sabato 27 luglio 2019

Peppino di Capri 80 anni in musica

di FRANCESCO TRONCARELLI



I capelli sono bianchi e anche la voce è cambiata, nel tempo si è fatta più armoniosa, ma lo sguardo è rimasto lo stesso, quello di un ragazzo che sognava di fare l'artista per regalare emozioni al pubblico.
E c'è riuscito perfettamente, perchè Peppino di Capri che oggi compie 80 anni, è un mito assoluto della nostra musica conosciuto ovunque. È partito come versione partenopea di Buddy Holly è arrivato come Peppino di Capri, ambasciatore della melodia italiana nel mondo e gran signore dello spettacolo.

La sua del resto è stata una carriera straordinaria. Ha modernizzato la canzone napoletana, ha portato il twist in Italia, ha vinto Sanremo e cantato coi Beatles, passando senza soluzione di continuità dalle luci soffuse dei night all’acustica perfetta della prestigiosa Carnegie Hall di New York.

È insomma uno degli artisti più amati e popolari del Bel paese, re della canzone confidenziale ma anche dei balli più in voga nel tempo nei locali notturni, dal cha cha passando per l’hully gully sino ovviamente al lento cheek to cheek. Un artista di rilevanza internazionale apprezzato per i suoi brani evergreen che hanno accompagnato generazioni su generazioni.

 
Peppino con i suoi Rockers e i Beatles

Ha cominciato da piccolo, vero bambino prodigio e figlio di musicisti, suonando il piano per gli americani di stanza nell’isola Azzurra nel periodo bellico. Poi seguendo quella che ormai era la sua strada, l’esordio a metà dei 50 con l’amico Bebè Falconieri al “Rancio fellone” di Ischia che lo porterà a partecipare alla trasmissione televisiva “Primo applauso” condotta da Enzo Tortora, sorta di talent ante litteram per gli esordienti.

A quel debutto seguì la formazione del gruppo che lo accompagnerà passo dopo passo sulla via del successo, composto oltre a Bebè dal chitarrista Mario Cenci (autore di tanti suoi brani come ad esempio “Saint Tropez twist”), Pino Amenta e Gabriele Varano.


Erano i Capri boys guidati da lui, Giuseppe Faiella (così registrato all’anagrafe), che scoperti dai discografici milanesi della Carish, divennero ben presto Peppino di Capri e i suoi Rockers.

Occhiali con la grande montatura nera, ciuffo pronunciato, voce caratteristica a singhiozzo, Peppino con le sue interpretazioni che richiamano un po’ Paul Anka un po’ Don Marino Barreto jr, si fa subito notare e al terzo disco, “Nun è peccato”, capolavoro firmato da Ugo Calise (Si mme suonne 'int''e suonne che faje, nun è peccato, e si, 'nzuonno, nu vaso mme daje, nun è peccato...) arriva nella classifica dei brani più venduti.

 E’ il 1958, l’Italia scopre questo ragazzo dinoccolato che ha la musica nelle vene e che da quel momento inanellerà una serie interminabile di successi diventando così uno dei beniamini del pubblico.


“Nessuno al mondo”, “Luna caprese”, “Let’s twist again”, "Sainr Tropez twist" (un milione e 200mila dischi in soli tre mesi, record), “Don’t play that song” (memorabile la scena ne “Il Sorpasso”, in cui Tirtignant osserva la gente che balla in spiaggia col suo brano diffuso da un juke box), “Speedy Gonzales”, “Malatia”, “Roberta” (dedicato alla prima moglie, sposata in un matrimonio da favola e con la stampa alle calcagna) , “E sera”, “Me chiamme ammore” (vittoria al Festival di Napoli), “Frennesia”.

E ancora i brani con cui ha vinto Sanremo “Un grande amore e niente più” firmato dall'amico di sempre Franco Califano e Non lo faccio più” e poi la fortunata sigla di Rischiatutto scritta da Paolo Limiti “Amare di meno”,  la avvolgente “Incredibile voglia di te”, la romantica“ Il sognatore” e ovviamente “Champagne” firmata da Depsa e il maestro Mimmo Di Francia, che è diventato un successo internazionale e il suo cavallo di battaglia applaudito ovunque.

Peppino nel 1976 ottiene la sua seconda vittoria al Festival di Sanremo

Canzoni che hanno fatto nascere amori e storie indimenticabili e che a distanza di tempo oltre ad emozionare ancora, sono per così dire “migliorate”, come la voce di Peppino, che non ha più quell’intonazione nasale e sincopata degli esordi ma una timbrica speciale, molto suadente e profonda, che lo fa apprezzare ancora di più.

40 milioni di dischi venduti, 500 brani incisi (l’ultimi “I miei capelli bianchi”) con tutti i supporti fisici, ovvero 78, 33 e 45 giri, per proseguire con le cassette e i CD e che ora si fruiscono tramite i supporti digitali come Spotify e I Tunes, veterano di Sanremo con quindici partecipazioni, protagonista sia nel Cinema degli anni del boom coi vari musicarelli e sia in quello recente col successo al botteghino del divertente “Natale col boss” insieme a Lillo e Greg, Peppino di Capri ha superato con la sua classe mode e tendenze, resistendo alle ondate del nuovi miti con la sua professionalità che alla lunga è stata premiata.



Sono passati 60 anni dal suo esordio, una vita, che Peppino ha vissuto da numero uno senza mai sgomitare e quasi chiedendo permesso a tutti, da gran signore qual è e da musicista vero che conosce il mondo e rispetta il pubblico.

Artista di razza e di lungo corso che ha dato tanto ricevendo in cambio l’affetto della gente e la stima degli addetti ai lavori. Un protagonista assoluto della nostra musica. Doveroso quindi fargli gli auguri per questi 80 anni passati al pianoforte con tanta classe e per la gioia di tutti ed anche se è scontato è proprio il caso di dire, cameriere Champagne!




venerdì 12 luglio 2019

Battisti, il suo canto è libero

di FRANCESCO TRONCARELLI

 


Adesso Lucio Battisti è veramente di tutti. Cade l’ultimo tabù che sino ad ora impediva al pubblico, sopratttto le nuove generazioni, di usufruire anche on line della sua musica. Lucio infatti sarà finalmente «scaricabile su Spotify o Apple»

Il suo canto torna ad essere libero. Senza costrizioni o impedimenti di sorta che di fatto avevano messo a tacere l'artista più amato del nostro pop, autore insieme a Mogol di brani entrati nella storia e che hanno emozionato gnerazioni su generazioni.

Che sia "libero", lo ha deciso il liquidatore della società «Edizioni Musicali Acqua Azzurra» che custodisce il «tesoro» dei 12 album storici Battisti-Mogol valutato sui 14 milioni di euro circa. E' molto propabile però che gli eredi del cantante, la moglie Grazia Letizia Veronesi e il figlio Luca, detentori della maggioranza di Acqua Azzurra e che da sempre impongono la diffusione del repertorio solo attraverso i vecchi supporti fisici, salgano sulle barricate e facciano opposizione. Ma la loro ormai è una maggioranza senza poteri.

Il «commissario» nominato dal Tribunale di Milano, Gaetano Presti, ha formalmente comunicato alla Siae nei giorni scorsi, l’estensione del mandato anche all’incasso dei diritti sul web. Vuol dire che esattamente 50 anni dopo il primo 33 giri uscito il 5 marzo 1969 e che conteneva i suoi primi successi storici come «Un’avventura», «29 settembre» e così via, tutte le più imortanti canzoni firmate dalla coppia Battisti-Mogol saranno disponibili sulle piattaforme di streaming musicale come Spotify, Apple Music o Deezer.


Dove in sostanza attualmente oggi si realizza circa la metà dei ricavi del mercato discografico e soprattutto dove ascoltano musica le nuove generazioni e proprio là dove invece, l'artista di Poggio Bustone è totalmente assente, salvo qualche imitazione o base musicale o pezzo piratato su YouTube.

Su Spotify infatti esiste un "Lucio Battisti" che ha già 190mila ascoltatori mensili, ma quelle indimenticabili melodie come "Le bionde trecce gli occhi azzurri e poi..", "In un mondo che , non ci vuole più...", o "Tu chiamale se vuoi, emozioni...", sono farlocche, interpretate da tribute band o nomi sconosciuti ai più su basi musicali, che scimmiottano la voce e le atmosfere di quelle mitiche canzoni. Adesso sarà la volta buona di dare a Lucio quello che è di Battisti.

Naturalmente insieme alla lettera recapitata alla Siae, sono stati avvisati anche i soci di Acqua Azzurra,  Grazia Letizia Veronese, 75 anni, e Luca Battisti, 48 che hanno il 56% del capitale della società, l’autore dei testi Giulio Rapetti-Mogol, 82 anni che ne setiene il 9% e la casa discografica Universal Ricordi del gruppo francese Vivendi che ne possiede il 35%.

Mogol peraltro è l’attuale presidente della Siae, la principale società che gestisce i diritti di autore e quindi attento e scrupoloso "esecutore" della normativa vigente. Acqua Azzurra ogni anno intanto incassa tra gli 800 e i 900 mila euro di diritti. A questo punto è possibile che gli eredi stiano studiando una contromossa legale. Ma il liquidatore Presti che è un avvocato e docente di diritto commerciale all’Università Cattolica, ha tutti i poteri (delegati dal giudice), per agire oltre al dovere di salvaguardare e valorizzare il patrimonio della società.
Come è noto al tribunale delle imprese si è arrivati per la guerra tra i soci che ha paralizzato la gestione della cassaforte dei dodici album (dal primo del 1969 a «Una giornata uggiosa» del 1980) incisi e realizzati da Lucio Battisti.

Mogol aveva fatto una causa civile nel 2016 per la gestione troppo conservativa del catalogo, ottenendo oltre 2 milioni e mezzo di risarcimento. Chiudere la liquidazione per ora è impossibile perché altre cause legali in corso, con Sony e il figlio di Lucio che vive a Londra, tengono alla larga possibili acquirenti.

Dominus assoluto di tutta la vicenda del "dopo Battisti", è stata fino a qualche anno fa la moglie di Battisti. E fu proprio lei, ritenendo di interpretare lo spirito e la volontà del cantante scomparso nel 1998 a soli 55 anni, ad opporsi sempre a qualsiasi tipo di «mercificazione a scopo di lucro» dell’opera del marito e a qualsiasi sfruttamento ritenuto svilente della sua opera.

Per esempio l’uso delle canzoni per la pubblicità o dei film. «Devo distruggere l’immagine squallida e consumistica che mi hanno cucito addosso», aveva detto Battisti nella sua ultima intervista del 1979. Quando ancora si infilavano le cassette nell’autoradio. Ma era un altro mondo. E il vento della musica adesso suona in modo diverso.
 


giovedì 4 luglio 2019

Giorgio Faletti, cinque anni senza il suo talento

di FRANCESCO TRONCARELLI




Con quel suo sguardo un po’ sornione e un po’ malinconico, quei suoi modi garbati e soprattutto riservati, Giorgio Faletti se ne andava cinque anni fa ad appena 63 anni per un male incurabile. Tutto poteva sembrare tranne che un grande artista, così semplice e mai sopra le righe, in realtà era un personaggio poliedrico capace di riuscire ad affermarsi in qualsiasi ambito dello spettacolo e non solo.

Non aveva l’allure del divo del piccolo schermo o della canzone, inseguito da fotografi e cronisti d’assalto per alimentare il gossip del pomeriggio televisivo, né tanto meno quello dello scrittore dal successo internazionale, pronto a sciorinare il verbo sulle terze pagine dei giornali importanti o a rilasciare dichiarazioni su questo o quell'altro argomento del giorno.

Eppure lui era tutto questo. Attore, cabarettista, cantante, compositore, scrittore. E anche cuoco sopraffino, chef per usare un termine che va per la maggiore, uno chef che gli chef stellati inseguivano per gustare quel piatto, quel sugo, quel dolce che sapeva preparare. Giorgio Faletti insomma era un antidivo dal mestiere sicuro e dalla forte passione, che raccoglieva successi qualunque cosa facesse. Per questo in un mondo come l'attuale dove l'apparenza vince sulla sostanza, manca terribilmente.

Come molti dei nuovi comici divenuti famosi negli anni Ottanta, aveva iniziato la sua carriera al mitico Derby di Milano, insieme a futuri big come Diego Abatantuono, Teo Teocoli, Massimo Boldi, Paolo Rossi e Francesco Salvi. E come molti di loro aveva ottenuto il grande successo di pubblico e di critica, grazie alla scoperta del cabaret da parte della televisione.



 Faletti infatti deve la sua notorietà ai personaggi lanciati nel corso del «Drive In», il programma firmato da Antonio Ricci che divenne un appuntamento fisso per milioni di italiani dal 1983 all’88 e che lo vide fra i suoi applauditi protagonisti al fianco di Ezio Greggio e Gianfranco D’Angelo.

Chi non ricorda le sue macchiette tipo l’improbabile guardia giurata sovrappeso Vito Catozzo dallo slang milanese-pugliese (“porch’ il mond che c’ho sott’ i piedi”), il bambino scemotto Carlino da Passarano Marmorito col suo mitico “giumbotto”, Suor Daliso o il testimone di Bagnacavallo ("Anatrema")? Chi non ha riso e si divertito con quei personaggi strampalati con cui l’attore astigiano dava vita a monologhi irresistibili mai volgari e sempre felicemente ironici? Come era il suo stile del resto.

Perché Faletti era un tipo così, raffinato e ironico anche nella vita, e cercava, riuscendoci, di portare questa sua cifra anche nelle cose che faceva e amava. Come la musica per esempio, sua passione da sempre, dai tempi della scuola (erano i tempi del beat e dei complessi), nella quale si era dato anima e corpo realizzando vari album e brani per cantanti affermati come Milva, Fiordaliso e Branduardi.

Ottenendo anche qui un successo clamoroso addirittura a Sanremo quando nel 1994 sfiorò la vittoria ma vincendo comunque il premio della critica, con “Signor Tenente”, una canzone ispirata alla strage di Capaci e via d’Amelio, che è rimasta nell’immaginario collettivo per quella sua interpretazione asciutta e ricca di pathos.

E che dire del Faletti attore, protagonista di diverse commedie tra cui le due versioni di "Notte prima degli esami", dove era il Prof. Antonio Martinelli, spietato docente di lettere, che alla fine stringe un forte legame col protagonista Luca, Nicolas Vaporidis oltre ai ruoli meno caratterizzati ma più recitativi come quello in "Baarìa" di Giuseppe Tornatore.

Negli ultimi anni la sua carriera si era incentrata soprattutto sulla letteratura. Il suo primo romanzo «Io uccido», uscito nel 2002, è tra i best seller italiani più venduti di sempre, con oltre 5 milioni di copie. Nel 2004 raddoppia con il secondo romanzo “Niente di vero tranne gli occhi”, che ne ha vendute quattro. E così via, con un successo dopo l'altro. Il maestro del thriller Jeffery Deaver, ha detto di lui e del suo lavoro: "Uno come Faletti dalle mie parti si definisce "larger than life", uno che diventerà leggenda". Tradotto in 25 lingue, Faletti è lo scrittore italiano più venduto nel mondo.


Intelligente, affabile e schivo della mondanità, Faletti che con quei capelli incanutiti prematuramente e il pizzetto somigliava sempre di più a Paulo Coelho, amava il mare e i tramonti dell’isola d’Elba dove aveva eletto il suo buen retiro in cerca di se stesso e di ispirazioni.

Con il talento innato che aveva e quella umanità che lo contraddistingueva dagli altri, ha regalato per trent’anni al pubblico, sorrisi e pensieri, risate e riflessioni. Riflessioni e pensieri che la moglie Roberta Bellesini, astigiana come lui, mantiene vivi curandone la memoria e proponendo inediti che diventano libri sorprese per chi lo ha amato e seguito con passione e che ha prodotto lo spettacolo di teatro-canzone "L'ultimo giorno di sole" che gira l'Italia da tre anni. Indimenticabile Giorgio.

Lazio avanti così. Le Pagelliadi

  di FRANCESCO TRONCARELLI 8 a Benigno Zaccagnini - Un'altra vittoria per la Lazio firmata Tudor. Tre punti meritatissimi per volume di...