martedì 10 marzo 2020

Profondo rosso, quando la paura era solo un film

di FRANCESCO TRONCARELLI


45 anni fa uciva il film horror di Dario Argento. Un copione incredibile, un cast di alto livello, la musica travolgente dei Goblin, gli ingredienti di un grande successo. Quando la paura nel mondo la procuravano i film 


L'inizio è inquietante, la tensione e l'ansia salgono subito. I titoli di testa partono accompagnati dalla musica angosciante dei Goblin ma s'interrompono bruscamente per mostrare una breve sequenza enigmatica. Una cantilena intonata da una voce infantile, delle ombre, un coltello insanguinato. Poi i cartoni dei credits riprendono a sfilare con le note del gruppo di rock progressivo. 

Sono passati 45 anni da quando venne proiettto nelle sale "Profondo rosso" e quelle brevi immagini, prima ancora dell’inizio del racconto, immersero il pubblico subito nell’atmosfera angosciante che sarà poi il marchio di fabbrica di Argento nella fase migliore della sua filmografia. 45 anni fa il terrore si provava nei cinema ora purtroppo nella vita di tutti i giorni per questa epidemia dilagante.

Ma torniamo al film. Per la critica fu il punto di svolta del regista dalla prima fase thriller a quella horror. Grazie agli effetti speciali di Rambaldi (lo stesso di Et tanto per citare una pellicola), la musica dei Goblin guidati da Claudio Simonetti, la trama intricata, un cast di attori di alto livello e ovviamente la regia di Dario Argento, il film fu un successo immediato.

Entrò nell'immaginario collettivo sin dalla sua prima proiezione e ancora oggi viene definito un caposaldo del genere. Con 3 miliardi e 700 milioni di lire dell'epoca divenne il decimo maggiore incasso della stagione. Il titolo fu dato per la predominanza del rosso, sia nelle scenografie che per la quantità di sangue e fu scelto dopo aver scartato 'La tigre dai denti a sciabola' e 'Chipsiomega'.


Il primo spiegò il regista, era stato messo in giro solo per "prendersi gioco della stampa" ed era in linea con i precedenti lavori, ovvero 'L'uccello dalle piume di cristallo', 'Il gatto a nove code' e 'Quattro mosche di velluto grigio'. Il secondo invece era il risultato delle ultime tre lettere dell'alfabeto greco, ma venne giudicato troppo criptico e perciò accantonato.

La pellicola era ambientata tra Roma e Torino per disorientare la percezione dello spettatore e fu l'ultima in cui recitò Clara Calamai, una delle principali dive italiane durante il Ventennio, scelta proprio perché Argento voleva un'attrice un tempo famosa e via via dimenticata che con il suo passato desse un ulteriore tocco di mistero. Infatti le foto che l'attrice, mamma di Carlo nel film, mostra a Marcus sono proprio le vere foto di repertorio di Calamai.

Le scelte del cast furono ben ponderate. Come David Hemmings, affermatosi con il film di Antonioni Blow up che è il protagonista del film nei panni di Marcus Daly, fu scelto perché era un virtuoso del pianoforte anche nella realtà. In un primo momento Dario Argento pensò di affidare il ruolo di Marc a Lino Capolicchio. L'attore era ben disposto ad accettare ma cambiò idea dopo un incidente automobilistico che lo bloccò in convalescenza per un periodo, nonostante Argento fosse disposto a rimandare le riprese.

Ad interpretare Gianna Brezzi, giornalista che aiuta Marcus, fu invece la bella e brava Daria Nicolodi, che poi diventerà sua moglie e madre di Asia. Tra gli altri interpreti tre numeri uno del teatro, Eros Pagni, nei panni del commissario Calcabrini, Glauco Mauri in quelli del professor Giordani e Gabriele Lavia in quelli di Carlo, l'amico del protagonista, depresso e dedito all'alcol.


Nel film fa un piccolo "cameo" Dario Argento, o meglio le sue mani, visto che come in quasi tutti i film del regista romano sono sue le mani dell'assassino. Come del resto il famosissimo "Spoiler dello specchio", un gioco fortemente voluto dal regista quasi come volesse correre qualche rischio in più per far scoprire chi è l'assassino.

L'opera segnò il cinema anche oltre la Penisola. L'idea dell'omicidio nell'acqua bollente che si vede all'interno di 'Profondo Rosso', fu poi ripresa nel secondo capitolo della serie 'Halloween' firmato da Rick Rosenthal. Nel mercato giapponese invece arrivò dopo 'Suspiria', film del 1977, è per questo motivo fu proiettato come 'Suspiria II'.

Film di culto, Profondo rosso inaugura un’ideale trilogia; cui faranno seguito, rispettivamente nel 1977 e nel 1980, Suspiria e Inferno. Rispetto alle opere precedenti, il regista introduce nelle trame una dose maggiore di “fantastico”, mentre elabora e perfeziona il suo celebre horror grafico.

Il soggetto trae origine da un sogno di Argento, elaborato in una sceneggiatura dallo stesso regista assieme a Bernardino Zapponi collaboratore stretto di Federico Fellini in tante pellicole. Insegnante di piano jazz al Conservatorio di Torino, l’inglese Marc Daly è testimone dell’omicidio di Helga Ullmann, medium che stava per svelare il nome di un assassino. Divenuto anche lui oggetto delle attenzioni del killer, Marc decide di condurre da sé l’indagine, affiancato da una giovane giornalista. Intanto i delitti si moltiplicano.

Gli eventi s’intrecciano come in una costruzione mentale del protagonista, mentre la produzione d’angoscia è sottolineata dalle riprese che suggeriscono una presenza misteriosa e terribile. Gli avvenimenti sono messi in scena in maniera frammentata, con l’effetto di destabilizzare lo spettatore e di fargli perdere i suoi punti di riferimento. L'effetto è devastante, la tensione è continua come l'ansia. Ma per fortuna è tutto un film. Solo un film, quello che tutti vorremmo fosse anche questo maledetto virus che sta facendo tremare il mondo.

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