venerdì 4 dicembre 2020

Maradona, quella volta che cantò "A chi"

 di FRANCESCO TRONCARELLI

 


C’è stato un mondo capovolto, sconosciuto ai più, in cui il calciatore più famoso del pianeta inseguiva Fausto Leali, facendo di tutto per poterlo conoscere di persona. Ma non solo. Chiedendogli addiritttura una foto insieme. 

Una foto ricordo, perchè una volta i selfie non esistevano. E la chiedeva Maradona a Leali non il contrario come tutti i comuni mortali facevano quando lo vedevano. Una cosa incredibile ma assolutamente vera. 

Galeotta di questo incontro fortemente voluto da El Diez, una canzone, "A chi", sicuramente il brano più famoso dell'artista bresciano, che era diventata a sorpresa la sigla di una telenovela sudamericana trasmessa in Argentina che il giovanissimo Dieghito seguiva e cantava.  

Quando El Pibe divennne un calciatore affermato e sbarcò in Italia nel 1984, Fausto attraversava un periodo di bassa popolarità, ma si rilanciò nell'87 con la partecipazione a Sanremo con il brano "Io amo". Maradona che del festival era uno spettatore appassionato, impazzì nel vederlo. Conosceva la voce ma non l'aveva mai visto e lo volle incontrare.

I due si conobbero così a Napoli dopo un concerto: “A fine serata mi avvicinarono due persone, una era Gullermo Coppola il suo manager e mi dissero che il calciatore voleva incontrarmi. L’indomani mattina vennero a prendermi e mi portarono a casa sua a Posillipo. 

"Lui non c’era, era ad allenarsi. In una stanza c’era un palchetto con strumenti, a Diego piaceva fare il karaoke- ricorda l'artista - . Quando rientrò e accese la luce, io attaccai "Tu solamente tu..." e lui impallidì dall’emozione per la sorpresa, gli si illuminarono gli occhi, ci abbracciammo e poi mi chiese di fare una foto insieme“.

Nacque quindi un'amicizia, così speciale, che Maradona lo volle tra gli invitati al matrimonio con Claudia Villafanes a Buenos Aires nel 1989. Nozze da film con una schiera di Vip presenti. Nozze spettacolari ma anche sconfinanti nel trash. Maradona aveva affittato un jumbo 747 per trasportare tutti gli invitati italiani. 


Un aereo da 300 posti che aveva due piani: al superiore lui, Claudia e i famigliari, una dozzina di persone. Sotto la prima classe e la business con alcuni calciatori e tifosi del Napoli, il presidente Ferlaino e altri amici italiani. L'aereo partì mezzo pieno e si riempì definitivamente a Barcellona, dove fece tappa per accogliere gli altri ospiti.

Gli unici due musicisti invitati, furono Leali e Franco Califano, nessun altro. Arrivati nella capitale argentina, gli "europei" vennero tutti accompagnati con delle limousine in un ristorante enorme alle porte della città. 

Li aspettava l'asado (il piatto tipico locale a base di carne), tanta allegria e confusione mista ad euforia. Il giorno dopo c'era il matrimonio. Arrivare alla cattedrale del Santisimo Sagramento fu un'impresa, tutta Buenos Aires era per strada per salutare Diego, il corteo si fece strada a fatica tra due ali di folla. 

Nella chiesa c'erano 200 musicisti e 200 coristi che dopo l'Ave e Maria, suonarono la Nona di Beethoven, gli invitati erano tutti in smoking, Claudia era vestita dalla stilista Elevira Serrano. 

Quando dopo il "sì" iniziò il banchetto, ci fu l'apoteosi per il "negro bianco" della canzone italiana, come veniva chiamato Faustone quando il politicamente corretto non si sapeva cosa fosse.

Il ricevimento si svolse al "Luna Park", il palazzo dello sport che aveva visto i concerti di Frank Sinatra e Liza Minnelli e l'incontro di Papa Giovanni Paolo II con i giovani del Sud America, trasformato in un fastoso salone da grande albergo, con quattro palchi. Uno per orchestra.

C'era quella sinfonica, l'orchestra pop, un quartetto d'archi e un'orchestra tipica sudamericana. Al tavolo degli sposi, con i famigliari, siedeva anche il Presidente dell'Argentina Menem. Ovviamente erano presenti le televisioni di tutto il mondo.

La sposa raggiante sfoggiava una tiara di perle e diamanti, la torta di otto piani arrivò trasportata da dieci persone. E dopo il taglio della torta arrivò il momento dei canti e dei balli. Fu lì, che Diego, neo sposo raggiante, chiamò al proscenio "il grande cantante italiano Fausto Leali", per cantare insieme a lui il brano della sua giovinezza.


Riflettori puntati sul palco, Diego microfono in mano e il volto incorniciato dal sudore da un lato, Leali al centro della scena teso e concentrato come una corda attacca con l'urlo possente della sua voce roca "Aaaaaaaaa...." seguito al volo dal Pibe che risponde "a chiiii..." e parte la musica. Fidel Castro applaude, Berlusconi leva in alto la coppa di champagne, Califano ride sornione. Un trionfo.  

A più di 20 anni dalla sua incisione, quella canzone che aveva dato la meritata popolarità a Fausto Leali dopo anni di gavetta lanciandolo verso una grande carriera arrivata sino ai giorni nostri, viveva improvvisamente di una nuova popolarità grazie a Diego Armando Maradona. 

E pensare che quando uscì "A chi” prima di diventare uno dei brani più conosciuti del songbook tricolore, ha dovuto faticare non poco, per niente considerata come era dai suoi stessi discografici della Ri-Fi con in testa il manager Tonino Ansoldi, che puntavano su altri pezzi.

Fu Gerry Bruno dei Brutos a suggerire all'artista bresciano di inciderla, dopo aver ascoltato a Parigi la versione in originale intitolata “Hurt” cantata da Timi Yuro. Con Pino Braggi, il chitarrista del suo gruppo, Leali buttò giù il testo della sua “Hurt”, poi la incise col gruppo dei Novelty, che oltre a Braggi comprendeva Silvio Pesce, Gianfranco Raffaldi, Franco Piacibello e Delio Ombrella. 

E iniziò così il lungo e fortunato viaggio di "A chi", che dalla trasmissione di Renzo Arbore "Per voi giovani" arrivò in testa alla Hit Parade di Lelio Luttazzi e poi dall'altra parte dell'Oceano nelle case e nei locali argentini direttamente dal televisore, con un Maradona ragazzino in ascolto.

Eccola nella versione dell'epoca incisa con i Novelty


1 commento:

  1. Bravo Francesco che hai saputo descrivere benissimo la giornata ...Fausto Leali ha preso questo brano sicuramente dalla versione di Timi Yuro anche se il brano risale al 1954 e a lanciarlo fu Roy Hamilton lo stesdo di Unchained Melody sempre dello stesso anno

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