sabato 30 ottobre 2021

Lazio, la Dea è bendata. Le Pagelliadi

di FRANCESCO TRONCARELLI

9 al Ciro d'Italia - Se sei due volte in vantaggio e due volte vieni ripreso nei minuti di recupero vuol dire che qualcosa non va, sicuramente a livello di concentrazione, ma anche a livello di fortuna. La Dea infatti nei nostri confronti è stata veramente bendata come da leggenda mitologica. Tra l'altro la Dea è anche il simbolo dei nerazzurri e non poteva quindi andare diversamente. La Lazio però ha giocato una grande partita, di contenimento, gestione della palla e ripartenze che aveva fruttato due bei gol per un vantaggio più che meritato, disperso scelleramente però nei finali dei due tempi. Copertina d'obbligo al bomber de noantri che con la rete numero 159 ha raggiunto il mito Piola. Tutto era iniziato a Bergamo con il suo primo gol in una partita vinta 4 a 3 nel 2016, e sempre su questo campo si è chiuso il cerchio. Bravo Ciro, sei un grandissimo!

8+ a Pedro Pedro Pedro Pe' - Ancora lui si conferma il meglio di Santa Fè e dintorni. Quando parte non ce n'è per nessuno. Grati ancora per la lungimirante scelta di Mourinho che non l'ha ritenuto all'altezza del suo progetto. Fantastico.

8 a Massimo Di Cataldo - Il migliore. Una prestazione sontuosa, da navigato calciatore nei meandri del campionato. L'unico romano in squadra va tutelato come i Panda e sostenuto a prescindere, ma lui, finalmente ha dimostrato di essere diventato grande. Non più ragazzino spostate e lasciaci lavorare, ma tessitore di trame calcistiche di grande spessore e finezza tattica. Applausi bello de casa.

7 e mezzo a chiedimi se sono Felipe - Dalla serie D brasiliana ai massimi livelli della serie A italiana. Così è se vi pare, come disse il poeta. A noi ce pare eccome. 

6 e mezzo ad Antonio Elia Acerbis - Da quanto selfeggia de meno funziona de più. L'esatto contrario di Alba Parietti.

6 e mezzo al Sergente - L'ha messi tutti sull'attenti, pure Gasperino er Carbonaro, ma è mancato il suo colpo per il kappao. Provaci ancora SMS.

6+ a Basic Instict - Ha preso consapevolezza dei suoi mezzi. L'assist per il gol record di Ciruzzo è il suo. Provaci ancora Dandy.

6 a Lupo Alberto - Due più due fa quattro, sei diviso due fa tre e così via. Ha fatto il compitino e neanche in bella calligrafia. Nessuna magia, nessun colpo ad effetto dal cilindro. E Silvan tira un sopsiro di sollievo. Sim Salabim e il mago sparì.

5 a Totò Riina - Insufficente. E non solo perchè s'è fatto impallinà come un citrullo in occasione del primo gol, ma anche e soprattutto perchè nonostante abbia rimediato 'na piotta in testa (erano le stesse 100 lire che nel 1990 colpirono Alemao e che ancora girano in quello stadio e che favorirono il 2a0 a tavolino per il Napoli che poi conquistò lo scudetto) si sia rialzato. Un errore imperdonabile per er Panza.

5 a Pasquale Ametrano Anderson - Con quella faccia un po' così, quell'espressione un po' così che hanno tutti i Turisti per caso che da Roma sono arrivati a Bergamo, non ci si poteva aspettare qualcosa di buono. Cartoline da Bergamo alta e caffè al vetro al bar sotto i portici di Bergamo bassa e via. Una gita scolastica e nente più.

5 - a Somarusic - Zapata in occasione del gol del primo pareggio, se l'è magnato in un sol boccone. Una figura pietosa, come quella di Malgioglio vestito da uccello del malagurio da Carlo Conti.

4- - a Hysaj che i papapaveri - Si è tagliato la barba credendo di non essere riconosciuto, una cosa impossibile, brut de brut come lui c'è solo lo spumante riserva Rocca dei Forti e nessun altro. E così gli atalantini lo hanno puntato spesso e volentieri sapendo che si sarebbe aperto prima o poi come il Mar Rosso con Mosè. E infatti nel momento topico della partita, al 94°, invece di opporsi al tiro di De Roon, si è voltato e abbassato facendo passare la palla diretta alla nostra porta. Un movimento plastico che manco Roberto Bolle alla Scala di Milano. Che sfacelo.

2 a sono un pirata non sono un signore -E' sempre l'uomo in più. Per gli avversari naturalmente. E lo si è notato anche in questa sfortunata partita che lo ha visto protagonista in negativo come sempre. Nè più nè meno di Biagio Izzo che arriva sempre ultimo a Tale e quale, con la scusante però che il comico almeno fa ridere, mentre lui fa piangere. Non ne azzecca una che è una come è stato anche questa volta in quei minuti finali che, grazie alla sua dabbenaggine e scarsa attitudine al calcio, hanno scaturito il pareggio orobico. Elefantiaco come un mammifero proboscidato del circo Orfei, immobile come un Moai dell'Isola di Pasqua e statico come una stauta di cera del museo di Madame Tussaud è il quarto mistero di Fatima. E perchè giochi non lo sa neanche Papa Francesco. E così sia. Sipario

Appunti di gioco

 

 


giovedì 28 ottobre 2021

Lazio, ci pensa Pedro. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

8 e mezzo a Pedro Pedro Pedro Pe' - Il meglio di Santa Fè ha tolto le castagne dal fuoco al Comandante e la Lazio dalle polemiche. Col suo eurogol che certifica la sua bravura ed esperienza, ha regalato tre punti preziosi ai compagni di squadra, per tornare a correre (sperem) nel campionato. E il gioco? Latita, come Messina Denaro numero uno dei ricercati italiani. Del resto dice che il cantiere è sempre aperto, anche se molti non si preoccupano di lavorare. La vittoria comunque ci sta ma non c'è tempo di goderla appieno perchè sabato già si rigioca a Bergamo. E là, a casa di Gasperino che ancora se sta a lamentà del mani de Bastos, si capiranno molte cose. 

7+ a Lazzari alzati e cammina - Nel buio totale del primo tempo, è stato la lampada Osram dell'Olimpico. Lucente e punto di rifermento come quella che stava alla Stazione Termini cantata da Claudio Baglioni. Solo lui infatti ha fatto qualcosa: corso, driblato e dopo una maratona porta a porta ha tirato. L'unico tiro nei primi 45 minuti. Bravo.

7 a chiedimi se sono Felipe - Impeccabile. Come Amadeus, gallina dalle uova d'oro della Rai coi suoi programmi. Non ne sbaglia uno.

6 e mezzo al Sergente - E' uscito alla distanza dopo un'amnesia da paura nella prima parte della gara, tornando ai suoi livelli con l'assist al bacio per il pupillo della Carrà. Da quel momento ha preso fiducia con se stesso. Come Biagio Izzo a Tale e quale che invece di fare pena come al solito ha iniziato a fare piangere. Ed è sicuramente già qualcosa.

6 e mezzo ad Antonio Elia Acerbis - La squalifica gli ha fatto bene. Niente selfie, niente social, più concentrazione. Avete presente Morgan a Ballando con le stelle? Un piccolo Roberto Bolle.

6+ a Massimo Di Cataldo - Se la Lazio è un cantiere aperto, lui è il geometra responsabile dei lavori. Tomo tomo cacchio cacchio s'è conquistato il suo posto dopo anni di ostracismo. E questo può far solo bene a lui e a noi. L'unico romano in squadra va tutelato come il panda.

6 a Ciro il grande - Un gol dal mito. Daje ti stiamo aspettando tutti.

6 a Totò Riina - Spettatore non pagante. Ma vigile, come quello che dirige il traffico a piazza Venezia. E infatti è stato lui col lancione al 52° a innescare l'azione del gol. E scusate se è poco.

6 a Maru (sic) - Poco fumo e tanto arrosto cucinato al punto giusto. Ha seguito i consigli di Suor Germana: "Non eccedere mai nella cottura, appena la carne si scurisce, toglierla subito dal forno". E così sia.

6- a Pasquale Ametrano Anderson - Con quella faccia un po' così, quell'espressione un po' così che hanno tutti i Turisti per caso in vacanza all'Olimpico, potevamo aspettarci una ripartenza sulla fascia, un sombrero volante o dribbling ficcante? Ma de che, sarebbe stato come illudersi che Renzi parli correttamente l'inglese o il desaparecido Di Pietro l'italiano. Il figliol prodigo del resto è così, prendere o lasciare. Scommettiamo ancora sul prendere, sperando che non sia in quel posto. 

5 e mezzo a Lupo Alberto - La scena madre che la dice tutta sul suo stato psicofisico si è avuta all'80°. Da bordo campo è stato chiamato il cambio per fare entrare Basic Istinct e lui si è incamminato verso la panchina, il fatto però è che doveva uscire il Sergente e non lui con tutti i problemi con se stesso e il mondo che lo circonda che si porta appresso. C'era una volta il Mago che incantava le platee coi suoi numeri ora c'è Calimero il pulcino piccolo e nero con relativa sindrome da vittimismo. Una storia infinita. Sipario.






martedì 26 ottobre 2021

Quando le dediche si facevano coi dischi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

C'era un tempo in cui i dischi andavano come il pane. Non potevano mancare in una casa, come il caffè, il telefono, il televisore, un bene primario per rendere le giornate migliori e staccare la spina dal tran tran quotidiano. 

Quando l'Italia andava a 45 giri, tutti compravano i vinili per ascoltare le canzoni più in voga del cantante preferito e quelle del cuore, quelle cioè che erano legate a momenti particolari, situazioni personali, amori nati su quelle note. E quindi da riascoltare per riviverli.

Spesso sulle colorate copertine del disco, chi li acquistava li firmava col proprio nome per individuarli subito se venivano portati ad una festa per fare da colonna sonora ai pomeriggi danzanti fra amici.

Oppure più semplicemente per ribadirne la proprietà, come dire quel disco è mio, mi piace e l'ho acquistato per sentirlo quando voglio.

tal Fiorella "firmava" i suoi 45 giri di Sedaka e Celentano

Qualcuno poi andava oltre e scriveva una dedica, un pensiero o una frase destinata alla persona a cui quel 45 giri sarebbe stato regalato, e quella copertina diventava personalizzata al massimo e testimonianza indelebile di una storia, di un'amicizia, di un amore.

I vinili ormai fanno parte del passato, la musica non è più fisica ma liquida e i dischi sono finiti accatastati sulle bancarelle delle fiere o sui mercatini dell'usato per i collezionisti o come oggettistica vintage, dismessi senza pensarci due volte da chi se li ritrova in casa dentro qualche cassetto o scatolone. 

Ecco così che ogni tanto riemerge dal passato qualche chicca che fa pensare e fa volare l'imaginazione, riportandoti indietro nel tempo. E' il caso di un 45 giri di Gianni Meccia, tra i più famosi e "venduti" artisti degli anni 60 che presenta una dedica speciale.

Una dedica scritta esattamente 60 anni fa e che dà a questo disco un fascino particolare. Il 45 giri è "Il pullover", brano melodico di grande successo che sulla copertina vede Meccia in primo piano e sullo sfondo una ragazza vestita solo con un maglione a V.

Tre dischi della Vanoni firmati dal suo fan Eugenio A.

Sul lato destro della copertina ci sono sette righe vergate a penna che impreziosiscono il tutto: "Sono tanto solo Jusi mia, ma presto sarò con te e con te avrò tutto il calore che mi manca, Baffetto per sempre. Tonino 24/10/61".  

Un disco, due innamorati, una storia mai scritta di un amore perduto. Tonino e Jusi, ovvero Antonio e Giuseppina, nomi classici di una volta, quando le Debora con l'h dovevano ancora venire e le lasagne erano solo bolognesi e non griffate Kevin.

Antonio nello scrivere questo pensiero affettuoso alla sua fidanzata (altro termine ora desueto), gioca sul testo della canzone firmato da Franco Migliacci che riferendosi al Pullover del titolo dice "Ha il calore che tu davi a me" e "Sai mia cara sono tanto solo".

Il brano che uscì nel 1960 bissò il successo de "Il barattolo" e proiettò Meccia fra i protagonisti della musica leggera di quegli anni lanciandolo verso Sanremo 61 dove interpretò il famoso "Patatina" (rilanciato recentemente come colonna sonora della pubblicità di un prodotto omonimo).

E accompagnò la love story di quei due giovani confermata da quella dedica appassionata e al tempo stesso simpatica sul disco, finito, chissà come e chissà perchè, su una bancarella. 

La domanda a questo punto come avrebbe detto Lubrano, sorge spontanea: ma che fine hanno fatto Tonino e Jusi? Baffetto sarà stato veramente "per sempre" al fianco di Giuseppina? Si saranno sposati?

Avranno avuto figli, nipoti con cui giocare e raccontare la loro vita? Oppure hanno ballato una sola estate insieme e tutto finì subito dopo e nonostante il disco regalato in quella estate di fuoco che diede il via ai "favolosi Sessanta".

Curiosità e domande destinate a rimanere tali, non esistendo più trasmissioni come "Portobello" di Enzo Tortora in cui con la rubrica "Dove sei" si cercava qualcuno. Di quella storia e dei loro protagonisti purtroppo per ora e salvo sorprese non sappiamo nulla.

L'unica certezza è nell'autore della canzone Gianni Meccia, che ha compiuto 90 anni recentemente e che il pullover non l'ha buttato ma lo indossa tutte le sere nella sua villa fuori Roma quando si gode il fresco.

domenica 24 ottobre 2021

Lazio, la "fatal Verona". Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

6 al Ciro d'Italia - Sarà un campionato di transizione, così aveva detto lo "scrivano fiorentino" Sarri, di alti e bassi. Ma lo dicono anche i risultati. I bassi però sono superiori agli alti e soprattutto sono vergognosi. La Lazio ha perso al Bentegodi non giocando la partita, come a Bologna. Un'altra batosta, un'altra disfatta. La "fatal Verona" che costò due scudetti al Milan (1973 con Rocco e 1990 con Sacchi) per noi è stata letale perchè ha denunciato tutti i limiti mentali e di organico di una rosa appassita prima ancora di sbocciare. Tu quoque Simeone junior co' ste quattro coltellate. E da questa debacle non si salva nessuno tranne i soliti noti che tirano la carretta a prescindere. Come il bomber de noantri che ha segnato il gol della bandiera senza rendersi conto che era già ammainata prima di entrare in campo. Ha timbrato il cartellino quando non c'era l'audio a Dazn, ma con l'audio o senza è stata sempre una brutta Lazio. Di transizione come dice il maestro? Di transumanza...

6 al Sergente - 95 minuti per una traversa e un assist. Per il resto è come se avesse marciato nel deserto con uno zaino di 40 chili sulle spalle. Lo zaino erano i compagni di merende latitanti più che mai. La sua valutazione per colpa loro dopo sto match è scesa clamorosamente, da 100 cocuzze siamo arrivati a trenta euro al mese con vitto e alloggio a spese sue. E manco er cocuzzaro pe' contentino.

5- a Pedro Pedro Pedro Pe praticamente il meglio di Santa Fè - E' partito in quarta è arrivato in folle. Come la Raggi alle elezioni comunali.

5- a Massimo Di Cataldo - Je manca sempre un sordo pe' fa 'na lira. Nè più nè meno di Simone Montedoro.

5- - a chi lo Leiva - Una volta, è arrivato il tempo di levarlo. Il problema è che non c'è nessuno da mettere lì. Una lungimiranza infinita, tipo quella di Salvini e company di scegliere il carneade Michetti.

5- - a Totò Riina - Ne ha presi quattro, ma ne ha salvati almeno tre. E dopo la sveja col Bodo Star dei riom sarebbe stato uno scandalo eguagliarli con un simile cappotto. Insomma tocca dije pure grazie ar Panza. Incredibile ma vero.

4 e mezzo a Lazzari alzati e cammina -  E' entrato in corsa ma si è subito fermato. Come il trenino per Ostia che si ferma ad Acilia e non riparte più.

4 a Lupo Alberto - Co' sta storia che mette il broncio perchè non gioca diciamolo, ha rotto les pelotas. E allora Riccardo Rossi che dovrebbe dire che non gli fanno fare più niente alla Rai e lo tengono in panchina sempre. Quando è subentrato per il Vignaroli nero (vedi sotto) aveva tutto il tempo per tirare fuori dal cilindro un coniglio dei suoi. Ma non gli andava perchè urtato, come un ragazzino che vuole il pupazzo a tutti i costi. Sim Salabim e il Mago sparì.

4 a Pasquale Ametrano Anderson - Con quella faccia un po' così, quell'espressione un po' così che hanno tutti i Turisti per caso come lui che a Verona sono andati per prendere un caffè in piazza, cosa ci dovevamo aspettare se non il nulla? Ma recriminare ora che senso ha, il soggetto lo si conosce, manca di continuità. E' un po' come Vincenzo Salemme che lo accreditano come il nuovo Peppino De Filippo, ma non ci crede nemmeno lui. Manco Pappagone.

4 a Innamoradu - Non giocava da 151 giorni, tenuto in naftalina dal Comandante negli scantinati di Formello. Poi quando la barca stava per affondare, buttato nella mischia dall'oggi al domani. Povero gladiatore, umiliato così senza averne colpa. Lui che ha rinunciato ai soldoni dell'Inter per chiudere la carriera qui dove non lo vede il Supremo. E' come se gli avesse dato il benservito. 

4 a Somarusic - Ha le pile scariche. Avete presente Panariello a Tale e quale che dice sempre le stesse battute?

3 a Ke pro - se lo chiedono tutti, a Ke pro gioca? E' il Vignaroli nero. Na sega. 

3 a Patric del Grande Fratello - Qualcuno aveva sostenuto che era il valore aggiunto di questa squadra, una bestemmia bella e buona dopo tutti i casini che negli anni ha combinato. Dicevano che era esploso, che era ormai un punto saldo del reparto. Frescacce clamorose che nella bufera veronese hanno avuto la loro conferma. Er Caciara è sempre lui, tanto fumo e niente arrosto, manco 'na fettina. Il Cholito j'ha fatto vedè i sorci verdi mandandolo al manicomio. Insomma non c'ha capito più niente, come un Biagio Izzo qualsiasi.

2 - a Hysaj che i papaveri - Copia e incolla dalle puntate precedenti. Se Nina Muriqui è il Quarto mistero di Fatima, lui è il Mistero in assoluto. Come Sfera Ebbasta. Dovrebbe essere il valore aggiunto della squadra perchè conosce già il Sarrismo e invece è l'anello debole. Combina più casini lui che Bugo e Morgan messi insieme. Nel cantiere aperto messo su dal Sor Maurizio, lui è il pensionto che guarda dal marciapiede anzichè il capomastro. Non ne azzecca una, come Valerio Staffelli col Tapiro. Se continua così però un premio è già pronto: l'Oscar...dabagno. Sipario.


 Appunti di gioco

di Roberto Taglieri

 

Domenica, 24 ottobre 2021

Disfatta biancazzurra a Verona nella nona di Campionato. Al “Bentegodi” la Lazio è travolta dal poker firmato Simeone, autore di due reti per tempo; di Ciro Immobile l’unico gol laziale per il 4-1 finale. Biancazzurri rimaneggiati in difesa dopo le contemporanee defezioni di Luis Felipe e Acerbi, che in extremis perdono anche l’ex Zaccagni. Veronesi invece solo senza l’indisponibile Frabotta. Partita da subito a senso unico con i padroni di casa vicini al gol in almeno tre occasioni, che chiudono meritatamente il primo tempo in vantaggio di due reti, siglate dal Cholito, mentre la difesa laziale sta a guardare. Nella ripresa Immobile illude i suoi, grazie anche ad una mezza papera di Montipo, ma la Lazio non approfitta della rete, anzi continua disperatamente a osservare la partita senza riuscire a porre un freno alle avanzate scaligere. E così Giovanni Simeone si permette il lusso di siglare altre due reti, affondando completamente la scialuppa laziale. Solo 143 km dividono Bologna da Verona. Molto meno è la distanza tra la partita che la Lazio ha disputato contro i rossoblu venti giorni fa e quella di stasera, una fotocopia della precedente. Anche in quel caso la Lazio veniva da due buone partite; i biancazzurri dopo la bella prestazione di domenica scorsa con l’Inter e l’ottima gara in coppa col Marsiglia cadono miseramente oggi, facendo giganteggiare il Verona. La squadra praticamente non è mai scesa in campo, la difesa pur se rimaneggiata è crollata sotto i colpi del figlio dell’ex pupillo laziale. Nessuno è escluso dalla debacle: il centrocampo è stato inesistente, completamente slegato dal reparto avanzato; Leiva ed Akpa sono stati impalpabili. Oggi Pedro era senz’altro sottotono e anche Felipe Anderson ha deciso di non scendere in campo. I biancazzurri sono tornati completamente indietro sul piano fisico, del gioco e della mentalità, evidentemente non riescono a reggere una partita ogni tre giorni. Sale la malinconia al pensiero che già mercoledì la Lazio affronterà la Fiorentina e poi sabato i biancazzurri se la vedranno con l’Atalanta, due le squadre che oggi hanno scavalcato in classifica i biancocelesti.

    

VERONA  LAZIO 4-1     30’ 36’ 62’ 92’ Simeone 46’ Immobile   

VERONA:  Montipo, Dawidowicz, Gunter (68’ Sutalo), Casale (45’ Cecchrini), Faraoni, Veloso (68’ Tameze), Ilic (80’ Hongla), Lazovic (81’ Magnani), Barak, Caprari, Simeone. All. Tudor

LAZIO: Reina, Marusic, Patric, Radu, Hysaj, (57’ Lazzari) Leiva (63’ Cataldi), Milinkovic, Akpa (56’ Luis Alberto), Anderson, Immobile, Pedro (63’ Cataldi). All Sarri

Arbitro Piccinini


 


 


 



mercoledì 20 ottobre 2021

Louis Armstrong e James Bond di nuovo insieme

 di FRANCESCO TRONCARELLI

L'artista di fama internazionale e l'agente segreto più famoso del mondo. Era scritto che si sarebbero ritrovati. La prima volta era avvenuto in occasione del film "Al servizio segreto di Sua Maestà", era il 1969, il mondo era diviso in due blocchi e la voce del jazzista accompagnava le gesta di 007 che svolgeva il suo lavoro per il bene dell'umanità.

Adesso è successo per l'ultima fatica di Daniel Craig, "No Time No Die" venticinquesimo "episodio" della fortunata saga su James Bond ed è stata una sorpresa piacevole per i fan di 007 e per il pubblico che ovunque, in tutte le nazioni dove è uscito, sta decretando il successo della pellicola portandola in testa al box office.

E non poteva essere altrimenti, perchè "We Have All the Time in The World" è una canzone stupenda, dalla melodia accattivante che viene esaltata dalla voce inconfontibile di carta vetrata di Louis Armsotrong, un connubio incredibile ma riuscitissimo che crea un'atmosfera unica che ancora oggi, a distanza di più di 50 anni suscita grandi emozioni.

Riproporla di nuovo è stata una intuizione azzeccata del regista Cary Fukunaga che ha deciso di utilizzarla per sottolineare alcuni momenti della pellicola giocando sul testo della canzone che fa riferimento al tempo come il titolo del film.

Abbiamo tutto il tempo del mondo, come dice la canzone e Non è tempo di morire, come racconta il film che peraltro sarà l'ultimo per propria scelta, in cui Craig veste i panni di Bond dopo i successi di "Casino Royale", "Quantum of Solace", "Skyfall" e "Spectre". Una canzone iconica come omaggio al suo addio al personaggio quindi.

Daniel Craig e Lea Sydoux a Matera

Il brano si ascolta all'inizio quando James Bond e la sua compagna Madeleine, interpretata da una brava e intensa Lea Seydoux  arrivano in una meravigliosa Matera e nella struggente scena finale, suonato dall'orchestra diretta dal suo autore (e compositore di tutti i pezzi principali delle colonne sonore dei film con Sean Connery, Roger Moore e Timothy Dalton), John Barry.

Poi nel momento clou della scena finale la versione orchestrale lascia il passo alla canzone e Louis Armsotrong accompagna gli spettatori sino all'ultima riga dei titoli di coda di questa produzione spettacolare organizzata da Barbara Broccoli figlia d'arte dell'inventore del franchise Albert.

E pensare che il trombettista non era stato considerato come prima scelta per il tema musicale di "Al servizio segreto di Sua Maestà" il film su 007 che vedeva lo storico passaggio di consegne tra il già mitico Sean Connery dopo 5 pellicole e il nuovo arrivato George Lazenby per i panni del protagonista.

La produzione preferiva volti e nomi più sulla cresta dell’onda, come Nancy Sinatra, Petula Clark o il leone del Galles Tom Jones, e si domandava se il vecchio Louis fosse in grado di polarizzare ancora l’attenzione e rendere "We Have All the Time in the World" un brano da classifica come lo era stato per "Goldfinger" interpretato da Shirley Bassey.

La salute del jazzista infatti non era delle migliori da qualche tempo. Negli ultimi anni tra attacchi di polmonite, problemi cardiaci e alcune patologie renali, Armstrong si era visto costretto a dover limitare drasticamente esibizioni, session e concerti. La famosa partecipazione a Sanremo nel 68, fu incerta sino all'ultimo.

Armstrong al festival di Sanremo
Nonostante lo stesso artista fosse consapevole che il suo fisico era messo male e i tempi in cui dominava le scene erano oramai da considerarsi un ricordo, la sua tempra e voglia di fare musica lo spingevano ad andare avnti.

Come disse in un'intervista parlando molto probabimente a se stesso più che al giornalista che gli chiedeva se c’era ancora qualcosa che volesse fare o raggiungere nella sua carriera, “vorrei continuare a vivere, non ho ancora finito”.

L'ultimo grande successo di Satchmo risaliva solo a qualche anno prima ed era quel "Hello Dolly!" con cui aveva spodestato dal primo posto in classifica addirittura i Beatles che avevano invaso l'America con la loro musica e nel 1964 stavno conquistando il mondo. 

Un'impresa peraltro straordinaria per un sessantenne, seppur colonna portante del jazz mondiale, perché era avvenuta in un mercato dominato da giovani cantanti e dalle canzoni per i giovani.

Poi, prima di ammalarsi, c'era stato "What a Wonderful World" brano che riuscì a imporsi nelle classifiche inglesi e che convinse John Barry che Armstrong fosse l’artista ideale per rendere indimenticabile la colonna sonora del film in lavorazione sulle nuove imprese di Bond contro la Spectre.

il 45 giri

Barry che sino a quel momento aveva centrato tutte le colonne sonore di film della serie a cominciare dalla famosa sigla iniziale arrivata sino ai giorni nostri (quella con Bond inquadrato dentro la canna di una pistola che si volta e spara verso gli spettatori) era convinto che proprio la condizione precaria e la progressiva vecchiaia del cantante sarebbero stati i punti di forza della interpretazione. 

Satchmo, vecchio ma non arrugginito nel cuore e nella mente, si preparò come sempre in maniera maniacale per la sessione che lo attendeva e copiò il testo più volte per imprimerlo meglio nella memoria e sentirlo maggiormente suo.

Era stato scelto per cantare una canzone che invitava ad apprezzare le sfumature e gli aspetti più belli della vita perché si “aveva tutto il tempo del mondo” per farlo, ma lui paradossalmente di quel tempo, forse non ne aveva così tanto.

Quando l'incisione iniziò Satchmo mise tutto se stesso, riuscendo a infondere a "We Have All the Time in the World" un’emozione palpabile e commovente, facendo immaginare a chi ascoltava quella interpretazione, la consapevolezza e la malinconia di chi vive i suoi ultimi anni e vede sfuggirgli a poco a poco la bellezza della vita.

George Lazenby-James Bond e Diana Rigg sua moglie nel film

Il pezzo ai fini commerciali non andò poi tanto bene, seguendo immeritatamente il mezzo fiasco di "Al servizio segreto di Sua Maestà" che pagò l'assenza di Sean Connery come Bond e gli impietosi paragoni con l'australiano Lazenby, comunque bravo e credibile nel ruolo, al fianco di una splendida Diana Rigg (la famosa interprete della serie The Avangers).

La canzone però ebbe un enorme sussulto nel 1994 quando venne utilizzata per la campagna pubblicitaria della birra Guinness sino a conquistare, finalmente, 25 anni dopo la sua pubblicazione le classifiche inglesi ed americane. Una riscoperta clamorosa che rese giustizia al grande Armstrong.

Ma fu una riscoperta tardiva e postuma, perchè Satchmo si era spento nel 1971 due anni dopo quel disco, stroncato da un infarto che spazzò via per sempre il suo sorriso e la sua contagiosa voglia di vivere, senza peraltro scalfire il grande lascito e la sua influenza sulla storia della musica.

"We Have All the Time in the World" insomma fu il suo canto del cigno che nonostante gli inizi incerti è riuscito alla fine a strappare un po’ di tempo al mondo rendendogli giustizia e facendolo diventare un evergreen. Un brano veramente senza tempo che col nuovo film di 007 è tornato d'attualità. E Satchmo e Bond così, sono ancora insieme e primi.

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domenica 17 ottobre 2021

Lazio, la remuntada. Le Pagelliadi

di FRANCESCO TRONCARELLI


9 a Pasquale Ametrano Anderson
- È stata una partita di grandi emozioni, di grandi giocate, di grandi momenti vissuti gettando il cuore oltre l'ostacolo e senza fare sconti a nessuno, in cui la Lazio ha meritato la vittoria contro il suo passato ("Spiaze") e contro la squadra considerata più forte del torneo. Un dominio tattico e tecnico maturato nel secondo tempo con una remuntada bella e clamorosa che ha indispettito gli avversari che sono scesi dal piedistallo miseramente. Reazioni isteriche a go gò della serie "e nun ce vonno sta", che aumenta la soddisfazione e la goduria per l'impresa. Tra i protagonisti del match, il Turista per caso, che per continuità è stato sicuramente il migliore e che al momento opportuno, con quella faccia un po' così, quell'espressione un po' così, gli ha piazzato quel gol che li ha mandati al manicomio e in tilt. Grande! 

8+ al Ciro d'Italia - La fredezza del bomber che si è preso la responsabilità di tirare il calcio di rigore quando era tutto ancora in salita. Avanti così e il titolo di capocannoniere sarà ancora tuo.

8+ al Sergente - Aò, j'ha dato la mazzata finale che li ha stesi definitivamente. Meglio di Biagio Izzo a Tale e quale che con le sue imitazioni che fanno pena accoppa tutti davanti al televisore. 

7+ a Patric del Grande Fratello - A grande richiesta lo rivogliono nella Casa dei Vip internati di Canale 5. Altro che Giucas Casella coi suoi vaneggiamenti, altro che Amedeo Goria coi suoi istinti sessuali, altro che Katia Ricciarelli bambaciona gaudente. Er Caciara se li magna tutti e crea scompiglio come e quando je pare: chiedere ad Andandovici in occasione del primo gol subito. Maestoso, come il lato B di Belen.

7 a chiedimi se so Felipe - "Da una lacrima sul viso, ho capito molte cose...", Bobby Solo, Festival di Sanremo 1964. Applausi.

6 e mezzo a chi lo Leiva più - S'è svejato, come er sor Marchese. Provaci ancora Lucas.

6 e mezzo a Pedro Pedro Pedro Pedro Pe' - Praticamente il meglio di Santa Fè anche se sfortunato. Fatelo incontrare con quella signora che ha pescato il Gratta e vinci nel mazzo da 100mila euro. Hai visto mai.

6+ a Maru (sic) - Impeccabile nel ruolo. Nè più nè meno di Nino Frassica che fa ridere solo a guardarlo.

6+ a Ke Pro - La più bella linguaccia dal 1900. E a chi tocca n'se 'ngrugna.

6+ a Lupo Alberto, Lazzari alzati e cammina e Massimo Di Cataldi - Tre contro tutti nel serrate finale, tre tre giù giù e l'Inter non c'è più.

6 a Basic Instinct - Provato dall'inizio ha dato prova di saperci fare. Ma la strada è lunga per fare centro, avete presente Al Bano a Ballando con le stelle?

6 a Totò Riina - In perfetta media Carrizo: due tiri, un gol e una parata. Solo che alla gambeta preferisce er gambuccio del prosciutto de Parma, se lo magna in sol boccone con tutto l'osso.

5 e mezzo a Benigno Zaccagnini - Il tabellino dice che è etrato in campo al 75°. Ma non se n'è acorto nessuno. Manco lui.

4 a Hysaj che i papaveri - Se Nina Muriqui è il Quarto mistero di Fatima, lui è il Mistero in assoluto. Come Sfera Ebbasta. Dovrebbe essere il valore aggiunto della squadra perchè conosce già il Sarrismo e invece è l'anello debole. Combina più casini lui che Bugo e Morgan messi insieme. Nel cantiere aperto messo su dal Sor Maurizio, lui è il pensionto che guarda dal marciapiede anzichè il capomastro. Non ne azzecca una, come Valerio Staffelli col Tapiro. Se continua così però un premio è già pronto: l'Oscar...dabagno. Sipario.


 


lunedì 11 ottobre 2021

Addio Elio Pandolfi

 di  FRANCESCO TRONCARELLI

Quella simpatia che ti conquistava subito, quella comicità travolgente ma mai volgare che lo rendeva unico, ma anche la sua grande capacità di calarsi nei personaggi che interpretava e che gli derivava dalla gavetta che aveva fatto e che l'aveva visto lavorare con i più grandi dello Spettacolo italiano.

Ed anche Elio Pandolfi, che se n'è andato nella notte nella sua casa romana a 95 primavere compiute, è stato uno grande protagonista del palcoscenico, un attore versatile e completo, che ha attraversato tutti i generi dell'intrattenimento, dalla radio alla televisione, dal varietà alla commedia musicale, dal cinema al doppiaggio, lasciando sempre il segno. 

Quello della sua classe, della sua bravura, del suo essere Elio Pandolfi, una garanzia per il pubblico. 

Terzo dei quattro figli di Saturno Pandolfi, custode dell’Istituto Tecnico Commerciale «Vincenzo Gioberti», e di Maria Queroli, Elio Pandolfi si era diplomato all’Accademia nazionale d’arte drammatica di Roma. L’esordio sul palco a Venezia nel 1948 come mimo-ballerino in «Les malheurs d’Orphée di Milhaud»; nello stesso anno entrò con Orazio Costa al Piccolo Teatro di Roma.

Alla radio approdò nel 49, scritturato da Nino Meloni per la Compagnia del teatro comico musicale di Roma dove fece sodalizio con Silvio Noto, Raffaele Pisu e Renato Turi. Da quel momento partecipò a trasmissioni di rivista come «La Bisarca» di Garinei e Giovannini (1949-51), «Briscola» di Puntoni e Verde (1949-51).

Ancora in «Giringiro» (1951), «Caccia al tesoro» (1952-54) di Garinei e Giovannini, «La canasta» di Fiorenzo Fiorentini, «Rosso e nero» con Corrado (1951-57) e «Campo de’ Fiori», diretto da Giovanni Gigliozzi (1955) per Radio Campidoglio. 

Pandolfi con Antonella Steni una coppia storica del varietà

Una scuola importante e decisiva per la sua formazione di attore brillante ma soprattutto preparato che gli valse la prima "chiamata" importante della carriera. Luchino Visconti lo scelse per interpretare il ruolo del cantante castrato nello spettacolo «L’impresario delle Smirne», insieme a Rina Morelli.

Nel 1954 debuttò come cantante nell’operetta di Alfredo Cuscinà «La barca dei comici», per poi dedicarsi all’attività teatrale con Wanda Osiris, Carlo Dapporto, Lauretta Masiero, Febo Conti e Antonella Steni. Nomi che hanno fatto la storia del varietà.

Negli Anni 60 la definitiva consacrazione quando prese parte grazie a Dino Verde a numerose trasmissioni radiofoniche di varietà, fra cui «Urgentissimo" e il famoso "Scanzonatissimo», con Antonella Steni e Alighiero Noschese che lo vide acclamato protagonista in una trionfale tournèe iniziata al Sistina e proseguita in tutti i teatri del Bel paese.

Con la Steni in particolare formò una coppia comica irresistibie, che replicò i loro lazzi le loro battute e scenette in spettacoli come «I discoli per l’estate» per varie stagioni negli anni Settanta e «20.30 Express». Come doppiatore è stato la voce italiana dell’attore francese Jacques Dufilho in tutti i film della serie sul Colonnello Buttiglione. 

Pandolfi ha doppiato anche Stanlio della coppia Laurel & Hardy, assieme a Pino Locchi che dava la voce a Olio, in alcuni ridoppiaggi tra i quali quelli di «Allegri eroi» (1957) e «La bomba comica» (1958). Ha doppiato anche due personaggi Disney: Paperino, nei cartoni degli anni sessanta e settanta come seconda voce alternato a Oreste Lionello, e Le tont ne «La bella e la bestia». 

Negli anni 1960 e 1970 doppiò anche Daffy Duck, come la seconda voce nei cortometraggi dei Looney Tunes e Merrie Melodies. Attore fra i più affezionati alla radio, il grande Elio ha partecipato al programma di Rai Radio 3 «Hollywood Party» e ha condotto dal 2002 «Di tanti palpiti». 

Gorni Kramer, Antonella Steni, Marcello Marchesi, Elio Pandolfi e Lina Volonghi

 Tra il 2004 e il 2005, prodotto da Teatro Il Primo di Arnolfo Petri, si è dedicato all’operetta, interpretando col Maestro Marco Scolastra due recital musicali, «Operetta mon amour» (2004) e «Le Vispe Terese» (2005). 

Nel 2012 è stato di scena al teatro Manhattan di Roma con lo spettacolo «Letterine per Silvia e altri sogni» scritto e diretto da Paolo Silvestrini. Nel 2016 è stato premiato alla casa del Cinema di Roma, con il Nastro d’argento alla carriera per il documentario a lui stesso dedicato dal titolo «A qualcuno piacerà», diretto da Caterina Taricano e Claudio De Pasqualis.

Non è stato insomma un semplice attore Elio Pandolfi, ma un vero e proprio gigante dello spettacolo che ha dato sempre tutto se stesso senza risparmiarsi con quel pizzico d'ironia che era la sua cifra, con quel suo non prendersi mai sul serio nonostante il suo bagaglio culturale e professionale, un fantasista nel senso più nobile del termine che sapeva fare tutto, anche l'imitazione della gallina, una scena incredibile e godibilissima.

Con lui se ne va un mondo popolato da artisti che hanno regalato emozioni e divertimento a svariate generazioni, con lui si chiude un'epoca felice e ricca di talenti che hanno fatto la storia del nostro spettacolo, con lui se ne va la risata liberatoria e senza tanti pensieri che faceva concludere bene le giornate di tutti. Ciao Elio signore del palcoscenico, grazie di tutto

lunedì 4 ottobre 2021

Addio Barry Ryan, ma "Eloise" resterà per sempre

 di FRANCESCO TRONCARELLI

La scomparsa di un cantante è sempre una notizia triste, perchè gli artisti con i loro brani accompagnano la vita di tutti e firmano la colonna sonora di momenti, amori e storie di ciascuno di noi.

In certe occasioni poi ad aggiungere ulteriore tristezza al dispiacere per la perdita di un "compagno di viaggio", c'è l'amara constatazione che non ci sia nessuno che lo ricordi per un ultimo doveroso tributo.

È il caso di Barry Ryan che se n'è andato nei giorni scorsi ad appena 72 anni nella totale indifferenza degli addetti ai lavori nonostante sia stato veramente un numero uno di nome e di fatto non solo in Inghilterra suo paese d'origine, ma ovunque.

Primo nelle classifiche di tutta Europa in quel fatidico 1968 che avrebbe inciso profondamente nella Società, con tutti i cambiamenti nel Costume che si portò appresso.   

la Breaking New del Daily Express

Una popstar che la Gran Bretagna ha celebrato degnamente sui media nel momento dell'addio ("Sixties pop legend Barry Ryan dead at 72 as music icon and friend Cat Stevens pays ribute" THE SUN), insieme al suo amico di infanzia Cat Stevens che ha postato su Instagram un accorato saluto.

Come ha fatto la Germania dove era di casa, o la Spagna che lo adottò grazie alla traduzione dei suoi pezzi ad opera del re della Movida madrilena Tino Casal e all'amicizia coi mitici Los Bravos, quelli di "Black is black" o come la Francia che lo ha pianto sui social.

Un saluto sincero da tutti insomma, tranne che dal Bel paese, peraltro non nuovo a simili infortuni mediatici, che conferma la scarsa dimistichezza con la storia del pop internazionale di chi fa questo mestiere e sicuramente la mancanza di aggiornamento o ricerca per avere un "bagaglio" professionale adeguato a disposizione. Fosse solo per cultura propria.

Figlio di Marion Ryan, la "Maryln Monroe del pop inglese" come veniva definita, Barry formò col gemello Paul un duo molto attivo e di successo nei primi anni 60. Frangetta, giacca attillata e pantaloni a tubo, i ragazzi Ryan potevano sembrare due Beatles o uno dei tanti gruppi della British invasion.

il 45 giri
Dopo qualche anno, Paul, più introverso rispetto al gemello, preferì fare un passo indietro continuando comunque ad occuparsi di musica scrivendo canzoni. E fu così che confezionò per il fratello e le sue doti vocali, "Eloise" il brano che portò Barry al primo posto in tutta Europa, un vero e proprio boom, con cinque milioni di copie vendute e una gloria imperitura. 


"Eloise" infatti è una canzone stratosferica, che passa dai ritmi melodici a quelli rock senza soluzione di continuità, un brano di grande atmosfera e intensità dai toni melodrammatici e dalle atmosfere teatrali che risiedono nelle note e si sviluppano in una lunghezza inusuale (oltre 5 minuti).

Quel pezzo era la quintessenza del pop sinfonico che solo qualche anno più tardi con i Queen avrebbe avuto la sua consacrazione, un crack nelle paciose canzoni che andavano di moda in quegli anni e che rivoluzionava il concetto stesso di canzone tipicamente usa e getta del periodo. 

Un brano entrato nella storia del pop e al tempo stesso leggendario, che molti, soprattutto quelli che per ovvi motivi anagrafici non hanno vissuto nei giradischi casalinghi o alla Radio (canzone eletta "Bandiera gialla" nella omonima trasmissione di Gianni Boncompagni e Renzo Arbore), hanno conosciuto nel 1988 in quanto citato da Carlo Verdone in "Compagni di scuola".

Barry Ryan, alla Tv tedesca nel 2010

O magari attraverso i riferimenti di Vittorio Sgarbi che immancabilmente quando parla di sè, cita sempre questo pezzo insieme a "Ragazzo triste" di Patty Pravo, come uno di quelli che hanno segnato la sua adolescenza e formazione musicale.

Di "Eloise" Barry Ryan interpretò anche una versione in italiano, ripresa anche da Claude Francois l'autore originale di "My way" e "Piange il telefono" che dopo averla incisa in francese la lanciò anche da noi.

Negli anni 80 poi venne rispolverata da Mino Reitano, altro artista dalla voce potente e capace di salire di tono come Barry, che ne face un cavallo di battaglia (su youtube c'è un video in cui Mike Bongiorno nel presentarlo per questa canzone, lo esalta). Poi anche Mina, con la sua voce unica ne ha inciso una versione.

mamma Marion coi figli Paul e Barry, di nuovo insieme

Dopo questo successo, Barry Ryan, ne collezionò altri ("Love is love", "Colour of my love", ecc.) consolidando la sua fama e popolarità, pur ottenendo una minore diffusione internazionale, poi a fine anni 70, lasciò il microfono e l'attività comparendo di tanto in tanto negli show dedicati al vintage nelle varie tv europee. 

Si occupò così di quello che era stato sempre il suo hobby, la fotografia, diventando un reporter professionista molto aprrezzato. Fino a qualche giorno fa, quando se n'è andato in punta di piedi per un arresto cardiaco. Un "The end" inaspettato e improvviso dopo una vita comunque sotto i riflettori. 

Ora ha raggiunto la mamma Marion, ragazza madre che si era fatta da sola nella Inghilterra bacchettona degli anni 50 diventando popolarissima come cantante ed il gemello Paul scomparso prematuramente dopo avergli fatto il regalo più importante della sua vita.

Quel brano "Eloise" che rimarrà per sempre rendendolo immortale.

 


domenica 3 ottobre 2021

Lazio sbolognata. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

 

5+ a Pedro Pedro Pedro Pe - Scordatevi il derby, perchè la Lazio affondata a Bologna è stata tutta un'altra cosa. Lenta, prevedibile, affaticata (l'unica cosa che ha azzeccato Sarri riguarda l'orario trappola delle 12,30 dopo la partita di Coppa di giovedì) e soprattutto inconcludente. Le belle azioni manovrate e travolgenti sono sbiaditi ricordi. Una cosa sola ha confermato con riferimento alla stracittadina e alle partite precedenti, la difesa in questa squadra dai lavori in corso perenni non esiste. E' stato praticamente uno sfacelo come non si vedeva da tempo ma la cosa grave è che non ci sono alternative. Per dire infine che anche uno come il "meglio di Santa Fè" ha galleggato nel grigiore generale, si è detto veramente tutto.

5 a Pasquale Ametrano Anderson - E' partito in quarta è finito in folle. Come la Parietti a Tale e quale.

5- al Sergente - Voleva mettere i rossoblu sull'attenti e invece è rimasto consegnato in caserma come un generale Figliolo qualsiasi. 

5- a Massimo Di Cataldi - Come può uno scoglio arginare il mare. Figurarsi uno scoglionato che non vede luce fra i compagni di merende.

5 - - a chiedimi se sono Felipe - Tanto fumo e manco un po' d'arrosto. Avete presente Cattelan su Rai 1? Un tracollo unico di share. 

5- - Maru (sic!) - E' tornato alle orgini col prefisso per chi lo chiama da fuori Roma: "So", Somarusic appunto.

4 e mezzo a Lupo Alberto - C'era una volta il Mago, quello che tirava i conigli fuori dal cilindro e tagliava in due le partner adagiate nella cassa. Ora la sua partner si è presa la rivincita e gli ha tagliato i viveri (niente più caramelle, dolci e figurine) e il coniglio si è impossessato di lui. E Silvan se la gode. Sim salabim a tutti.


4 e mezzo a chi lo Leiva più -  E' completamente andato ormai.  Nè più nè meno di Cristiano Malgioglio.

4 a Ke Pro - infatti, qualcuno ci spieghi a ke pro gioca.

3 e mezzo a Lazzari alzati e cammina - E' l'uomo giusto al momento giusto. Per gli avversari: è entrato e hanno segnato. Grande!

3 a Totò Riina - s'è rimagnato tutta la dote che si era conquistata contro i rom. E sul magnà non è secondo a nessuno. Solo a tavalo er Panza fa la differnza, è noto, è peggio de un cannibale, se magna in un sol boccone pietanza e cameriere che gliela porta. Lì sì che è un fenomeno. 

3- a Hysaj che i papapaveri - Lui invece è l'uomo in più per gli avversari. Chi deve marcare (si fa per dire) segna sempre. Un disastro su tutta la linea, di difesa e di fascia. A uno così manco la quarta dose del vaccino je farebbe effetto. Più che Astrazeneca je ce vorrebbe un Astro del ciel che je potesse dà ospitalità. Bello ciao in tutti i sensi.

2 e mezzo ad Antonio Elia Acerbis - Una crisi involutiva no preoccupante, de più. Come quella in cui si è avvitato Vincenzo Salemme che non fa ride più nessuno. Se fosse così sul pezzo come lo è sui social (foto a raffica in pose plastiche e volitive su Facebook e Instagram) anche sul rettangolo di gioco, saremmo a cavallo, in realtà siamo a somaro. Con lui centrale dominante la difesa balla, ed è passata dal trionfale "Pedro Pè" della Raffa nazionale al sonnolento "Walzer del moscerino" dello Zecchino d'oro del Mago Zurlì. L'espulsione dopo il dito medio mostrato all'arbitro, la fotografia di un giocatore in confusione e di una squadra che lo segue umoralmente. 

-2 a sono un pirata non sono un signore - La valutazione della sua ennesima non partita è come la temperatura di Bolzano quando nevica. In tanti anni di lazialità vissuta e praticata non si era mai vista una sega come lui. Una sega internazionale praltro perchè viene dall'estero. Pippe al sugo del calibro di Oscar da bagno Lopez, Vignaroli dei Castelli romani e Capo-Capo-Capocchiano in confronto sono nell'ordine Maradona-Giordano-Careca. Elefantiaco come un pachiderma del circo Orfei, immobile come un Moai dell'isola di Pasqua, finto come una statua di cera di Madame Toussauds il signorino che è costato appena 20 milioni, ossia quasi 40 miliardi delle vecchie lire, non sa stoppare un pallone, e come potrebbe Gamba di legno quale è, non sa colpire di testa nonostante abbia un capoccione extralarge, non sa tirare coi piedi nè con la fionda e soprattutto non sa neanche lui come sia finito su un campo da calcio anzichè su un campo d'arare dove avrebbe trovato soddisfazione piena ai suoi istinti primordiali. E' il quarto mistero di Fatima e neanche Papa Francesco è riuscito a svelarlo. Ite missa est, sipario. 

 


venerdì 1 ottobre 2021

C'era una volta il primo ottobre

di FRANCESCO TRONCARELLI 

Primo ottobre. Una volta era il giorno in cui si tornava a scuola. Elementari, medie e superiori iniziavano il primo ottobre, san Remigio (i Remigini li chiamavano). Alle elementari erano tutti coi grembiuli, nell'abbigliamento cioè che annullava le diseguaglianze sociali e faceva sentire i bambini tutti uguali. 

I quaderni erano quelli della Pigna di Fabriano, con immagini e paesaggi della regioni italiane in copertina e le tabelline alla fine dei fogli. La penna, la biro della Bic. I compiti a casa e ma anche i pensieri personali venivano scritti sul Diario Vitt.

Le lezioni si svolgevano in religioso silenzio, i più caciaroni al secondo richiamo finivano dietro la lavagna o fuori dalla classe nel corridoio. E non c'era nessuna madre che il giorno dopo andava a schiaffeggiare il maestro dopo aver parcheggiato il Suv in doppia fila fuori la scuola. 

Anzi, a casa i discoli prendevano il "resto" dai genitori. A metà mattina, sole, pioggia o vento o altra calamità in arrivo, c'era comunque la ricreazione e il bidello vendeva le pizzette rosse, alle elementari, alle medie e alle superiori.

Panelli, MIna e Walter Chiari alle prove di Canzonissima

In tv iniziava Canzonissima con Mina, Paolo Panelli e Walter Chiari, una vera e propria sfida fra i cantanti più in voga con i loro successi, che venivano votati dal pubblico con le cartoline acquistate in tabaccheria o dai "venditori di fortuna" per strada.

Era il programma più atteso dell'anno che avrebbe accompagnato i telespettatori sino alla serata finale del 6 gennaio, quella in cui al "fortunato possessore del biglietto vincente", sarebbero andati 150milioni di lire, un'enormità. 

Claudio Villa cantava "Granada", Morandi "C'era un ragazzo", Modugno e no i Negramaro, "Meraviglioso", tre capolavori nei rispettivi generi, a ciascuno il suo. 

Non c'erano playstation nè i cellulari (erano i furgoni della polizia per le retate dei capelloni e delle "signorine" che attendevano i clienti a Tor di Quinto) ma si viveva bene lo stesso. 

Tutti avevano un telefono in casa, fisso, qualcuno il Duplex perchè non c'erano abbastanza linee ma anche per pagare di meno il canone visto che nello stesso palazzo un'altra famiglia condivideva la linea e te la bloccava con le sue chiamate.

il telefono a gettone col pulsante

Nessuno aveva la necessità spasmodica di telefonare, le chiamate si svolgevano di solito dopo pranzo, a metà pomeriggio e la sera mai oltre le 21.

Se avevi bisogno di dire qualcosa di urgente trovandoti in giro, c'erano i telefoni a gettone nei bar, poi arrivarono le cabine con un apparecchio che "incassava" più gettoni per le interurbane.

Il telefono a gettone permetteva comunque di ascoltare chi rispondeva dall'altra parte anche se non si spingeva il tastino per fare scendere quella particolare "moneta" di color bronzo del valore di 50 lire.

Se capovolgevi la cornetta e parlavi da dove si ascolta, dall'altra parte sentivano. Si risparmiava il gettone ma la figuraccia era tanta perché per farti sentire dovevi urlare, e ovviamente c'era chi nel bar commentava "a poveraccio!".

le partitelle per strada

I ragazzini giocavano per strada a pallone e i maglioni arrotolati e le cartelle facevano da pali per le porte. Poi arrivarono le cinghie elastiche per portareavvolgere 

 i libri e il pacco così "confezionato" divenne l'ideale per delimitare le porte.

A quattordici anni si sognava la Vespa, che portavi senza casco e coi capelli al vento e senza targa, opportunità che ti faceva parcheggiare ovunque e saltare il rosso del semaforo e a diciotto sognavano la 500, la più utile e simpatica delle Fiat. 

Aveva il tettino che si apriva specialmente l'estate che dava quel senso da mini cabriolet per tutte le tasche e riusciva a ospitare, incredibile ma vero, sino a cinque passeggeri.

tifosi laziali in festa con le 500 imbandierate

Uno davanti al fianco del guidatore e tre di dietro nello spazio angusto soprattutto per la testa. I più abili riuscivano a piazzarne quattro dietro in un miracolo di equilibri da ressa di autobus.

Tutti sapevano fare la "doppietta" col piede destro, ossia quel movimento della scarpa sui pedali della frizione e dell'acceleratore per scalare la marcia al volo passando per il folle senza "grattare".

I maschi al momento dell'acquisto della 500 chiedevano i sedili reclinabili per trasformarli in giaciglio. E ci si entrava in questa maniera anche per lungo.

In tutti i quartieri c'erano le bische, locali fumosi ritrovo di perditempo e malandrini che si sfidavano per soldi a biliardo. Più familiari invece le atmosfere nei bar sotto casa dove si giocava a flipper.

il jukebox

C'erano anche i jukebok, con 100 lire selezionavi tre dischi in attesa delle feste in casa il sabato pomeriggio per ballare con la ragazzina a cui si faceva il filo.

Alle feste ognuno portava i suoi 45 giri, il padrone di casa metteva a disposizione il salone a "luci accese" per il controllo dei grandi e le ragazze i panini e le bibite. 

Un classico di queste riunioni danzanti, il gioco della scopa (chi la riceveva doveva lasciare la dama al nuovo cavaliere) e quello della bottiglia (tutti in circolo, la bottiglia in terra al centro fatta girare, con bacio a chi veniva indicato dalla punta della bottiglia quando si fermava).

Ma tutti in realtà aspettavano che i genitori si stancassero di osservare l'andamento del tutto per trasferisi in cucina, era il momento tanto atteso per spegnere le luci e ballare i lenti. Il cosidetto "ballo dal mattone".

il gioco della bottiglia

Le partite si seguivano alla radio con "Tutto il calcio minuto per minuto" guidato da "Roberto Bortoluzzi dallo studio centrale". Era normale incontrare per strada persone che camminavano con i transistor attaccati alle orecchie per seguire la trasmissione.

Enrico Ameri raccontava gli incontri entrando nel dettaglio ed era collegato dal campo principale, in pratica la partita più importante della domenica, Sandro Ciotti invece con la sua inconfondibile voce roca e bassa, lo incalzava coi suoi voli pindarici e immaginifici interrompendolo con l'andamento dell'altro incontro di cartello.

Per vedere le immagini dei match, si dovevano attendere le 19, quando sul Secondo canale Rai, veniva mandato in onda un tempo della partita più importante della domenica con la cronaca registrata in diretta di Nando Martellini . 

Le sintesi di tutte le altre arrivavano dopo le 22 con la "Domenica sportiva", condotta da Milano da giornalisti del calbro di Enzo Tortora, Guido Oddo e Alfredo Pigna. Come dire, classe e competenza.

Sandro Ciotti ed Enrico Ameri

Gigi Riva, "rombo di tuono" era il più forte, Dino Zoff era già il numero uno, Giacinto Facchetti e Tarcisio Burgnich erano insuperabili, Sandro Mazzola, il "baffo" e l'abatino Gianni Rivera, si alternavano con la staffetta, Giacomo Losi era il "core de Roma".

Alla Lazio erano sbarcati due giovani sconosciuti e di belle speranze  che "saranno famosi": Giorgio Chinaglia e Pino Wilson. Li aveva pescati dalla serie C Juan Carlos Lorenzo, il mago argentino che duellava dialetticamente nei deby con Herrera. 

Era un altro calcio, un altro mondo, un'altra Italia. La vita era forse in bianco e nero ma tutti sognavano a colori. C'era una volta il primo ottobre...

Maestrelli e i suoi ragazzi alla Domenica Sportiva con Alfredo Pigna


Lazio avanti così. Le Pagelliadi

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