mercoledì 30 settembre 2020

Renato Zero, 70 anni in musica

di FRANCESCO TRONCARELLI

 

70 anni e non sentirli. Magari con qualche inevitabile affanno come tutti, ma con lo spirito di sempre, quello di un artista libero da condizionamenti e dalla parte del pubblico e di un uomo tanto solare quanto riservato che assapora la vita e la restitusce poi agli altri con la sua musica e i suoi sentimenti.

Renato Zero compie 70 anni e li festeggia pubblicando un'opera in tre atti, tre album in uscita a settembre, ottobre e novembre, ogni 30 del mese, il suo giorno di nascita a cominciare quindi da oggi. Un nuovo lavoro per riassumere la sua visione poetica attuale, le sue sensazioni, i suoi sogni. Un disco in cui c'è sapore di giovinezza, non la resa dei conti con un'esistenza sempre all'avanguardia, ma una rinascita.  

E non poteva essere altrimenti, perché il cantautore romano ha dato tutto se stesso per regalare al pubblico emozioni forti, per scuotere gli animi e coinvolgere le menti. Come ha sempre fatto in cinquant'anni di carriera, in una vita nella musica che lo ha reso uno dei personaggi più amati e popolari del mondo dello Spettacolo.

Renato e Loredana Bertè al Piper

Ne ha fatta di strada quel ragazzo della Montagnola che sfidava il mondo per i suoi atteggiamenti che andavano contro la "morale" dominante, quel capellone coi boccoli che faceva una vita bohemien con Loredana Bertè e Mia Martini alla ricerca di un'affermazione, quel ballerino divertente e divertito negli spettacoli televisivi di Rita Pavone che tutta l'Italia guardava spensierata.

Camaleontico, passionale, rivoluzionario, un poeta in prima linea da cinque decenni contro tutte le ipocrisie, un innovatore, un precursore ed anche un provocatore, attento come nessuno altro ad ogni tipo di minoranza e alle coscienze di tutti, anche di chi lo criticava.

Un lavoro come una missione che si è tradotto in brani che hanno fatto la storia del pop e che ancora oggi, riescono ad emozionare. "Più su", "Il cielo", "I Migliori anni", "Amico", "Cercami", "Il carrozzone", "Dimmi chi dorme accanto a te", "Nei giardini che nessuno sa", "Spalle al muro" per citarne solo alcuni.

L'unico artista ad essere riuscito ad avere album al numero 1 della classifica italiana in cinque decenni diversi: anni Settanta, Ottanta, Novanta, Duemila e Duemiladieci. In tutta la sua carriera, Zero è stato 48 settimane al primo posto della classifica vendendo milioni di dischi.

i migliori 70 anni della sua vita

Ha cominciato giovanissimo facendo una lunga gavetta. Il centro della sua formazione è stato il Piper, il locale di Roma che era il cuore del Beat italiano. Poi con l'inizio degli anni '70, l'avvento di David Bowie-Ziggy Stardust e del Glam rock, Renato "sei uno Zero", come lo sfottevano quando muoveva i primi passi nell'ambiente dello spettacolo, Fiachini, trova la sua identità artistica.

Si propone come personaggio dal look eccessivo e da un'esibita ambiguità che sfida le convenzioni, che dà voce ai ragazzi delle periferie e canta canzoni che possono descrivere situazioni sessualmente trasgressive così come posizioni anti abortiste e contro la droga. 

Da allora, nonostante il passare degli anni e i cambiamenti delle mode, è rimasto con merito sempre sulla breccia con la sua proposta artistica, privilegiando all'esteriorità degli esordi necessaria per smuovere le acque del conformismo, la profondità del suo genio poetico. 

Tra tour dal format originale accompagnati da un successo di pubblico clamoroso, nuovi album, apparizioni televisive, pubblicazione di antologie e riedizioni, è diventato una presenza costante della scena musicale dall'alto di un carisma guadagnato sul campo. 

col maestro Morricone

Ieri come oggi, Renato c'è sempre, unico nel suo stile e nella sua voglia di vivere, a tratti malinconica, a tratti gioiosa, ma sempre vera e sincera e dalla parte di chi lo ascolta. 

E' passato solo un anno da "Zero il Folle" eppure Renato si ripropone come un fiume in piena a livello di ispirazione per un nuovo, ambizioso lavoro. Si parte con la pubblicazione del volume tre del progetto elaborato durante il lockdown, per continuare poi col due e infine con l'uno. 

Non un vezzo anticonformista ma un omaggio, l'ennesimo, ai suoi fan. 'Tre... due... uno... Zero' è il segnale dei Sorcini della prima ora e di quelli che si sono aggiunti col tempo, quando inizia un suo show e così quel conto alla rovescia è stato ripreso per la pubblicazione di questa opera in tre atti con ben quaranta inediti. 

Pur uniti da un filo rosso che ne giustifica la raccolta in un unico cofanetto, sulla cui copertina campeggia un ritratto di Zero realizzato dalla pittrice Valeria Corvino, i tre dischi hanno una propria distinta unità formale e tematica. 

Renato live

In quello in uscita oggi, 'Volume tre', anticipato nei giorni scorsi dal singolo "L'angelo ferito", c'è l'influenza degli amici inglesi con cui ha lavorato, i grandissimi Phil Palmer e Alan Clark, e delle loro sonorità. Nel secondo c'è più attenzione al rapporto con il pubblico e nel terzo c'è la priorità a raccontare l'amore in un'accezione più ampia di quella che lo vede relegato in un letto o agli affetti dei parenti stretti. 

Canale 5 ha festeggiato ieri in prima serata il cantautore romano, trasmettendo il concerto evento "Zero Il Folle", con le immagini dei due concerti sold out al Forum di Assago di Milano l'11 e il 12 gennaio del 2020, svoltisi poco prima "della chiusura del mondo". 

Ed è stato un successo rimbalzato sui social tra l'entusiasmo della gente, l'ennesimo successo di una lunga serie. Tra l'altro, per scelta di Zero, una parte degli utili della messa in onda sarà destinata a chi ha lavorato con lui nei live e si trova in difficoltà per lo stop tuttora in corso delle attività musicali stabilito dal governo a marzo a seguito della pandemia. 

70 anni in musica, i migliori anni della sua vita. Ma anche di chi lo segue da sempre con affetto e partecipazione, come si conviene per un artista che ha dato tutto per far star bene gli altri e sicuramente non lo vuole dimenticare come ha sempre temuto lui. Auguri Renato!


martedì 29 settembre 2020

Oggi, 29 settembre...

 di FRANCESCO TRONCARELLI

 
 
Seduto in quel caffè, io non pensavo a te
guardavo il mondo che girava intorno a me
poi d’improvviso lei sorrise e ancora prima di capire
mi trovai abbracciato a lei stretto come se non ci fosse
che lei…


E’ il 29 settembre e il pensiero corre subito a uno dei primi successi di Lucio Battisti. Un brano che nonostante abbia più di 50 anni, conserva ancora la freschezza della prima volta, continuando a regalare emozioni come allora, perché è un capolavoro del nostro pop.

Quando uscì il disco era il 1967, e quella era la terza canzone scritta da Mogol insieme a Lucio, dopo 'Dolce di giorno' e 'Per una lira'. Un pezzo dal titolo insolito, idealmente dedicato dal poeta della musica italiana alla moglie Serenella che in quel giorno celebrava il suo compleanno.

"Lucio veniva da me la mattina, alle 9 in punto –ricorda il paroliere-, prendevamo un caffè e poi lui cominciava a suonare con la chitarra la melodia sulla quale io costruivo il testo”, il brano fu completato in un paio di giorni e una volta pronto si cercò  nell’ambito della Ricordi, la casa discografica milanese dove lavoravano entrambi, qualcuno a chi affidarlo.

Quel qualcuno fu presto individuato nell’Equipe 84, il complesso beat più popolare di quegli anni composto dal “principe” Maurizio Vandelli, voce solista del gruppo, il gigante Victor Sogliani, bassista, il piccolo Alfio Cantarella, batterista e Franco Ceccarelli, seconda voce e chitarrista.  

Con l'esaurirsi della vena di protesta beat che aveva scosso la gioventù “capellona”, i più accorti si erano resi conto che per sopravvivere senza farsi prendere alla sprovvista dai nuovi stili e dalle varie mode che iniziavano a farsi strada, bisognava avere l'occhio lungo e rinnovarsi.


Vandelli così si tuffa su questo brano melodico che segna la consacrazione come autori della premiata ditta "Mogol & Battisti" e lo trasforma con un lavoro geniale di arrangiamento ricco di sonorità nuove e di rielaborazione dei tempi musicali in un disco che farà epoca. 

Questo brano infatti sarà considerato il primo pezzo italiano di rock psichedelico, anticipando di tre mesi persino “Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band” dei Beatles, ritenuto il capolavoro mondiale di quel genere.

La canzone è la storia di un tradimento. Un uomo è seduto in un bar quando improvvisamente incontra il sorriso di una donna e ancora prima di mettere a fuoco la situazione, si ritrova sottobraccio a lei mentre la serata si svolge tra un ristorante ed un locale da ballo per poi finire nel letto del protagonista, dove lui si sveglia mentre una voce scandisce al Giornale Radio il nuovo giorno, 30 settembre. Era tutto un sogno?

L'utilizzo di un vero speaker della Rai ingaggiato per l’occasione (un'intuizione dell'ultimo momento, quando il pezzo era stato già registrato) che attraverso due annunci del giornale radio scandiva l’arco temporale (29 e 30 settembre) in cui si svolge la storia.

E' certamente un'idea innovativa, come sono altrettanto all’avanguardia il testo e  la ricerca di un sound che trasmetta a chi ascolta, una sorta di atmosfera onirica dell'incontro con "l'altra".

Il valore aggiunto a quello che diventerà un successo enorme, è dato dalla voce di Maurizio Vandelli, capace di salire di tonalità come nessun altro frontman dei gruppi più in voga di quel periodo e che riesce a vocalizzare l'angoscia del brusco risveglio alla realtà, ben coadiuvato nei cori dagli altri tre compagni di avventura musicale.



“29 settembre” insomma è un brano veramente moderno, arrangiato in modo eccellente e che si avvicina alla produzione dei Beach Boys o dei Beatles ma senza peraltro scimmiottarli o prenderli ad esempio, è un’altra cosa.

Se il menestrello Donovan e i fantastici Kinks in Inghilterra cercano nuove strade alla loro musica, l'italianissima Equipe 84 cerca nuove sonorità a casa propria confermandosi il complesso, come si chiamavano allora le band, numero uno, quello più preparato e quindi capace di rinnovarsi senza sussulti e difficoltà, l'unico a potersi permettere certi esperimenti all'infuori del classico pezzo beat chitarra-basso sostenuto magari da una tastiera Farfisa, come tutti.

Alle registrazioni effettuate presso gli Studi Ricordi, che in quegli anni si trovavano in Via dei Cinquecento a Milano, partecipò anche l'Orchestra Sinfonica della Scala di Milano e fu effettuata su un registratore a otto piste, il primo utilizzato in uno studio di registrazione italiano che esordì proprio con questa canzone. Le manipolazioni di Vandelli sul master originale e svariate sovraincisioni riuscirono poi a dare a quel brano un suono particolare e cristallino. Nuovo e accattivante.

Due anni dopo, nel 1969, anche Battisti cantò questa canzone inserendola nel suo primo album, “Lucio Battisti”. La sua interpretazione è più tradizionale rispetto a quella dell'Equipe e risente delle atmosfere tipicamente melodiche di gran parte della sua produzione. Nella sua versione, più lenta e armoniosa, la voce dello speaker è sostituita da un assolo di chitarra e il contrappunto di un flauto e quello di altri fiati come l’oboe, conferiscono una suggestione particolare molto accattivante.

Oggi, 29 settembre, a più di 50 anni da quel trionfo che squarciò gli orizzonti della musica leggera, riascoltiamo Lucio Battisti nella versione restaurata direttamente dai nastri analogici originali e rimasterizzata con tecniche digitali d’avanguardia, che ci restituisce il genio che ha rivoluzionato il nostro pop nel suo splendore artistico e creativo. 


domenica 27 settembre 2020

Lazio, buona la prima. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI


8 e mezzo a Somarusic - La Lazio è tornata. Con due gol, uno per tempo, la prima squadra della Capitale ha steso un Cagliari ben messo in campo e sicuramente rognoso. Una vittoria d'esordio in trasferta che ha fatto capire (nonostante il malumore per il mercato della piazza) quali siano le sue intenzioni per questo campionato, ovvero i quartieri alti della classifica. Anzi, come diceva Mile Bongiorno in una celebre pubblicità, "sempre più in alto". Per ora con questa squadra che si conosce a memoria, più avanti, forse e si spera, con l'aggiunta di qualche elemento di peso. Protagonista assoluto del match, il sonnambulo montenegrino risvegliatosi dal suo torpore che ha sfoderato una prestazione super. Buona la prima per lui e per la banda Inzaghi insomma. E così sia.

7+ a Lazzari alzati e cammina - e continua a correre come sai fare con l'aggiunta del gol. Che per te è una cosa rara e perciò ha un valore particolare. Come per Roberto Giacobbo che a forza di spararle sempre più grosse ogni tanto ci azzecca.

7+ al Ciro d'Italia - Dove eravamo rimasti? A Immobile Scarpa d'oro e capocannoniere del campionato. Con la rete con cui ha inaugurato la stagione, siamo già al laccio della pantofola di bambù. E scusate se è poco.

6 e mezzo ad Antonio Elia Acerbis - Ministro della Difesa. Anche se si vuole raddoppiare lo stipendio come il preseidente dell'Inps nonostante il caos che ha combinato.

6 e mezzo a Innamoradu - Nei secoli fedele alla causa biancoceleste. Ha iniziato che c'erano le guerre puniche, finirà con Martufello presidente della Repubblica. Impossibile? Con quello che si è visto negli ultimi anni in parlamento se po' fa, se po' fa.

6 e mezzo al Sergente - Ha buttato la sua fisicità in mezzo al campo. Come Sabrina Salerno ai Soliti ignoti.

6+ a Sylva Strakoshina - Pressato dalla presenza ingombrante di Totò Reina come secondo, ha cercato di dare il meglio di sè per evitare danni. Nè più nè meno di Luca Ward a "Tale e quale" che per imitare Ligabue sembrava Angelo Barnabucci, il Walter Finocchiaro di "Compagni di scuola" che ridicolizza Fabris. 

6+ a Lupo Alberto - Rispetto all'anno scorso è migliorato molto, come Alberto Matano che senza la Cuccarini a "La vita in diretta" sembra Gigi Proietti. E pensare che quando cantava con Mina "Parole, parole, parole" sembrava solo un bravo conduttore, ora invece inizia a dare due calci al pallone come un buon dilettante. Ne sentiremo ancora parlare di Alberto Lupo, ex attore che sostituisce l'omonimo al contrario Lupo Alberto.

6 a Patric del Grande Fratello - Senza infamia e senza lode e soprattutto tanta caciara. Avete presente Ninetto Davoli a "Ballando con le stelle"?  

6 a Cuando Escalante el sol - aquí en la playa al Tibidabo, Siento tu cuerpo vibrar cerca de mí, Es tu palpitar, es tu cara, es tu pelo, Son tus besos, me estremezco, oh, oh, oh, Cuando Escalante el sol... (Los Marcellos Ferial, Disco per l'Estate 1962). 

6 a A Ke Prò - l'avemo preso? La domanda più ricorrente sui social. Adesso che l'abbiamo visto possiamo rispondere, per fare numero. E che numero.

6- a Lucas 2 (ma Biglia che fine ha fatto?) - Da quando si è tagliato la zazzera sembra un altro in tutti i sensi. Invece di rubare palloni e far ripartire i compagni di merende, mena e basta. Come Riccardo Rossi che urla credendo di far ridere. Invece urla e basta.

5 a Correa l'anno 1900 - Se fosse vera la chiacchiera dei 50 milioni offerti dalla Juventus, sarebbe da dargielo subito. Ma è una bufala, come la sua prestazione nell'Arena cagliaritana. Una fake news come la notizia del pupone che fa miracoli. Come no, se fosse vero gli avrebbe fatto vincere qualcosa in tanti anni e no zero tituli. Sipario. 

 



Appunti di gioco

di Roberto Taglieri

 

Sabato, 26 settembre 2020

Lazio: buona la prima. Alla “Sardegna Arena” nell’anticipo della seconda giornata i biancocelesti hanno la meglio sul Cagliari per 2 reti a 0: apre Lazzari nel primo tempo, chiude Immobile nella ripresa ed i primi tre punti sono in tasca per i capitolini. Nuova Lazio, vecchia Lazio. Una campagna acquisti ancora incompleta costringe Simone Inzaghi a mandare in campo gli stessi uomini dello scorso anno per la prima uscita ufficiale dei suoi. Quindi solito 352 per i biancazzurri, stasera con Patric e Radu in difesa e Correa ed Immobile davanti. Il Cagliari, senza Carboni, Cerri e Ceppitelli, mette in panca il nuovo acquisto Godin; per Di Francesco la linea d’attacco è Nandez, Pedro e Simeone. Iniziano alla grande i biancocelesti, oggi in completo verde fluo, che vanno subito a segno con Lazzari. L’esterno laziale elude Lykogiannis  ed a porta vuota butta in rete un pallone facile facile, dopo un assist di Marusic, bravissimo e caparbio ad insinuarsi in area sulla sinistra. Dopo il gol i biancazzurri restano sempre molto pericolosi, fanno gran movimento e non danno respiro al Cagliari. L’unico mezzo pericolo per gli ospiti lo crea Rog, che al 26’ con un diagonale impegna Strakosha che respinge in modo non perfetto. Al 33’ grande opportunità per la Lazio, prima con Milinkovic, poi con  Correa che di testa prende un palo ed infine con Immobile che spara alto da buona posizione, ma è tutto inutile perché Massa aveva già segnalato l’off side. Al 42’ in ripartenza Immobile a giro prova a sorprendere Cragno, che riesce a deviare a lato con la punta delle dita. Dopo il riposo il Cagliari cerca di essere più intraprendente; al 48’ Joao Pedro calcia bene, Strahosha non riesce a bloccare ma respinge su Simeone, che tira a botta sicura ma manda in alto la più incredibile delle occasioni per ristabilire la parità. I padroni di casa aumentano il pressing sui portatori di palla, ma la Lazio non si fa intimorire e prova a costruire di nuovo il suo gioco come nel primo tempo. Leiva si fa ammonire e come sempre Inzaghi decide per la sua sostituzione, così è Escalante ad esordire con la maglia biancazzurra al 62’. Poco dopo Milinkovic cerca il tiro di precisione e anche stavolta Cragno, molto reattivo, riesce a mettere in angolo. Al 68’ buona opportunità per il Cagliari; su spiovente in area Walukiewicz non riesce a deviare in porta da due passi. Dopo una girandola di sostituzioni  arriva il raddoppio laziale: Marusic, oggi il  migliore dei suoi, offre un pallone d’oro a Immobile al 75’ il bomber biancazzurro di piatto col destro non perdona e sigla il suo primo gol ufficiale della stagione. La partita non ha più molto da dire, entrano anche Parolo e Cataldi prima dei 4’ di recupero che sanciscono la fine della gara. Tutto ok per la Lazio; un’ottima prestazione, leggermente sotto tono nella prima parte della ripresa, ma in sostanza un risultato meritato. La Lazio, nonostante un calo atletico che in questo periodo ci può stare, ha saputo resistere, lottare e finire in bellezza con la vittoria. E’ un gran piacere notare che il gruppo è senz’altro unito, lo dimostra l’esultanza di tutti i compagni alle reti messe a segno oggi: un ottimo viatico per le prossime due difficilissime  partite contro Atalanta ed Inter. Chi ben comincia…  

 

  

CAGLIARI  LAZIO  0-1     4’ Lazzari 74’ Immobile

CAGLIARI:  Cragno, Farago (79’ Zappa), Walukiewicz, Klavan, Lykogiannis (87’ Tripaldelli), Rog, Marin (70’ Calligara), Sottil (79’ Pavoletti), Nandez, Pedro, Simeone (79’ Despodov). All. Di Francesco

LAZIO: Strakosha, Patric, Acerbi, Radu (79’ Parolo), Lazzari, Leiva (63’ Escalante), Milinkovic (70’ Akpro), Luis Alberto (79’ Cataldi), Marusic, Correa (70’ Caicedo), Immobile. All Inzaghi 

Arbitro Massa


mercoledì 9 settembre 2020

Tu chiamale se vuoi "Emozioni"

di FRANCESCO TRONCARELLI


Cinquant'anni fa il mitico viaggio a cavallo di Mogol e Battisti da Milano a Roma.  Un'esperienza unica da cui nacque il brano più bello firmato dalla coppia d'oro del nostro pop


Due artisti e un mondo meraviglioso che si rivelava ai loro occhi cavalcando per il Bel paese. Estate di fuoco 1970, Lucio Battisti e il suo compagno di storie in musica Mogol, compiono un viaggio insolito e rivoluzionario per quei tempi, montano a cavallo per andare a Roma da Milano e soprattutto per attraversare l'Italia e scoprirla da angolature diverse e suggestive.

Mentre gli italiani facevano follie per l'ultima berlina della Fiat, la "128", due musicisti di successo in sella a due cavalli inseguivano il loro sogno bucolico. La cavalcata con cui giusto 50 anni fa Mogol e Battisti coprirono il percorso tra Milano e Roma attraversando valli e colline, ma viaggiando anche sull'asfalto lungo le strade statali, rimane nell'immaginario collettivo come il primo clamoroso gesto ambientalista in Italia.

Forse anche l'ultimo così genuino e senza doppi fini, certamente un segnale verde in anticipo rispetto alla nascita dei movimenti ecologici del nostro Paese e alla riscoperta della natura e dei suoi scorci meravigliosi che la vita sedentaria e gli spostamenti in macchina ci precludono.

L'idea fu di Mogol che già montava a cavallo e che convinse subito l'amico a intraprendere questo lungo viaggio lontano dalla pazza folla delle vacanze nei lidi di moda. Lucio, carattere schivo ma riflessivo, ovviamente fu entusiasta della idea e quando la mise nero su bianco in una corrispondenza per Sorrisi e canzoni la spiegò così:

il settimanale col reportage del viaggio
"Lo spirito è quello di provare a noi stessi che possiamo farcela, e quello di godere, senza preoccupazioni, di un vero contatto con la natura, per curarci un po' delle malattie della nostra vita di lavoro, di fretta, di angosciosa corsa contro il tempo".

Per Battisti digiuno di cavalli ci pensò Albert Moyersoen, maestro di equitazione e padre dell'olimpionico Filippo, ad insegnargli a stare in sella, e così all'alba del 28 giugno dalla Cascina Longora di Capriate vicino Milano, salirono Lucio su Ribatejo e Mogol su Pinto, per affrontare i 650 km del loro viaggio.

A fargli compagnia e battistrada nelle giornate di pioggia, una jeep che trainava una roulotte con i viveri e l'indispensabile per cucinare qualcosa di caldo, guidata da Oscar Prudente, musicista dell'entourage di Battisti e futuro autore di successi come "Jesahel", "Pensiero stupendo" e "Il mondo di frutta candita".

E così con tappe da 30 km, cappello da cow boy in testa e stivali, i due iniziano ad attraversare l'Italia. Pavia, Castel San Giovanni, poi verso il mare di Sarzana, vicino a La Spezia e sfruttando  strade poco battute proseguono verso la Versilia.

Arrivano a Castiglioncello, proseguono per Cecina, Grosseto, Urbino, Capalbio, fiancheggiano l'Aurelia su strade poderali bianche. L’itinerario non era pianificato per intero, lasciando un margine di scelta lungo il raid anche per trovare e percorrere itinerari diversi.
 
relax a Cecina

"A cavallo le strade sono diverse, tutto è diverso in questa Italia semisconosciuta che frughiamo lentamente giorno per giorno -raccontò nel suo reportage su Sorrisi e canzoni-. Percorriamo sentieri in mezzo ai boschi, stradine polverose, viottoli di montagna, spiagge. Qualche volta, ma è raro, incontriamo una striscia d’asfalto..".

I falò nei boschi, le cavalcate sul bagnasciuga, le spaghettate in pineta, la frutta regalata dai contadini, la strigliatura dei cavalli, i bagni nei torrenti, tutto è un'avventura, una tranche di nuova vita, un'oasi di serenità e sfida con se stessi.

Un'esperienza segnante e fondamentale per entrambi, che coglie nella sua pienezza il significato mistico del viaggio, la partenza, lo svolgersi del percorso in cui a poco a poco ci si trasforma, l’arrivo e la fine di una storia, quando cioè si percepisce di essere diventati una persona diversa e che nulla sarà più come prima.

Il terreno fertile ed ideale da cui nascerà di li a poco il capolavoro del duo: “Emozioni”. Un brano che apre un nuovo orizzonte, una nuova maniera di esprimere i sentimenti e le sensazioni. Un disco che segnerà la svolta della carriera dell'artista laziale lanciandolo definitivamente fra i grandi di quella che allora si definiva musica leggera ed ora pop.

una rinfrescata per Ribatejo

"Emozioni" è la canzone che può essere considerata la manifestazione di una sensibilità e profondità d’animo in cui si sono sempre riconosciuti i giovani di almeno tre generazioni e che prese il volo e la sua consistenza, in un viaggio a cavallo, al galoppo fra la natura e in riflessione con se stessi.

Di quella storica cavalcata esistono alcune riprese in Super 8, come si usava una volta per le gite, le comunioni e i matrimoni, un filmato amatoriale insomma di quelli che si facevano quando internet e gli smartphone non governavano le nostre vite e si era tutti più spontanei e veri.

Era stato a lungo dimenticato in un cassetto, poi Mario Tessuto quello di "Lisa dagli occhi blu" a cui era stato affidato per sonorizzarlo con un apparecchio che solo lui aveva (sembra presistoria, ma è ieri...) lo tirò fuori e Michele Bovi lo ha diffuso col suo TG2 Dossier.

Nella sua "povertà" di ripresa e nella sua mancanza di effetti speciali, è un minivideo veramente eccezionale, che rivisto oggi, giorno dell'anniversario della scomparsa di Battisti, assume una valore particolare e di struggente nostalgia.

L'obiettivo ci ha regalato per sempre il cantante nella sua allegra giovinezza ed in una quotidianità ecologica che non solo non ha precedenti ma nemmeno emuli, tanto la ripresa era improvvisata e naif. E le "Emozioni" meravigliose di quel viaggio, si rinnovano cinquant'anni dopo come allora.



mercoledì 2 settembre 2020

Settembre, 50 anni di un boom

di FRANCESCO TRONCARELLI
 

  "Fra qualche giorno finirà l'estate
   E sulla spiaggia niente resterà
   Le ore passate saranno un ricordo
  Che noi porteremo lontano, io e te.."

E' inevitabile. Quando finisce agosto e ci si accinge a voltare la pagina del calendario il pensiero va subito a lei, ad una delle canzoni più belle del nostro pop dedicata a settembre, il mese che conclude le vacanze e segna il ritorno alla vita di tutti i giorni, al lavoro, ai problemi e a soprattutto ai ritmi della quotidianeità.

Ce ne sono tante ispirate al mese del dopo ferie, ma quella di Peppino Gagliardi è quella che senza dubbio rappresenta più di tutte la nostra musica leggera, quella che esalta la melodia "all'italiana" che è conosciuta ed apprezzata ovunque.

"Settembre" il brano dell'artista napoletano neo ottantenne e sempre sulla breccia con la sua vitalità tipica del grande chansonnier infatti è un pezzo che ha fatto il giro del mondo, ascoltata e applaudita in Giappone come in Sud America, in Nord Europa (Benny Andersson degli Abba era un fan di Gagliardi) e in Medio Oriente, sulla scia della popolarità internazionale del suo interprete.

E' una canzone che colpisce subito, di grande atmosfera, con una musica, composta dallo stesso Peppino, che coinvolge chi ascolta e lo avvolge di emozioni che rimandano a vicende amorose legate a storie vissute per il tempo di un'estate.

Peppino col figlio Massimiliano che lo accompagna al piano

Il testo di Gaetano Amendola ovviamente si sposa alla perfezione alla musica e le fornisce il valore aggiunto con i suoi versi malinconci e suggestivi. Insomma è una canzone come si facevano una volta, scritta bene, musicata meglio e arrangiata come si deve. E per questo senza tempo e sempre emozionante.

Venne presentata da Gagliardi al "Disco per l'estate" del 1970. Un'edizione fra le più seguite in assoluto di questa famosa manifestazione canora realizzata dall A.F.I. e la Rai che in sostanza presentava le novità discografiche della stagione estiva allo stesso modo di quello che faceva il festival di Sanremo per il mercato invernale.

Con Corrado e Gabriella Farinon in veste di cerimonieri della kermesse, aveva in gara artisti del calibro di Claudio Baglioni, Johnny Dorelli, Caterina Caselli, Orietta Berti, Franco IV e Franco I, Michele, i Giganti, Le Orme, Romina Power, Mino Reitano, Bobby Solo, Herbert Pagani, i New Trolls, I Nomadi, i Nuovi Angeli e tanti altri ancora.

I migliori fra i cantanti e i gruppi sulla cresta dell'onda in quel periodo. Ma alla serata finale svoltasi nela salone del casinò di Saint Vincent arrivarono solo in dodici, in base alle vendite dei dischi effettuate nel corso della kermesse che era inziata alla radio qualche tempo prima.

E per un pugno di 45 giri venduti in più fu Renato, in libera uscita dal gruppo dei Profeti, che la spuntò proprio su Gagliardi col suo "Lady Barbara", brano frizzante col ritornello a marcetta, che fece ovviamente colpo sui giovanissimi che seguivano il complesso e sulle fan del suo leader. Ma i cavalli di razza si vedono alla distanza.

Il podio del Disco per l'Estate 1970

Il pezzo del capellone Renato che impazzò in quell'anno fu sì il Disco per l'estate 1970, ma "Settembre" di Gagliardi da quel momento sarà il disco dell'estate per sempre. Nessuno canta più o ripropone nei servizi dei media o sui social "Lady Barbara", brano ormai sconoscuto ai più e finito nel dimenticatoio, tutti invece cantano con nostalgia e sentimento "Settembre poi verrà ma senza sole e forse un novo amore nascerà...".

"Settembre" peraltro è stato lo spartiacque della carriera dell'artista napoletano già affermato per canzoni di grande successo come "T'amo e t'amerò" e "Che vuole questa musica stasera" che detiene il record per un disco italiano di utilizzazione nelle colonne sonore dei film (ben 8).

Da quella serata al casinò per la finale in cui arrivò secondo è stato tutto un susseguirsi di successi e trionfi fra Canzonissima e Sanremo con brani come "Sempre sempre", "Come un ragazzino", "Gocce di mare" "Come le viole" e così via.

Ecco allora questo brano diventato da 50 anni un cult del dopo vacanze e della stagione dei bilanci estivi. Lo riascoltiamo dal video tratto dall'esibizione di Peppino a "Senza rete", il seguitissimo show del sabato sera trasmesso in diretta dall'Auditorium Rai di Napoli, in cui gli artisti cantavano senza il paracadute del playback e appunto dal vivo.

Gaglardi canta dopo Aznavour, una sorta di investitura per lui in virtù della partecipazione emotiva e carismatica con cui ha sempre affrontato l'interpretazione dei suoi brani. E a conferma di quanto dicevamo circa la validità della melodia del pezzo, il momento durante l'esecuzione, in cui il maestro Pino Calvi lascia la direzione dell'orchestra per sottolineare al piano l'inciso della canzone.

Un omaggio alla musica e al suo autore. Uno spettacolo nello spettacolo. Eccolo.

martedì 1 settembre 2020

Indimenticabile Mario Riva

di FRANCESCO TRONCARELLI


Era un primo di settembre come oggi, del 1960, e l’Italia si fermava per la morte di Mario Riva artista amatissimo dal pubblico e tra i padri fondatori della televisione. Il suo 'Il Musichiere' infatti era stato per anni l'avvenimento senza rivali del sabato sera sul piccolo schermo e non solo. Lo vedevono tutti, lo commentavano tutti, ne parlavano tutti.

Era un programma, compresa la sigla di chiusura 'Domenica e' sempre domenica (di Gorni Kramer, Garinei e Giovannini), ritagliato su misura del conduttore, esaltandone quella aria scanzonata e quella bonomia che lo contraddistingueva fra i tanti e che lo faceva entrare subito in sintonia con gli ospiti nazionali e internazionali di altissimo livello che vi partecipavano.

Tutti i più grandi nomi dello spettacolo di quei tempi, dalla star hollywoodiana Gary Cooper (“Mezzogiorno di fuoco”) alla diva internazionale Josephine Baker (“J’ai des amour, mon pays et Paris ”), andavano nel suo show introdotti dopo il tradizionale “Ecco a voi…”, da un avverbio rispolverato dal dimenticatoio dallo scoppiettante Mario e che diventerà d’uso comune immediatamente: “nientepopodimeno che".

Mario con Gary Cooper

Il duetto canoro tra Coppi e Bartali, acerrimi nemici sulle due ruote, ma amici nella vita, divenne, anche grazie all'abilità di Riva, un classico della televisione italiana, il debutto di Mina e Celentano avvenne lì, le gag con Manfredi hanno fatto epoca. Come i vincitori, a cominciare dal cameriere Spartaco D'Itri che con i milioni vinti in questo game show ante litteram si comprò un ristorante per proseguire con la bella e brava Piera Farfarelli poi attrice nei film con Claudio Villa.

All'epoca della morte Riva, che aveva appena 47 anni, era impegnato proprio in un'edizione speciale del programma all'Arena di Verona: quello che sembrò un banale incidente (una caduta nella buca del palcoscenico) si rivelò invece fatale, mettendo fine ad una storia professionale fatta soprattutto di una lunghissima gavetta e di un successo tardivo, ma memorabile.

A soli quaranta secondi dall'inizio della trasmissione accadde l'irreparabile. Mario in smoking, era pronto ad entrare in scena. Si trovava su un alto praticabile di legno posto sul lato sinistro del palcoscenico e dal quale, scendendo lungo un piano inclinato, avrebbe raggiunto il microfono reggendo un'accesa fiamma olimpica, visto che l'evento dell'anno, che sarebbe iniziato qualche giorno dopo, era l'Olimpiade di Roma.

Il praticabile sul quale si trovava il presentatore era unito al restante blocco del palco orchestrale da una incastellatura ricoperta di tela. Si trattava di una costruzione scenica di uso corrente con tanto di appositi cartelli di pericolo ben esposti. Ma l'Arena gremita da venticinquemila spettatori, l'emozione della diretta, l'ansia e la gioia di un nuovo trionfo, giocarono un brutto scherzo al presentatore.


Riva mise un piede su quella striscia di tela. Frazioni di secondo, un urlo, un pesante rotolare, una caduta di un paio di metri ma in grado di fare danni molto seri. Fu un attimo. Garinei balzò ad avvisare Gorni Kramer, al centro dell'orchestra e ignaro di tutto, Giovannini catapultò Miranda Martino sul palco.

I titoli di testa erano già passati, le telecamere erano sul totale dell'Arena. La Martino, cantante in gara, si improvvisò conduttrice, supportata da Tata Giacobetti del Quartetto Cetra. I cantanti erano sotto choc, Riva era stato prontamente soccorso ma non arrivavano notizie. Si offrì di condurre la serata Renato Rascel, ma gli autori si opposero perché la sua canzone era ancora in gara.

Pubblico e telespettatori vennero tenuti all'oscuro e la serata in qualche modo continuò, grazie all'abilità degli autori, alla disponibilità di Miranda Martino e al mestiere di Rascel che alla fine si aggiunse, riuscendo a far cantare a quella sterminata platea «Domenica è sempre domenica», sigla del «Musichiere».

All'ospedale civile di Verona iniziava la lunga battaglia per la vita di Mario Riva. Per una intera settimana si alternarono notizie preoccupanti e rassicuranti, cadute e riprese, arrivo di nuovi medicinali e mancate intuizioni. La cartella clinica del presentatore si presentava più critica del previsto già in partenza.


Morì il 1 settembre, epitaffio di un anno che già aveva visto la prematura scomparsa di Fausto Coppi e Fred Buscaglione tre miti che con la loro scomparsa entrarono nella leggenda. Due giorni dopo, il 3 settembre, la salma arrivò a Roma. Nella chiesa del Sacro Cuore di Maria, a piazza Euclide, c'erano duecentocinquantamila persone.

Il mondo dello spettacolo al gran completo (Aldo Fabrizi, Maurzio Arena, NinoTaranto, Gino Cervi, Alberto Sordi, Nino Manfredi) e una folla di sinceri appassionati fin dalle prime ore del mattino ad aspettare, sotto un caldo asfissiante, il feretro che arrivò solo alle due di pomeriggio, quando il termometro sfiorava i quaranta gradi. 

Mario era nato a Roma nel 1913, vero nome Mariuccio Bonavolontà, aveva alle spalle una robusta carriera di attore comico: giovanissimo negli anni '40 aveva esordito con spettacoli per i soldati italiani; nell'immediato dopoguerra era passato all'avanspettacolo e subito dopo, per tutti gli anni '50, nella rivista e nella commedia musicale.

Nel suo lavoro aveva collaborato con molti, destinati poi a rappresentare la storia dello spettacolo italiano: tra gli autori di rivista, Michele Galdieri, con il quale dette vita con Totò, Anna Magnani, Paola Borboni ad una lunga stagione di spettacoli al Teatro Valle di Roma. Poi, nel periodo napoletano, con la Compagnia di Peppino De Filippo, a fianco di Beniamino e Pupella Maggio.


Nel 1948, al teatro Colle Oppio di Roma, Riva aveva incontrato Riccardo Billi, altro giovane emergente attore comico, con il quale costituì una delle prime "coppie" comiche dell'epoca dando così il via a un modello che ha avuto grande successo: Totò e Peppino, Tognazzi e Vianello, Franco e Ciccio, Ric e Gian, Cochi e Renato, fino ai nostri giorni Greggio e Iachetti.

Billi e Riva, sotto la guida di Garinei e Giovannini, conobbero una fortunatissima stagione di commedia musicale con titoli di grande richiamo: 'La bisarca' (1950), 'Alta tensione' (1951), 'I fanatici' (1952), 'Caccia al tesoro' (1953), 'Siamo tutti dottori' (1954), 'La granduchessa e i camerieri' (1955), 'Gli italiani sono fatti così' (1956).

Insieme a loro, grandi nomi dell'epoca: Wanda Osiris, Gino Bramieri, il quartetto Cetra, due giovanissimi talenti come Nino Manfredi e Paolo Ferrari. Il tutto spesso accompagnato dalle musiche delle orchestre di Armando Trovajoli e Lelio Luttazzi.

Al cinema Riva ebbe al suo attivo oltre 40 film, sia come protagonista sia come 'guest star' assieme a Totò, Peppino De Filippo, Alberto Sordi, Walter Chiari e Aldo Fabrizi. Ma fu soprattutto 'Il Musichiere' (tratto da Garinei e Giovannini dal format Usa 'Name that tune') a dargli successo: la prima trasmissione andò in onda nel dicembre 1957 per chiudersi, 90 puntate dopo, nel 1960 con la morte del conduttore.

con Albertone

90 puntate entrate nella storia dello spettacolo e del nostro costume, grazie alla sua conduzione bonaria, scanzonata e al tempo stesso professionale da grande comunicatore quale era. Il sabato sera, i cinema, al posto del film in cartellone, trasmettevano il programma diffuso dallo storico 'Studio Uno' di via Teulada a Roma.

Riva insieme a Mike Bongiorno, ebbe la capacità di comprendere subito l'enorme potenziale di comunicazione della televisione: per questo fece perno su una conduzione popolare con l'uso ravvicinato della telecamera per dialogare direttamente con il telespettatore, sull'invenzione di una casalinga immaginaria "la signora Clotilde", sul rivolgersi direttamente ai politici per situazioni di bisogno e anche sulla noncuranza per una spiccata cadenza romana. E fu ripagato dal pubblico che lo sentiva vicino e amico.

Ma Riva, l’indimenticabile Mario, è stato anche un grande laziale, tifoso appassionato e convinto, così convinto da entrare a far parte del consiglio direttivo della società guidata dal Presidente Siliato. Era un fedelissimo dell’Aquila che seguiva nelle partite all'Olimpico.

 La sua simpatia travolgente, la sua romanità, la sua bonomia, incarnavano l’essenza tipica del tifoso laziale di quel periodo, mai invadente o sopra le righe ma comunque gajardo e tosto. Spesso si ritrovava in Tribuna Tevere con il divo dei "telefoni bianchi" Robeto Vila, il povero ma bello Franco Interlenghi e la voce di Stanlio Enzo Garinei (i quattro moschettieri della Lazio) per assistere alle partite.

La Lazio di Lovati, Rozzoni e Tozzi con il lutto al braccio per Riva

E i tifosi appena lo vedevano, lo accoglievano cantando la sigla del Musichiere diventata un successo per quel ritornello semplice e senza pretese che infondeva serenità e ottimismo, fotografando un piccolo mondo antico che di lì a poco sarebbe scomparso con l’esplodere delle nuove mode e dei nuovi modi di vivere.

“Domenica è sempre domenica/ si sveglia la città con le campane/ al primo din don del Gianicolo/ Sant’Angelo risponde din don dan/ Domenica è sempre domenica/ e ognuno appena si risveglierà/ felice sarà e spenderà, sti quattro sordi de’ felicità”.

Era un grande Mario Riva, un personaggio unico nel suo genere, un artista che dalla gavetta aveva scalato tutti i gradini del successo per conquistare l'Italia con la sua bravura e bonomia, il primo divo della Televisione in bianco e nero e di una lunga stagione di fenomeni.

Moriva sessant'anni fa tra la commozione di una nazione intera che lo amava e titoli a otto colonne dei giornali che offuscavano l'inizio delle Olimpiadi a Roma. Oggi, nell'anniversario della sua scomparsa, i media si sono dimenticati di lui mentre i giochi olimpici romani che nel 1960 di questi tempi lanciarono Livio Berruti, Nino Benvenuti, Abebe Bikila e Cassius Clay futuro Muhammad Alì, si sono presi giustamente la loro rivincita venendo rievocati sui siti e le varie tv.

Strano paese il nostro, che dimentica tutto e tutti e che non ha memoria del suo passato ma ancora più 'strana"e incredibile la preparazione degli addetti ai lavori che spesso e volentieri non hanno le basi per fare questo mestiere. Indimeticabile Mario, polvere di stelle di un'Italia che fu, quando la felicità era fatta di piccole cose e domenica era sempre domenica.


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