sabato 23 agosto 2025

Rita Pavone 80 anni cantando

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Una nuvola di capelli rossi, le lentiggini sul volto, due occhioni da cerbiatto e tanta grinta da vendere, così Rita Pavone esplose nel mondo dello Spettacolo nei favolosi anni Sessanta diventando uno degli artisti più amati di sempre. 

Oggi Pel di carota raggiunge un traguardo importante, compie 80 anni, 80 anni in musica e di musica, 80 anni cantando con quella voce potente da soprano e al tempo stesso melodiosa che l'ha resa celebre in tutto il mondo.

Una carriera incredibile la sua, iniziata dalla gavetta e che successo dopo successo l'ha portata ad esibirsi in tutti i palcoscenici più prestigiosi di ogni continente, l'unica italiana ad essere stata invitata per ben 5 volte al mitico Ed Sullivan Show che ad ogni trasmissione paralizzava l'America intera davanti il televisore.

Rita con Ed Sullivan

"Sono fiera di me stessa, sono arrivata sino a qui da autodidatta -   ha raccontato Rita- dopo la quinta elementare sono andata a lavorare in una camiceria, ho studiato da sola, ho cercato di capire come andava la vita. E pensare che quando ero molto giovane, alle prime interviste facevo rispondere Teddy Reno perché avevo paura di dire castronerie...".

Aveva 17 anni appena compiuti quando vinse nel 1962, la prima edizione della Festa degli sconosciuti di Ariccia che le procurò subito il primo contratto discografico con la Rca. Di lì a poco il primo disco, La Partita di Pallone, non c'era neanche la foto sulla copertina ma fu ugualmente boom.

Fu chiamata così da debuttante ad Alta Pressione condotto da Walter Chiari e Renata Mauro sulla neonata Rai2 insieme a un altro ragazzino terribile, quel Gianni Morandi da Monghidoro che sarebbe diventato anche lui un numero uno per il pubblico giovanile. 

Rita e Gianni

Già animale da palcoscenico nonostante la giovane età fu  chiamata poi da Antonello Falqui a partecipare e condurre programmi entrati nella storia della tv che tutta l'Italia seguiva il sabato sera, show come Studio Uno di Mina e soprattutto Stasera Rita che la leggittimò come artista completa.

Simpatica, vulcanica, irresistibile la ragazzina di Torino che incantava tutti iniziò a inanellare una serie di brani strepitosi che scalavano subito le classiche, 45 giri come Alla mia età, Sul cucuzzolo, Come te non c'è nessuno, Il ballo del mattone, Datemi un martello, il Geghegè, Non è facile avere 18 anni e la meravigliosa Cuore, divenuta la sua signature song, il cavallo di battaglia, il marchio di fabbrica di una grande artista.

Nel 1964 ecco Il giornalino di Gian Burrasca tratto dal romanzo per ragazzi di Vamba e diretto da Lina Wertmüller, con musiche di Nino Rota orchestrate da Luis Bacalov e quella sigla, Viva la pappa col pomodoro, che divenne un hit internazionale. 

Il più grande successo 

E poi i musicarelli con Totò, Giancarlo Giannini. Giulietta Masina, la vittoria nel 1967 al Cantagiro con Questo nostro amore, i film Little Rita nel West con Lucio Dalla e la Feldmarescialla con Terence Hill.

Fondamentale il rapporto con Teddy Reno, patron della Festa degli sconosciuti, che divenne suo pigmalione che sposò nel 68 in Svizzera, tra le polemiche per la notevole differenza d'età (19 anni) e per il fatto che all'epoca Reno era già sposato civilmente con Vania Protti, dalla quale aveva avuto un figlio.

Con Teddy Rita ha avuto due figli, Alessandro (1969) e Giorgio (1974): "L'incontro con Teddy ha cambiato la mia vita ha dichiarato la cantante -, Siamo sposati da 57 anni viviamo per noi e per i nostri figli, non potevo aspettarmi niente di meglio".

Teddy e Rita

Rita ha sempre continuato la sua attività artistica anche dopo il lungo boom degli esordi e se pur lontana dai riflettori della tv che danno quella visibilità che sembra fondamentale ma in realtà non lo è.

Ha mantenuto la barra dritta dopo l'avvento dei Cantautori che avevano rivoluzionato i gusti del pubblico, incidendo dischi, avviando tournée e tenendo concerti, restando sempre se stessa.

Una donna di carattere che ha superato brillantemente l'operazione al cuore nel 2005 che l'aveva fermata, sembrava, per sempre. Del resto il suo motto è sempre lo stesso, alzare l'asticella e guardare avanti, senza autotune e intelligenza artificiale, ovviamente circondata dagli affetti più cari. Auguri Pel di carota!  





giovedì 21 agosto 2025

Chinaglia in copertina

 di FRANCESCO TRONCARELLI 

È una chicca. Il "mondo" che ruota intorno a Giorgio Chinaglia non finisce mai di stupire. A distanza di anni e senza soluzione di continuità, come un coniglio dal cilindro di un prestigiatore, escono fuori sorprese e inedite  testimonianze.

Ad arricchire le memorabilia che riguardano Long John ecco ora l'originale della copertina per la rivista Il Monello n.45 del 1972,  realizzata dall'illustratore Walter Molino.

Raffigura l'immagine di Giorgio in azione, una posa plastica e in movimento che "fotografa" appieno la grinta del calciatore laziale più amato di sempre. Non a caso idealizzato come "grido di battaglia" dalla gente laziale.

Un vero e proprio esercizio di virtuosismo da parte di Walter Molino, illustratore e pittore famoso in tutto il mondo che, fra i tanti lavori ed opere realizzate, disegnò per trent'anni le copertine della Domenica del Corriere.

Fotonotizie col pennello e le matite che mettevano in primo piano l'argomento del giorno e che catturavano l'interesse dei lettori. Una su tutte entrata nella storia del giornalismo in occasione della morte di Coppi: il Campionissimo del ciclismo saluta il pubblico e il suo passaggio sulla terra.

Un campione dell'illustrazione per un campione del calcio quindi, un connubio fra due numeri uno che alla resa dei conti si rivela esplosivo per il risultato e che regala emozioni forti. Proprio perché ottenuto con un disegno.

La copertina del Monello è caratterizzata così da un grande dinamismo nella posa del calciatore e gli sfondi e i colori sono vividi e decisi, quasi fanno emergere un contrasto tra l'energia di Long John e il contesto. 

Il tratto di Molino è preciso, ma anche fluido, e riesce a trasmettere a chi guarda un senso di movimento che sarà proprio l'elemento caratteristico delle sue copertine e quel "CHINAGLIA CARICAA!!" è la sintesi del tutto






martedì 19 agosto 2025

Quel provino di Baudo alla Rai

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Il più grande di tutti. Presentatore senza pari ma anche one man show capace di cantare, suonare e recitare come spalla a fianco di attori e dive fra i più conosciuti e personaggi dello Spettacolo internazionale.

Questo è stato Pippo Baudo. Un artista nel vero senso della parola capace di cambiare il suo ruolo sul palco o davanti una telecamera in considerazione di situazioni, sketch e avvenimenti.

Ma non è stato sempre così. Ci sono voluti anni perchè Baudo Giuseppe da Militello in Val di Catania divenisse Pippo Baudo l'uomo che ha ridisegnato la televisione a sua immagine e somiglianza.

In questo contesto di chiara fama desta curiosità l'esito del provino che lo sconosciuto laureato in legge siciliano con la passione per la musica, sostenne nell'aprile 1960 presso gli studi Rai di Milano.

"Baudo Giuseppe di anni 24

Fantasista

Buona presenza 

Buon video

Discreto nel canto

Suona discretamente il pianoforte

N.B Può essere utilizzato per programmi minori".

Questo il giudizio di Antonello Falqui e Lino Procacci, due registi e autori che hanno fatto la storia dell'Ente di stato con programmi come il Musichiere, Canzonissima, Studio Uno, Campanile sera e Chissà chi lo sa?.

Nella ventina di minuti di audizione i due esperti che vagliavano gli aspiranti a un posto al sole stilano in poche righe, come si usava in questi esami, quello che hanno visto e intravisto nel pennellone venuto dalla Sicilia.

Pippo Baudo entra in Rai

Qualcuno a una prima lettura della loro valutazione, ha colto un giudizio negativo da parte degli esaminatori e addirittura una clamorosa mancanza di fiuto. Quasi una bocciatura.

Una sensazione dovuta alla immensa storia che Baudo ha costruito in televisione. Certo. Ma dopo quel provino. Falqui che tra l'altro ha contribuito a fare diventare Mina un mito e il sodale Procacci che con Luciano Rispoli si occupava proprio di debuttanti con quelle poche parole lo avevano promosso.

La chiave interpretava è tutta in quel N. B. in cui lo segnalano per programmi minori. Come dire, è bravo, disinvolto, si sa muovere perciò può iniziare dalla gavetta per costruire la sua carriera.

Questa interpretazione peraltro me la confermò lo stesso Baudo tra un aneddoto e l'altro quando lo ebbi ospite a Radio Italia Anni 60 nel programma che conducevo con Simone Conte e Luca Mecaccioni con la regia di Chiara Proietti. 

Baudo a Settevoci con l'applausometro

Baudo poteva fare TV ma era pur sempre un esordiente e un debuttante privo di esperienza sul campo e solo con spettacoli tra il varietà e il teatro serio con l'amico Tuccio Musumeci alle spalle con trecento persone ad ascoltarlo. Qui si trattava di milioni di spettatori sulle spalle di un ventiquattrenne.

Alla prima occasione perciò in linea con la sua preparazione, Pippo venne chiamato. A lui che era laureato in Diritto del lavoro, fu affidata un'inchiesta sui nostri emigranti, sulle loro condizioni di vita all'estero, in Africa come nelle casette vicino le miniere in Belgio. Intervistò anche il padre di Adamo il cantante de La Notte, che era emigrato in Belgio con la famiglia. Uno scoop per un novellino.

Seguirono le presentazioni di concorsi di bellezza e manifestazioni musicali come la Conchiglia d'oro, il festival di Napoli, Primo piano, Un disco per l'estate tutte prove rouscite che costruirono tassello dopo tassello, programma dopo programma la sua popolarità e carriera sino al boom di Settevoci.

Format inventato da lui che in anticipo sui tempi metteva in competizione come in un talent cantanti secondo i gusti del pibbluco in studio rilevati da un Applausometro. E tutti quelli che dopo saranno dei nomi passano in quegli anni da lui: Massimo Ranieri, Al Bano, Marisa Sannia, Orietta Berti, Mario Tessuto, Franco IV e Franco I.

Pippo interrompe Armstrong al festival

Ci siamo. Ora Pippo Baudo è pronto a diventare veramente Pippo Baudo e lo dimostra quando la Rai gli affida le redini di Sanremo 1968, un Festival in salita già in partenza perchè successivo a quello della morte di Luigi Tenco.

E lui lo domina con eleganza e classe da vendere e soprattutto prontezza d'esecuzione e riflessi come l'episodio della interruzione dell'esibizione di Louis Armstrong confetma: il trombettista non conoscendo le dinamiche festivaliere stava trasformando l'interpretazione di Mi va di cantare in una jamsession di oltre 8 minuti

L'apoteosi la serata finale quando proclama il grande Sergio Endigo vincitore della kermesse insieme al brasiliano Roberto Carlos con Canzone per te. Lui è felice sul palco con loro, bersagliato dai flash dei fotografi e sommerso dagli applausi dei presenti nella sala delle feste del Casinò. 

Sono passati otto anni da quel provino, da esordiente in panchina della televisione italiana è diventato rete dopo rete, campione d'Italia nella serie A di Mamma Rai. È diventato veramente Pippo Baudo quello che poi abbiamo applaudito tutti.

Pippo vince Sanremo 1968



domenica 17 agosto 2025

Addio Pippo Baudo

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Era l'ultimo dei grandi, l'ultimo di quel ristretto numero di professionisti che partiti dalla gavetta avevano scalato tutti gli scalini del successo per arrivare in cima diventando così dei mumeri uno.

Artisti come lui Corrado, Mike, Raimondo, personaggi mitici che  hanno segnato la nostra cultura, la nascita della Televisione e la crescita del Bel paese. 

Pippo Baudo era la televisione perché da Settevoci in poi aveva confezionato una serie di programmi (Canzonissima, Domenica in, Fantastico) in cui si era occupato di tutto per regalare al pubblico emozioni e divertimento..

Tredici edizioni di Sanremo come direttore artistico e presentatore entrate nella storia del pop per il lancio di nuovi artisti e di canzoni indimenticabili sono numeri che nessuno ha eguagliato nella qualità e quantità. 

Ti ho inventato io diceva con orgoglio a tutti quelli che erano riusciti a trovare un posto al sole nel mondo dello spettacolo. Ed era vero perchè li aveva tirati fuori dal cilindro dell'anonimato proprio lui. 

Accentratore ma attento ai suggerimenti dei suoi collaboratori, Pippo sapeva suonare il piano e capiva di musica e questo gli permetteva di capire subito chi funzionava e chi si arrangiava. 

Lo avevo conosciuto e intervistato ai miei inizi da giovane giornalista, da ultimo arrivato, ma lui mi accolse come se ci conoscessimo da sempre. E fu una chiacchierata indimenticabile.

Laureato in legge per far contento il padre avvocato siciliano tutto d'un pezzo, Baudo era un uomo intelligente e colto, affabile e dal fiuto infallibile. 

Era Pippo Baudo il piu grande, la televisione in persona, lo spettacolo quello vero. Sapevo che stava male e che aveva delle difficoltà, ma c'era, era lì. come un totem a cui aggrapparsi in attesa di tempi migliori per la Tv.

Ora che non c'è più si sente la sua mancanza terribilmente perchè finisce un mondo. Fatto di buongusto, eleganza e competenza. Solo Pippo Baudo poteva morire in prima serata il sabato sera, un'uscita di scena da applausi. Grandissimo Pippo l'Italia ti ha voluto bene e ora ti piange...



Rita Pavone 80 anni cantando

  di FRANCESCO TRONCARELLI Una nuvola di capelli rossi, le lentiggini sul volto, due occhioni da cerbiatto e tanta grinta da vendere, così R...