martedì 9 febbraio 2021

Sanremo 1981, un festival di successi

di FRANCESCO TRONCARELLI

Non sempre Sanremo è all'altezza delle aspettative. Ci sono le annate sì e quelle no, come per il vino, tutto dipende dalla raccolta e quella dell'edizione del 1981 è stata senza dubbio una delle migliori, con una "raccolta" di proposte straordinaria.

Quel festival infatti lanciò delle canzoni entrate nella storia del nostro pop e diventate dei successi internazionali, circostanza questa che si era verificata principalmente e soprattutto negli anni Sessanta e raramente nelle edizioni degli anni successivi.

Brani che 40 anni dopo il loro debutto sul palco dell'Ariston, mantengno tuttora la loro freschezza e sono ancora popolarissimi, diventando così dei pezzi senza tempo, buoni per tutte le occasioni e sempre attuali.

Ci riferiamo ad "Ancora" di Edoardo De Crescenzo, "Sarà perchè ti amo" dei Ricchi e Poveri, "Maledetta primavera" di Loretta Goggi e "Per Elisa" di Alice, con la chicca di "Gioca Jouer" di Claudio Cecchetto come jolly dei vari remix da discoteca

Sì fu un gran festival quello dell'81, musicalmente parlando e non solo. Innnazitutto perchè fu il primo dopo tante edizioni precedenti ad essere trasmesso per tutte le serate dalla Rai (5, 6 e 7 febbraio), poi perchè ottenne altissimi indici di ascolto e cosa non da poco, perchè fece vendere tanti dischi a tutti.

Organizzato dal patron Gianni Ravera, era presentato da Claudio Cecchetto, alla sua seconda conduzione consecutiva, con a fianco Eleonora Vallone e Nilla Pizzi versione madrina per il trentennale di Sanremo.

             Alice vincitrice del Festival con Cecchetto Nilla Pizzi e la Vallone
 

Lo vinse Alice, pupilla di Franco Battiato che insieme a lei e a Giusto Pio scrisse "Per Elisa", e tra le altre canzoni che ebbero un ottimo riscontro "Caffè nero bollente" della Mannoia non ancora numero uno come ora e "Non posso perderti" del sempreverde Bobby Solo. 

Ancora "Roma spogliata" di Luca Barbarossa e quella di Dario Baldan Bembo, autore delle musiche di grandi successi del passato, tra i quali "Amico" di Renato Zero e "Minuetto" di Mia Martini. Il suo "Tu cosa fai stasera" da lì diventò un inno alla bella canzone italiana con quella rima sul “gabbiano di scogliera” rimasta nella memoria collettiva.

Quarant'anni fa andava in onda così uno dei weekend più importanti nella storia di Mamma Rai, ovviamente per i suoi aspetti più deliberatamente pop e che avrebbe dato il via ad una lunga scia di interesse per questa manifesatzione che ha inciso nel costume, che sarebbe arrivata ai giorni nostri.

Era la seconda giovinezza anni '80 di Sanremo, che dopo i terribili anni Settanta sembrava ormai un reperto archeologico. Fu merito di Ravera, che assicurata la diretta coinvolse maggiormente il pubblico nei meccanismi di voto e soprattutto scelse buone canzoni e altrettanto validi interpreti.

Con uno sguardo anche agli artisti internazionali: al Casinò di Sanremo si esibirono infatti tra gli altri il re delle discoteche Barry White e i Dire Straits che, sia pure in playback, entusiasmarono il pubblico con gli otto minuti di "Tunnel of love". Vediamo allora in dettaglio questi brani che hanno compiuto 40 anni.

Dire Straits a Sanremo

Fino al 1980 il Festival di Sanremo non aveva mai avuto una sigla televisiva d'apertura. L'idea viene a Claudio Cecchetto, disc-jockey veneziano che ha sfondato nella Milano da bere e talent scout (Fiorello, Amadeus) che da qualche mese è approdato in RAI come conduttore di Discoring, programma musicale di successo della domenica pomeriggio. 

Lui è al timone del Festival con la figlia degli attori Raf Vallone ed Elena Varzi, Eleonora, che non troverà molto spazio in conduzione e passerà alla storia soprattutto per mise svolazzanti che lasciano poco spazio all'immaginazione dei telespettatori e che finiscono immortalati su tutta la stampa scandalistica dell'epoca, con tre decenni d'anticipo su Belen Rodriguez e la sua farfalla.

Su musiche di Claudio Simonetti che giocano con i synth, il sax (dilagante nella musica anni Ottanta) ma anche con le più tradizionali tarantelle, il "Gioca Jouer" si basa su un'idea semplice e per questo micidiale, ovvvero il balletto di accompagnamento al testo. 

Non è una vera e propria coreografia, ma una serie di semplici riproposizioni di gesti quotidiani (bacio, dormire, autostop) alla portata di tutti. Diventerà uno dei simboli musicali di quegli anni che Roberto D'Agostino definirà dell'Edonismo reaganiano, un successo all'insegna di uno spensierato disimpegno come reazione alla cupezza degli anni di piombo.

Occhiali con montatura spessa, look impiegatizio, il debuttante Edoardo De Crescenzo da Napoli invece, non sembra possedere il phisique du rôle necessario per sfondare sulla scena musicale. Non è mai andato in televisione ed è in pratica uno sconosciuto.

Eppure appena partono le prime note del brano, " È notte alta e sono sveglio, Sei sempre tu il mio chiodo fisso, Insieme a te ci stavo meglio, E più ti penso e sono sveglio...", tutta L'Italia capisce che non

dimenticherà facilmente "Ancora" (testo di Franco Migliacci su musica di Claudio Mattone), una ballad coinvolgente che cattura raccontando in un crescendo di acuti di un amore finito per volontà di lei, con lui che non si dà pace. 

“La mattina dopo l'esibizione al festival, uscii dall'albergo per andare a comprare giornali e sigarette”, ricorderà De Crescenzo qualche anno dopo, “ma dovetti tornare indietro di corsa, inseguito da una folla di persone che non conoscevo, i fan”. 

De Crescenzo ex bambino prodigio e virtuoso della fisarmonica, si piazzerà fuori dalla top ten, ma si aggiudicherà il premio per la miglior interpretazione assegnato da una super-giuria presieduta da Sergio Leone.

Svolterà anche dal punto di vista economico, considerato che quel brano divenuto popolarissimo, è la sigla del programma di Gigi Marzullo destinato al pubblico degli insonni e garantisce ai suoi autori e a lui che lo ha interpretato, una rendita fissa da anni.

 

Il quartetto genovese dei Ricchi e Poveri lanciato da Califano aveva già avuto enorme successo nel decennio precedente con pezzi famosissimi come "La prima cosa bella" o "Che sarà" che avevano spalancato loro le porte della ribalta internazionale, facendoli diventare una specie di ABBA in salsa italiana. 

Ma a Sanremo 1981 si presentano a sorpresa in tre, adducendo problemi di lombalgia per motivare l'assenza della bionda Marina Occhiena, con la “brunetta” Angela Brambati unica presenza femminile accanto a Franco Gatti e Angelo Sotgiu. 

Pochi giorni prima del Festival però Marina si presenta in tribunale e chiede di essere riammessa, venendo reintegrata dal pretore e raggiungendo la compagnia durante le prove, qualche ora prima di trovare un accordo privato economico con il resto del gruppo, che consente ai tre di salire poi sul palco dell'Ariston.

La verità si conoscerà solo tempo dopo. Dissidi di natura sentimentale con Angela, avevano spinto la Occhiena ad andarsene, una scelta che si rivelerà non proprio oculata dato il successo internazionale del gruppo, proprio in virtù del brano sanremese scritto da Pupo con Daniele Pace e Dario Farina, quinto nella classifica finale ma venduto in tutto il mondo.

Si dovrà attendere Sanremo 2020 per vedere ed ascoltare di nuovo insieme i Ricchi e Poveri nella formazione originale a quattro, una reunion accolta favorevolmente dal pubblico.

30 anni, artista versatile e poliedrica, celebri le sue imitazioni di Mina e Ornella Vanoni, Loretta Goggi è sulla breccia già da fine anni Sessanta, come giovane protagonista accanto ad Aldo Reggiani dello sceneggiato televisivo "La freccia nera". La sua carriera musicale è decollata negli anni Settanta, da sola con il brano "L'aria del sabato sera" o in coppia con la sorella Daniela con cui aveva formato il duo delle Hermanas Goggi. 

Il suo esordio sanremese arriva sulle musiche di Amerigo Cassella e sul testo di Totò Savio, uno dei più prolifici compositori e parolieri della storia italiana (sono sue "Cuore matto", "Erba di casa mia", "Vent'anni", "Una rosa blu", per citarne alcune) e famoso anche per essere uno dei fondatori degli Squallor.

Versi audaci per l'epoca come “che resta di un sogno erotico se/al risveglio è diventato un poema?” sono l'antipasto per un ritornello di facile presa esaltato dalle doti vocali della bionda Loretta, che diventa subito popolarissimo. 

La canzone arriverà seconda con tanto di lacrime della Goggi in Eurovisione, ma le vendite del 45 giri raggiungeranno il vertice della Hit parade italiana piazzandosi poi nelle classifiche di mezza Europa, oltre ad essere oggetto di cover in inglese, francese, spagnolo, tedesco e persino finlandese. 

"Maledetta primavera" diventerà anche un coro da stadio lanciato nel 1985 dalla curva dell'Hellas Verona poi ripreso da altre tifoserie.

Ma la vincitrice di Sanremo 1981 è la forlivese Alice, al secolo Carla Bissi, che dopo una gavetta con alterne fortune, esplode grazie proprio a quel festival e inizia una carriera di grande successo quasi più all'estero che da noi. 

Una interprete raffinatissima, amante della sperimentazione, il cui sodalizio artistico con Franco Battiato produrrà gemme come " I treni di Tozeur" peraltro scartata per il Sanremo del 1984. 

Nell'edizione di 40 anni fa, presentava "Per Elisa", citazione di Beethoven nel titolo, ma brano che parla di una storia d'amore con il classico tema del triangolo dalla parte della donna tradita "Non è nemmeno bella...". 

Una canzone anti-sanremese, senza un vero ritornello né un momento di decollo come prevede la tradizione festivaliera, ma proprio per questo perfettamente in tono con un'edizione memorabile e di rottura col passato, che rilanciò il marchio di Sanremo in tutto il mondo. E scusate se è poco.

 

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