domenica 25 maggio 2025

Lazio, tutti a casa. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

6+ a Pedro Pedro Pedro Pè - La Lazio è fuori da tutto. Cercava, a parole, un posto al sole, ha trovato con il suo menefreghismo e la scarsa applicazione il buio assoluto. Altro che Europa siamo al terzo mondo del calcio. Che pena, che tristezza, che figura. Un'altra sconfitta in casa nella partita in cui doveva dare il fritto. E abbiamo giocato pure in superiorità numerica. Ma questa squadra non ha nerbo nè dignità. È andata peggio di come si potesse immaginare. Si salva il meglio di Santa Fè ma è una magra consolazione. Meno male che il campionato è finito perché siamo veramente allo sbando. Tutti a casa...

6 a Patrizia Pellegrini - Anche sto giro ha dato quello che poteva. Ma il problema è che il mister non lo ha mai visto. Pensa un po'. 

5 e mezzo a miei cari amici Vecino e lontani -  Poteva dare una mano per recuperare la partita ma si è ritrovato in mezzo a una manica di sfigati che lo hanno bloccato in tutti i sensi. Che fine.  

5 e mezzo a che Dio ce la Mandas buona - Ultimamente non è stato più decisivo. Tanto valeva mettere in porta il padre Rosario Di Vincenzo.

5+ a Castellano e Pipolo - Due gran colpi di testa. Il problema è che ne puoi fare anche dieci di colpi di testa ma poi almeno uno deve entrare. Non è il suo caso.

5- a Hysaj che i papaveri - È il quarto mistero di Fatima, nessuno sa perché giochi. Neanche lui.

5- Guendovunque - se anche un gladiatore come lui non coglie l'attimo (vedi la loro rete) vuol dire che è proprio finita.

5- a Rovella per chi non si accontenta - Lo abbiamo già detto e lo ribadiamo, je manca sempre un sordo pe fa na lira, come si dice a Roma. Nulla altro da aggiungere. 

5- - a Viale dei Romagnoli, 13 Ostia - Coinvolto suo malgrado nel naufragio generale. Il rosso premia la sua prestazione negativa.

5- - a Benigno Zaccagnini - Ei fu. 

5- - a Dio perdona pure Dia - Come il programma di Gigi Marzullo. Inutile.

5- - a Gila il mondo gila (Jimmy Fontana, Cantagiro 1965) - Maniscalco dal volto umano ha perso come un Riccardo Rossi qualsiasi la palla che ha favorito il contropiede salentino. Una cappellata che neanche in terza categoria. Tristezza.

5- - a senti che musica coi Tavares - C'era una volta la freccia biancazzurra, Roma-Milano in un'ora scarsa saltando i passaggi a livello. Una volta. Adesso con un solo cross in 90 minuti più recupero è come se si fosse fermato su un binario morto.

5- - a Somarusic - Nè carne ne pesce. Nè.

4 a Pighin-Sanguin-Noslin - Fortemente voluto da Ricky Tognazzi Baroni . Ah ah ah.

4 a Lisasken dagli occhi blu - Quando l'hanno inquadrato in primo piano ha fatto tenerezza. Occhi spenti, espressione  svagata, più magro del solito, sembrava uscito da un riformatorio. Ha dato molto nella prima parte del torneo poi si è avvitato su se stesso. Manco fosse Holly che dopo Sanremo è sparito dalle scene. Una promessa rimasta tale. Come questa Lazio. Sipario.



martedì 20 maggio 2025

Addio Nino Benvenuti

 di FRANCESCO TRONCARELLI

È morto a Roma, all'età di 87 anni, Nino Benvenuti, icona del pugilato italiano e mondiale. Era malato da tempo. Nato a Isola d'Istria il 26 aprile 1938, Benvenuti è stato campione olimpico dei pesi welter nei Giochi Olimpici di Roma 1960, campione mondiale dei pesi superwelter tra il 1965 e il 1966, campione europeo dei pesi medi tra il 1965 e il 1967, campione mondiale dei pesi medi tra il 1967 e il 1970. 

Nel 1968 aveva vinto il prestigioso premio di Fighter of the year e nel 1992 è stato inserito nella International Boxing Hall of Fame, primo italiano a ricevere entrambi i riconoscimenti. Leggendari i suoi combattimenti con Emile Griffith che fecero la storia non solo dello sport ma anche della società dell'Italia di quei tempi. Come furono epiche le sfide con Sandro Mazzinghi, suo rivale storico.  Ottantadue vittorie (35 per KO), un pareggio e sette sconfitte fra cui quelle con Monzon a cui cedette il titolo, il bilancio della sua carriera.

"Sei entrato nell'Olimpo e hai dominato sul ring diventando un'icona senza tempo. Hai conquistato il Mondo, vincendo i Giochi di Roma '60 e poi i titoli iridati, regalando al pugilato e a tutto lo sport italiano un esempio sinonimo di orgoglio": così sui suoi profili social il presidenbte del Coni, Giovanni Malagò ha ricordato il campione triestino. "Ciao Nino. Le tue gesta, il tuo sorriso, la tua classe rimarranno un marchio di fabbrica intramontabile. Sei stato un campione straordinario, rimarrai una leggenda, un Mito per sempre".

Sì un vero mito, orgoglioso delle sue radici istriane,  un simbolo dello sport italiano non solo per i grandi risultati raggiunti ma anche per la sua dirittura morale ed etica, un atleta che non mai fatto una polemica nè un commento negativo verso un rivale ma che ha trasmesso solo positività a tutti i livelli, un esempio da seguire per la dedizione totale alla Noble art.

Ne è la testimonianza l'incontro entrato nella leggenda con Griffith, un duello fra campioni all’ultimo colpo, una delle pagine di sport più avvincenti che è rimasta nell’immaginario collettivo e ha segnato un’epoca, ma anche una bella storia di amicizia fra due uomini di sport al di là della rivalità che un tempo li aveva messi l’uno contro l’altro.

Si svolse il 17 aprile 1967 al Madison Square Garden di New York per la corona mondiale dei Medi e fu uno scontro epico. All’ultimo jab che consacrò il pugile istriano che nella velocità, classe e tecnica aveva le sue doti migliori, come uno dei boxeur più grandi di sempre e come uno degli atleti più amati dagli italiani.     

Medaglia d’oro alle Olimpiadi di Roma del 60, già detentore del titolo mondiale dei Medi junior dopo le drammatiche ed emozionanti “battaglie” col rivale storico Sandro Mazzinhgi, Benvenuti lanciando la sfida a Griffith, e soprattutto vincendola contro tutti i pronostici della vigilia, vide aumentare la sua popolarità enormemente, diventando un idolo sportivo nazionale, secondo italiano dopo il mitico Carnera a conquistare un titolo mondiale negli Stati Uniti. Una vera e propria impresa.

E che impresa. Griffith, il detentore, nativo delle Isole Vergini ma americano a tutti gli effetti, aveva fama dell’invincibile e del picchiatore. Era considerato il pugile del momento dopo Muhammad Ali. Cinque anni prima aveva affrontato il cubano Benny Paret, che prima del match durante le operazioni di peso, gli aveva dato del «maricon», epiteto gergale e offensivo per deridere la sua omosessualità non dichiarata. La sfida si trasformò in mattanza, Paret crollò sotto i colpi feroci del campione, andò in coma e morì dieci giorni dopo.

Nessuno in America accredita lo sfidante Benvenuti come vincitore, gli addetti ai lavori lo snobbano, qualcuno lo schernisce definendolo un pugile dalla lingua lunga e quindi un fanfarone, lo stesso suo arrivo passa inosservato, non ci sono cronisti ad attenderlo quando sbarca dal volo Alitalia proveniente da Roma all’aeroporto Fiorello La guardia di New York come di solito si usa. Tutti però si dovranno ricredere di lì a poco.

il duello con Griffith


Quando Benvenuti e Griffith salgono sul quadrato del Madison davanti a 15 mila spettatori tra cui a bordo ring personaggi come Sugar Ray Robinson, Jack La Motta, Frank Sinatra e i nostri Enrico Maria Salerno e Milva arrivati con altri 500 connazionali per sostenere Nino, a New York solo le 22, in Italia le 4 di notte.

L’attesa per la sfida da noi è alle stelle, la Rai però non fa la diretta seguendo le indicazioni venute dall’alto, da parte del Governo presieduto allora da Aldo Moro si disse dopo, perchè non si voleva turbare il sonno degli italiani che il giorno dopo sarebbero dovuti andare a lavorare.

Precauzione inutile, 18 milioni di connazionali (solamente Italia-Germania ha registrato un numero simile) mettono la sveglia alle 4 per seguire l'evento alla radio grazie alla cronaca di Paolo Valenti. Il Paese intero vive così in diretta, incollato ai transistor, il saliscendi di emozioni di quello “scontro” sulla carta (stampata a stelle e strisce) impari. Con Nino insomma c’è anche l’Italia che sale sul ring.

Inizia il match, i due si studiano, Benvenuti sfrutta l’allungo, Griffith la corta distanza. Al 2° round Griffith va al tappeto, al 4° tocca a Benvenuti. I due se le danno di santa ragione, elegante e  preciso nei colpi Nino, potente e aggressivo Emile. Si arriva alla 12ma ripresa, Griffith è stanco, Benvenuti prende il sopravvento, il suo rivale barcolla. Gli ultimi round sono un delirio di pugni sino al gong finale, è fatta. E stata una gara di resistenza e attacco da parte dello sfidante, e così i giudici danno 10 riprese su 15 a Nino, è un trionfo. L'Italia vede l'alba col titolo di campione del mondo, Benvenuti entra nella leggenda e al ritorno sarà accolto come un eroe.

«La storia del costume italiano si è arricchita di una pagina densa di significato: nel cuore della notte, in ogni città come nei borghi più sperduti, migliaia e migliaia di persone hanno interrotto il sonno per seguire trepidanti, attraverso la radio, l’impresa sportiva di un giovanotto di Trieste che, a settemila chilometri di distanza, nella più famosa e temuta arena pugilistica del mondo, s’apprestava a vivere un’affascinante avventura».

Così Gino Palumbo futuro direttore della Gazzetta, racconta l’indomani sul “Corsera” quello che successe quella notte indimenticabile rendendo perfettamente l’idea della carica emotiva con cui un’ intera nazione visse quell’evento sportivo che avrebbe poi visto solamente la sera in televisione in differita, con il commento competente e appassionato di Paolo Rosi, la “voce” del pugilato.

Al match del Madison ne seguirono altri due, sempre a New York, completando un trittico tra i più famosi nella storia del pugilato. Nel secondo combattimento che si svolse allo Shea Stadium il 29 settembre successivo Griffith si prese la rivincita conquistando il verdetto ai punti, nel terzo, la bella, che fu proposta il 4 marzo 68 nel nuovo Madison, Nino si riprese la corona dei Medi battendo il rivale sempre ai punti, ma con margine minimo.

Dopo 45 round complessivi, il duello ricco di colpi puliti e mai proibiti, da campioni veri, aveva espresso un vincitore incontrastato, Nino Benvenuti, 29 anni, istriano di nascita, triestino d’adozione, italiano applaudito ovunque.

Ma la vicenda sportiva fra i due contendenti ebbe un’appendice che durò molto di più rispetto a quei match e che li vide passare dal ruolo di acerrimi nemici a quello più sorprendente considerato  ciò che c’era stato fra loro, di amici sinceri. I due infatti rimasero sempre in contatto negli anni successivi, ritrovandosi spesso (Emile è stato padrino di Cresima di uno dei figli di Benvenuti) e dando vita a un rapporto incentrato sulla stima reciproca che ebbe il momento più importante quando Griffith facendo coming out, destò scandalo nel mondo della boxe mettendosi tutti conto.

Senza pensarci un attimo, Nino si schierò al suo fianco. Poi, quando Griffith colpito da demenza pugilistica e con un conto in banca vicino allo zero, cominciò a perdere colpi fisicamente, corse in suo aiuto, organizzando una raccolta di fondi necessari alle cure e continuando ad interessarsi a lui fino alla sua morte avvenuta nel 2013.

Ora lassù, nel paradiso dei pugili, Nino ritroverà Griffith e anche l'amico-nemico Mazzinghi per degli incontri che non saranno più a base di pugni ma di sorrisi e sentimenti di vera amicizia: Per l'eternità.

Nino bacia la salma di Mazzinghi


domenica 18 maggio 2025

Pedro santo subito. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

9 a Pedro Pedro Pedro Pè - La Lazio ha giocato una grande partita e fermato l'Inter dei campioni. Ha giocato al limite delle sue possibilità cercando di ovviare i limiti tecnici dei suoi uomini con tanta grinta e buona volontà. E non è un caso che la riscossa sia stata suonata dal meglio di Santa Fè che ha ripreso due volte i nerazzurri. È la conferma che la differenza la fanno i migliori, i fuoriclasse, i campioni, e che se vuoi centrare un obiettivo importante lo fai solo con gente di livello non con scommesse o giovani "prospetti" . Santo subito Pedro. E avanti Lazio fino alla fine.

7 a Guendo è bello esse laziali - Guendovunque non ha paura di nessuno e lo trovi dappertutto. Ma è solo, questa è la realtà.

6 e mezzo a miei cari amici Vecino e lontani -  Un combattente. Ne ha viste e fatte più lui di Salvini e Vannacci messi insieme. Sino alla fine ha trascinato la squadra è suonato la carica. Daje.

6+ a Rovella per chi non si accontenta - Gli manca sempre un soldo pe fa na lira. Quando ce l'avrà saremo milionari.

6+ a Gila il mondo gila (Jimmy Fontana, Cantagiro 1965) - Tra i pochi a lottare e dare il fritto. Peccato che l'olio messo dai compagni di merende fosse bruciato.

6+ a Viale dei Romagnoli, 13 Ostia - Al di là della partita, applausi perché gliene ha dette quattro ad Antonio Elia Acerbis (vedi collezione Pagelliadi), per gli amici "Riderà". 

6 a Castellano e Pipolo - Come il programma di Gigi Marzullo. Da sonno. Poi si è svegliato e ha scodellato l'assist per il collega di reparto. Ma è stato come parlare a un albero. Il rigore procurato lo assolve da ogni peccato senza bisogno di ricorrere al Papa.

6- a che Dio ce la Mandas buona - Il secondo gol che ha preso parando con le mani aperte è la conferma che anche lui è un uomo come tutti noi, che può sbagliare sul posto di lavoro come tutti gli esseri umani. Del resto il padre, Rosario Di Vincenzo, di sbagli ne faceva, per cui tutto resta in famiglia. Di padre in figlio. 

5 e mezzo a Hysaj che i papaveri - Sicuramente meglio di chi ha sostituito, il problema è che è scarso di suo. 

5 a Dio perdona pure Dia - L'uomo in meno. Come Amadeus per 9 che non ne azzecca una è fa un flop dopo l'altro. Il gol che ha mancato a venti minuti dalla fine è la fotografia del suo campionato giocato all'insegna del vorrei ma non posso.

5- a senti che musica coi Tavares - È partito in quarta è finito in folle. La freccia biancazzurra doveva arrivare al mare si è fermata a Vitinia in mezzo alla campagna come un locale qualsiasi. Tristezza.

5- a Somarusic - Avete presente Gabry Ponte all'Eurovision? Uguale. Era mejo se non c'annava. 

5- -  a Lisasken dagli occhi blu - Ha avuto sui piedi l'occasione per passare alla storia. Se l'è xaxata come un dilettante allo sbaraglio. Si è fatto ipnotizzare manco Sommer fosse Silvan. O forse è proprio lui che è un pollo tout court. Amadori non a caso gli ha messo gli occhi addosso. Sipario. 

venerdì 16 maggio 2025

Storie di tifo e di bomber

 di FRANCESCO TRONCARELLI

14 Novembre 1971, si gioca Lazio - Palermo e decidiamo di portare lo striscione dei Commandos Monteverde allo stadio. È il debutto del gruppo che ho fondato insieme a Gino e Luciano nel nostro quartiere in un momento difficile per la prima squadra della Capitale. 

La Lazio è in serie B e perciò vogliamo essere vicini ai ragazzi guidati dal nuovo allenatore Tommaso Maestrelli. Lo striscione è enorme e il più lungo di tutti coi suoi 22 metri, lo posizioniamo nella parte bassa della Curva. 

Attenzione, nella Cuva Sud, dove in quegli anni si riunivano i tifosi più caldi di entrambe le squadre cittadine per via della vicinanza al sottopassaggio da dove uscivano i giocatori per andare sul campo. La Sud insomma, e più precisamente il suo lato verso la Monte Mario, era quindi il posto ideale per far sentire il tifo e gli incoraggiamenti alla squadra. 

Luciano

La Curva di quegli anni era popolata da tifosi ruspanti che davano comunque tutto. Capello il playboy, primo a portare le ragazze allo stadio, il Sardo cugino del bandito Graziano Mesina, i fratelli Cavallo, chiamati così per il volto molto lungo, Olio, perchè aveva i capelli unti, Fascination, perché nonostante gli occhi strabici andava a Fontana di Trevi per rimorchiare le turiste e Luciano che cantava "Marina" in piedi sul Muretto dopo essersi scolato un fiasco di vino.

Un'umanità incredibile e affascinate per noi ragazzini che andavano allo stadio per portare una ventata di freschezza e organizzazione a quel tifo che viveva di tanta caciara e nessun coordinamento. Ma non era facile non tanto perché eravamo gli ultimi arrivati ma perchè c'era proprio una mentalità diversa nel modo di tifare. Molto casareccia.

Troja il primo in piedi, Ferrari il penultimo tra Reja e Landini

Nel Palermo il centravanti si chiamava Troja ed era il più temuto degli avversari, un attaccante di razza col vizio del gol. Quando i rosanero entrarono in campo per il riscaldamento, dalla Sud iniziarono a strillargli di tutto. Epiteti irripetibili che sfruttavano il doppio senso legato al cognome. Una vera ondata di fango composta da tutti i sinonimi che quel cognome evocava.

Troja che da quando era nato aveva subìto sfottò per motivi facilmente intuibili e che si diceva avesse cambiato la "i" in una "j" nel cognome per evitare l'accento che avrebbe ricondotto al mestiere più antico del mondo, si voltò verso la Sud e fece il segno 2 con le dita, come dire ve ne faccio due, alimentando così ulteriormente quel bullismo vocale nei suoi confronti e scatenando il putiferio. 

La sua partita però andò diversamente, "il Re di Palermo" come lo definiva la stampa siciliana, prese poche palle, marcato stretto come era da Facco in prima battuta e Wilson a seguire. Niente gol, in compenso a farne due fu Enzo Ferrari l'altro attaccante palermitano, un ala dal tiro potente passata alla storia del Calcio per aver segnato un gol alla Roma da 77 metri. 

Il gol segnato da Chinaglia

Per la Lazio segnarono Peppiniello Massa e Giorgio Chinaglia, il nostro idolo, che con quel gol fu come se avesse inaugurato lo striscione del CML destinato a fare la storia del tifo laziale. Finì cosi 2 a 2, un pareggio pirotecnico, tra parolacce, boati e gol di bomber di una volta, quelli detti "di sfondamento", tenaci, travolgenti e con la castagna nel piede.

Come Enzo Ferrari, razza Piave, il vendicatore di Tanino Troja, che dopo aver riportato il Palermo in serie A quell'anno a suon di reti e giocato in vari club iniziò un'onorata carriera da mister culminata nell'allenare l'Udinese di Zico. 

Ferrari ci ha lasciato alcuni gioni fa a 81 anni. Ora ritroverà lassù l'amico Troja per scontrarsi con Facco e Wilson nel paradiso dei calciatori. Ma non ci sarà nessuno che li insulterà, solo applausi per quei bomber di un calcio in bianco e nero a misura d'uomo e non di sponsor che faceva sognare a colori. Meglio tardi che mai.

lunedì 12 maggio 2025

Lazio, scudetto del 74: ecco il video inedito

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Emozionarsi per un film, per una pellicola particolare, per un video che racconta una giornata speciale vissuta all'Olimpico da un popolo in festa per un sogno diventato realtà. Una chicca straordinaria che ti rimanda a un mondo che non c'è più ma che è stato bello vivere quando la Lazio era una grande famiglia ed era vissuto dalle famiglie intere.

Genitori, figli e nonni tutti insieme appassionatamente per tifare i colori biancocelesti e vederli vincere grazie alla banda Maestrelli. Tutto questo è in un filmino amatoriale girato il 12 maggio del 1974, una data storica per chi ha la Prima squadra della Capitale nel cuore, quella del giorno in cui il sodalizio che ha portato il calcio a Roma vinse il primo scudetto della sua storia.

E' un superotto a colori che racconta quel famoso Lazio-Foggia cogli occhi di una famiglia di laziali come tante, che quella domenica di maggio partecipò a un evento memorabile. Un evento che coinvolse 83mila e rotti presenti paganti, record ineguagliato nella storia delle partite giocate all'Olimpico da sempre.

Immagini riprese alla buona, con una di quelle cineprese che in quel periodo si usavano per le occasioni speciali (matrimoni, comunioni, vacanze, gite), ma proprio per questo sono immagini eccezionali, perchè sanno di amore, di passione, di tifo spontaneo e casareccio, di quando il calcio era a misura d'uomo e non di sponsor, quando si andava allo stadio con la giacca, il panino e il fiasco di vino. E con la bandiera.

Sette minuti di Lazio, sette minuti di brividi, sette minuti di emozioni, sette minuti di uno Scudetto che ancora oggi fa venire i lucciconi. Iniziano con la femminuccia di casa che guarda l'obiettivo poi c'è il fratello.

Ha la bandiera in mano, la sventola, e come lui tanti altri tifosi si avviano verso la giornata più bella della loro vita, tra palloncini colorati e bandiere al vento. Da quel momento è tutto un susseguirsi di emozioni e flash di una partita vista dalla Sud, dove negli anni 70 c'era il cuore del tifo biancoceleste.

Il gruppo è posizionato in basso, subito sopra il parterre, lato verso la tribuna Tevere. E subito arriva un momento bellissimo: Luciano, il capo tifoso storico che avevo immortolato nel mio film "Ultimo mambo all'Olimpico", sfila nei posti in piedi, il parterre, con uno starno vestito, una specie di saio da monaco a righe biancocelesti.

Una maschera incredibile come lui, che mentre cammina agita due bandiere, una per mano. Poi migliaia di bandiere al vento svegliano lo stadio, i tifosi sono già a mille, ecco papà Sabatello, capello lungo alla Pooh come andavano in quel periodo che agita un campanaccio, i figlioli contenti come la gente intorno a lui col cappello della Rosso Antico che veniva regalato quel giorno.

Entra Lenzini, il presidente, siamo al 2° minuto e una manciata di secondi del video, è l'apoteosi, lo stadio esplode, lui saluta soddisfatto il pubblico, felice di essere arrivato a questo match così importante che può regalare in anticipo di una giornata il Tricolore a Roma. Lo si vede vicinissimo il Sor Umberto.

E si capisce dall'entusiasmo generale, come fosse amato e perchè ancora oggi viene rimpianto da chi c'era allora. Poi è il momento delle squadre e le bandiere tornano ad impazzire al vento, ecco Felice Pulici che si avvia alla sua porta compiendo il solito rituale: un tocco con le mani all'incorocio sinistro, poi a quello destro.

Inizia la partita, foggiani e laziali "combattono",  le azioni si susseguono, ma sta per arrivare il momento clou. E' il minuto 3 del filmato, c'è il rigore. Chinaglia è pronto, lo si vede bene, inizia la rincorsa, parte la bomba, tutti schizzano in piedi, anche davanti la cinepresa, è letteralmente il caos.

L'Olimpico è tutta una bandiera, l'entusiasmo è a mille. E' fatta. E così al minuto 4° si vede l'invasione di campo. Uno, due, dieci, mille tifosi entrano sul prato dell'Olimpico, sugli spalti la ripesa coglie due fratelli, sono in estasi e frastornati, le guance rosse per l'eccitazione, uno beve direttamente dal fiasco di vino l'altro piange e si asciuga le lacrime, sul tabellone a caratteri cubitali compare la scritta LAZIO.

Mezzo stadio è entrato in campo ed è iniziata la folle, liberatoria corsa sulla pista che circonda il rettangolo di gioco, una marea di tifosi corre con le bandiere, giri su giri, un carosello impazzito di felicità che non si era mai visto nè si vedrà mai più.

Una mongolfiera si alza verso il cielo, tutti si abbracciano c'è chi piange per la gioia. Scene incredibili che ti scuotono, poesia pura, meglio di un film neorealista di Vittorio De Sica o di una pellicola visonaria di Fellini. E la felicità continuerà fuori l'Olimpico con una Fiat Giardinetta addobbata per la festa.

La festa per il sogno raggiunto, la festa di una famiglia laziale, come avrebbe potuto essere la nostra. Come l'hanno vissuta i nostri genitori, i nostri fratelli, noi. Grazie Lazio, grazie a chi c'era e soprattutto grazie alla famiglia Sabatello che ha effettuato con tanta passione le riprese amatoriali, grazie a questa famiglia che è la famiglia di tutti noi laziali.

 


sabato 10 maggio 2025

Lazio, all'ultimo respiro. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

7 a miei cari amici Vecino e lontani - Lazio-Juventus era stata annunciata come la partita spareggio per la Champions, il match da o dentro o fuori, lo scontro assolutamente da vincere. Se all'ultimo assalto non ci fosse stato il gol dell'uruguiano ora saremmo qui a leccarci le ferite di una sconfitta clamorosa. Per fortuna è stato rimediato lo scorno ma la realtà racconta di una squadra che in casa non vince più anche se si trova in superiorità numerica. Una tristezza infinita che mortifica soprattutto chi segue a prescindere questi colori dando tutto e che merita una marea di applausi. Come andrà a finire? Ancora due partite e sapremo.

6+ a Gila il mondo gila (Jimmy Fontana, Cantagiro 1965) - Maniscalco dal volto umano ha combattuto sino alla fine. Ma  "l'hanno rimasto solo" come Peppe er Pantera dei Soliti ignoti.

6+ a Pedro Pedro Pè- È entrato in corsa e ha dato la scossa. Ma i suoi compagni di merende non hanno recepito. Che rabbia.

6+ a Patrizia Pellegrini - Tanto fumo e un po' d'arrosto. Avete presente Massimo Giletti?

6 a Guendo è bello esse laziali - Ma sarebbe più bello se si riuscisse a vincere all'Olimpico. Un sogno proibito che qualcuno dovrà spiegare perchè. Ma in realtà lo sanno tutti di chi è la colpa.

6 a che Dio ce la Mandas buona - L'aveva pure preso quel colpo di testa maledetto. Un vero peccato in una partita peraltro tutta da dimenticare. 

6 a Castellano e Pipolo - l'unica cosa positiva che ha fatto, il colpo di testa nel finale che ha scaturito il ta pin di Vecino. Per il resto tutto chiacchiere e distintivo.

6 a Dio perdona pure Dia - Eppure c'ha provato ma quando tutto gira male anche le cose facili diventano no difficili ma impossibili.

5 e mezzo a Rovella per chi non si accontenta - Il suo problema è che non quaglia. Per lui due più due non fa mai quattro. Non fa e basta. Non riesce mai nonostante la mole di gioco che sviluppa, ha effettuare un tiro che è uno verso la porta. E questa mancanza è sempre decisiva. In negativo ovviamente.

5 e mezzo a Lazzari alzati e cammina - Della serie "Il cross questo sconosciuto". Poi se ricorda come se fa ed è pareggio. Mah.

5 a Benigno Zaccagnini - Gioca per terra per tutti falli che subisce. Ma non conta neanche al Subbuteo. 

5 a Somarusic - Come il programma di Gigi Marzullo. Inutile.

5 a Viale dei Romagnoli, 13 Ostia - Pesa come un macigno la sua assenza ingiustificata nel momento in cui Kolo cavolo se chiama ha segnato. 

5 a Dele ctrl canc alt - È partito in quarta(suo l'unico tiro in porta in 45 minuti) è finito in folle. Come Fedez.

5 a Lisasken dagli occhi blu - All'inizio si è involato, col passare del tempo si è involuto. È finito involtino. Sipario.

mercoledì 7 maggio 2025

Una canzone "Senza fine"

 di FRANCESCO TRONCARELLI

C'è un video che gira in rete che emoziona e fa riflettere. Si riferisce a una trasmissione televisiva del 1965 condotta da Ornella Vanoni intitolata "Senza fine", come la canzone lanciata quell'anno dalla cantante milanese e che diventerà una delle perle del nostro pop.

Emoziona perchè questo brano che dà il nome al programma, nel filmato è cantato oltre a lei da altri dieci artisti che con le loro voci forniscono uno dopo l'altro un'interpretazione complessiva meravigliosa e al tempo stesso incredibile. 

Fa riflettere perchè se si raffronta il brano e i cantanti ai brani di oggi e a chi li "canta" (virgolette d'obbligo), si comprende quando si è stati fortunati ad aver assaporato certe melodie e ascoltato gli artisti di una volta. 

Certe canzoni e "Senza fine" scritta da Gino Paoli per Ornella lo è, sono senza tempo, certi cantanti, e quelli riuniti da Ennio Morricone per cantare in diretta la canzone lo sono, sono cantanti veri, con gavetta alle spalle, carriera di tutto rispetto e soprattutto voce indimenticabile ed armoniosa. 

Non c'era bisogno allora di vestirsi con degli stracci come fanno oggi per cantare una canzone, non c'era bisogno di mostrare il lato B come si usa adesso per far credere di essere cantanti, nè serviva l'autotune per andare a Sanremo e rifiutare poi l'Eurovision. Bisognava solo cantare. Solo cantare come fanno questi dieci interpreti.

i magnifici undici

Quel bianco e nero della ripresa di questo filmato dà il senso esatto ad una stagione irripetibile della nostra musica leggera che faceva sognare a colori accompagnando generazioni d'italiani verso il futuro e i cambiamenti della società.

E una canzone "Senza fine" per dei cantanti senza fine anche se non ci sono più come Little Tony, il ragazzo col ciuffo che aveva portato il rock in Italia che apre la carrellata o come Bruno Lauzi, cantautore intelligente e controcorrente della Scuola genovese esploso con "Ritornerai" o come Jimmy Fontana che con "Il mondo" stava diventando famoso ovunque.

Senza fine come Gianni Morandi neo ottantenne che allora aveva già piazzato tre hit indimenticabili come "In ginocchio da te", "Non son degno di te", Se non avessi più te" o come Nicola di Bari che aveva debuttato a Sanremo insieme a Gene Pitney con "Amici miei".

O come i giovanissimi Dino che stava dominando le classifiche col brano scritto da Sergo Endrigo "Te lo leggo negli occhi" o come Fabrizio Ferretti fresco di Sanremo in coppia con la grandissima Dusty Springfield con "Tu che ne sai".

O senza fine come i veterani Edoardo Vianello già con all'attivo "Watussi", "Guarda come dondolo" e hit estive varie e la brava Jenny Luna, trionfatrice a Sanremo con "Le mille bolle blu" insieme a Mina e la mitica "Folle banderuola" che poi tornò a fare l'insegnante di Scuola materna per godersi ora a 93 anni la pensione.

È un filmato che è diventato virale giustamente perchè ci "racconta" una musica indimenticabile e degli interpreti unici, eccolo 👇


 

domenica 4 maggio 2025

Lazio, che fatica vincere. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

7+ Dio perdona Dia no - La  Lazio ha vinto con l'Empoli mantenendo ancora in vita le speranze di raggiungere un posto al sole ma la partita è stata inguardabile. Giocavi con la penultima in classifica che non vince da 5 mesi un match e non sei riuscito a chiuderla con un punteggio altisonante o quanto meno sicuro neanche quando eri in superiorità numerica. È ovvio che c'è qualcosa che non va. Ma tant'è e si va avanti soffrendo. Incredibile ma vero.

7+ a che Dio ce la Mandas buona - Una certezza, come la tassa sulla mondezza. Il figlio segreto di Di Vincenzo ancora una volta ha dato tutto. Come Amadeus. Solo che il presentatore si è bruciato mentre lui si è superato.

6 e mezzo a Pedro Pedro Pedro Pè - ha dato la scossa a un manipolo di demotivati. Poi la scossa gliela hanno data a lui ma per la Lazio il Var non esiste e il rigore è un utopia.

6+ ad aspettando Gigot - Maniscalco dal volto umano si è addolcito, adesso quando li stende sorride. Come a dire te potevo spezza in due t'ho dato na carezza. Artista vero.

6 a Rovella per chi non si accontenta - Se il centrocampo affonda e non filtra gli assalti dei toscani la colpa è anche un po' sua. Dall'oroscopo di Branko la Luna consiglia, rafforzare la fase difensiva e farsi furbi. Meno tocchetti e più tacchetti.

6 a Guendovunque - corre corre e corre ma al dunque non tira mai in porta. Aridatece Franco Nanni.

6 a Benigno Zaccagnini - Continuano i falli sull'arciere. E il calciatore più azzoppato di tutta la serie A ma non gliene frega niente a nessuno. Se buttasse col rugby almeno riuscirebbe a fare notizia.

6 a Patrizia Pellegrini - Un passo indietro rispetto alla partita col Parma. Un po' come tutta la squadra. Peccato.

6 a Viale dei Romagnoli, 13 Ostia - Continua a ballare come un Bolle qualsiasi. Candidato alla prossima edizione del programma di Milly Carlucci. 

6 a Castellano e Pipolo - come attaccante ha dato il meglio di sé in difesa, come difensore ha fatto rimpiangere l'attaccante. In 90 minuti un tiro in porta e molti recuperi. Boh.

6 a miei cari amici Vecino e lontani - È entrato troppo tardi. Come Gerry Scotti a Striscia la notizia.

6- a Prostamol - poveraccio ma dove è capitato. Roba da fasciarsi la testa...

5 e mezzo a Lisasken dagli occhi blu - È partito in quarta è finito in folle. Come Morgan.

5 e mezzo a Somarusic - una partita senza infamia e senza lode. Praticamente senza. 

4 a Hysaj che i papaveri - dalle stelle alle stalle. Dal cross che ha determinato il gol all'espulsione che ha ripristinato la parità numerica. Una follia che certifica una stagione a tutti i livelli comunque altalenante. Della serie "Vorrei ma non posso" e lui che è sempre stato il quarto mistero di Fatima (perché fa il calciatore?) ne è il gagliardo testimonial. Sipario.

Addio Enzo Staiola

 di FRANCESCO TRONCARELLI Lo potevi incontrare al baretto della Garbatella, il suo quartiere e lo riconoscevi subito, perché nonostante foss...