lunedì 24 febbraio 2025

Alberto Sordi, l'ultima apparizione

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Stanco, gli occhi velati di malinconia, le parole che scorrono con lentezza, Albertone in poltrona a casa sembra un altro. Improvvisamente scopri che quel vecchio zio di cui avevi un ricordo brillante è diventata un altra persona che il tempo ha fiaccato inevitabilmente.

Ma non era solo il naturale declino dovuto al passare degli anni ad offuscare quell'immagine solare e irresistibile del grande attore romano, c'era qualcosa d'altro e più serio. Alberto era malato e si stava consumando.

E ti si stringe il cuore nel vederlo così, fragile e indifeso, ma dignitosamente presente per dire, ci sono, eccomi nonostante tutto. Le immagini che lo raccontano così, furono girate per un videomessaggio che Sordi inviava ai presenti alla serata in suo onore organizzata all'Ambra Jovinelli il 17 dicembre del 2002.

Accusando una generica indisposizione che gli impedisce di muoversi, Sordi si rammarica di non essere lì in quello storico teatro che lo aveva visto negli anni della giovinezza protagonista indiscusso di varietà di successo. 

"Se non faccio il saltino, la gente non mi identifica come Alberto Sordi" dice sorridendo, un modo per sviare l'attenzione di chi guarda dal suo stato così insolito nell'insieme e dall'ambientazione casalinga.

Fa tenerezza Alberto e ripensando a come è si è chiusa la sua vicenda umana, ti viene un groppo alla gola. Le parole con cui termina l'intervento e in cui ribadisce di aver dato tutto se stesso al pubblico, sono il suo testamento spirituale e artistico.

Sapeva che sarebbe finita e salutava chi lo aveva amato e applaudito per una vita intera. Quell' "Addio..." finale pronunciato a tutta voce, è un congedo da pelle d'oca che ti entra dentro e ti avvilisce. Non ci sarà tempo per dirgli grazie. Due mesi dopo Albertone ci lascerà per sempre...

domenica 23 febbraio 2025

Addio Gianni Pettenati

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Sì, questa sera è festa grandeNoi scendiamo in pista subitoE se vuoi divertirti vieni quaTi terremo fra di noi e ballerai
Finché vedraiSventolar bandiera giallaTu saprai che qui si ballaEd il tempo volerà

 

Da tempo non scriveva più sulla sua pagina Facebook, i suoi amici lo avevano notato ma continuavano a salutarlo in attesa di poterlo leggere di nuovo. Il rapporto quotidiano fatto di pensieri da condividere, consigli da accettare e ricordi indimenticabili mancava a tutti.

Molti avevano capito che c'era "qualcosa" che non andava bene, ma nessuno si spingeva oltre il saluto e le classiche frasi di circostanza per pudore e per rispetto di un'amicizia seppur virtuale, molto sentita. Così quando ieri sera prima di mezzantte è arrivata la notizia lo scoramento è stato tanto.

Gianni Pettenati è morto, che dolore. Il nostro Gianni non c'è più. Addio grande Gianni. Ora nel paradiso degli artisti mille bandiere gialle sventoleranno per te. 

Aa annunciate ls scomparsadare la figlia Marialaura che ha scritto un post sui social semplice ma pieno di amore: "Nella propria casa, come voleva lui, con i suoi affetti vicino, con l'amore dei suoi figli Marialaura, Samuela e Gianlorenzo e l'adorato gatto Cipria, dopo una lunga ed estenuante malattia, ci ha lascito papà. Non abbiamo mai smesso di amarti. Ti abbracciamo forte".

Gianni Pettenati era nato a Piacenza il 29 ottobre del 1945, è stato uno dei cantanti più noti degli anni Sessanta e Settanta, ma anche un critico musicale per riviste come Rolling Stone e Muzak, un autore di testi teatrali e di numerosi libri sulla storia della musica leggera italiana. 

A sei anni aveva vinto un concorso canoro e a otto anni iniziato gli studi musicali, poi da ragazzo aveva fatto parte della filodrammatica comunale di Piacenza recitando Pirandello, ma è con la musica che Pettinati è diventato famoso. 

Debutta nel 1965 vincendo il Festival di Bellaria e si unisce subito dopo agli Juniors diventandone il frontman cosi nel 1966, accompagnato dal suo gruppo,  incide il primo 45 giri, una cover di "Like a Rollin' Stone" di Bob Dylan intitolata "Come una pietra che rotola".

Quel brano con cui si fa subito notare è l'apripista di una una fortunata carriera che spicca il volo subito dopo col secondo disco che incide, "Bandiera Gialla", versione italiana di "The pied piper" che diventerà un vero e proprio inno generazionale grazie al testo di Nisa e Alberto Testa e col tempo un evergreen del nostro pop.

Biondo, col riccio ribelle e un sorriso contagioso, giubbotto di pelle e jeans stretti Gianni diventa improvvisamente il golden boy della canzone italiana ed anche un simbolo per tanti giovani che attraverso le sue canzoni sognano un mondo migliore

Partecipa al festival di Sanremo del 67 con "La rivoluzione", a Un disco per l'estate con "Io credo in te", al Cantagiro con "Un cavallo e una testa" (scritta da Paolo Conte) e a Scala reale in squadra con il vincitore di quell'anno, Claudio Villa ed con Iva Zanicchi, battendo Gianni Morandi, Sandie Shaw e Dino. 

Nel 1968 insieme ad Antoine entra in finale al festival di Sanremo con "La tramontana", brano allegro e trascinante che diventa un cavallo di battaglia del suo repertorio insieme a "Cin cin" (di Richard Anthony) e "I tuoi capricci" (di Neil Sedaka).

Con l'avvento dei cantautori, come molti suoi colleghi, risente del cambiamneto dei gusti del pubblico, ma non si arrende nè scompare come tanti. Appassionato di scrittura e filosofia, inizia a scrivere libri sulla storia della musica leggera italiana tra cui Quelli eran giorni - 30 anni di canzoni italiane, insieme con Red Ronnie, Gli anni '60 in America e i vendutissimi Mina come sono e Io Renato Zero.

Gianni e Carmen Villani

"Spesso rivedo Mal, i Dik Dik, Renato dei Profeti, ma più che delle persone ho nostalgia del tempo in cui, come direbbe Fossati, la musica ci girava intorno" aveva dichiarato in una intervista -. "Ho avuto grandi occasioni. Dovevo essere io a cantare “4 marzo '43”  in coppia con Lucio Dalla, avevo inciso anche il provino, ma i dirigenti della Fonit Cetra subirono molte pressioni e a Dalla affiancarono l’Équipe '84. Una grande occasione persa, quella, in una vita che vivo senza rimpianti, felice della mia famiglia".

Sedicesimo figlio di un loggionista del Regio di Parma, si era approcciato alla musica grazie ad Elvis Presley. Degli taliani apprezzava molto Modugno e Paoli "due fuoriclasse" e i vari Gaber, Endrigo e Bindi, artisti diversi dal genere beat con cui si era imposto ma che la dicono lunga sui suoi gusti musicali e le sue frequetazioni artistiche.

Autore di testi teatrali, conduttore radiofonico e appassionato di filosofia, Pettenati dopo il momento magico ha continuato a lavorare e a studiare laureandosi in Pedagogia e anche ha aperto a Milano una liberia “Fata & Celeste”, con testi dedicati all'infanzia.

Voce calda e possente, aveva ricevuto il più bel complimento al suo modo di cantare da un numero uno internazionale, Paul Anka, che ascoltandolo a Radio America nel programma condotto da Renzo Arbore mentre interpretava "My Way" di Frank Sinatra, scrisse entusiasta una mail al sito dell'emittente  invitandolo a un suo show.

Non guardava il passato nè viveva di rimpianti, pensava al futuro e credeva nei valori più importanti della vita, la famiglia e gli amici. Ora che ha finito di soffrire e riposa finalmente in pace sarà sicuramente felice nel vedere da lassù quanto gente lo ricorda con affetto.  Ciao Gianni la tua bandiera gialla sventolerà per sempre.

 



sabato 22 febbraio 2025

Lazio, come è triste Venezia. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

6 a Benigno Zaccagnini - Pareggiando coi lagunari nell'anticipo di sabato, la Lazio in realtà ha perso una grande occasione. Doveva vincere senza se e senza ma contro i penultimi in classifica giocando come sa e invece è apparsa timorosa, senza grinta, demotivata. Ha buttato il primo tempo e si è ripetuta nel secondo gettando così alle ortiche la possibilità di un allungo in classifica con tre punti fondamentali. Tra i pochi a salvarsi l'Arciere anche se non era in giornata. Come è triste Venezia cantava Charles Aznavour in tempi non sospetti. C'aveva visto lungo. Tristissima.

6 a Guendo è bello esse laziali - Ma se non spingi a tavoletta è na sofferenza vedere giocare questa squadra. Guendo riprenderanno a correre testa alta e palla al piede  come prima sarà guendissimo.

6 a Lisasken dagli occhi blu - un passo indietro rispetto le ultime prestazioni. Come Olly il vincitore di Sanremo che si è tirato indietro dall'Eurovision con la coda fra le gambe. Senza autotune è perso. 

6 a Viale dei Romagnoli. 13 Ostia e Gila il mondo gila (Jimmy Fontana, Cantagiro 1965) - Il minimo sindacale. Come Lipari e Friscia che con due battute hanno risollevato Striscia la notizia dalla conduzione flop di Greggio e Iachetti.

6 a che Dio ce la Mandas buona - Non era la partita questa per testarlo. Meglio una scapoli-ammogliati dove c'è sempre il Ciccio che s'inventa il tiro della domenica. E lì lo devi da parà. 

6 a Bela Janez! (Sandokan, Rai 1, con Kabir Bedi) - La corsa c'è pure la gamba, sperem ci sia il suo contributo per quagliare. Perché qui si naviga a vista.

6- a Somarusic - Non ha commesso errori nè cappellate. E questo è un dato positivo di per sè. Poi che non ha combinato niente come un Giletti quasiasi è un altro discorso. Amen. 

5 e mezzo a Lazzari alzati e cammina - ma cerca anche di fare un cross giusto. Mannaggia la pupazza. Sei al livello di Cattelan.  

5 e mezzo a Pedro Pedro Pedro Pè - Il miracolo non c'è stato. Come per la santona di Trevignano.

5 a senti che musica coi Tavares - Ha sbagliato strada. Era diretto al Carnevale si è ritrovato nello stadio. E pensare che mascherato da Fantasma era il top.

5 a Dio perdona - pure Dia. Un errore da principiante davanti la porta difesa da Radu. Roba che pure Enrico Toti l'avrebbe buttata dentro co tutta la stampella.

5- - a Pighin-Sanguin-Noslin - È come il programma di Gigi Marzullo, inutile. Solo che il programma del conduttore capelluto non lo vede nessuno mentre il nulla del capelluto giocatore lo vedono tutti. Dall'oroscopo di Branko la Luna consiglia, cambiare la lampadina nella abat jour che avete in testa. Hai visto mai si accendesse la luce. Sipario. 



lunedì 17 febbraio 2025

Piper, è qui la festa

 di FRANCESCO TRONCARELLI 

Fu una rivoluzione epocale. Cambiò tutto. Il modo di divertirsi, di incontrarsi, di ballare, di vestirsi. Soprattutto cambiarono i protagonisti. Non più i grandi, ma i giovani. Categoria fino a quel momento inesistente nel lessico della vita quotidiana e del tempo libero.

Non c’era un luogo di ritrovo per loro. Non era previsto. Esistevano, ma erano riservati ai grandi, i night club in centro e le balere in periferia, punto. I giovani erano relegati al bar con juke box e flipper e all’oratorio per giocare a pallone e, una tantum, nelle feste in casa del sabato pomeriggio sotto l’occhio vigile di genitori e nonni. Poi venne il Piper e la classe giovanile uscì la sera e andò in paradiso.

i giovani in pista

Era il 1965, un’altra Italia, dove si viveva in bianco e nero ma col boom economico al galoppo e il locale di via Tagliamento a Roma si appropriava della notte per dare il via a una rivoluzione musicale e culturale che non aveva precedenti e che avrebbe interessato media, istituzioni e sociologi. 

Musica e ballo venivano offerti a go gò agli under 21 (l’età in cui si era maggiorenni e si poteva votare), per la gioia dei maschi che iniziavano a farsi crescere i capelli e delle femmine che cominciavano ad accorciarsi le gonne. E così dall’apertura di quel 17 febbraio del 65 ad oggi, sono stati sessanta anni di feste e balli scatenati sulle note dei più famosi artisti italiani e internazionali.

serizio ai tavoli

Sei decenni in cui il Piper Club, storica discoteca ideata e lanciata da Alberto Crocetta (avvocato e manager discografico), Giancarlo Bornigia (concessionario d’auto) e Piergataneo Tornielli sulla scia dei ritrovi che impazzavano nella Swinging London, è stato il punto di riferimento di generazioni di ragazzi e ragazze di ogni ceto sociale e senza distinzione di sorta. Ma anche il ritrovo che ha fatto conoscere talenti e lanciato personaggi simbolo della musica italiana, cambiando il modo di vivere la notte.

L’ex garage del quartiere Coppedè, ristrutturato con pannelli, dipinti e opere d’arte di Claudio Cintoli, Piero Manzoni, Mario Schifano e Andy Warhol, avveniristiche, per quel tempo, luci strobosferiche e potentissimi amplificatori (altra novità assoluta) e balconi ai lati della enorme pista, divenne in poco tempo il tempio della beat generation italiana e una delle discoteche più importanti d’Europa. E, ad oggi, una delle più longeve, seconda solo all’altrettanto mitico Cavern di Liverpool che vide i primi gorgheggi dei Beatles.

Arbore, Dalida e Boncompagni ballano lo shake

Agli esordi, suonarono al numero 9 di via Tagliamento i migliori artisti di quel periodo, a cominciare dai complessi che rappresentavano il cambiamento musicale e di costume più marcato. C’erano i Rokes di Shell Shapiro con le loro chitarre a freccia e i rivali della Equipe 84 del Principe Maurizio Vandelli, i Primitives guidati dal bel tenebroso Mal

Ancora i New Dada del biondo Maurizio Arcieri, i Phenicians di Patrick Sanson, I Dik Dik, i Rokketti, i Giganti, le Pecore Nere, gruppi amatissimi dai giovani che sulla pista ballavano i loro successi al tempo di shake, il ballo che di per sé era già una rivoluzione (ognuno per conto suo a schema libero, agitandosi a più non posso) rispetto al tradizionale “ballo della mattonella” in coppia.

i Rokes sulla pedana

Ma si esibivano anche solisti come Caterina Caselli, Rocky Roberts, Ricky Shane, Rita Pavone, Dino, Wess, Gepy and Gepy, Nino Ferrer, Fred Bongusto seguiti negli anni dai vari Battisti, Mia Martini, Pooh, Ricchi e Poveri, Formula Tre, Orme e addirittura da artisti che lo avevano frequentato da clienti come Mita Medici, Romina Power, Renato Zero e la Bertè.

A questi è da aggiungere la presenza di interpreti della musica internazionale che hanno dato lustro al cantinone di via Tagliamento: nomi incredibili come quelli dei Pink Floyd, Jimi Hendrix, Procol Harum, Genesis, Sly and family Stone, David Bowie, Lionel Hampton, Duke Ellington, personaggi che sono entrati nella leggenda e che hanno sceso i trenta scalini più celebri delle notti romane per esibirsi in un ambiente unico e coinvolgente.

incredibile ma vero

Caso a parte e molto particolare, quello di Patty Pravo, che al Piper deve nome, primi successi e popolarità. Arrivata a Roma da Venezia diciassettenne, fu notata in pista da Crocetta che la trasformò da Nicoletta Strambelli, nella bionda minigonnata Patty Pravo, simbolo del locale (da allora “la ragazza del Piper” è il suo soprannome), facendole incidere il suo primo disco “Ragazzo triste”, cover di un brano di Sonny Bono col testo in italiano di Gianni Boncompagni, che sbancò la Hit Parade di Lelio Luttazzi avviandola verso una fortunata carriera arrivata ai giorni nostri.

Come il Piper che sessanta anni dopo la prima notte, è sempre lì, dopo aver continuato ad anticipare e cavalcare mode e modi nei successivi anni Ottanta e Novanta col mitico Mister Franz, quando era tutto rock, rap e dj set di giovani promettenti alla consolle diventati poi dei big come Jovanotti, Roberto D’Agostino, Marco Trani, Coccoluto, Fargetta e Linus, fino ai concerti di Paola & Chiara, Grignani, Niccolò Fabi, Tiromancino e tanti altri, dalla metà degli anni 2000.

Patty Pravo la ragazza del Piper

Per i suoi sessanta anni di onorata carriera, lo scrittore e filmmaker Corrado Rizza ha curato un libro che racconta attraverso testimonianze dei protagonisti e scatti d'epoca di un gigante del fotogiornalismo come Marcello Geppetti, quella stagione che infiammò le notti romane ed è stato organizzato dal figlio del fondatore Giancarlo Bornigia junior un mega party che ripercorrerà la sua incredibile e affascinante storia.

A guidare le danze un maestro di cerimonie eccezionale, Alberto Laurenti, musicista affermato e animatore del by night del Belpaese che con la sua band farà rivivere le atmosfere di un'epoca che ha segnato il costume italiano insieme ai disck jockey storici del locale come Cesare Cerulli e Giuseppe Farnetti. Insomma, ieri come oggi al Piper la festa continua.

sabato 15 febbraio 2025

Lazio, grazie a Dia. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

8 all'ira di Dia - Una grande Lazio ha tenuto testa e messo alle corde la capolista. Messa bene in campo, ha imposto il suo gioco senza timore reverenziale e avrebbe potuto vincere la sfida lanciata da Ricky Tognazzi Baroni a Cesare Ragazzi Conte. Ma purtroppo è stata frenata da due episodi sfortunati.  Copertina d'obbligo al bomber senegalese che ha pareggiato nel finale un risultato bugiardo a favore dei napoletani. Applausi.

7 e mezzo a Lisasken dagli occhi blu  - Un missile da trenta metri che ha fatto viaggiare l'Olimpico verso lo spazio infinito. Grande.

7 e mezzo a Benigno Zaccagnini - L'arciere è il testimonial della partita. Bravo, tenace e irriducibile,  non si è voluto mai arrendere. 

6 e mezzo a Rovella per chi non si accontenta. Quando riuscirà a segnare un gol sarà festa tutto l'anno e tre volte Natale come diceva Lucio Dalla.

6+ a senti che musica coi Tavares - La freccia biancazzurra è partita con 45 minuti di ritardo. Salvini ministro dei trasporti che dice? 

6+ a Guendo è bello esse laziali - e lo è molto de più se se vince. Alla prossima.

6+ a Lazzari alzati e cammina e Cha una bomba - Buttati nella mischia per recuperare il risultato. E ce so riusciti.

6 a Gila il mondo gila - Poteva essere l'uomo in più come Frassica con Conti, ma è rimasto nei ranghi della normalità. Alla Cattelan.

6 a Viale dei Romagnoli, 13 Ostia - Normale amministrazione. Avete presente Gerry Scotti al festival. Due battute e via.

6-a Pedro Pedro Pedro Pè - Tutti aspettavano il meglio di Santa Fè e Trigoria come Mammut a Sanremo. Ma non ha carburato come Mammut. Doveva entrare nel secondo tempo, come ha fatto Mammut quando ha lasciato la conduzione pessima per cantare. 

5 a Pighin-Sanguin-Noslin - ha fatto tenerezza in mezzo a quei volponi del Napoli come Lucio Corsi al festival agghindato alla Camerini. Ma non ha avuto i guizzi del cantante toscano. Manco un gorgheggio. Solo gargarismi.

5 a Dio vede e Provedel - Ha ricordato il miglior Garella dei tempi biancocelesti. Quello delle garellate.

5- - a Somarusic - E segna sempre lui, si cantava una volta in onore di Beppe Signori. Ora quel coro andrebbe riciclato verso il miracolato terzino montenegrino. Peccato che il magnifico gol della partita questo giro lo abbia segnato al nostro portiere. Un autogol pazzesco, fra i più belli visti negli ultimi anni e che alla fine della fiera ci ha penalizzato enormemente. Tristezza infinita. Sipario.

lunedì 10 febbraio 2025

Sanremo, chiedi chi erano i Minstrels

 di FRANCESCO TRONCARELLI

C'era una volta il festival, quello in bianco e nero ma che lanciava canzoni che facevano sognare a colori. E c'erano anche gli interpreti, bravi, intonati, eleganti nei loro abiti da sera, tutto il contrario di quelli che ci sono oggi.

Molti di quegli artisti di allora sono ancora sulla breccia, altri popolarissimi in quegli anni, sono spariti nonostante siano tuttora vivi e vegeti, letteralmente ignorati e messi da parte da chi muove le fila dello spettacolo e da chi se ne occupa per mestiere (media, tv, social).

Non ne parla più nessuno né c'è chi scrive di loro da tempo immemore quasi si fossero volatilizzati, nè trasmissioni che fondano il loro successo sull'amarcord come Techetechetè gli hanno mai dedicato una sequenza che è una.

Per esempio, quest'anno si celebrano i 60 anni della vittoria al festival di "Se piangi se ridi" cantata da Bobby Solo. Bene, bravo, bis con la riproposizione del celebre brano da Zia Mara a Domenica in.

Bobby Solo e i Minstrels

Nessuno però ha citato nè ricordato chi interpretava insieme al nostro Elvis quella canzone, ovvero i Minstrels, gruppo vocale e strumentale molto conosciuto negli Usa che in quel periodo della kermesse sanremese era in una apppaudita tournèe europea 

Per l'esattezza si chiamavano The New Christy Minstrels, i nuovi menestrelli del Signore ed erano un gruppo folk che eseguiva brani country e religiosi molto musicali con un impasto di voci notevole. Diciamo dei Beach Boys meno esuberanti e più morigerati.

Quell'anno a Sanremo cantarono Se piangi se ridi e Le colline sono in fiore insieme a Wilma Goich, Amore ritorna le colline sino in fiore...ricordate? e fu proprio la loro versione a conquistare il primo posto a Hit Parade.

I Minstrels poi parteciparono al Disco per l'Estate e tornarono al festival l'anno successivo a conferma della loro popolarità italiana ma su di loro scese subito il silenzio. Dimenticati in fretta e sconosciuti ai più. 

Eppure nelle loro file si sono alternati artisti come Barry McGuire che da solista sarà primo in tutto il mondo con l'apocalittico The Eve of Destruction, Kim Karnes (Betty Davis eyes), Kenny Rogers e Gene Clark il leader dei Byrds che accompagnavano Bob Dylan.

Barry McGuire primo in tutto il mondo

Spariti da ogni citazione e o trasmissione rievocativa dei fasti sanremesi pur essendo stati protagonisti ecco perchè li ricordiamo volentieri grazie al filmato della serata finale che proponiamo. 

Un documento eccezionale che li mostra subito dopo la proclamazione della vittoria, introdotti alla ribalta dall'attrice Maria Grazia Spina. Sono gli ultimi a cantare poi Mike Bongiorno chiude il festival col solito "allegria" e ricevendo in regalo dal manager del complesso un cappello da cowboy. Un trionfo.

Particolare attenzione merita il frontman Barry Kane, primi gorgheggi alla scuola di canto ebraica di Beverly Hills dove era soprannominato Rasputin per le sopracciglia nero pece a cui si è ispirato Elio delle Storie Tese. 

Di bell'aspetto, sguardo magnetico, ha una voce che si potrebbe definire alla Bobby Solo, anche se in realtà è il contrario, nonostante la sua esperienza "sente" il momento particolare e sbaglia l'attacco del brano. Ma è un attimo e si riprende subito tra gli applausi del pubblico del salone delle feste del Casinò.

E l'applauso tardivo di chi li ha riscoperti leggendo questo articolo dopo anni di oblio. Chiedi chi erano i Minstreles, eccoli 👇


domenica 9 febbraio 2025

Lazio è manita. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

7 a Pedro Pedro Pedro Pè - Chi pensava che giocare con l'ultima in classifica fosse una passeggiata si è dovuto ricredere. C'è voluto un tempo per prendere le misure al Monza e per sfondare quel muro di gomma che aveva alzato e su cui i tiri dei biancocelesti rimbalzano senza centrare l'obiettivo. Poi, naturalmente la Lazio ha dilagato per la serie e tutti insieme je ne famo cinque. Copertina d'obbligo al meglio di Santa Fè e Trigoria che più invecchia e piu migliora. Avanti Lazio avanti laziali!

7 e mezzo a Somarusic - E venne il giorno della rivincita. Della serie più mi criticate e più mi carico. E meno male. 

7 e mezzo a Castellano e Pipolo - Due assist e un gol. Un trionfo.

7+ Dele ctrl alt - Cinquina sulla ruota di Monza. L'ultimo numero è il suo.

7 a Lisasken dagli occhi blu - Un altro. Come Vittorio Cecchi Gori che da quando si tinge i capelli biondo cenere sembra la sora Lella.

7 a senti che musica coi Tavares - La freccia biancazzurra è ripartita. Prossima fermata terzo posto. Sperem, cit. Nereo Rocco.

6 e mezzo a Guendo è bello esse laziali - Guendovunque, Guendovai, Guendovieni, Guendo caliente el sol. Guendo se vince è bellissimo.

6 e mezzo a Rovella per chi non si accontenta - Ormai non fa più notizia. È bravo e sa guidare la squadra. Quando riuscirà anche a buttarla dentro sarà l'apoteosi. Come Pier Davide Carone a Ora o mai più.

6+ a Benigno Zaccagnini - L'arciere non ha scagliato la sua freccia ma ha dato una palla d'oro a Pedrito. E scusatelo se è poco. 

6 a Dio vede e Provedel - Stavolta nessuno lo potrà attaccare. Non ci sono papere ma solo Paperini, Topolini e altri fumetti da leggere. Poi vabè uno lo ha preso. Ma il più era fatto. 

6 a Viale dei Romagnoli, 13 Ostia e Gila il mondo gila - Spettatori non paganti. Monza in attacco inesistente. Come il programma di Gigi Marzullo. Per segnare ha dovuto sperare in un miracolo arbitrale. Che pena.

6- all'ira di Dia - Ha finito i bonus. Ne più ne meno di Amadeus che per farsi vedere da qualcuno in televisione è stato costretto ad andare da Maria De Filippi. C'è posta per te. Una volta, pure le cartoline so' sparite come lui. 

5 a Lazzari alzati e cammina - valutazione di rigore. Sipario.




lunedì 3 febbraio 2025

La Lazio torna a volare. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

7 e mezzo a Benigno Zaccagnini - La Lazio è tornata a volare. Ha battuto il Cagliari con merito ma soprattutto è riuscita a non subire un gol nei primi minuti di gioco come spesso le è accaduto. Non c'è stato insomma il solito calo di concentrazione che ha costretto i biancocelesti in svariate partite a rincorrere l'avversario. E questo è un segnale positivo a prescindere. I tre punti conquistati in Sardegna consentono alla squadra di riaffermare le sue ambizioni in classifica (quarto posto) e continuare a percorrere un progetto di qualità con la consapevolezza dei propri mezzi. Copertina d'obbligo all'arciere che ha scagliato la sua freccia al momento giusto guidando i compagni alla vittoria.

7+ a Lisasken dagli occhi blu - Tenace, driblomane, ficchino, assistman, praticamente un altro. Come Vittorio Cecchi Gori che da quando si tinge i capelli biondo cenere sembra la sora Lella. Bravo. 

6 e tre quarti a Hysaj che i papaveri - Recuperato in fretta e furia dalle cantine di Formello dove era stato parcheggiato in attesa di collocazione, ha sfoderato, incredibilmente, una serie di prestazioni da protagonista. Come Anonimo italiano a "Ora o mai più", riemerso a sorpresa dallo sgabuzzino del Delle Vittorie dove era stato dimenticato. 

6 e mezzo a Rovella per chi non si accontenta - Normale amministrazione. Troppo. Quasi anormale. Della serie poteva fare di più perchè là in mezzo è il migliore.

6 e mezzo a Guendo è bello esse laziali - Guendovunque, Guendovai, Guendo caliente el sol. E sto.

6+ a Castellano e Pipolo - Il più facile dei gol. Ma a volte il facile diventa difficile. Chiedere a Pierluigi Diaco.

6+ a Viale dei Romagnoli, 13 Ostia - prima o poi con quel capoccione che se ritrova la butterà dentro. Se spera prima ovviamente. 

6+ a Gila il mondo gila (Jimmy Fontana, Cantagiro 1965) - Palla al piede parte e via. E non lo ferma più nessuno. Come Fiorello.

6 ad aspettando Gigot - Non si è fatto ammonire. Ed è già qualcosa.

6 a Somarusic - Senza infamia e senza lode. Senza. Avete presente Riccardo Rossi?

5 all'ira di Dia - Ha finito i bonus. Come Fedez.

5 a Dio vede e Provedel - C'era una volta. Come Pippo Baudo. È passato senza soluzione di continuità dall'essere l'uomo in più ad essere l'uomo in meno. Prima le parate erano il suo forte ora le papere la fanno da padrone. Un'involuzione preoccupante e incomprensibile neanche fosse Amadeus che non ne azzecca più una. Riuscirà il nostro eroe a tornare decisivo come ai bei tempi? Ai posteri. Sipario. 




La Lazio non vince più. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI 6 e mezzo a Somarusic - La Lazio non vince più. Anche quando sembrava fatta le solite amnesie difensive hanno fav...