lunedì 3 novembre 2025

La Lazio torna a vincere. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

7 e mezzo a Lisasken dagli occhi blu - Finalmente la Lazio ha vinto. Faticando, certo, ma ha vinto. Una vittoria contro il Cagliari che comunque ci sta tutta e fa morale. Due reti che evidenziano la superiorità dei Sarri boys nei confronti dei cagliaritani e fa sperare in un futuro prossimo venturo migliore. Copertina d'obbligo all'Achille Lauro biancoceleste che nel momento più difficile del match, quando Gianni Minà e compagni avevano il boccino fra i piedi, ha siglato di forza un gran gol. Avanti Lazio avanti laziali!

7 e mezzo Benigno Zaccagnini - I calci e le spinte che prende non si contano più. Gioca più per terra che in piedi. Ma quando sta in piedi si scatena. E il bel gol che ha segnato lo conferma. Daje! 

6 e mezzo a Dio vede e Provedel - Una certezza. Come la tassa sulla mondezza.

 6 e mezzo a Gila il mondo gila (Jimmy Fontana, Cantagiro 1965) - Un mastino. Della serie ti spiezzo in due, sventurato chi je capita sotto.

6+ a Lazzari alzati e cammina - All'inizio si è involato, col passare del tempo si è involuto, è finito involtino.

6+ a Maru (sic) - Perde il So e si guadagna il sic per il bel tiro a giro che poteva bucare la rete rossoblu ma che viene parato. Sic, appunto.

6 a Massimo Di Cataldi - Tema, come avete passato le vacanze. Ecco sul compitino è uno scolaro modello, il problema è che è una vita che sta alle Elementari e non passa mai alle Superiori.

6 a Viale dei Romagnoli, 13 Ostia - Normale amministrazione. Avete presente Panariello a Tale e quale? Battute saporite, ma niente di più, come un Ezio Greggio qualsiasi.

6 a Guendo è bello esse laziali - soprattutto quando se vince con l'assist suo. Dopo aver vagato a buffo.

6 a Prostamol - Piccole (si fa per dire, è un gigante) aquile crescono. E crescono bene. 

6 a miei cari amici Vecino e lontani - E pensare che scalpitava tanto per giocare. Poi una volta in campo chi l'ha visto? Rivolgersi a Federica Sciarelli per una puntata speciale.

6- a Basic Instinct - Già finito l'effetto sorpresa? Sperem de no, avrebbe detto il paron Rocco. Certo è che quel rigore in movimento che ha calciato alle stelle grida vendetta.

5- - a Dio perdona pure Dia - È come sparare sulla Croce rossa, lo sappiamo ma la triste realtà di questa stagione così deludente è opera anche sua. Anche, perché ci sono altri colpevoli, ovvio. Lui però è particolare perchè è deleterio. È come il fantasma dell'opera, c'è ma non si vede e non si vede se c'è. Sipario.

giovedì 30 ottobre 2025

È una Lazio spuntata. Le Pagelliadi

di FRANCESCO TRONCARELLI

7 a Dio vede e Provedel - La Lazio pareggia a Pisa una partita che sin dai primi minuti sotto una pioggia battente, è sembrata difficile da giocare. E non solo per il terreno ma per i continui assalti degli uomini di Gilardino che spesso e volentieri hanno tenuto le redini del gioco. Rispetto alla bella galoppata con la Juve insomma c'è stato un passo indietro, per cui anche un punto va accettato serenamente sperando che prima o poi gli infortunati tornino in campo. Copertina d'obbligo al portierone biondo che fa impazzire il mondo che ha messo un paio di pezze per salvare il risultato.

6+a Basic Instinct (ho il copyright sul nickname, vedi collezione Pagelliadi) - La quinta di Beethoven è passata alla storia, la quinta (consecutiva) del chierichetto purtroppo no. E a malincuore lo sottolineiamo perché le uniche reali occasioni del primo tempo sono venute dai suoi piedi. Peccato. Alla prossima.

6+ a Massimo Di Cataldi - Ha retto da solo l'urto nerazzurro. E ha fatto diventare Cuadrado tondo. È mancato nell'ultimo passaggio. 

6+ a Viale dei Romagnoli,13 Ostia - Come la tassa della mondezza. Una certezza.

6+ a Gila il mondo gila (Jimmy Fontana, Cantagiro 1965) - Autoritario come un Vannacci qualsiasi. L'ha tradito la carciofata a Ladispoli che gli ha procurato il mal de panza. Dall'oroscopo di Branko la Luna consiglia: enterorgermina, e passa tutto. 

6 a Benigno Zaccagnini - L'arciere non ha scagliato la sua freccia. Ha solo scajato. Lo hanno fatto nero, come Beppe Convertini a Ballando con le stelle.

6 a Maru (sic) - Non ha combinato casini. E questo è molto positivo. 

6- a Lazzari alzati e cammina - È partito in quarta è finito in folle. Come Mammucari a Domenica in.

6- a Guendo è bello esse laziali - soprattutto quando il francese gioca e non va a spasso per il campo. 

6- a Postramol e Pighin-Sanguin-Noslin - Buttati nella mischia per fare numero. 

6- a Pedro Pedro Pedro Pè - Il meglio di Santa Fè dovrebbe entrare nel finale, alla Altafini, ma la mancanza di giocatori provoca questo spreco. Mah.

5 e mezzo a Lisasken dagli occhi blu - Il gol che si è pappato grida vendetta. Ma non era previsto il vitto insieme all'alloggio a Formello? 

5 a Patrizia Pellegrini - Non il solito combattente, ma un pasticcione. Praticamente un altro rispetto al solito. Come Vittorio Cecchi Gori che da quando si tinge i capelli sembra la sora Lella.

5- - a Dio perdona pure Dia - È più forte di lui. Non ce la fa proprio a stoppare una palla, girarsi tirare in porta, per chi gioca al calcio è come ripetere le tabelline, ma lui è rimasto alle stanghette dell'asilo. Ha giocato, si fa per dire, più a terra che in piedi. Come lo toccano lo stendono. È sicuramente l'uomo in meno di questa squadra. E questa squadra potrebbe farne a meno. Sipario.

domenica 26 ottobre 2025

È una Lazio Basic e pure grande. Le Pagelliadi.

 di FRANCESCO TRONCARELLI 


8+ a Basic Instinct - Una grande Lazio, combattiva e al tempo stesso attenta e vigile in difesa, ha battuto con merito la Juventus. Una vittoria fondamentale per la classifica e soprattutto perchè dà morale. Ottenuta da un gruppo forgiato dal Comandante e rivelatosi più forte degli infortuni. Ne è la riprova il matchwinner che tenuto in naftalina per un anno si è fatto trovare pronto e pure goleador. Grazie Toma, grazie ragazzi, avanti laziali! 

7 e mezzo a Lisasken dagli occhi blu - Ficcante, dribblomane, ineusaribile. Bravo.

7 e mezzo a Dio vede e Provedel - E dicevano che combinava cappellate come un Carrizo qualsiasi. Mah...

7+ a Viale dei Romagnoli Ostia e Gila il mondo gila - Attenti a quei due. Dio li fa e poi li accoppia. E loro li accoppano. Daje!

6 e mezzo a miei cari amici Vecino e lontani - L'esperienza in campo. Avete presente Gerry Scotti a La Ruota della fortuna che straccia tutte le sere Stefano De Martinoc oi suoi pacchi? 

6+ a Somarusica - seconda partita senza combinare guai. Avanti così e sarà tolto il So al nome.

6+ a Benigno Zaccagnini - È come il caffè di Nino Manfredi, più lo mandi giù più si tira su. Eroico.

6+ a Guendo è bello esse laziali -  soprattutto quando se vince!

6 a Patrizia Pellegrini - Bentornato, ci farà comodo. Come Nicola Savino giurato a Tale e quale.

6 a Massimo Di Cataldi - La solita minestrina. Pure sciapa. Quando passerà agli spaghetti con le vongole sarà troppo tardi perchè il granchio blu se le sarà magnate tutte.

6 a Lazzari alzati e cammina - È partito in quarta è finito col freno a mano tirato. 

5- - a Dio perdona pure Dia - È l'anello debole della squadra. L'uomo in meno. Non pressa, non attacca, non difende, non punge, non piange, non spinge, praticamente non c'è. C'è ma non si vede, non si vede se c'è, non si vede a prescindere. E tocca tenesselo fino alla fine del campionato. Sipario.



domenica 19 ottobre 2025

Lazio, il pari è d'oro. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

8+ a Dio vede e Provedel - Una Lazio incerottata e alla ricerca del gioco perduto, è uscita indenne dallo stadio di Bergamo dopo aver, per una manciata di minuti in avvio di match, dettato tempi e ritmi, blandi, dello scontro. Poi si è avvitata su se stessa, incapace di qualsiasi reazione o idea utile per riprendere le redini del gioco, ed è stato assedio dei nerazzurri. E qui il portierone biondo che fa impazzire il mondo si è rimboccato le maniche. E il pareggio è andato. Ma quanta fatica, quanta desolazione nel vedere quello che accadeva in campo. Infortuni a parte, sarà una stagione tutta in salita.

7 a Viale dei Romagnoli, 13 Ostia e Gila il mondo gila - Dio li fa e poi li accoppia, due mastini, picchiatori quanto basta e vigili poco urbani all'occorrenza. Daje.

6+ a Somarusic - Bravo. E si sa quanto ci costa dirlo.

6 a Benigno Zaccagni - Lo hanno steso a ripetizione (prenderà l'Oscar per i falli subiti) ma quando è riuscito a stare in piedi qualcosina l'ha fatta. Ma poca roba, come Ezio Miccio da Zia Mara. 

6 a Basic Instinct - È partito in quarta è finito in folle. Come Paolo Belli a Ballando.

6 a Massimo Di Cataldi - È rimasto alle tabelline, ma il compitino non basta più. Quando passerà alle frazioni, alle radici quadrate sarà sempre troppo tardi. Ma ci passerà? 

5 a Guendo è bello esse laziali - ma non co ste partite!

5- a senti che musica coi Tavares - La freccia biancazzurra non parte più. È fermo sul binario morto.

5- a Dio perdona pure Dia - Non ha fatto un tiro in porta. Non ha fatto un dribbling. Non ha fatto na mazza. 

5-  Lisasken dagli occhi blu - C'era una volta l'Achille Lauro biancoceleste ficcante, ficcanaso, fico. Poi la maledizione di Formello quella che ha trasformato giocatori in malati cronici tra infortuni e lesioni varie, si è abbattuta su di lui tenendolo lontano dai campi di gioco. E al rientro forzato per subentrare all'ennesimo infortunato (Rosanna Cancellieri) si è visto che non è all'altezza. Cioè è un altro. Come Vittorio Cecchi Gori che da quando si tinge i capelli sembra la sora Lella. Sipario.

mercoledì 15 ottobre 2025

Dolso, il piede sinistro di Dio

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Era l'idolo dei tifosi laziali degli anni 60, gran dribblatore, estroso e col piede fatato, amava la musica e la dolce vita. Se ne andava dieci anni fa per una male incurabile  

 
Calzettoni rigorosamente arrotolati come tutti i funamboli del calcio, ciuffo a banana, aria sorniona e andatura da bandolero stanco, lo chiamavano “il piede sinistro di Dio”, perché da mancino naturale, con quel piede dava del tu al pallone.

Arrigo Dolso era proprio forte insomma, un numero 10 da applausi a scena aperta e curva in visibilio che però nella carriera ha raccolto poco rispetto a quanto valeva. “Lavore hombre” gli urlava Juan Carlos Lorenzo mentre il “Gigi Meroni biancoceleste” si allenava a Tor di Quinto, per stimolarlo a dare il massimo. Lui, si girava, guardava il mister e gli faceva l’occhietto.

Dolso Arrigo da San Daniele del Fiuli, centrocampista amato dalla gente laziale per i suoi numeri, era figlio di una coppia di operai e degli stenti del dopoguerra, perciò amava godersi la vita senza rimpianti. Uscire la sera e andare a via Veneto o al Piper  per dare un’occhiata a quel  mondo di nottambuli in fermento era come un tunnel a un avversario, un dribbling riuscito, un passo doppio in corsa, le sue specialità. Come le zingarate notturne appunto.

In campo poi annullava la stanchezza cronica con i suoi gesti tecnici che magari non erano proficui al gioco in sé, ma erano comunque un bel vedere. Tanti tocchi insomma, molti lanci, ma pochi gol. Ecco perché quando nel giorno del suo compleanno segnò di testa al derby, l’Olimpico esplose di gioia e all’indomani i bar di Trastevere furono tappezzati con il suo poster che era allegato al mitico “Momento Sera”.

Lo slogan impresso su uno striscione ripreso paro paro dalla pubblicità di una nota marca di prodotti alimentari, la diceva lunga sull’affetto che nonostante tutto i tifosi gli volevano: “Con Arrigo me la sbrigo”.  Poi c'era il coro "Dolso sei mejo de Corso" il mancino dell'inter.

Miglior giocatore della serie C, arrivò alla Lazio nel ‘66 grazie a Nello Governato per 95 milioni dall’Udinese e così iniziò la sua avventura nella prima squadra della Capitale tra alti e bassi. Una ottantina di presenze in tre stagioni, inframmezzate da un passaggio al Monza e un ritorno nella Lazio del 1970/71 che con Chinaglia e Wilson stava muovendo i primi passi verso un futuro entusiasmante.

Pizzaballa è a terra come la Roma, Dolso esulta per il gol 

Estroso, sorridente, giocoliere, Dolso era un artista a cui si voleva bene a prescindere. Anche se poi ti faceva addannare perchè la palla non la passava mai. Gli piacevano le camicie a fiori l’estate e quelle a coste di velluto l’inverno, i calzoni a campana e i basettoni. 

La musica era una mania come le donne (decine le lettere delle fan che arrivavano nella sede della società romana). Impazziva per Celentano e Patty Pravo, il ragazzo della via Gluck e la Bambola della musica leggera che conosceva a menadito. “Stanotte in che complesso hai suonato?” gli chiedeva Lorenzo l’allenatore che nonostante le bacchettate lo ha valorizzato più di tutti.

Finita l’epoca Lazio, il buon Arrigo ha viaggiato su e giù per l’Italia (Varese, Alessandria, Benevento, Trapani, Grosseto, Ravenna) continuando a dare calci al pallone sino ai 38 anni. 

Poi il buen retiro all’Elba, dove ha aprì un bar a Porteferraio, insegnando nello stesso tempo ai ragazzi dell’Audace i rudimenti della tecnica. E raccontando di calcio, dei grandi miti come Zoff e Riva con cui aveva fatto il militare o di Kroll cui aveva fatto un clamoroso tunnel.

Cei e Dolso con la Coppa dell'amicizia vinta battendo la Roma

Alla vigilia del compleanno (ne avrebbe fatti 69) Dolso, giocatore di un calcio a misura d’uomo e non di sponsor, fatto di passione e passioni fuori e dentro il campo, lasciò la vita che amava tanto e i suoi cari per un brutto male che se lo portò via senza tanti problemi e in poco tempo 

Sono passati dieci anni dalla sua morte, delle sue gesta è rimasto il ricordo nei commenti sui social e nell’etere romano, un ricordo malinconico di un eroe della generazione Panini, quella che elevava a protagonista anche chi non era il migliore di tutti e magari giocava una volta sì e due no. 

Come Arrigo Dolso, talentuoso e indolente poeta del calcio amato non solo dalle folle ma anche  da chi ama il gioco più bello del mondo.      
 





sabato 4 ottobre 2025

La Lazio riprende il Toro. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

8 a Massimo Di Cataldi - Ci sono voluti 104 minuti per riprendere una partita nata male e che stava finendo peggio. La remuntada si era sgretolata per mancanza di lucidità dei biancocelesti, avvitati su loro stessi invece di amministrare il gioco. E il Toro giustamente riusciva a pareggiare. E addirittura a portarsi in vantaggio. All'Olimpico! Sembrava una disfatta e invece in pieno recupero la ripresa di un risultato beffardo che avrebbe pionbato la squadra nel caos.. Onore al merito del Metronomo biancoceleste che si è preso la responsabilità di tirare il rigore così netto quanto inspiegabilmente difficile da assegnare. Grazie Danilo!

8 a Rosanna Cancellieri - Due gol da antologia del calcio. Meravigliosi. Da applausi a scena aperta. Grandissimo.

7 e mezzo a Basic Instinct - Ordinato, preciso, pulitino, il finto prete ha scodellato un assist a luci rosse. Ora subito a confessarsi.

7 a Pighin-Sanguin-Noslin - Daje ragazzo, te sei superato. 

6 e mezzo a Pedro Pedro Pedro Pè - il lancione che ha fatto per il Matador del Toro, lo ripaga dell'impegno profuso e lo riabilita da qualche svarione. Come Nino Frassica che ormai ne spara a raffica tanto per.

6 a Castellano e Pipolo - Tanto sacrificio. Ha lavorato insomma per la squadra. Speriamo che prima o poi qualcuno lavori per lui. Male che va chiamassero qualche operaio dell'Enel, quelli di Stiamo lavorando per voi, hai visto mai.

6- a senti che musica coi Tavares - Sicuramente non è più la freccia biancazzurra che partiva senza aspettare il via del capostazione e arrivava in un attimo al capolinea. Sì è imborghesito. Da quando mette quella retina in testa resa celebre da Giancarlo Giannini in Mimì Metallurgico è tutto un altra cosa. Un altro film. Un altro treno.

 6- a Lisasken dagli occhi blu - senza le trecce lo stesso non sei tu. Amen.

5 e mezzo a Viale dei Romagnoli e Gila il mondo gila - È meno male che Sarri cura in modo maniacale la fase difensiva. Bruciati in occasione del pareggio. 

5 a Dio perdona e pure Dia - Mo se c'era un fuorigioco è un dettaglio, resta il fatto che solo davanti a Israel si è marcato da solo invece di tirare, mangiandosi un gol fatto. Uno scandalo al sole, come Carmen Di Pietro a Tale e quale.

5- - a Dio vede e Provedel - Tre tiri tre gol. In perfetta media Carrizo. Per I miracoli rivolgersi a San Gennaro.

5- - a Hysaj che i papaveri - Dice me faccio biondo così mischio le carte e sembro un altro. Ma de che, è sempre lui e anche se se faceva roscio sarebbe rimasto immobile come una statuina del Presepe davanti a Simeone che la stava a buttà dentro. Passano gli anni, cambiano i governi e gli allenatori ma lui non cambia mai. È il quarto mistero di Fatima, nessuno sa perchè giochi a calcio. Neanche lui. Sipario. 

mercoledì 1 ottobre 2025

C'era una volta il primo ottobre

di FRANCESCO TRONCARELLI 

Primo ottobre. Una volta era il giorno in cui si tornava a scuola. Elementari, medie e superiori iniziavano il primo ottobre, san Remigio (i Remigini li chiamavano). Alle elementari erano tutti coi grembiuli, nell'abbigliamento cioè che annullava le diseguaglianze sociali e faceva sentire i bambini tutti uguali. 

I quaderni erano quelli della Pigna di Fabriano, con immagini e paesaggi della regioni italiane in copertina e le tabelline alla fine dei fogli. La penna, la biro della Bic. I compiti a casa e anche i pensieri personali venivano scritti sul Diario Vitt.

Le lezioni si svolgevano in religioso silenzio, i più caciaroni al secondo richiamo finivano dietro la lavagna o fuori dalla classe nel corridoio. E non c'era nessuna madre che il giorno dopo andava a schiaffeggiare il maestro dopo aver parcheggiato il Suv in doppia fila fuori la scuola. 

Anzi, a casa i discoli prendevano il "resto" dai genitori. A metà mattina, sole, pioggia o vento o altra calamità in arrivo, c'era comunque la ricreazione e il bidello vendeva le pizzette rosse, alle elementari, alle medie e alle superiori.

Panelli, MIna e Walter Chiari alle prove di Canzonissima

In tv iniziava Canzonissima con Mina, Paolo Panelli e Walter Chiari, una vera e propria sfida fra i cantanti più in voga con i loro successi, che venivano votati dal pubblico con le cartoline acquistate in tabaccheria o dai "venditori di fortuna" per strada.

Era il programma più atteso dell'anno che avrebbe accompagnato i telespettatori sino alla serata finale del 6 gennaio, quella in cui al "fortunato possessore del biglietto vincente", sarebbero andati 150milioni di lire, un'enormità. 

Claudio Villa cantava "Granada", Morandi "C'era un ragazzo", Modugno e no i Negramaro, "Meraviglioso", tre capolavori nei rispettivi generi, a ciascuno il suo. 

Non c'erano playstation nè i cellulari (erano i furgoni della polizia per le retate dei capelloni e delle "signorine" che attendevano i clienti a Tor di Quinto) ma si viveva bene lo stesso. 

Tutti avevano un telefono in casa, fisso, qualcuno il Duplex perchè non c'erano abbastanza linee ma anche per pagare di meno il canone visto che nello stesso palazzo un'altra famiglia condivideva la linea e te la bloccava con le sue chiamate.

il telefono a gettone col pulsante

Nessuno aveva la necessità spasmodica di telefonare, le chiamate si svolgevano di solito dopo pranzo, a metà pomeriggio e la sera mai oltre le 21.

Se avevi bisogno di dire qualcosa di urgente trovandoti in giro, c'erano i telefoni a gettone nei bar, poi arrivarono le cabine con un apparecchio che "incassava" più gettoni per le interurbane.

Il telefono a gettone permetteva comunque di ascoltare chi rispondeva dall'altra parte anche se non si spingeva il tastino per fare scendere quella particolare "moneta" di color bronzo del valore di 50 lire.

Se capovolgevi la cornetta e parlavi da dove si ascolta, dall'altra parte sentivano. Si risparmiava il gettone ma la figuraccia era tanta perché per farti sentire dovevi urlare, e ovviamente c'era chi nel bar commentava "a poveraccio!".

le partitelle per strada

I ragazzini giocavano per strada a pallone e i maglioni arrotolati e le cartelle facevano da pali per le porte. Poi arrivarono le cinghie elastiche per portare e avvolgere i libri e il pacco così "confezionato" divenne l'ideale per delimitare le porte.

A quattordici anni si sognava la Vespa, che portavi senza casco e coi capelli al vento e senza targa, opportunità che ti faceva parcheggiare ovunque e saltare il rosso del semaforo e a diciotto si sognava la 500, la più utile e simpatica delle Fiat. 

Aveva il tettino che si apriva l'estate e che dava quel senso da mini cabriolet per tutte le tasche e riusciva a ospitare, incredibile ma vero, sino a cinque passeggeri.

tifosi laziali in festa con le 500 imbandierate

Uno davanti al fianco del guidatore e tre di dietro nello spazio angusto soprattutto per la testa. I più abili riuscivano a piazzarne quattro dietro in un miracolo di equilibri da ressa di autobus.

Tutti sapevano fare la "doppietta" col piede destro, ossia quel movimento della scarpa sui pedali della frizione e dell'acceleratore per scalare la marcia al volo passando per il folle senza "grattare".

I maschi al momento dell'acquisto della 500 chiedevano i sedili reclinabili per trasformarli in giaciglio. E ci si entrava in questa maniera anche per lungo.

In tutti i quartieri c'erano le bische, locali fumosi ritrovo di perditempo e malandrini che si sfidavano per soldi a biliardo. Più familiari invece le atmosfere nei bar sotto casa dove si giocava a flipper.

il jukebox

C'erano anche i jukebok, con 100 lire selezionavi tre dischi in attesa delle feste in casa il sabato pomeriggio per ballare con la ragazzina a cui si faceva il filo.

Alle feste ognuno portava i suoi 45 giri, il padrone di casa metteva a disposizione il salone a "luci accese" per il controllo dei grandi e le ragazze i panini e le bibite. 

Un classico di queste riunioni danzanti, il gioco della scopa (chi la riceveva doveva lasciare la dama al nuovo cavaliere) e quello della bottiglia (tutti in circolo, la bottiglia in terra al centro fatta girare, con bacio a chi veniva indicato dalla punta della bottiglia quando si fermava).

Ma tutti in realtà aspettavano che i genitori si stancassero di osservare l'andamento del tutto per trasferisi in cucina, era il momento tanto atteso per spegnere le luci e ballare i lenti. Il cosidetto "ballo dal mattone".

il gioco della bottiglia

Le partite si seguivano alla radio con "Tutto il calcio minuto per minuto" guidato da "Roberto Bortoluzzi dallo studio centrale". Era normale incontrare per strada persone che camminavano con i transistor attaccati alle orecchie per seguire la trasmissione.

Enrico Ameri raccontava gli incontri entrando nel dettaglio ed era collegato dal campo principale, in pratica la partita più importante della domenica, Sandro Ciotti invece con la sua inconfondibile voce roca e bassa, lo incalzava coi suoi voli pindarici e immaginifici interrompendolo con l'andamento dell'altro incontro di cartello.

Per vedere le immagini dei match, si dovevano attendere le 19, quando sul Secondo canale Rai, veniva mandato in onda un tempo della partita più importante della domenica con la cronaca registrata in diretta di Nando Martellini . 

Le sintesi di tutte le altre arrivavano dopo le 22 con la "Domenica sportiva", condotta da Milano da giornalisti del calibro di Enzo Tortora, Guido Oddo e Alfredo Pigna. Come dire, classe e competenza.

Sandro Ciotti ed Enrico Ameri

Gigi Riva, "rombo di tuono" era il più forte, Dino Zoff era già il numero uno, Giacinto Facchetti e Tarcisio Burgnich erano insuperabili, Sandro Mazzola, il "baffo" e l'abatino Gianni Rivera, si alternavano con la staffetta, Giacomo Losi era il "core de Roma".

Alla Lazio erano sbarcati due giovani sconosciuti e di belle speranze  che "saranno famosi": Giorgio Chinaglia e Pino Wilson. Li aveva pescati dalla serie C Juan Carlos Lorenzo, il mago argentino che duellava dialetticamente nei deby con Herrera. 

Era un altro calcio, un altro mondo, un'altra Italia. La vita era forse in bianco e nero ma tutti sognavano a colori. C'era una volta il primo ottobre...

Maestrelli e i suoi ragazzi alla Domenica Sportiva con Alfredo Pigna


La Lazio torna a vincere. Le Pagelliadi

  di FRANCESCO TRONCARELLI 7 e mezzo a Lisasken dagli occhi blu - Finalmente la Lazio ha vinto. Faticando, certo, ma ha vinto. Una vittori...