Il più amato, il più applaudito, il più imitato, il più grande di tutti. Non solo un attore, ma un mito per generazioni su generazioni. Un artista unico nel suo genere e che ha dato tutto se stesso per il pubblico, senza risparmiarsi, per non deluderlo.
Un gigante dello spettacolo del Novecento, capace di reinventare la comicità e il modo di recitare, con le sue battute fulminati entrate nel lessico quotidiano e i suoi modi di fare e ammiccamenti entrati nella storia del costume. Un'icona della Romanità, di cui ha rappresentato l'anima più vera e popolare.
Ha fatto il bagno nudo nella marana, ha sceso le scale con Wanda Osiris, ha corteggiato Soraya, ha cantato a Sanremo, ha intrattenuto il Papa, ha ballato con le Kessler, ha giocato a scopone scientifico con Bette Davis, ha abbracciato Mina, ha spopolato a Kansas City, ha raccontato meglio di un sociologo vizi e virtù degli italiani.
Cento anni fa, il 15 giugno del 1920, nasceva al numero 7 di via San Cosimato nel Rione Trastevere a Roma, Alberto Sordi, una delle maschere più celebri della cinematografia e dell'arte italiana. Comica e tragica, unica e riconoscibile, con la quale è stata raccontata la storia della nostra Nazione.
Sordi amerecano |
Sì perchè Alberto Sordi è stato l'Italia e l'Italia è stata Alberto Sordi. Nel corso della sua lunga e apprezzata carriera il figlio di Pietro, maestro di tuba al Teatro dell'Opera e della maestra Maria Righetti, è stato il volto di un Paese che faticosamente tentava di rialzarsi dal dramma della guerra per avviarsi verso la ricostruzione.
Il volto dell'Italia fanfarona negli anni della Dolce vita e di quella malinconica della crisi economica, il volto degli arrivisti e dei maneggioni ma anche delle persone perbene e degli eroi che hanno popolato il Bel paese.
Da Oreste Jacovacci, il soldato scanzafatiche de "La Grande Guerra" di Mario Monicelli, a Otello Celletti, "Il vigile" borioso e combina guai, dal Marchese Del Grillo nobile impertinente in fuga dalle sue responsabilità a "Mericoni Ferdinando detto l'amerecano", il borgataro sognatore degli Stati Uniti che alla mostarda preferisce i maccheroni.
Uno dopo l'altro Albertone ha incarnato tipi e riti dell'Italia più vera, film dopo film, oltre 150 che gli valsero un Leone d'oro a Venezia, 10 David di Donatello, 6 Nastri d'argento e decine e decine fra Grolle e Globi ha raggiunto la dimensione della star internazionale osannata da registi come Martin Scorse, Francis Ford Coppola e Quentin Tarantino.
Sordi regista |
Ha iniziato come comparsa a Cinecittà nel colossal "Scipione l'africano", poi tante particine sino alla svolta quando, grazie alla sua voce baritonale, vinse il concorso della Metro Goldwyn Mayer per doppiare Oliver Hardy, del duo comico Stanlio e Ollio, a cui con quegli accenti sbagliati regalò una grande popolarità.
La sua attività di doppiatore proseguirà fino alla metà degli anni Cinquanta, prestando la sua voce anche ad attori americani nei film western e in un'occasione, "Domenica d'agosto", addirittura a Marcello Mastroianni. Alberto poi attraversa i fasti del glorioso Varietà accumulando un'esperienza che verrà sublimata in una delle sue pellicole più celebri e amate: "Polvere di Stelle" con Monica Vitti.
Il suo eclettismo creativo in Radio dà vita a personaggi memorabili come quello del "Compagnuccio della parrocchietta", del Conte Claro e Mario Pio ("..pronto con chi parlo con chi parlo io..") che troverà anche nuova vita in "Gran Varietà" di fine anni 60.
La sua popolarità nel Cinema esplode negli anni Cinquanta. Per l'amico Federico Fellini con cui aveva condiviso sogni e "fame" di successo, diventa una star dei fotoromanzi ne "Lo sceicco bianco" e poi l'immaturo Alberto de "I vitelloni". Due capolavori apprezzati dai critici di tutto il mondo.
La grande guerra |
In tutto il decennio dà vita al personaggio definito, forse con un po' di leggerezza, dell' "'italiano medio", rappresentato da quel Nando, che mescola romanesco e inglese, prima nel corale "Un giorno in pretura", poi, protagonista, in "Un americano a Roma" entrambi firmati da Steno, il papà dei fratelli Vanzina e diventa passo dopo passo un pezzo della storia di questo Paese.
E' stato così scapolo, seduttore, moralista, marito, vedovo, diavolo, avvocato, giudice, detenuto, avaro, scocciatore, dentone, mostro, nuovo mostro, malato immaginario, medico della mutua, maestro di Vigevano, fenomeno paranormale, temerario sulle macchine volanti, borghese, nobile, arrivista, industriale.
Comico sì, ma anche attore completo e drammatico come nei film che compongono la cosidetta trilogia della Guerra nei 60, secondo molti, con l'interpretazione, vent'anni più tardi in "Un borghese piccolo piccolo", il punto più alto della sua carriera. Ci riferiamo a capolavori come "La grande guerra" con Vittorio Gassmann e la regia di Mario Monicelli, "Tutti a casa" con la regia di Luigi Comencini e "Una vita difficile" di Dino Risi.
Il racconto della storia del Novecento prosegue con altri due film entrati nell'immaginario popolare: "Il medico della mutua" (che, con il sequel che aveva ancora come protagonista il dottor Guido Tersilli provocò le ire della categoria dei medici e ancora oggi ha una carica di denuncia sociale altissima) e "Riusciranno i nostri eroi a ritrovare il loro amico scomparso in Africa" del '68 diretto da Ettore Scola a fianco di un altro grande, Nino Manfredi.
Polvere di stelle |
Ci sono poi i 19 film diretti dallo stesso Sordi, tra cui spicca, oltre a "Polvere di stelle" del 1973, "Fumo di Londra" del '66 accompagnato dalla struggente colonna sonora firmata come tutte le altre dall'amico e grande musicista Piero Piccioni e il malinconico "Nestore, l'ultima corsa" che sugella una carriera fatta da grandi interpretazioni e tanto rispetto per il pubblico.
Nell'ultima parte della sua parabola artistica Sordi ha regalato opere di enorme diffusione come "Il marchese del Grillo" del 1981 di Mario Monicelli, "Perché io so io, e voi nun siete un c...", la battuta più celebre e rappresentativa del personaggio.
Ancore "Il tassinaro" (nel suo taxi dove prendeva a bordo anche Giulio Andreotti), "In viaggio con papà" con Carlo Verdone cui seguirà "Troppo forte" e "Tutti dentro", capace di prefigurare con quasi un decennio di anticipo il clima e le vicende di Tangentopoli.
Sordi ha girato centinaia di pellicole offrendo mille volti ma ha sempre nascosto il suo, geloso della sua privacy ed intimità familiare che viveva nella bella villa a un passo dalle Terme di Caracalla, dove risiedeva dal '58 con le sorelle Aurelia e Savina.
Albertone, troppo forte |
Non si è mai saputo molto della sua vita privata. L'unica relazione ufficiale è stata quella iniziata nel 1942 e durata nove anni con la collega Andreina Pagnani, 14 anni più di lui (22 Sordi, 36 lei). "Non mi sposo - amava ripetere scherzando - e che mi metto un estraneo dentro casa?. E' certo comunque che abbia avuto numerosi flirt vissuti con discrezione e lontano da paparazzi e stampa specializzata.
E c'è anche un altro aspetto dell'uomo Sordi sconosciuto ai più, quello della sua generosità. Alberto faceva tanta beneficenza in silenzio, senza comparire e sono stati tanti i gesti di solidarietà e sostegno concreto verso i più umili.
Per esempio quello più importante riguarda la donazione di un lotto di terreno a sud di Roma e immerso nel verde della campagna, perché vi sorgesse nel 2002 una struttura d’avanguardia composta da un Centro per la salute e l’assistenza delle persone anziane e da un Centro per aiutarli a mantenere e recuperare le proprie capacità psico-fisiche.
Poi c'è quello di cui non si sapeva nulla e che è stato svelato recentemente. Ovvero il versamento di un assegno circolare per svariati milioni ogni anno in occasione della raccolta fondi organizzata sotto Natale dal Messaggero per opere di bene.
Sposato solo sul set |
Generoso sul set e generoso nella vita di tutti i giorni quindi, grande artista e grande uomo, questo è stato Alberto Sordi e le testimonianze che in questi giorni di celebrazioni per il suo Centenario si stanno susseguendo lo confermano semmai ce ne fosse bisogno.
Tutti lo ricordano con affetto e nostalgia. E la mente va alla sua ultima apparizione pubblica che ebbe luogo in video girato nel suo studio, durante una serata organizzata in suo onore all'Ambra Jovinelli di Roma il 17 dicembre 2002, in quel teatro che lo aveva visto da giovane, protagonista irresistibile di tante scenette e gag.
Stanco, in poltrona, dispiaciuto per non essere lì fra il suo pubblico perchè non in buone condizioni fisiche, chiuse il suo intervento con una parola semplice e maliconica, un commovente "Addio", la cui portata si capì solo dopo.
Alberto infatti morì per un tumore ai polmoni il 24 febbraio del 2003. Alle sue esequie, svoltesi nella Basilica di San Giovanni in Laterano, parteciparono oltre 250.000 persone tra cui il presidente della Repubblica Ciampi.
Altrettante erano andate a rendergli omaggio alla camera ardente allestita in Campidoglio, dove, per i suoi 80 anni, era stato "sindaco per un giorno" indossando la fascia tricolore.
Sulla sua tomba nella cappella di famiglia al Verano meta tuttora di pellegrinaggi di fan e ammiratori c'è una battuta di uno dei suoi film che lo hanno reso indimenticabile: "Sor Marchese, è l'ora".
A Sordi abbiamo voluto tutti bene ed ora a distanza di anni da quando se ne è andato gliene vogliamo ancora di più. Buon compleanno Alberto!
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