mercoledì 30 gennaio 2019

Pino Daniele e la memoria corta di Sanremo

di FRANCESCO TRONCARELLI



Pino Daniele non ha mai amato la luce abbagliante dei riflettori, neanche quando rivestiva i panni dell’idolo nazionalpopolare della nostra musica. E anche la sua morte avvenuta quattro anni fa, nella notte mentre era nella sua casa in Toscana, riflette quello che era una suo modo di vivere, appartato, semplice con gli affetti più cari, la famiglia innanzitutto cui era legatissimo, ma anche gli amici e i colleghi.

Era un artista a tempo pieno, fuori dal can can mediatico e dai giri che contano, un grandissimo artista. Amante della musica e delle sue radici napoletane che ostentava con garbo e intelligenza e che poco prima della sua scomaparsa stavo riproponendo con il tour di “Nero a metà”.

Sorridente, con quello sguardo da buono che ingentiliva un fisico importante, i capelli imbiancati e il pizzetto nero, l'indimenticato Pino ha avuto una carriera ricca di soddisfazioni e successi, meritatissimi. La sua è stata una lunga storia durata quarant’anni, in cui è stato sinonimo di Napoli in musica. Quella colta, sempre alla ricerca di un ponte tra la ricchezza sonora della città e il mondo di fuori, fino a pescare nel blues e nel jazz tinte e atmosfere determinanti per la sua produzione. Ma anche quella più decisamente popolare, con brani che hanno aggiunto colore e cuore alla sua terra.

Insieme a Troisi di cui era grande amico (aveva curato la colonna sonora dei suoi primi film: Ricomincio da tre, Le vie del Signore sono infinite, Pensavo che fosse amore…), aveva rappresentato negli anni Ottanta la rinascita artistica di una città spesso considerata solo centro del malaffare e che invece è sempre stata punto di riferimento di una cultura profonda e dai contenuti importanti.
Ecco perchè Pino Daniele era così amato, apprezzato, applaudito.

Ma in questo contesto di una carriera fatta di concerti, esibizioni e reunion con i suoi amici artisti James Senese, Tullio De Piscopo, Federico Zurzolo compagni di quella stagione felice e feconda rappresentata dal gruppo "Napoli Centrale", con Sanremo c'è stato sempre un rapporto difficile, fatto di indiferrenza da parte del festivale distanza da parte del cantautore.

Sì, al festival, quello che ora lo vuole premiare da morto dopo averlo snobbato da vivo, Daniele ha trovato praticamente sempre e solo porte chiuse. «Mi hanno eliminato - diceva con tono semiserio Pino in un’intervista a Maurizio Seymandi su Radio Italia del 1992 - Anche l’anno scorso e l’altro anno» proseguiva senza far trasparire alcuna delusione, che ovviamente c'era.

Nel 1991, infatti, si era presentato al Festival in veste di autore di Loredana Bertè. Per lei aveva scritto "In questa città", brano di una bellezza rara che racconta del ritorno alla musica della cantante dopo tre anni di silenzio e sofferenze causate dal matrimonio con Björn Borg. Nonostante il significato importante e la qualità superiore del barno, il pezzo fu eliminato quasi subito, concludendo il Festival al 18esimo posto.

«Per incoraggiarti l’anno prossimo, cosa ti posso dire?» chiese il giornalista al Nero a metà sempre nell’intervista a Radio Italia. Pino allora risponde: «Mi puoi dire: “Provaci ancora a Sanremo l’anno prossimo” Perché mi sono scoraggiato dopo tutti questi anni. Che poi io c’ho pure una simpatia per San Remo» conclude con la solita battuta pronta come era nel suo stile- È il protettore delle barche, e io sono un uomo di mare».


E non fu fortunato nemmeno in altre edizioni, i suoi brani furono cassati senza appello in fase di presentazione. Una breve storia triste insomma come si usa dire, senza soluzione di continuità fino alle due partecipazioni come pezzo da novanta da esibire al grande pubblico televisivo quando "la musica" era cambiata, leggi Pino Daniele era comunemente considerato un grande artista.

La prima volta a Sanremo così è stata nel 2001, invitato dalla allora padrona di casa Raffaella Carrà. Cantò “Napule è”, “Quando”, “Gente di frontiera” e “Tempo di cambiare” concentrando cioè in un mini recital il meglio della sua produzione che risultò molto gradita dai telespettatori. Otto anni più tardi venne invitato alla 59ª edizione del Festival da Paolo Bonolis, conduttore di quell’edizione che andò benissimo ottenendo numeri eccezionale in termini di ascolti.

In quell’occasione sul palco del Teatro Ariston Pino Daniele portò nuovamente la canzone “Napule è” e fu subito magia. Un'interpretazione intensa e suggestiva di questo famoso pezzo del suo repertorio ascoltata in religioso silenzio dal pubblico in sala, un'esibizione da brividi che andava dritta al cuore di chi era davanti al televisore, suggellata al termine da una standing ovation calorosa e spontanea.

Al contrario del Club Tenco, che lo ha ospitato più volte, l’ultima nel 2012 quando fu invitato a sorpresa da Enzo Avitabile nella serata di consegna delle Targhe Tenco e dove lui stesso vinse la Targa come migliore album nel 1995 (“Non calpestare i fiori nel deserto”), nel 1989 e 1993 per la canzone in dialetto (“Schizzechea” e “Sicily”), Sanremo non ha dunque mai dato spazio alle sue qualità di autore e interprete.


Pino Daniele a Sanremo 2009

Quella ribalta per spiccare il volo che è stata offerta a Vasco, Zucchero, Ramazzotti, Pausini e Mengoni, per citare alcuni dei nomi più quotati della nostra musica, non è stata mai concessa a Pino Daniele, che è dovuto diventare appunto Pino Daniele per esserci. Il riconoscimento alla carriera che tardivamente lo premia da morto, per di più da quattro anni, non è quindi un attestato alle sue indubbie qualità, ma una mera citazione di un grande che non c'è più e che non può far sentire la sua voce, ricevere un applauso, rispondere grazie.

Ed è soprattutto un premio alla carriera forzato perchè diventa alla memoria, una memoria corta peraltro perchè dimentica il fatto che il festival ha sempre ignorato questo artista. E' insomma meno, molto meno dell'"Ei fu" di Alessandro Manzoni in morte di Napoleone. Il 5 maggio infatti celebrava giustamente a caldo lo stupore del mondo intero per la scomparsa del grande corso, il premio alla carriera a chi da tempo non c'è più oltre ad arrivare a tempo scaduto serve a poco e niente, non certo al caro estinto. Per lui è sufficiente l'affetto del gente che si emoziona ancora per le sue canzoni. Quelle che lo hanno reso immortale. Quelle che Sanremo non ha mai voluto.

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