sabato 2 gennaio 2021

Rascel, 30 anni fa l'ultimo applauso

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Lo chiamavano il Piccoletto, ma era un gigante, uno dei più grandi protagonisti della scena italiana, un artista che ha attraversato il Novecento con la sua irresistibile verve, i suoi personaggi mitici e le sue canzoni che hanno fatto il giro del mondo.

Trent'anni fa, il 2 gennaio 1991, se ne andava Renato Rascel, una delle eccellenze del nostro Spettacolo fra le più amate e applaudite e tuttavia meno celebrate come invece avrebbe dovuto essere.

Figlio d'arte, nato praticamente sul palcoscenico (i genitori si trovavano in tournèe a Torino), ha iniziato dalle sale fumose e chiassose dell'avanspettacolo, la selettiva scuola che hanno fatto tutti i grandi, per arrivare a calcare i palcoscenici più prestigiosi. 

Una carriera piena di successi. E nel suo percorso artistico, non c'è stato un settore dello Spettacolo in cui non abbia lasciato il segno. 

Conferma inoppugnabile del suo enorme talento e dalla eccezionale versatilità che lo faceva passare senza soluzione di continuità, ma con uguale maestria dalle macchiette pregne di comicità surreale ai film drammatici e toccanti, dalle commedie musicali ai testi impegnati.

Le canzoni che ha scritto sono memorabili e conosciute ancora oggi. La più celebre, "Arrivederci Roma", un brano composto con Garinei e Giovannini, è diventato una sorta di inno della Caput mundi conosciuto ovunque e che rappresenta la città in musica, come "O sole mio" per Napoli. 

"Romantica" poi, testo di Dino Verde, con con cui trionfò a Sanremo nel 1960 in coppia con il re degli urlatori Tony Dallara, ancora le poetiche "Dove vanno a finire i palloncini" e "Ninna nanna del cavallino".

C'è poi tra le altre centinaia, la piccola gemma "Vogliamoci tanto bene", grande successo ripreso un po' da tutti, che fu la prima canzone che il giovanissimo Dodi Battaglia, futuro chitarrista dei Pooh, imparò a suonare con la fisarmonica per esibirsi in pubblico. 

Ballerino e batterista nell'avanspettacolo, Renato Ranucci, questo il vero cognome, decise di darsi un nome d'arte e sceglie casualmente quello di "Rachel" (dal nome di una cipria francese molto famosa in quel tempo), tuttavia, poiché, molti sbagliavano la pronuncia, sostituì la "ch" con "sc", onde evitare errori. 

Creò il suo personaggio portatore sano di una comicità surreale e all'avanguardia per i tempi, a tratti infantile con trovate e battute improvvisate e spiazzanti, presentandosi con un vestito enorme, giaccona che arrivava a metà della gamba, pantaloni larghissini e un taschino sulla schiena.

Nel 1939, durante una pausa in camerino, scrisse di getto le prime strofe di quella che suona come un'altra delle sue surreali filastrocche rimasta poi nell'immaginario collettivo come sinonimo di tempi brutti che si stanno vivendo.

Rascel Napoleone
 "È arrivata la bufera / è arrivato il temporale / chi sta bene e chi sta male / e chi sta come gli par", faceva il ritornello che il pubblico accolse con una risata generale e liberatoria, quasi a voler sdrammatizzare l'addensarsi sull'Europa di un nuovo conflitto bellico a cui le parole della canzone fanno riferimento neanche troppo velatamente.

Le macchiette che ha inventato fecero tutte centro: il Corazziere, il Gaucho, Napoleone. Preludio di una serie di interpretazioni cinematografiche di cassetta come "Rascel marine", "Rascel fi fi" e "Tempi duri per i vampiri" (Dracula cha cha cha, ricordate la canzone?).

Ma anche di pellicole grande spessore come "Il Cappotto" di Lattuada con cui vinse il Nastro d'argento o "Questi fantasmi" di Eduardo, o "Policarpo ufficiale di scrittura" di Mario Soldati.

Eppoi i Caroselli, i varietà del sabato sera (Studio Uno e Senza Rete), gli sceneggiati tv come negli anni 70 e 80 venivano chiamate le fiction, come i mitici Racconti di Padre Brown, tantissima Radio come la serie Gran Varietà e persino favole per bambini.

Nel suo "curriculum", decine di spettacoli tra prosa, da "Venti Zecchini d'oro" di Luigi Magni a "Finale di partita" di Samuel Beckett con Walter Chiari che fu l'applaudito l'addio alle scene, il canto del cigno di un attore maturo e capace di interpretare anche testi importanti.

Istrionico, anticonformista, dotato di una grande fantasia, era riuscito a fare della sua piccola statura un dramma di comicità, a lui si deve l'ispirazione dei grandi Garinei e Giovannini per creare le prime commedie musicali all'italiana.

il Piccoletto con Nannarella, Albertone e Totò alle Maschere d'argento

"Attanasio cavallo vanesio", che sarà la prima delle "favole musicali" scritte appositamente per lui da Garinei e Giovannini, a cui faranno seguito nel 1953 "Alvaro piuttosto corsaro" e nel 1954 "Tobia, candida spia".  

E poi negli anni successivi "Un paio d'ali" con Giovanna Ralli, "Enrico 61" ispirata al Centenario dell'Unità d'Italia e "Il giorno dellla tartaruga" con Delia Scala che ebbe un succeso strepitoso.

Nel 1970 Renato tiene a battesimo un giovane e promettente attore che diventerà anche lui un grande dello Spettacolo, Gigi Proietti. L'improvvisa defezione di Domenico Modugno nel nuovo musical con cui deve fare coppia, "Alleluja brava gente", porta alla ribalta lo sconosciuto ai più Proietti che lo sostituisce. E sarà un grande successo.

Vero e proprio animale da palcoscenico, Rascel era visto da maestri del calibro di Cesare Zavattini, Eduardo De Filippo, Franco Zeffirelli, Achille Campanile e Vittorio De Sica come un attore capacissimo, istintivo, poliedrico e molto popolare, un personaggio ingenuo con note grottesche.

"Ho cercato, innanzitutto, di crearmi una maschera, non tingendomi il volto, o annerendomi il naso, né volevo il successo puntando sulle gambe delle soubrette al mio fianco - aveva spiegato Rascel a proposito delle prime macchiette con cui sfondò negli anni prima della Guerra. - Volevo creare un personaggio concreto e nello stesso tempo sfasato nel linguaggio". 

 Renato e Giuditta Saltarini

Ed è il feeling con il pubblico, sorpreso da questa comicità nuova e apparentemente insensata a rendere Rascel da subito così amato. Vulcanico, dotato di una fantasia proverbiale, malinconico come tutti i comici e al tempo stesso allegrissimo, aveva una venerazione per Roma. 

Alberto Sordi lo considerava un capo scuola e un anticipatore "perché ha creato un tipo di comicità precedendo tanti altri attori in interpretazioni che oggi vengono definite demenziali o astratte, ma che all'epoca si sarebbero dovute considerare futuriste". 

Sposato con la soubrette Tina De Mola, poi nel '66 con la sua segretaria francese Huguette Cartier, si è legato succssivamente all'attrice e compagna di lavoro Giuditta Saltarini da cui ha avuto il figlio Cesare, brillante artista e musicista che insieme alla madre ha ideato il premio Renato Rascel.

Un riconoscimento intitolato al piccolo grande uomo dello Spettacolo italiano di cui si sente enormemente la mancanza e che dovrebbe essere studiato nelle accademie e nei talent per essere di esempio a chi si volesse avvicinare a un mondo meraviglioso e ad una professione che regala emozioni e felicità. 

Quello che faceva Renato Rascel.


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