giovedì 30 maggio 2019

Mino Reitano, il quinto Beatles

di FRANCESCO TRONCARELLI

Una leggenda metropolitana per tanti, una barzelletta per certa stampa che snobisticamente lo aveva sempre considerato un parente povero della nostra musica leggera. E invece era tutto vero. Quel racconto di Mino Reitano sugli inizi della sua carriera quando aveva diviso il palco di un locale con i mitici Beatles, era pura verità, altro che storie.

Una foto spuntata a sorpresa dall'archivio di Gegè Reitano, fratello di Mino e custode della sua  memoria artistica insieme alla moglie Patrizia e alle figlie del cantante scomparso dieci anni fa, rende giustizia una volta per tutte a una vicenda umana e professionale unica.

Una storia fatta di tanta gavetta, di musica vissuta con passione e di molteplici incontri, come quello avvenuto in Germania nel 1962 con il complesso inglese più amato nel mondo, a quei tempi emigrante del rock come il ragazzo di Calabria, primo incontro di una lunga serie che negli anni l'avrebbe poi visto duettare con Frank Sinatra e ricevere l'applauso di Azanvour.

Per lui tutto era cominciato proprio con i Fab Four, con loro Mino Reitano, partito da Fiumara in provincia di Reggio Calabria a 16 anni con una valigia di cartone, aveva fatto amicizia ad Amburgo dove si esibivano insieme nello Star Club, locale del quartiere a luci rosse della città tedesca rinomata per il porto e relativo grande movimento generato dal commercio e dal classico "marinai, donne e guai".

Lui era lì come Benjamin and His Brothers — cioè Mino con i fratelli Antonio, Gegè, Franco e Domenico —, mentre i ragazzi di Liverpool non ancora famosi nel mondo e non ancora baronetti della Regina, erano presenti come Silver nome che di lì a poco avrebbero cambiato in Beatles.

«Ero un capellone e cantavo con i futuri Beatles senza nemmeno saperlo. Noi e i Silver eravamo gli ospiti fissi del locale, si stava sul palco dalle 10 di sera alle 5 di mattina suonando anche tre volte al giorno per un’ora ciascuno. Poi si andava tutti assieme a mangiare würstel e spaghetti. Era un rapporto di simpatia reciproca e pacche sulle spalle. Le ragazzine già impazzivano e si strappavano i capelli per la lro musica travolgente e assordante» aveva raccontato Reitano, suscitando spesso in chi lo ascoltava sorrisetti di scherno.


E aveva detto anche altro, ossia che John Lennon che con gli altri lo ascoltava nei momenti di pausa, impazziva per la sua voce, quando cantava "Pretty Woman" e "It's over", cavalli di battaglia del grande Roy Orbison, mito indiscusso per tutti quelli come loro che volevano intrapendere la carriera di cantanti.

E lì altri sorrisi e occhi levati al cielo come a dire "e vabè, ancora con questa storia...". Ironia e malcelato fastidio destinati ad incrinarsi però quando Paul McCartney venne ospite nell’ultima serata del festival di Sanremo del 1988, quello in cui Reitano arrivò sesto con quel suo inno all’"Italia" che sarebbe diventato la nuova colonna sonora degli italiani all’estero, che al termine della conferenza stampa, chiese "dov’è Benjamin?", a testimonianza inequivocabile che non aveva dimenticato la comune gavetta amburghese.

Cresciuto in  una famiglia composta da dieci figli in cui tutti suonavno uno strumento sull'esempio del padre Rocco, ferroviere amante del clarinetto, Mino virtuoso del violino che aveva studiato al conservatorio, costituì con alcuni dei fratelli un'orchestrina che aveva Gegè alla batteria, Franco alle tastiere e fisarmonica, Domenico e Antonio alle chitarre a cui si agggiunse come seconda voce e chitarrista, Franco Minniti, un'amico d'infanzia.

Il gruppo crebbe piano piano, serata dopo serata, prima facendosi conoscere in Sicilia alla celebre “Silvanetta” di Milazzo dove andavano ad ascoltarli Alberto Sordi, Silvana Mangano e il produttore. Dino De Laurentis che li ingaggiò per alcune feste nella sua villa in Costa Azzurra in Francia.

Poi il passaggio alla BBC, la televisione inglese, dove il loro nome “Beniamino e i suoi fratelli”, fu subito ribattezzato come “Benjamin and his Brothers” fu un ulteriore spinta alla loro carriera. Da lì, Amburgo. E lì, i Beatles. Successe allo Star Club, sulla Reeperbahnn la strada del quartiere a luci rosse che all’epoca era il centro di una delinquenza molto pericolosa e di un turismo amante del brivido.

In quel periodo John, Paul e George, con il batterista Pete Best e il bassista Stuart Sutcliffe, l'amico del cuore di Lennon fin dai tempi dell'Art School, si chiamavano Silver. Loro e i fratelli calabersi, dormivano in pensioni di terz'ordine ed entrambi si alternavano sul palco di quel locale dal tardo pomeriggio sino alle prime luci dell'alba, in un tour de force massacrante supportato da birre e wurstel.

Amburgo peraltro fu per i Beatles una tappa fondamentale e decisiva per spiccare il volo verso il successo internazionale, perchè nella città tedesca impararono veramente a suonare affinando la loro tecnica e perchè cambiarono anche il loro look a cominciare dalla celebre frangetta (il taglio alla Beatles) su consiglio della fotografa Astrid Kirchherr, che poi venne imitata dalla gioventù di mezzo mondo dando vita al fenomeno dei Capelloni.

I Beatles versione Silver ad Amburgo

Furono cinque i soggiorni dei Beatles ad Amburgo tra il 1960 e il 1962.  Il batterista Pete Best venne reclutato nella band nell'agosto 1960 in occasione del primo ingaggio nella città, dove suonarono per 48 serate all'Indra Club e in seguito per altre 58 serate al Kaiserkeller. I Beatles ritornarono in Amburgo nell'aprile 1961 per suonare al Top Ten Club per un ingaggio della durata di tre mesi.

Poi nel 62 lo Star Club, dove il gruppo inglese si esibì all'inaugurazione del locale in aprile tornandoci a novembre e dicembre con il il batterista Ringo Starr, che aveva rimpiazzato Best in agosto. E in questo periodo c'erano anche i Reitano brothers. E qui finalmente entra in scena la foto che conferma il racconto di Mino Reitano sulla comune gavetta e scapigliata amicizia giovanile fra sogni di gloria e musica suonata all'ennesima potenza.

E' una foto eccezionale e unica in tutti i sensi, perchè non ce ne sono altre a immortalare per le generazioni future un momento storico incredibile (all'epoca, soprattutto per i "saranno famosi" non si pensava di fotografare le esibizioni in locali per lo più di bassa categoria). L'immagine ritrae la facciata scrostata di un palazzo su cui svettano l'insegna del locale Star Club da una parte e quella di un'altra sala, L'Erotik, sorta di avanspettacolo con night club e programmazione di film.

Sotto le insegne, i cartelloni che annunciano le due attrazioni dello Star, The Beatles e Bengiamino and the Brothers poi sulla destra l'insegna del bar "Monica", approdo naturale degli artisti ingaggiati dallo Star e dei suoi scatenati avventori, per la birra con crauti come dessert.

Reitano e i fantastici quattro in cartellone dunque, la prova del nove di una vicenda sottaciuta che a distanza di quasi 60 anni fornisce una risposta definitiva agli scettici altezzosi e ai maldicenti increduli. Una storia incredibile, tra destini incrociati e incognite sul futuro, quando Mino, il generoso per antonomasia della canzone italiana, trionfatore delle classifiche e autore di talento (Una ragione di più), era il quinto Beatles senza esserlo, cantando con loro e spesso per loro. Una cosa che certamente sorprende. Ma vera come lui.



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