lo striscione è enorme e il più lungo di tutti coi suoi 22 metri, lo posizioniamo nella parte bassa della Curva. 

Attenzione, nella Cuva Sud, dove in quegli anni si riunivano i tifosi più caldi di entrambe le squadre cittadine per via della vicinanza al sottopassaggio da dove uscivano i giocatori per andare sul campo. La Sud insomma, e più precisamente il suo lato verso la Monte Mario, era quindi il posto ideale per far sentire il tifo e gli incoraggiamenti alla squadra. 

Luciano

La Curva di quegli anni era popolata da tifosi ruspanti che davano comunque tutto. Capello il playboy, primo a portare le ragazze allo stadio, il Sardo cugino del bandito Graziano Mesina, i fratelli Cavallo, chiamati così per il volto molto lungo, Olio, perchè aveva i capelli unti, Fascination, perché nonostante gli occhi strabici andava a Fontana di Trevi per rimorchiare le turiste e Luciano che cantava "Marina" in piedi sul Muretto dopo essersi scolato un fiasco di vino.

Un'umanità incredibile e affascinate per noi ragazzini che andavano allo stadio per portare una ventata di freschezza e organizzazione a quel tifo che viveva di tanta caciara e nessun coordinamento. Ma non era facile non tanto perché eravamo gli ultimi arrivati ma perchè c'era proprio una mentalità diversa nel modo di tifare. Molto casareccia.

Troja il primo in piedi, Ferrari il penultimo tra Reja e Landini

Nel Palermo il centravanti si chiamava Troja ed era il più temuto degli avversari, un attaccante di razza col vizio del gol. Quando i rosanero entrarono in campo per il riscaldamento, dalla Sud iniziarono a strillargli di tutto. Epiteti irripetibili che sfruttavano il doppio senso legato al cognome. Una vera ondata di fango composta da tutti i sinonimi che quel cognome evocava.

Troja che da quando era nato aveva subìto sfottò per motivi facilmente intuibili e che si diceva avesse cambiato la "i" in una "j" nel cognome per evitare l'accento che avrebbe ricondotto al mestiere più antico del mondo, si voltò verso la Sud e fece il segno 2 con le dita, come dire ve ne faccio due, alimentando così ulteriormente quel bullismo vocale nei suoi confronti e scatenando il putiferio. 

La sua partita però andò diversamente, "il Re di Palermo" come lo definiva la stampa siciliana, prese poche palle, marcato stretto come era da Facco in prima battuta e Wilson a seguire. Niente gol, in compenso a farne due fu Enzo Ferrari l'altro attaccante palermitano, un ala dal tiro potente passata alla storia del Calcio per aver segnato un gol alla Roma da 77 metri. 

Il gol segnato da Chinaglia

Per la Lazio segnarono Peppiniello Massa e Giorgio Chinaglia, il nostro idolo, che con quel gol fu come se avesse inaugurato lo striscione del CML destinato a fare la storia del tifo laziale. Finì cosi 2 a 2, un pareggio pirotecnico, tra parolacce, boati e gol di bomber di una volta, quelli detti "di sfondamento", tenaci, travolgenti e con la castagna nel piede.

Come Enzo Ferrari, razza Piave, il vendicatore di Tanino Troja, che dopo aver riportato il Palermo in serie A quell'anno a suon di reti e giocato in vari club iniziò un'onorata carriera da mister culminata nell'allenare l'Udinese di Zico. 

Ferrari ci ha lasciato alcuni gioni fa a 81 anni. Ora ritroverà lassù l'amico Troja per scontrarsi con Facco e Wilson nel paradiso dei calciatori. Ma non ci sarà nessuno che li insulterà, solo applausi per quei bomber di un calcio in bianco e nero a misura d'uomo e non di sponsor che faceva sognare a colori. Meglio tardi che mai.

lunedì 12 maggio 2025

Lazio, scudetto del 74: ecco il video inedito

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Emozionarsi per un film, per una pellicola particolare, per un video che racconta una giornata speciale vissuta all'Olimpico da un popolo in festa per un sogno diventato realtà. Una chicca straordinaria che ti rimanda a un mondo che non c'è più ma che è stato bello vivere quando la Lazio era una grande famiglia ed era vissuto dalle famiglie intere.

Genitori, figli e nonni tutti insieme appassionatamente per tifare i colori biancocelesti e vederli vincere grazie alla banda Maestrelli. Tutto questo è in un filmino amatoriale girato il 12 maggio del 1974, una data storica per chi ha la Prima squadra della Capitale nel cuore, quella del giorno in cui il sodalizio che ha portato il calcio a Roma vinse il primo scudetto della sua storia.

E' un superotto a colori che racconta quel famoso Lazio-Foggia cogli occhi di una famiglia di laziali come tante, che quella domenica di maggio partecipò a un evento memorabile. Un evento che coinvolse 83mila e rotti presenti paganti, record ineguagliato nella storia delle partite giocate all'Olimpico da sempre.

Immagini riprese alla buona, con una di quelle cineprese che in quel periodo si usavano per le occasioni speciali (matrimoni, comunioni, vacanze, gite), ma proprio per questo sono immagini eccezionali, perchè sanno di amore, di passione, di tifo spontaneo e casareccio, di quando il calcio era a misura d'uomo e non di sponsor, quando si andava allo stadio con la giacca, il panino e il fiasco di vino. E con la bandiera.

Sette minuti di Lazio, sette minuti di brividi, sette minuti di emozioni, sette minuti di uno Scudetto che ancora oggi fa venire i lucciconi. Iniziano con la femminuccia di casa che guarda l'obiettivo poi c'è il fratello.

Ha la bandiera in mano, la sventola, e come lui tanti altri tifosi si avviano verso la giornata più bella della loro vita, tra palloncini colorati e bandiere al vento. Da quel momento è tutto un susseguirsi di emozioni e flash di una partita vista dalla Sud, dove negli anni 70 c'era il cuore del tifo biancoceleste.

Il gruppo è posizionato in basso, subito sopra il parterre, lato verso la tribuna Tevere. E subito arriva un momento bellissimo: Luciano, il capo tifoso storico che avevo immortolato nel mio film "Ultimo mambo all'Olimpico", sfila nei posti in piedi, il parterre, con uno starno vestito, una specie di saio da monaco a righe biancocelesti.

Una maschera incredibile come lui, che mentre cammina agita due bandiere, una per mano. Poi migliaia di bandiere al vento svegliano lo stadio, i tifosi sono già a mille, ecco papà Sabatello, capello lungo alla Pooh come andavano in quel periodo che agita un campanaccio, i figlioli contenti come la gente intorno a lui col cappello della Rosso Antico che veniva regalato quel giorno.

Entra Lenzini, il presidente, siamo al 2° minuto e una manciata di secondi del video, è l'apoteosi, lo stadio esplode, lui saluta soddisfatto il pubblico, felice di essere arrivato a questo match così importante che può regalare in anticipo di una giornata il Tricolore a Roma. Lo si vede vicinissimo il Sor Umberto.

E si capisce dall'entusiasmo generale, come fosse amato e perchè ancora oggi viene rimpianto da chi c'era allora. Poi è il momento delle squadre e le bandiere tornano ad impazzire al vento, ecco Felice Pulici che si avvia alla sua porta compiendo il solito rituale: un tocco con le mani all'incorocio sinistro, poi a quello destro.

Inizia la partita, foggiani e laziali "combattono",  le azioni si susseguono, ma sta per arrivare il momento clou. E' il minuto 3 del filmato, c'è il rigore. Chinaglia è pronto, lo si vede bene, inizia la rincorsa, parte la bomba, tutti schizzano in piedi, anche davanti la cinepresa, è letteralmente il caos.

L'Olimpico è tutta una bandiera, l'entusiasmo è a mille. E' fatta. E così al minuto 4° si vede l'invasione di campo. Uno, due, dieci, mille tifosi entrano sul prato dell'Olimpico, sugli spalti la ripesa coglie due fratelli, sono in estasi e frastornati, le guance rosse per l'eccitazione, uno beve direttamente dal fiasco di vino l'altro piange e si asciuga le lacrime, sul tabellone a caratteri cubitali compare la scritta LAZIO.

Mezzo stadio è entrato in campo ed è iniziata la folle, liberatoria corsa sulla pista che circonda il rettangolo di gioco, una marea di tifosi corre con le bandiere, giri su giri, un carosello impazzito di felicità che non si era mai visto nè si vedrà mai più.

Una mongolfiera si alza verso il cielo, tutti si abbracciano c'è chi piange per la gioia. Scene incredibili che ti scuotono, poesia pura, meglio di un film neorealista di Vittorio De Sica o di una pellicola visonaria di Fellini. E la felicità continuerà fuori l'Olimpico con una Fiat Giardinetta addobbata per la festa.

La festa per il sogno raggiunto, la festa di una famiglia laziale, come avrebbe potuto essere la nostra. Come l'hanno vissuta i nostri genitori, i nostri fratelli, noi. Grazie Lazio, grazie a chi c'era e soprattutto grazie alla famiglia Sabatello che ha effettuato con tanta passione le riprese amatoriali, grazie a questa famiglia che è la famiglia di tutti noi laziali.

 


sabato 10 maggio 2025

Lazio, all'ultimo respiro. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

7 a miei cari amici Vecino e lontani - Lazio-Juventus era stata annunciata come la partita spareggio per la Champions, il match da o dentro o fuori, lo scontro assolutamente da vincere. Se all'ultimo assalto non ci fosse stato il gol dell'uruguiano ora saremmo qui a leccarci le ferite di una sconfitta clamorosa. Per fortuna è stato rimediato lo scorno ma la realtà racconta di una squadra che in casa non vince più anche se si trova in superiorità numerica. Una tristezza infinita che mortifica soprattutto chi segue a prescindere questi colori dando tutto e che merita una marea di applausi. Come andrà a finire? Ancora due partite e sapremo.

6+ a Gila il mondo gila (Jimmy Fontana, Cantagiro 1965) - Maniscalco dal volto umano ha combattuto sino alla fine. Ma  "l'hanno rimasto solo" come Peppe er Pantera dei Soliti ignoti.

6+ a Pedro Pedro Pè- È entrato in corsa e ha dato la scossa. Ma i suoi compagni di merende non hanno recepito. Che rabbia.

6+ a Patrizia Pellegrini - Tanto fumo e un po' d'arrosto. Avete presente Massimo Giletti?

6 a Guendo è bello esse laziali - Ma sarebbe più bello se si riuscisse a vincere all'Olimpico. Un sogno proibito che qualcuno dovrà spiegare perchè. Ma in realtà lo sanno tutti di chi è la colpa.

6 a che Dio ce la Mandas buona - L'aveva pure preso quel colpo di testa maledetto. Un vero peccato in una partita peraltro tutta da dimenticare. 

6 a Castellano e Pipolo - l'unica cosa positiva che ha fatto, il colpo di testa nel finale che ha scaturito il ta pin di Vecino. Per il resto tutto chiacchiere e distintivo.

6 a Dio perdona pure Dia - Eppure c'ha provato ma quando tutto gira male anche le cose facili diventano no difficili ma impossibili.

5 e mezzo a Rovella per chi non si accontenta - Il suo problema è che non quaglia. Per lui due più due non fa mai quattro. Non fa e basta. Non riesce mai nonostante la mole di gioco che sviluppa, ha effettuare un tiro che è uno verso la porta. E questa mancanza è sempre decisiva. In negativo ovviamente.

5 e mezzo a Lazzari alzati e cammina - Della serie "Il cross questo sconosciuto". Poi se ricorda come se fa ed è pareggio. Mah.

5 a Benigno Zaccagnini - Gioca per terra per tutti falli che subisce. Ma non conta neanche al Subbuteo. 

5 a Somarusic - Come il programma di Gigi Marzullo. Inutile.

5 a Viale dei Romagnoli, 13 Ostia - Pesa come un macigno la sua assenza ingiustificata nel momento in cui Kolo cavolo se chiama ha segnato. 

5 a Dele ctrl canc alt - È partito in quarta(suo l'unico tiro in porta in 45 minuti) è finito in folle. Come Fedez.

5 a Lisasken dagli occhi blu - All'inizio si è involato, col passare del tempo si è involuto. È finito involtino. Sipario.

mercoledì 7 maggio 2025

Una canzone "Senza fine"

 di FRANCESCO TRONCARELLI

C'è un video che gira in rete che emoziona e fa riflettere. Si riferisce a una trasmissione televisiva del 1965 condotta da Ornella Vanoni intitolata "Senza fine", come la canzone lanciata quell'anno dalla cantante milanese e che diventerà una delle perle del nostro pop.

Emoziona perchè questo brano che dà il nome al programma, nel filmato è cantato oltre a lei da altri dieci artisti che con le loro voci forniscono uno dopo l'altro un'interpretazione complessiva meravigliosa e al tempo stesso incredibile. 

Fa riflettere perchè se si raffronta il brano e i cantanti ai brani di oggi e a chi li "canta" (virgolette d'obbligo), si comprende quando si è stati fortunati ad aver assaporato certe melodie e ascoltato gli artisti di una volta. 

Certe canzoni e "Senza fine" scritta da Gino Paoli per Ornella lo è, sono senza tempo, certi cantanti, e quelli riuniti da Ennio Morricone per cantare in diretta la canzone lo sono, sono cantanti veri, con gavetta alle spalle, carriera di tutto rispetto e soprattutto voce indimenticabile ed armoniosa. 

Non c'era bisogno allora di vestirsi con degli stracci come fanno oggi per cantare una canzone, non c'era bisogno di mostrare il lato B come si usa adesso per far credere di essere cantanti, nè serviva l'autotune per andare a Sanremo e rifiutare poi l'Eurovision. Bisognava solo cantare. Solo cantare come fanno questi dieci interpreti.

i magnifici undici

Quel bianco e nero della ripresa di questo filmato dà il senso esatto ad una stagione irripetibile della nostra musica leggera che faceva sognare a colori accompagnando generazioni d'italiani verso il futuro e i cambiamenti della società.

E una canzone "Senza fine" per dei cantanti senza fine anche se non ci sono più come Little Tony, il ragazzo col ciuffo che aveva portato il rock in Italia che apre la carrellata o come Bruno Lauzi, cantautore intelligente e controcorrente della Scuola genovese esploso con "Ritornerai" o come Jimmy Fontana che con "Il mondo" stava diventando famoso ovunque.

Senza fine come Gianni Morandi neo ottantenne che allora aveva già piazzato tre hit indimenticabili come "In ginocchio da te", "Non son degno di te", Se non avessi più te" o come Nicola di Bari che aveva debuttato a Sanremo insieme a Gene Pitney con "Amici miei".

O come i giovanissimi Dino che stava dominando le classifiche col brano scritto da Sergo Endrigo "Te lo leggo negli occhi" o come Fabrizio Ferretti fresco di Sanremo in coppia con la grandissima Dusty Springfield con "Tu che ne sai".

O senza fine come i veterani Edoardo Vianello già con all'attivo "Watussi", "Guarda come dondolo" e hit estive varie e la brava Jenny Luna, trionfatrice a Sanremo con "Le mille bolle blu" insieme a Mina e la mitica "Folle banderuola" che poi tornò a fare l'insegnante di Scuola materna per godersi ora a 93 anni la pensione.

È un filmato che è diventato virale giustamente perchè ci "racconta" una musica indimenticabile e degli interpreti unici, eccolo 👇


 

domenica 4 maggio 2025

Lazio, che fatica vincere. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

7+ Dio perdona Dia no - La  Lazio ha vinto con l'Empoli mantenendo ancora in vita le speranze di raggiungere un posto al sole ma la partita è stata inguardabile. Giocavi con la penultima in classifica che non vince da 5 mesi un match e non sei riuscito a chiuderla con un punteggio altisonante o quanto meno sicuro neanche quando eri in superiorità numerica. È ovvio che c'è qualcosa che non va. Ma tant'è e si va avanti soffrendo. Incredibile ma vero.

7+ a che Dio ce la Mandas buona - Una certezza, come la tassa sulla mondezza. Il figlio segreto di Di Vincenzo ancora una volta ha dato tutto. Come Amadeus. Solo che il presentatore si è bruciato mentre lui si è superato.

6 e mezzo a Pedro Pedro Pedro Pè - ha dato la scossa a un manipolo di demotivati. Poi la scossa gliela hanno data a lui ma per la Lazio il Var non esiste e il rigore è un utopia.

6+ ad aspettando Gigot - Maniscalco dal volto umano si è addolcito, adesso quando li stende sorride. Come a dire te potevo spezza in due t'ho dato na carezza. Artista vero.

6 a Rovella per chi non si accontenta - Se il centrocampo affonda e non filtra gli assalti dei toscani la colpa è anche un po' sua. Dall'oroscopo di Branko la Luna consiglia, rafforzare la fase difensiva e farsi furbi. Meno tocchetti e più tacchetti.

6 a Guendovunque - corre corre e corre ma al dunque non tira mai in porta. Aridatece Franco Nanni.

6 a Benigno Zaccagnini - Continuano i falli sull'arciere. E il calciatore più azzoppato di tutta la serie A ma non gliene frega niente a nessuno. Se buttasse col rugby almeno riuscirebbe a fare notizia.

6 a Patrizia Pellegrini - Un passo indietro rispetto alla partita col Parma. Un po' come tutta la squadra. Peccato.

6 a Viale dei Romagnoli, 13 Ostia - Continua a ballare come un Bolle qualsiasi. Candidato alla prossima edizione del programma di Milly Carlucci. 

6 a Castellano e Pipolo - come attaccante ha dato il meglio di sé in difesa, come difensore ha fatto rimpiangere l'attaccante. In 90 minuti un tiro in porta e molti recuperi. Boh.

6 a miei cari amici Vecino e lontani - È entrato troppo tardi. Come Gerry Scotti a Striscia la notizia.

6- a Prostamol - poveraccio ma dove è capitato. Roba da fasciarsi la testa...

5 e mezzo a Lisasken dagli occhi blu - È partito in quarta è finito in folle. Come Morgan.

5 e mezzo a Somarusic - una partita senza infamia e senza lode. Praticamente senza. 

4 a Hysaj che i papaveri - dalle stelle alle stalle. Dal cross che ha determinato il gol all'espulsione che ha ripristinato la parità numerica. Una follia che certifica una stagione a tutti i livelli comunque altalenante. Della serie "Vorrei ma non posso" e lui che è sempre stato il quarto mistero di Fatima (perché fa il calciatore?) ne è il gagliardo testimonial. Sipario.

lunedì 28 aprile 2025

Meno male che Pedro c'è. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

8 e mezzo a Pedro Pedro Pedro Pè - La Lazio ha pareggiato col Parma una partita che stava perdendo. C'è voluta la classe e la tigna del meglio di Santa Fè per riprendere i gialloblu ed evitare l'onta di una sconfitta che a giudicare da quello che si era visto ci stava tutta. Si perché la Lazio è parsa una squadra spenta, deconcentrata e priva di un gioco degno di questo nome, l'esatto contrario degli avversari messi bene in campo e soprattutto ben motivati. A questo punto dopo la bella prova col Genoa e questa schifezza col Parma non si può più pronosticare nulla. Perché nessuno sa, a quattro giornate dalla fine, quale sia la vera Lazio.

7 e mezzo a che Dio ce la Mandas buona - Nel momento cruciale con le sue parate ha "salvato" il risultato e propiziato la riscossa.

6 e mezzo a Patrizia Pellegrini - È il testimonial della partita. Primo tempo da brividi (specie per il primo gol subìto) finale in crescendo con l'assist decisivo. È lui la Lazio targata Ricky Tognazzi Baroni.

6 a miei cari amici Vecino e lontani - Ha dato la sveglia ai compagni di merende. Chiamatelo per mediare fra Trump e Zelensky.

6 a Guendovunque - Tanto fumo e poco arrosto. Poi si è svegliato ed è stato solo arrosto.

5 e mezzo a Castellano e Pipolo - Il gol lo aveva fatto. Peccato fosse in fuorigioco. Provaci ancora Taty altrimenti qui so' dolori.

5+ a cha una sola alternativa - lasciar perdere. Anche se si è trovato, senza neanche rendersene conto, a favorire il gol della rimonta.

5 a Gila il mondo gila (Jimmy Fontana, Cantagiro 1965) - È partito in quarta è finito in folle come Fedez.

5 a Rovella per chi non si accontenta - Un altro rispetto al solito. Come Vittorio Cecchi Gori che da quando si tinge i capelli biondo cenere sembra la sora Lella.

5 a Benigno Zaccagnini - Una partita per terra. Come la Lazio che è a terra.

5- a Lisasken dagli occhi blu - All'inizio si è involato, col passare del tempo si è involuto, è finito involtino.

5- a Somarusic - Sulla sua fascia hanno fatto il porco del comodo loro. C'è mancato pure che se piazzassero col plaid per fate na merenda. Ha confermato la giustezza del nickname che lo accompagna da sempre in questa rubrica. 

5- a Viale dei Romagnoli, 13 Ostia - Ha dormito alla grande in occasione dei gol. Dall'oroscopo di Branko la Luna consiglia: flebo di caffè h24.

4 a Dio perdona pure Dia - Molti si erano illusi dopo il gol al Genoa che fosse un attaccante nel vero senso della parola, ossia uno che attacca, tira e segna. La disfatta col Parma ha certificato che è uno e basta. Perché non ha attaccato, non ha tirato né tanto meno segnato. È solo uno. Che passa da quelle parti. 

4- - a Pighin-Sanguin-Noslin- È come il programma di Gigi Marzullo. Inutile. Sipario.

mercoledì 23 aprile 2025

Lazio, Genova è per noi. Le Pagelliadii

 di FRANCESCO TRONCARELLI

8 a Castellano e Pipolo - La Lazio batte il Genoa e torna in corsa per un posto al sole. Assorbita la botta psicologica dei rigori col Bodo, la squadra ha espresso con autorità il suo gioco mettendo alle corde i rossoblu che erano peraltro in serie positiva. È stata insomma una bella vittoria, propiziata da un gol pazzesco del puntero argentino in acrobazia, che ha gonfiato la rete di Fausto Leali lasciando di stucco la curva del Grifone. Se si continua così sino alla fine del campionato tutto è possibile. Avanti Lazio avanti laziali! 

8 a che Dio ce la Mandas buona - Che dire, un numero uno di nome e di fatto. Neanche il fumogeno che gli hanno tirato lo ha piegato. Parate in serie e soprattutto grande personalità. Può presentare anche Sanremo. 

7 e mezzo all'ira di Dia - Da salma a salmone il passo non è breve ma quando se sveja è letale.

7+ a Guendo è bello esse laziali - Guendo se vince ancora de più. Guendissimamente Lazio.

7+ a Rovella per chi non si accontenta - Metronomo dal volto umano, regista poco appariscente ma concreto alla Pupi Avati, rubapalloni come i ragazzini di una volta. In ogni caso fondamentale.

6 e mezzo a Patrizia Pellegrini - Una risorsa poco sfruttata ma quando gioca è decisivo. C'è sempre il suo zampino nei gol e nelle azioni in contropiede. Daje.

6  mezzo a Viale dei Romagnoli, 13 Ostia - Tutti si aspettavano un suo gol. Ma ha preferito chiudere la difesa a doppia mandata. Meglio così.

6+ a Somarusic - falso nuove, falso e basta, fa(il)s(u)o dovere. E meno male.

6+ a Benigno Zaccagnini - Non segna più in compenso è il giocatore laziale che subisce più falli. Dovrebbe essere applicata quella regola del calcio per strada, ogni tre falli un rigore. 

6 a Pedro Pedro Pedro Pè - Il meglio di Santa Fè e Trigoria entrato in corsa ha gettato in campo tutta la sua esperienza per far girare i suoi compagni. E già che ce stava ha gettato alle ortiche qualche palla d'oro.

6 a Gila il mondo gila (Jimmy Fontana, Cantagiro 1965) - Ha ballato divinimente, roba da show televisivo. È il Bolle dei poveri. Peccato però che doveva difendere invece di andare per farfalle. Meno male che Pinamonti e company non ne hanno approfittato. Comunque nel finale si è risanvito...

6 a Lazzari alzati e cammina - Non ce se crede. Una volta che è in palla e corre e crossa come da copione, se fa male ed esce prima. Sfortunato. Alla prossima toccando ferro. 

5 a Bella Janez! (Sandokan, Rai 1) - Entrato e subito espulso. È record. Sipario. 




sabato 19 aprile 2025

Beatles, ecco chi era "Michelle"

 di FRANCESCO TRONCARELLI

 
Michelle, ma belleSont des mots qui vont très bien ensembleTrès bien ensemble
I love you, I love you, I love you...

E' una delle canzoni più famose dei Beatles, venne pubblicata nel 1965 insieme ad altri brani come "Day Tripper" e "We can work it out" nel sesto album "Rubber Soul" che i Fab Four registrarono in studio a Londra. 

Un pezzo che ebbe un grandissimo successo e che ancora oggi viene riproposto nelle selezioni radiofoniche delle emittenti di tutto il mondo per la sua melodia coinvolgente ma anche per quelle parole in francese che creano un'atmosfera particolare. 

Ma perché i Beatles scelsero il nome Michelle per dare il titolo alla loro canzone? Presto detto. Paul era affascinato da Parigi e dalla sua dimensione internazionale di culla della cultura. Era l'epoca di artisti come Francoise Hardy, Johnny Halliday, Juliette Gréco e dello stile bohémien che impazzava.

A una festa di studenti della scuola d'arte che frequentava, ascoltò con interesse un ragazzo con pizzetto e una maglietta strappata, che stava cantando una canzone francese. Paul volle allora imitarlo scrivendo un brano con un testo in francese inventato, un francese maccheronico, per divertire i propri amici. 

La canzone rimase così per molto tempo un pezzo da divertimento, una specie di gioco in musica, fino al 1965, quando John Lennon suggerì all'amico di lavorarci sopra per inserirla in "Rubber Soul".

McCartney così chiese aiuto ad un’insegnante di francese, Jan Vaughan. Lui non conosceva la lingua, quindi prima le domandò quale fosse un nome di quel paese abbastanza diffuso e poi di formare una rima con questo nome. 

Il risultato fu: “Michelle, ma belle, sont des mots qui vont très bien ensemble”, Lennon dal canto suo ebbe l'idea di inserire l'altrettanto famoso verso «I love you» reiterato a metà brano, a mo' di tormentone e così l'opera fu completa.

"Cin Cin" successo internazionale e disco d'oro in Italia

Questa la versione ufficiale o meglio quella che alcuni addetti ai lavori hanno accreditato successivamente, quando i Beatles sono diventati oggetti di culto e si è cominciato ad analizzarne i testi, le canzoni, la vita e quant'altro.

Ma ce n'è un'altra che proviene dalla Francia e che in questi giorni è tornata d'attualità. E ci riporta a un cantante molto famoso in Italia negli anni Sessanta con brani come "Cin Cin", "La mia festa", "Il treno va" che dominarono a lungo la Hit parade.

Stiamo parlando di Richard Anthony, 50 milioni di dischi venduti, idolo della gioventù ye ye d'oltralpe e conosciuto come "il papà del twist" per essere stato il primo nel paese d'oltralpe a lanciare il famoso ballo.

In occasione dell'anniversario della sua scomparsa avvenuta dieci anni fa, il figlio in un talk televisivo improntato al vintage (come i nostri "La volta buona", "Bella Ma" ecc), ha rilanciato la storia dell'incontro fra i Fab Four e Anthony che dette vita al titolo del brano.

Il cantante francese era a Londra per incidere i suoi brani in inglese presso lo studio di Abbey Road, lo stesso dei Beatles che aveva conosciuto nella loro tourneè all'Olympia di Parigi (vedi foto in apertura). E la canzone è nata una notte nelle sale del ristorante dell'Hilton, dove soggiornava. 

Aveva invitato McCartney a mangiare con lui dopo una lunga sessione in studio. Nel corso di questa serata conviviale, il concierge dell'albergo recapitava in continuazione messaggi di Michelle, la moglie di Richard Anthony, al marito.

Richard Anthony e la moglie Michelle con i figli

Paul, con uno slancio goliardico, per prendere in giro l'amico, aveva così esclamato "Michelle, my bell.." per poi scarabocchiare su un angolo del tavolo il testo di questa canzone in omaggio alla bella e petulante consorte di Richard.

La "versione Anthony" che lo stesso cantante aveva raccontato anni fa senza che il suo vecchio amico Paul lo smentisse, era nota da tempo, ma per motivi di campanilismo non era mai stata accettata dai cultori della materia d'oltre Manica. Sarà vera? E perchè no. Spesso quello che sembra incredibile si rivela vero.

Ricordiamo i sorrisini dei nostri sapientoni sui "rapporti" fra Mino Reitano e i Beatles, che diventarono occhi abbassati quando recuperammo con un piccolo scoop la foto del locale di Amburgo che pubblicizzava le esibizioni di Benjamin and his brotehrs con i futuri interpreti di "Help".

Quindi perchè non dare credito al buon Richard, artista di fama internazionale, il primo a comprarsi un jet per gli spostamenti, che non aveva nulla da guadagnare nel raccontare questa versione, tanto più che da anni era divorziato proprio da Michelle dopo una lunga battaglia legale alla Totti e Hilary.

E poi, anche se non fosse vera al cento per cento, è valsa la pena darne conto per ricordare questo grande artista a tutti quelli che lo hanno applaudito a suo tempo per la sua bravura di interprete e per i suoi brani memorabili.

E anche per rallegrare quelli che leggendo queste righe si saranno messi a sorridere. Come qualcuno faceva per Mino Reitano collega dei Beatles.   

martedì 15 aprile 2025

Titanic, ecco il video dell'epoca

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Tutti conoscono la vicenda del Titanic resa famosa grazie all'omonimo film di James Cameron vincitore di 11 premi Oscar ed interpretato da Leonardo DiCaprio e Kate Winslet.

Le immagini di quel transaltantico britannico ricostruito in studio durante il viaggio inaugurale e il drammatico naufragio, sono impresse nella memoria collettiva al pari della vicenda amorosa fra i due protagonisti della pellicola e alla struggente colonna sonora.

C'è però un filmato originale dell'epoca, girato nei giorni che precedettero il varo e poi la partenza, ovvero 10 aprile 1912, che mostra veramente questa famosa nave da crociera entrata suo malgrado nella storia. 

Un video davvero raro che "racconta" il Titanic prima dell'affondamento, quando tutto sembrava bello e da vivere con entusiasmo e per questo, oltre che per far riflettere, merita di essere conservato negli annali della storia. 

E' un documento eccezionale anche se le riprese non sono perfette e, ovviamente, in linea con quelle a cui siamo abituati oggi. I primi fotogrammi mostrano la maestosa imbarcazione che si prepara a lasciare l'Ormeggio 44 di Southampton nel Regno Unito, con destinazione New York.

C'è l'imbarco dei passeggeri, la folla festante sul molo, poi le passeggiate in coperta, i marinai sulla tolda, la navigazione in mare aperto.

Sono momenti reali di vera serenità che si susseguono uno dopo l'altro, quando nulla faceva presagire il dramma che si sarebbe consumato.

E c'è persino il capitano, il barbuto Edward John Smith al suo ultimo viaggio prima del pensionamento, che rimasto al suo posto come ogni Comandante che si rispetti quando iniziò la tragedia, perì poi nel naufragio.

E' una visione che ci proietta in un'atmosfera quasi irreale, rarefatta, dove il bianco e nero sembra preannunciare la tragedia di quello che sta per accadere. 

Una situazione incredibile nella sua semplicità, che racconta per davvero quello che accadeva sul Titanic. E' insomma un video che fa viaggiare l'immaginazione e regala emozioni.     

Ed è comunque un documento che resterà per sempre, al contrario del relitto affondato nell'Oceano che sta scomparendo e molto presto non esisterà più. Nè per il momento è visibile.

La escursione subacquea che per la "modica" cifra di 125 mila dollari a persona che dava la possibilità di un incontro ravvicinato col relitto, dopo la drammatica vicenda del sottomarino Titan imploso nel 2023 è stata sospesa.

domenica 13 aprile 2025

Lazio, un pareggio che sta stretto. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

8 e mezzo a Viale dei Romagnoli, 13 Ostia - La Lazio ha dominato il derby ma è finita in pareggio. Non si contano le azioni dei biancocelesti culminate in splendidi tiri verso la porta giallorossa ma come si sa per vincere la devi buttare dentro. Come aveva fatto con quel magnifico colpo di testa il centrale de noantri biancazzurri, romano de Roma e per questo tifoso della Prima squadra della Capitale. Stanchi per la trasferta in Norvegia i ragazzi di Ricky Tognazzi Baroni hanno moltiplicato le forze per dimostrare di essere sempre in corsa per l'Europa che conta. E l'hanno dimostrato ampiamente. Avanti Lazio avanti laziali! 

8 e mezzo a che Dio ce la Mandas buona - Tre parate da numero uno di nome e di fatto. Il figlio segreto di Rosario Di Vincenzo è una garanzia. Grandissimo. 

8 a Patrizia Pellegrini - Un partitone. E pensare che l'avevano messo alla porta. La palla davanti alla porta romanista però ce l'ha messa lui. Altro che storie.

7+ a Guendo è bello esse laziali - specialmente in scontri come questi. Guendo caliente el sol con l'Aquila sul petto Guendovunque senza paura. 

7+ a Rovella per chi non si accontenta - Era un geometra del centrocampo è diventato un gigante. Lui così piccolo e fragile come cantava Drupi è cresciuto partita dopo partita lottando su ogni palla senza timore. È il testimonial di questo derby teso e giocato all'attacco. 

7 a Pedro Pedro Pedro Pè - il meglio di Santa Fè ha dimostrato ancora una volta che è anche il meglio di Trigoria.

6 e mezzo a Lisasken dagli occhi blu  - Gli è mancato il gol. Ma se lo meritava. Come la Lazio di vincere.

6 e mezzo ad aspettando Gigot - Ha messo da parte il bastone e ha giocato di fioretto. E li ha infilati. Come polli allo spiedo.

6+ a Benigno Zaccagnini - L'arciere non ha scagliato la sua freccia ma ha dato comunque il fritto. Peccato senza sale.

6 a Castellano e Pipolo - Più che punta ha puntato gli avversari. E ce po' sta.

6 a Somarusic - Non ha combinato casini e questo è un pregio, i casini glieli ha creati sulla fascia e questo è un doppio pregio. 

5- a Dio perdona pure Dia - anche sto giro. Che tristezza.

5- a Pighin-Sanguin-Noslin - Come il programma di Gigi Marzullo. Inutile.

5- -  a Dele ctrl canc alt - Diciamolo, non ha concluso niente, specialmente nel primo tempo, nella ripresa poi si è superato quando è scivolato da solo mentre correva con la palla al piede. È stato l'uomo in meno. Sipario.

domenica 6 aprile 2025

Lazio, ammucchia Gasperì. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

8 a Lisasken dagli occhi blu - La Lazio torna a vincere e lo fa con merito, giocando una grande partita su un campo difficile e contro una squadra ben attrezzata. La rivoluzione tattica applicata dal mister è risultata vincente, i giocatori messi in campo hanno dimostrato di sapersi muovere con intelligenza, pronti a sfruttare la minima occasione. Da antologia il gol della vittoria messo a segno dall'Achille Lauro biancoceleste che di sinistro ha gonfiato la rete nerazzurro. E' una vittoria che la rilancia nella corsa verso la Champions e ricompatta l'ambiente. Suor Paola è stata onorata come meritava.

7  e mezzo a Rovella per chi non si accontenta - Il Metronomo dal volto umano che spazza, lancia e guida i compagni alla riscossa. Daje.

7+ a che Dio ce la Mandas buona - Due paratone e quel lancio lungo lungo che ha dato il via all'azione del gol. La panchina gli ha fatto bene, non ha intaccato a sua autostima, ma era meglio vederlo in campo. Avoja.

6 e tre quarti a Dele ctrl canc alt - Un assist al bacio che annulla tutto il "no buono" che aveva fatto vedere. 

6 e mezzo a Gila il mondo gila (Jimmy Fontana, Cantagiro 1965) - Come le cartelle esattoriali della mondezza, una certezza.

6 e mezzo a Patrizia Pellegrini - Non glielo dite che è andato bene altrimenti si monta la testa e punta a Montecitorio. Come la influencer napoletana Rita De Crescenzo.

6 e mezzo a Bella Janez! (Sandokan, Rai 1 con Kabir Bedi) - Finalmente titolare, finalmente lo abbiamo visto. Da oggetto misterioso a mistero perché non giocasse.

6+ ad aspettando Gigot - un cerbero. E non ha neanche menato. Bravo.

6 a Benigno Zaccagnini - L'arciere non ha scagliato la sua freccia ma ha dato comunque il fritto. Magari con pochi calamari che danno il giusto gusto.

6 a Prostamol - Un voto di incoraggiamnto per un esordio che comunque ha portato bene.

6 a Pighin-Sanguin-Noslin - Tutto fa brodo. Pure con lui.

6- a Lazzari alzati e cammina - E  impara a fare i cross!

5 a Dio perdona pure Dia - L'ultimo tiro in porta che ha fatto risale al film "Per un pugno di dollari" in cui sparava all'entrata del saloon insieme a Clint Eastwood. Da allora le polveri sono bagnate, la pistola si è rotta e non tira neanche con la mazzafionda.

5 a senti che musica coi Tavares - È partito in quarta è finito in folle. Praticamente dopo l'ennesimo infortunio ha preso il posto "del malato d'oro" alla Paideia, titolo che già fu di Konko de mamma e di  Ederson Lake e Palmer. Evviva.

5- a c'ha una sola alternativa - lasciare il calcio e darsi all'ippica, come si diceva una volta. È l'uomo in meno per noi e quello in più per l'avversario di turno. Una costante. Che amarezza avrebbe detto il povero Antonello Fassari. Ma non c'è soluzione perché continua ad essere schierato. Quando lo capirà Ricky Tognazzi Baroni sarà sempre troppo tardi. Sipario.

Indimenticabile Fred

di FRANCESCO TRONCARELLI

Brillanti sparsi sulla pelle bionda, tu esci cone Venere da un'onda, ti butti sulla sabbia sei bella che fai quasi rabbia...

Quella voce calda e avvolgente che ti entrava dentro e che si sposava perfettamente con melodie che trascinavano nel vero senso della parola la gente sulla pista dei locali.

Fred Bongusto era uno chansonnier, un cantante confidenziale come si chiamavano una volta gli artisti che creavano atmosfere soft coi loro brani e con il loro modo di porgerli a chi li ascoltava. 

Era il re delle luci soffuse, delle rotonde sul mare, dei lenti stretti stretti, degli amori al chiaro di luna e dei baci sulla mattonella. Un cantore dell'amore e delle vicende sentimentali delle coppie del Bel paese.

Balliamo, è da tanto tempo che non lo facciamo, balliamo c'è la musica che piace pure a te, andiamo, questa sera sono in vena di follie, noi due, stretti stretti come tanto tempo fa...

Amava il mare Fred, amava Ischia, aveva una casa a Sant'Angelo e si esibiva al Negombo per vacanzieri estasiati delle sue canzoni, era amico di Peppino di Capri che proprio nell'isola verde aveva iniziato la sua formidabile carriera a O Rangio fellone. 

Peppino che con lui aveva lavorato dando vita a duetti celebri e momenti irripetibili di musica, è stato l'unico che quando se n'è andato lo ha ricordato pubblicamente trattenendo a fatica la commozione.

Si perchè come per molti artisti che negli anni Sessanta e Settanta erano al top del successo e che pur col cambiamento di mode e modi di cantare erano comunque rimasti orgogliosamente al loro posto davanti un microfono o un piano, Fred col passare del tempo era stato messo da parte.

Ricordo quella volta che lo chiamammo per una chiacchierata in radio e lui a microfoni spenti e a diretta terminata mi ringraziò. Lui a me. Incredibile. Non lo cercava più nessuno e quella richiesta lo aveva stupito. Incredibile veramente.

Oggi Fred Bongusto avrebbe compiuto 90 anni, ma non ci saranno trasmissioni del pomeriggio televisivo o servizi vari che lo ricorderanno, statene certi. La memoria da noi è corta e non ha rispetto per l'arte.

Saranno 90 anni di solitudine per l'ignoranza dei media che inseguono i morti di fama del momento e le canzoni usa e getta che ballerano una sola estate. 

Fred era molto di più, era un gigante dell'intrattenimento che partito dalla gavetta aveva poi conquistato i palcoscenici più importanti del mondo. Era Fred Bongusto l'artista che aveva cantato l'estate di una Italia che voleva sognare.

Con Ore d'amore, Spaghetti pollo insalatina e una tazzina di caffè a Malaga e sorseggiando tutto Doce doce, mentre il sole si nascondeva dietro il molo e la luna faceva una virgola sul cielo. Auguri Fred ovunque tu sia da chi ti ha applaudito e non ti dimentica. 

 

lunedì 31 marzo 2025

La Lazio non vince più. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

6 e mezzo a Somarusic - La Lazio non vince più. Anche quando sembrava fatta le solite amnesie difensive hanno favorito un pareggio che sembrerebbe stretto ma che in realtà fotografa il lungo momento no che la squadra di Ricky Tognazzi Baroni sta attraversando. Metteteci pure che i rincalzi non ci sono e il gioco è fatto. Per gli altri, come il Torino che ha cambiato tre uomini e in cinque minuti ha pareggiato. Copertina d'obbligo al terzinaccio montenegribo che con quel gran gol di destro aveva fatto credere che questa sarebbe stata la partita della svolta. Illusione.

6 e mezzo a Pedro Pedro Pedro Pè - Un assist al bacio da parte del meglio di Santa Fè e Trigoria che vale tutto. Perchè per il resto buio assoluto.

6 e mezzo a Lisaken dagli occhi blu - Di tutta la squadra è quello che da sempre il fritto, ma è solo. Come Carlo Conti che regge la baracca di Rai 1 da solo.

6+ a Rovella per chi non si accontenta - quando riuscirà anche a segnare un gol è sicuro che verrà  giù l'Olimpico. Per ora viene giù da solo.

6+ a Pighin-Sanguin-Noslin - È partito in quarta è finito in folle come la Lazio.

6 + a Guendo è bello esse laziali - Tanto lavoro sporco. Sarebbe opportuno che si sporcarsi di meno e spazzasse di più.

6 a Benigno Zaccagnini - L'arciere non scaglia più le sue recce. Dategli un fucile.

6 a Hysaj che i papaveri - Non gioca quasi mai ma quando lo buttano dentro non delude mai. Come Marco Liorni.

6 ad aspettando Gigot - Non ha neanche menato che è il suo forte. E propria finita.

6 a Dio vede e Provedel - In media Carrizo, due tiri, una parata e un gol.

6 a Viale dei Romagnoli 13, Ostia - Meglio come attaccante. E ho detto tutto.

6- a Patrizia Pellegrini - Tanto fumo e poco arrosto. Avete presente Cattelan? 

5 e mezzo a Dele ctrl canc - Il suo apporto è stato come quello di Valerio Staffelli a Striscia la notizia in occasione del tapiro al Pupone, inutile. 

5 a Dio perdona pure Dia - Speravamo di essere smentiti, che con un guizzo da campione ci smentisse regalando una gioia alla gente laziale. Ma era una pura illusione, tipo credere che Valeria Marini sia una showgirl. L'ex Salernitana non ha strusciato una palla confermandosi l'uomo in meno di questa Lazio che spesso là davanti arranca. Sipario.

domenica 30 marzo 2025

Ecco Celentano!

 di FRANCESCO TRONCARELLI

C'è chi lo dava per scomparso, chi per malato, chi con in testa Teo Teocoli, lo faceva prigioniero della moglie e chi invece lo credeva avvitato nei suoi pensieri e manie. 

Tutti a pontificare e dare la propria versione sul Celentano che non si faceva vedere in giro alimentando voci incontrollate e fake news su quello che probabilmente era un semplice volersi godere la vecchiaia in santa pace.

Poi però, quando il mistero sulle sue condizioni psicofisiche si faceva sempre più fitto e ingarbugliato il colpo di scena, anzi i colpi di scena che azzerano tutto. Con tre mosse il Molleggiato ha dato scacco matto ai chiacchieroni del web e ai ficcanaso del gossip televisivo. 

La prima è stata l'incontro con Spike Lee a Milano, testimoniato da una foto volutamente "oscurata" diffusa dallo staff del regista americano in cui si vedono i due, meglio Spike di Adriano. Il regista newyorkese, tra i primi a valorizzare il genere rap nel cinema, ha contattato Celentano per includere 'Prisencolinensinainciusol', il brano che il Molleggiato pubblicò nel 1972 e da molti considerato il primo esempio di rap della storia, nella colonna sonora del suo nuovo film 'Highest 2 Lowest', in uscita in primavera e dato in arrivo in anteprima al festival di Cannes.

La seconda mossa è stata pubblicare sul suo profilo Instagram dal nome che è tutto un programma, L'inesistente, un audio in cui si ascolta un dialogo fra lui e la moglie Claudia Mori, un siparietto affettuoso e surreale sulla vecchiaia.

«Adriano, ma è vero che io e te invecchiamo?», domanda Claudia Mori al marito. «E sì, è vero… Ma solo io. Tu no, tu rimarrai sempre giovane», risponde lui. «Ah, menomale, che spavento!», esclama la moglie. 

La coppia più bella del mondo, che vive in una villa a Campesone di Galbiate (Lecco), l’anno scorso ha festeggiato i sessant’anni di matrimonio, sono, infatti, sposati dal 1964. Il post è stato apprezzato dai tanti fan del Molleggiato. Tra loro Mara Venier che ha commentato «Io vi amo» aggiungendo un cuore

il profilo Instagram

Terzo colpo assestato a sorpresa la foto che lo ritrae in macchina diventata in un attimo virale. Una foto chiara, nitida, no come quella con Lee, che fornisce un'immagine reale e veritiera sul Celentano attuale. 

L'immagine è nata da un selfie con il bergamasco Roberto Panza suo ammiratore di lunga data e artista che spesso e volentieri interpreta le sue canzoni, è stata "tagliata" sul Molleggiato per mostrarlo al meglio e si è subito diffusa sui social.

E non poteva essere altrimenti perché l'interprete di Azzurro appare così come è, senza filtri e ritocchi, alla bella età di 87 anni, sicuramente invecchiato ma sempre in forma, alla guida della sua auto e con indosso la classica maglietta con l'ampia scollatura nonostante il clima più invernale che primaverile.

il selfie

"Il tempo se ne va" cantava riferendosi alla fanciullezza della figlia Rosita che si avviava alla adolescenza, ora questa canzone si potrebbe intonare a lui che da ragazzo della via Gluck è passato a nonno della mitica strada milanese.

Ma un nonno moderno e sempre in gamba, che ama il rock e stupire. Anziano, con le rughe che inevitabilmente solcano il uo viso come denuncia l'anagrafe ma sempre giovane dentro e mentalmente con le sue battaglie ecologiche e le riflessioni taglienti e veritiere sull'attualità. 

"Passano gli anni" come cantava una volta "e quel ragazzo ne ha fatta di strada", ma nonostante questo rimane il Molleggiato amato da tutti, rimane Adriano Celentano, un artista senza tempo.

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