mercoledì 3 aprile 2024

Vent'anni senza Gabriella Ferri

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Una voce che ti entrava dentro, che ti scuoteva, una voce struggente e ammaliante che raccontava meglio di ogni altra la vita, l’amore, le gioie e i dolori.

Gabriella Ferri era la voce di Roma e delle sue bellezze, la voce del popolo e di chi amava le atmosfere perdute di una città sparita ma viva nel ricordo di chi l’aveva vissuta e voleva ritrovarla grazie a lei. 

Un'artista a tutto tondo che regalava emozioni a non finire e che dalla canzone romana aveva spiccato il volo verso i classici della musica napoletana e internazionale riuscendo ugualmente a far vibrare cuori e scatenare emozioni.

Nata a Testaccio, figlia di un ambulante con la passione del ballo e il canto, Gabriella dopo i timidi inizi come indossatrice esplode letteralmente grazie all'esibizione nel programma di Mike Bongiorno "La fiera dei sogni" cantando insieme a Luisa De Santis il brano "La società dei magnaccioni".

Aveva ascoltato quel pezzo della tradizione popolare romana da un disco di Armandino Bosco suonato dalle bancarelle del mercato di Via Sannio e ne era rimasta affascinata. Lo incise con la sua amica, figlia del regista Giuseppe e fu subito boom.
 
Le due romanine funzionano, belle, brave e intonate e soprattutto con quella verve tipica de noantri che le contraddistingue. La Jolly che le ha sotto contratto le lancia come duo folk e le fa incidere canzoni toscane e siciliane come "Ciuri ciuri". Un successo.
 
Il duo però ha vita breve, a causa della timidezza di Luisa che non ama cantare in pubblico, Gabriella continua quindi da sola, incidendo anche un album nel 1966, nello stesso anno è in Canada per la tournée di uno spettacolo teatrale di musica popolare con la regia di Aldo Trionfo, assieme ad altri esponenti del folk italiano come Caterina Bueno, Otello Profazio e l'attore Lino Toffolo.

Dopo gli anni passati a Milano, Gabriella Ferri torna a Roma alla fine del 1966, e approda al Bagaglino di Roma, di cui diventa la cantante ufficiale. Qui conosce Piero Pintucci, che diventerà un suo collaboratore musicale abituale, e incide un 45 giri nel 1968 per la ARC, "È scesa ormai la sera".

Il lato B di questo singolo, "Ti regalo gli occhi miei", raggiunge i vertici delle classifiche in Sudamerica e la cantante lo incide in lingua spagnola con il titolo "Te regalo mis ojos", e ottiene altrettanti successi di vendite. La cantante intraprende così un tour nei paesi sudamericani con grande successo, per poi tornare a esibirsi al Bagaglino con Enrico Montesano.

In questo periodo conosce il giovane diplomatico Giancarlo Riccio, che sposa il 20 giugno del 1967. Si trasferisce a Kinshasa, capitale del Congo, dove lui è destinato a prestare servizio, ma soffre la forzata inattività e dopo neanche un anno convince il marito a chiedere il rientro anticipato a Roma. Il matrimonio non dura però a lungo e, dopo una serie di separazioni e riconciliazioni, termina definitivamente nel 1970.

Conosciuta come cantante folk, Gabriella non disdegna il beat, e si esibisce anche al Piper Club, dove conosce e stringe amicizia con Patty Pravo. Dopo aver firmato un nuovo contratto discografico con la RCA Italiana, partecipa nel 1969 al Festival di Sanremo, presentando in coppia con il grande Stevie Wonder "Se tu ragazzo mio", brano dalla sonorità beat e rhythm and blues, scritto insieme al padre Vittorio e a Pintucci. 
 
Per la testaccina Gabriella e soprattutto per il padre, Sanremo è la realizzazione di un sogno, è la consacrazione di una popolarità sempre più crescente e meritata. Il disco infatti sarà un successo e questo spinge la RCA a pubblicare alla fine del 1969 l'album Gabriella Ferri, in cui canzoni più moderne si affiancano a brani della tradizione come "Ciccio Formaggio".

Nel corso degli anni il suo fisico, da magro e sottile che era, si è andato via via irrobustendo e questo nuovo aspetto fa parlare di lei come di una "mamma Roma" che tiene testa (in TV in una trasmissione che è divenuta culto, più volte trasmessa) a Claudio Villa. Stornellando, i due si dicono le cose peggiori e Gabriella ne esce come l'erede di un genere romanesco che non è solo voce, ma anche aspetto.

È così che si appropria delle canzoni, vecchie o nuove, che le diano la possibilità di costruire dei veri e propri numeri, quasi delle "macchiette", nelle quali però non c'è imitazione dei vecchi artisti napoletani ma il filtro di una personalità esuberante e irrefrenabile.
 
Ecco così "Dove sta Zazà?", che nel dopoguerra era stata il simbolo dell'Italia dissolta, diventava nella sua interpretazione un brano intriso di perfidia e di amarezza.

Gli anni Settanta sono quelli della consacrazione e la vedono conduttrice televisiva ed intrattenitrice di talento con programmi entrati nella storia del costume come "Dove sta Zazà" (1973) - la struggente sigla di chiusura "Sempre", composta da Mario Castellacci e Franco Pisano, sarà un altro suo grande successo - e "Mazzabubù" (1975), entrambi diretti da Antonello Falqui e scritti da Pier Francesco Pingitore
 
Nel frattempo, nel 1972 a Caracas, durante una sua tournée in America Latina, conosce Seva Borzak, presidente della divisione sudamericana della RCA, che sposa nello stesso anno, e da cui avrà l’unico figlio, Seva junior.

Dopo l'esperienza televisiva di "Giochiamo al varieté" (1980), sempre di Falqui, e l'incisione di un disco con alcune canzoni scritte per lei da Paolo Conte (Gabriella, nel 1981, con la celebre "Vamp"), Gabriella Ferri si trasferisce per qualche tempo negli Stati Uniti d'America, lasciando televisione e cabaret per dedicarsi unicamente alla musica.

Rientrata in Italia, nel 1986 partecipa alla gara televisiva Premiatissima presentando nel corso delle serate sei canzoni, alcune tratte dal suo repertorio, altre preparate appositamente per la trasmissione: "Lacreme napulitane", "Luna rossa", "Malafemmena", "La pansé", "La sera dei miracoli" e "Vecchio frack" il classico di Domenico Modugno con il quale arriva in finale. Nel 1987 incide la sigla del varietà televisivo Biberon, in cui appare ancora accanto agli amici del Bagaglino.

Le sue due ultime uscite artistiche di rilievo avvengono nel 1996 al premio Tenco di Sanremo, dove si esibisce accompagnata dal chitarrista della Piccola Orchestra Avion Travel Fausto Mesolella, e nel luglio del 1997 con un concerto a Villa Celimontana a Roma (incluso nella manifestazione "Voglia matta anni '60") davanti a 7.000 spettatori (se ne aspettavano un migliaio).

Poi avviene il ritiro definitivo dalle scene, anche a causa di ricadute nella grave depressione che la tormenta a fasi alterne da anni. Sembra però ritrovare una nuova serenità quando nel 2002 riprende ad apparire in tv dapprima come ospite di Pino Strabioli nella rubrica "Cominciamo bene" prima, e poi nel varietà "Buona Domenica" di Maurizio Costanzo.

Muore improvvisamente in seguito alla caduta da una finestra della sua casa di Corchiano nel viterbese dove da tempo risiedeva il 3 aprile 2004, all'età di 61 anni. L'epitaffio sulla sua tomba al cimitero Verano, recita la poesia del marito Seva Borzak: «Di notte i tuoi occhi brillavano più forte della luce di giorno, il tuo amore riscaldava più del sole».

Il suo testamento spirituale è rintracciabile nella lunga raccolta di "Canti Di Versi" album prodotto artisticamente e arrangiato da Alberto Laurenti con il quale scrive anche gli ultimi inediti e dove, tra ritmi jazz, tanghi e flamenchi, con un incedere interpretativo e la sua inconfondibile voce che ricorda Amália Rodrigues ("Coimbra"), interpreta oltre le nuove canzoni come "Una donna sbagliata", anche brani di autori celebri come Luigi Tenco ("Lontano lontano"), Ennio Morricone ("Stornello dell'estate").
 
Venti anni fa Gabriella ci lasciava e la sua perdita è stata enorme. Perchè lei era unica e vera, sensibile e  ricca di talento, era l'Anna Magnani della canzone, si mascherava, si travestiva, si presentava in scena come un clown, mescolando gioia e tristezza e tutto quello che cantava, dagli stornelli alla canzone latinoamericana, si trsformava in un atto unico.

Gabriella Ferri è oggi una icona della cultura romana, non solo quella musicale. Dalla Casilina al Trullo la città è disseminata di suoi murales, immagini poetiche di una città che va avanti fra mille difficoltà e che le vuole bene. Sempre.

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