lunedì 22 giugno 2020

"Estate", 60 anni di un boom

di FRANCESCO TRONCARELLI

      Estate
      Sei calda come i baci che ho perduto
      Sei piena di un amore che è passato
      Che il cuore mio vorrebbe cancellare


Ci sono canzoni di ieri che si ascoltano ancora oggi. Brani senza tempo che hanno superato la generazione di riferimento per conquistare quelle successive e regalare grandi emozioni a chi le ascolta come fosse la prima volta.

C'è un artista di cui si parla poco da sempre e intorno al quale il silenzio continua ad essere assordante oggi come lo era ieri. E c'è un anniversario che è d'obbligo ricordare per rendere omaggio a quell'artista e alla sua musica senza tempo che continua ad essere suonata ovunque.

L'artista è Bruno Martino, pianista di talento ed autore di rara sensibilità conosciuto negli anni di maggior splendore come il "Re del night", la canzone è "Odio l'estate" che lui incise nel 1960, come un inconsapevole omaggio alla prima stagione in cui L'Italia scopriva le vacanze di massa in un decennio che avrebbe inciso profondamente nel Costume.

La ricorrenza quindi è di quelle da sottolineare con l'applauso, perchè si riferisce ad uno dei brani più belli in assoluto della "musica leggera", un pezzo che è diventato nel tempo uno standard internazionale inciso dai nomi più importanti della musica e del jazz che è stato firmato proprio da Martino.

Di solito quando un autore riesce a superare i confini di riferimento con la sua musica, viene considerato un maestro, un punto di rifermento per tutti, ma nel nostro Paese spesso e volentieri come abbiamo visto, nemo profheta in patria e anche Bruno Martino ha dovuto subire questo trattamento da parte degli addetti ai lavori, salvo i classici riconoscimenti postumi quando ormai servivano a poco.

Bruno Martino e Brighetti

Per nostra fortuna, a squarciare fragorosamente questo silenzio che gli hanno riservato i media, ci hanno sempre pensato le sue canzoni, raffinate eppure popolari, alcune delle quali come dicevamo, sono arrivate con le loro atmosfere irresistibili ai giorni nostri: due in particolare “Odio l'Estate (Estate)” e “E la chiamano estate” firmata nel testo da Franco Califano.

Composta nel 1960 da Bruno Martino e da Bruno Brighetti musicista del suo complesso ed autore di altri successi, “Estate” nacque in un modo singolare. Brighetti scrisse infatti il testo in preda a un’intossicazione di frutti di mare. E il riferimento a quella situazione particolare conosciuta solo da lui, lo certificò nel titolo del brano, che originariamente era "Odio l'estate". 

Il pezzo fu accolto tiepidamente da un pubblico troppo desideroso di musica vacanziera e di ritmi pù intonati alla stagione frenetica delle vacanze come il twist e dintorni. Ci penserà anni dopo Joao Gilberto, sofisticato guru della musica brasiliana, a spingerla verso un destino sicuramente migliore e un successo planetario.

La sua versione minimalista, a cominciare dal titolo, a cui tolse quell'"odio" di troppo facendola diventare semplicemente "Estate", così delicata e ricca di pathos e sottolineata dalla inseparabile chitarra, fornì una risonanza eccezionale a quella canzone che da quel momento iniziò a viaggiare da sola, facendo il giro del mondo.

Il pezzo da allora è stato così amato e apprezzato dai jazzisti, che l' hanno incluso nel loro repertorio di standard al pari dei classici americani. Nomi come Shirley Horn, Chet Baker, Michel Petrucciani, Mike Stern, Toots Thielemans per citare solo alcuni dei più famosi, a cui si sono aggiunti quelli dei nostri Vinicio Caposela, Sergio Cammariere, Mina, Ornella Vanoni, Irene Grandi, Mauro Ermanno Giovanardi con i La Crus.

Romano, classe 1925, Bruno Martino iniziò come pianista dell'orchestra di Piero Piccioni, poi passò con Trovaioli e dopo aver suonato in alcune formazioni jazz della Capitale, lasciò l'Italia lavorando con successo in diversi locali notturni del nord Europa dedicandosi a un genere che mescolava jazz, canzoni napoletane e sue composizioni.

Lo accompagnava il suo gruppo formato da Ole Jorgensen alla batteria, Carlo Pes alla chitarra, Luciano Ventura al contrabbasso, Bruno Brighetti alle trombe e alla fisarmonica, un quintetto con lui di grandi musicisti che in migliaia e migliaia di serate dal vivo acquisirono una professionalità unica, come del resto tutti gli artisti che si esibivano nei locali notturni.

Bruno Martino e il suo complesso

Era l'Italia che scopriva il divertimento d'élite, cosmopolita e malizioso dei night club, una scuola misconosciuta e preziosa dalla quale emersero molti protagonisti della canzone come Fred Bongusto, Marino Marini, Umberto Bindi. Fra tutti questi, Bruno era il più discreto, una voce di velluto soffiata su eleganti note di pianoforte.

Il suo volto e quel sorriso lo facevano sembrare uno di quegli attori americani dei grandi film in bianco e nero ed evocavano al tempo stesso serate fumose e alcoliche da piano bar, ma il valore aggiunto di questo artigiano allevato alla scuola del jazz del dopoguerra erano appunto la voce e il piano che suonava divinamente.

"Estate", "Sabato sera", "Che sarà di noi", "Prova a darmi un bacio", "Quando un giorno", "Cos'hai trovato in lui", "Baciami per domani", "E la chiamano estate", canzoni d'amore malinconiche e struggenti, piccole novelle estive, storie di gelosie mai rancorose, narrate e suonate in punta di voce e tastiera.

Ma anche brani frizzanti che servivano per ravvivare le serate al momento giusto, tra una coppa di champagne o un più modesto gin tonic, pezzi come "A.A.A. Adorabile cercasi", "Sono stanco", "Dracula cha cha cha" (Vampiro dal nero mantello perchè non ti succhi un bel pollo e lasci le donne campar) e "Nel 2000" (nel 2000, noi non mangeremo più né bistecca, né spaghetti col ragù..."), e che a riascoltarla oggi fa un certo effetto, essendo, per un destino beffardo, proprio l' anno della sua scomparsa.    

Martino a Sanremo
La maliconica che accompagna la fine di un amore estivo che fa odiare quella stagione solitamente felice, negli anni ruggenti dei tipi da stessa spiaggia stesso mare, boom economico con tanto di pinne fucile ed occhiali, era un'idea forte e rivoluzionaria che venne apprezzata nel tempo, insieme alle altre sue canzoni sussurrate in uno stile di sorniona eleganza e indiscutibile classe da crooner navigato.

La sua è stata una lezione di una grande melodia spoglia di ogni contorno ridondante, un perfetto equilibrio tra musica e testo, caratteristico del suo essere un tipo discreto che, come sottolineò il suo amico Sandro Ciotti, si rifiutò sempre di diventare un personaggio per rimanere una persona.

Martino che se ne andava venti anni fa esatti per un arresto cardiaco, era un signore molto distinto, garbato, un romano verace che aveva visto il mondo, e proprio per questo preferiva rimanere appartato dal vociare chiassoso del mondo della canzone, forse proprio perché cresciuto col jazz e nell'ambiente intimo e confidenziale dei night. Le sue canzoni  che facevano sognare lo confermano, la sua "Estate" sessant'anni dopo lo ribadisce con tutto il suo struggente splendore.


3 commenti:

  1. Come al solito un bel ritratto di un bravissimo Artista quindi grazie a te Francesco ,poi volevo aggiungere che il figlio Walter è un grande batterista che conoscevo nei primi anni 70 come batterista del gruppo i Kobra ...e poi poi batterista dei Goblin e turnista molto richiesto .... come dire un figlio d'arte ....

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  2. Grande francesco che ci ricorda bei momenti di una vita diversa ma sicuramente più allegra e spensierata.
    Grazie Francesco ci fai vivere e ricordare. Momenti.bellissimi

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