Recitava con gli occhi. Solo lui nel mondo dello spettacolo era capace di questo. Li sgranava accentuando la mimica e il teatro veniva giù dalle risate. Restava così in silenzio e tutti continuavano ad applaudire. Quando poi nei monologhi iniziava a farfugliare parole incomprensibili facendo dondolare la testa, era l'apoteosi. Da attore navigato qual era riusciva a dominare il pubblico anche così. Unico.
Aldo Fabrizi che se ne andava per un arresto cardiaco il 2 aprile del 1990, era un fenomeno, un gigante della comicità de noantri elevata a cultura popolare. Fabbrizi con due "b" come era stato registrato all'anagrafe di Roma nel 1905, era stato definito non a caso dai critici americani "a comic genius", dopo averlo visto sui palcoscenici di Broadway nei panni di Mastro Titta, il boia di Rugantino, la mitica commedia musicale di Garinei e Giovannini.
Un riconsocimento che per lui, figlio di un carrettiere e una "fruttarola" di Campo de Fiori, valeva come un Oscar. Perchè Aldo, come Ettore Petrolini, padre putativo di tutti quelli che sono venuti dopo, proveniva dalla strada e non aveva seguito corsi o accademie varie, la sua recitazione e versatilità nell'interpretare ruoli ora drammatici ora comici, era tutto frutto della sua capacità di osservare la gente, di rubare con gli occhi e studiare i tipi che affollavano la quotidianeità della Città eterna.
Rugantino |
Da vicolo delle Grotte, dove era nato al civico 10, alla conquista del mondo con film entrati nella storia del cinema come "Roma città aperta", dall'avanspettacolo con la moglie Reginella in teatrini scalcinati ai varietà televisivi del sabato sera con i suoi personaggi leggendari: il Tranviere ("la porta se chiuse automaticamente e come stamio arimanessimo"), Il Cameriere ("la sera metto li piedi nella bagnarola, so tarmente lessi che come tocco l'acqua comincia a bollì"), lo Sciatore ("la valangaaaa, la valangaaa...").
L'esordio cinematografico dopo i primi successi con la sua compagnia teatrale in cui iniziò un giovane Alberto Sordi che gli sarà amico per tutta la vita, fu nel 1942 con "Avanti c'è posto" di Mario Bonnard cui seguì subito dopo con "Campo de' Fiori", film del 1943, in cui Fabrizi poté mettere in scena tutto il suo bagaglio di personaggi incontrati nel rione e in cui recitò insieme ad Anna Magnani per la prima volta.
Coppia di artisti insuperabili la loro che si ritroverà ne "L'ultima carrozzella" di Mario Mattioli, con altri personaggi della romanità come il cantante Romolo Balzani e il re dell'avanspattacolo Gustavo Cacini. Per quel film curò anche la sceneggiatura insieme a un giovanissimo Federico Fellini,sbarcato a Roma dalla sua Rimini in cerca di gloria.
Aldo e Nannarella, come dire Roma |
La terza pellicola con Nannarella, è quella più importante e consociuta in tutto il mondo, "Roma città aperta" il capolavoro di Roberto Rossellini, dove Fabrizi interpreta un ruolo drammatico, Don Pietro Pellegrini, ispirato ai due sacerdoti romani Pietro Pappagallo e Giuseppe Morosini, martiri della Resistenza. Un'interpretazione intensa e carica di umanità, quella che poi era la sua.
In una critica dell'epoca su "L'Unità"' Umberto Barbaro scrisse: "Valendosi intelligentemente dell'abilità di due attori popolari come la Magnani e Fabrizi, il regista ha sorretto la semplicità della trama drammatica su sequenze alternanti abilmente note comiche e addirittura grottesche alle scene più forti e strazianti".
Gli anni '50 e 60 di Aldo Fabrizi furono segnati dalla sua collaborazione con due mostri sacri come lui del cinema popolare, Toto' e Peppino De Filippo. Film di cassetta dove spesso improvvisavano rispetto a quanto scritto sul copione, dando vita a scene irresistibili di pura arte. Fu proprio in questo periodo che si consolidò la sua fama all'interno della Commedia all'italiana.
Fabrizi e Totò |
"Guardie e ladri" (premiato a Cannes quale cosceneggiatore), "Una di quelle", "I tartassati", "Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi" del 1960, "Totò contro i quattro", "Signori, in carrozza!" e "Accadde al penitenziario" sono titoli che ancora oggi quando vengono trasmessi nelle varie televisoni registrano ottimi ascolti.
Nastro d'argento come miglior attore protagonista per "Prima comunione" del 1950 e nel 75 come non protagonista, nella pietra miliare di Ettore Scola "C'eravamo tanto amati" dove interpretava il ruolo del padre arricchito di Giovanna Ralli che non vedeva di buon occhio il genero arrivivista Vittorio Gassman.
Un ruolo da applausi che fotografava un mondo, vera e propria ultima "zampata da vecchio leone del set e grande artista che non solo aveva firmato alcuni film come "Emigrantes" e la "Famiglia passaguai" con Ave Ninchi e Carlo DellePiane, ma aveva lavorato con tutti i più importanti registi italiani come Monicelli e Steno, Bolognini e Bava, Corbucci, Magni e Nanni Loy.
Contestualmente alla sua carriera cinematografica, Aldo ha preso parte a numerosi varietà degli
anni '70, 'Speciale per noi' e 'Milleluci' su tutti, mentre l'ultima
apparizione televisiva avvenne nel 1987 nel "G.B. Show" in cui, anziano ma ancora in forma, cantò "buongiorno monnezza", versione comica della canzone di Claudio Villa, sulla situazione dei rifiuti a Roma che già all'epoca era insopportabile.
Alla passione per il cinema alla quale ha dato tutto se stesso come attore, sceneggiatore e regista, Fabrizi ha alternato la passione per la cucina. Memorabili le sue gag sulla pastasciutta e le diverse poesie scritte in dialetto romanesco dedicate ai piatti della tradizione.
Il giorno che morì pioveva, erano le lacrime di Roma per il figlio prediletto, l'ultimo imperatore di un piccolo mondo antico che non esisteva più. Aveva 84 anni e l'epitaffio sulla sua tomba al Verano lo salutò così: "Tolto da questo mondo troppo al dente". Indimenticabile Aldo Fabrizi.
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