di FRANCESCO TRONCARELLI
L'artista di fama internazionale e l'agente segreto più famoso del mondo. Era scritto che si sarebbero ritrovati. La prima volta era avvenuto in occasione del film "Al servizio segreto di Sua Maestà", era il 1969, il mondo era diviso in due blocchi e la voce del jazzista accompagnava le gesta di 007 che svolgeva il suo lavoro per il bene dell'umanità.
Adesso è successo per l'ultima fatica di Daniel Craig, "No Time No Die" venticinquesimo "episodio" della fortunata saga su James Bond ed è stata una sorpresa piacevole per i fan di 007 e per il pubblico che ovunque, in tutte le nazioni dove è uscito, sta decretando il successo della pellicola portandola in testa al box office.
E non poteva essere altrimenti, perchè "We Have All the Time in The World" è una canzone stupenda, dalla melodia accattivante che viene esaltata dalla voce inconfontibile di carta vetrata di Louis Armsotrong, un connubio incredibile ma riuscitissimo che crea un'atmosfera unica che ancora oggi, a distanza di più di 50 anni suscita grandi emozioni.
Riproporla di nuovo è stata una intuizione azzeccata del regista Cary Fukunaga che ha deciso di utilizzarla per sottolineare alcuni momenti della pellicola giocando sul testo della canzone che fa riferimento al tempo come il titolo del film.
Abbiamo tutto il tempo del mondo, come dice la canzone e Non è tempo di morire, come racconta il film che peraltro sarà l'ultimo per propria scelta, in cui Craig veste i panni di Bond dopo i successi di "Casino Royale", "Quantum of Solace", "Skyfall" e "Spectre". Una canzone iconica come omaggio al suo addio al personaggio quindi.
Daniel Craig e Lea Sydoux a Matera |
Il brano si ascolta all'inizio quando James Bond e la sua compagna Madeleine, interpretata da una brava e intensa Lea Seydoux arrivano in una meravigliosa Matera e nella struggente scena finale, suonato dall'orchestra diretta dal suo autore (e compositore di tutti i pezzi principali delle colonne sonore dei film con Sean Connery, Roger Moore e Timothy Dalton), John Barry.
Poi nel momento clou della scena finale la versione orchestrale lascia il passo alla canzone e Louis Armsotrong accompagna gli spettatori sino all'ultima riga dei titoli di coda di questa produzione spettacolare organizzata da Barbara Broccoli figlia d'arte dell'inventore del franchise Albert.
E pensare che il trombettista non era stato considerato come prima scelta per il tema musicale di "Al servizio segreto di Sua Maestà" il film su 007 che vedeva lo storico passaggio di consegne tra il già mitico Sean Connery dopo 5 pellicole e il nuovo arrivato George Lazenby per i panni del protagonista.
La produzione preferiva volti e nomi più sulla cresta dell’onda, come Nancy Sinatra, Petula Clark o il leone del Galles Tom Jones, e si domandava se il vecchio Louis fosse in grado di polarizzare ancora l’attenzione e rendere "We Have All the Time in the World" un brano da classifica come lo era stato per "Goldfinger" interpretato da Shirley Bassey.
La salute del jazzista infatti non era delle migliori da qualche tempo. Negli ultimi anni tra attacchi di polmonite, problemi cardiaci e alcune patologie renali, Armstrong si era visto costretto a dover limitare drasticamente esibizioni, session e concerti. La famosa partecipazione a Sanremo nel 68, fu incerta sino all'ultimo.
Armstrong al festival di Sanremo |
Come disse in un'intervista parlando molto probabimente a se stesso più che al giornalista che gli chiedeva se c’era ancora qualcosa che volesse fare o raggiungere nella sua carriera, “vorrei continuare a vivere, non ho ancora finito”.
L'ultimo grande successo di Satchmo risaliva solo a qualche anno prima ed era quel "Hello Dolly!" con cui aveva spodestato dal primo posto in classifica addirittura i Beatles che avevano invaso l'America con la loro musica e nel 1964 stavno conquistando il mondo.
Un'impresa peraltro straordinaria per un sessantenne, seppur colonna portante del jazz mondiale, perché era avvenuta in un mercato dominato da giovani cantanti e dalle canzoni per i giovani.
Poi, prima di ammalarsi, c'era stato "What a Wonderful World" brano che riuscì a imporsi nelle classifiche inglesi e che convinse John Barry che Armstrong fosse l’artista ideale per rendere indimenticabile la colonna sonora del film in lavorazione sulle nuove imprese di Bond contro la Spectre.
il 45 giri |
Barry che sino a quel momento aveva centrato tutte le colonne sonore
di film della serie a cominciare dalla famosa sigla iniziale arrivata sino ai giorni nostri (quella con Bond inquadrato dentro la canna di una
pistola che si volta e spara verso gli spettatori) era convinto che
proprio la condizione precaria e la progressiva vecchiaia del cantante
sarebbero stati i punti di forza della interpretazione.
Satchmo, vecchio ma non arrugginito nel cuore e nella mente, si preparò come sempre in maniera maniacale per la sessione che
lo attendeva e copiò il testo più volte per imprimerlo meglio nella
memoria e sentirlo maggiormente suo.
Era stato scelto per cantare una canzone che invitava ad apprezzare le sfumature e gli aspetti più belli della vita perché si “aveva tutto il tempo del mondo” per farlo, ma lui paradossalmente di quel tempo, forse non ne aveva così tanto.
Quando l'incisione iniziò Satchmo mise tutto se stesso, riuscendo a infondere a "We Have All the Time in the World" un’emozione palpabile e commovente, facendo immaginare a chi ascoltava quella interpretazione, la consapevolezza e la malinconia di chi vive i suoi ultimi anni e vede sfuggirgli a poco a poco la bellezza della vita.
George Lazenby-James Bond e Diana Rigg sua moglie nel film |
Il pezzo ai fini commerciali non andò poi tanto bene, seguendo immeritatamente il mezzo fiasco di "Al servizio segreto di Sua Maestà" che pagò l'assenza di Sean Connery come Bond e gli impietosi paragoni con l'australiano Lazenby, comunque bravo e credibile nel ruolo, al fianco di una splendida Diana Rigg (la famosa interprete della serie The Avangers).
La canzone però ebbe un enorme sussulto nel 1994 quando venne utilizzata per la campagna pubblicitaria della birra Guinness sino a conquistare, finalmente, 25 anni dopo la sua pubblicazione le classifiche inglesi ed americane. Una riscoperta clamorosa che rese giustizia al grande Armstrong.
Ma fu una riscoperta tardiva e postuma, perchè Satchmo si era spento nel 1971 due anni dopo quel disco, stroncato da un infarto che spazzò via per sempre il suo sorriso e la sua contagiosa voglia di vivere, senza peraltro scalfire il grande lascito e la sua influenza sulla storia della musica.
"We Have All the Time in the World" insomma fu il suo canto del cigno che nonostante gli inizi incerti è riuscito alla fine a strappare un po’ di tempo al mondo rendendogli giustizia e facendolo diventare un evergreen. Un brano veramente senza tempo che col nuovo film di 007 è tornato d'attualità. E Satchmo e Bond così, sono ancora insieme e primi.
Gran bell'articolo!!!
RispondiEliminaEmanuele Carioti