giovedì 9 dicembre 2021

Addio Lina Wertmuller

di FRANCESCO TRONCARELLI


Se n'è andata in punta di piedi Lina Wertmuller, dopo una vita vissuta da protagonista assoluta nel mondo dello Spettacolo. È stata un vero gigante del nostro Novecento artistico, che ha saputo raccontare l'Italia con i suoi film meglio di un trattato di sociologia. Aveva 93 anni e solo tre anni fa aveva ricevuto l'Oscar a coronamento di una carriera strepitosa.

Era scritto che prima o poi avrebbe vinto un premio così prestigioso. Sì, perchè la grande Lina Wertmuller è stata la prima donna regista nella storia del cinema candidata alla prestigiosa statuetta nel 1977, per il film "Pasqualino Settebellezzze" con Giancarlo Giannini, che all'epoca ebbe un successo internazionale.

E se l'è meritato tutto questo premio Lina, uno dei personaggi dello spettacolo italiano più intelligenti, completo e dotato di una grande cultura coniugata ad una simpatia tutta romana, città dove è nata alla vigilia del Ferragosto del 1928 e da cui ha assimilato quel gusto del bello che ogni angolo della Città Eterna racconta e quella tipica ironia bonaria ma anche caustica profusa poi nei suoi celebri film.

Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich, questo il suo vero nome, figlia di un avvocato lucano di lontane e nobili origini svizzere proveniente da Palazzo San Gervasio in provincia di Potenza e della romana Maria Santamaria-Maurizio, era amica d'infanzia di Flora Carabella, futura moglie di Marcello Mastroianni, con cui aveva instaurato una lunghissima amicizia, che si rivelerà poi fondamentale per avvicinarla al mondo dello spettacolo.

A diciassette anni si iscrive infatti all'Accademia Teatrale diretta da Pietro Sharoff, da cui apprende le basi del mestiere, in seguito è animatrice e regista degli spettacoli dei burattini di Maria Signorelli, un nome di questo genere trdisionale di spettacolo.

E' la volta poi delle collaborazioni con alcuni fra i grandi del Teatro, tra i quali Guido Salvini, Giorgio De Lullo e la premiata ditta Garinei e Giovannini. L'approdo alla televisone è automatico: eccola in veste di autrice e regista alla prima edizione di Canzonissima quella con Walter Chiari, Tognazzi e Gianni Agus, e a Il giornalino di Gian Burrasca, la famosissima serie televisiva-musical, con una scatenata Rita Pavone protagonista maschile che ha fatto la storia della Tv con tanto di tormentone discografico "W la pappa col pomodoro".


 Il Giornalino di Gian Burrasca successo Tv

Incomincia in questo periodo un lungo sodalizio artistico con Enrico Job, apprezzato scenografo teatrale, con il quale si è sposata portando avanti così un legame umano ed artistico unico nel suo genere e in questo ambiente.

Gli esordi al Cinema sono importanti, addiritura come aiuto regista e attrice di Federico Fellini nelle pellicole La dolce vita (1960) e (1962) e da quel momento non si ferma più. La prima regia arriva nel 1963 con I basilischi, amara e grottesca narrazione della vita di alcuni poveri amici del sud (il film fu girato in gran parte tra la Basilicata, a Palazzo San Gervasio, e la Puglia, a Minervino Murge), che le valse la Vela d'argento al Locarno Festival. Poi i fortunati film con la Pavone "Rita la zanzara" che ebbero un successo clamoroso (con Totò, Giannini, i Rokes) e addirittura sotto lo pseudonimo Nathan Witch, un western all'italiana, Il mio corpo per un poker con Elsa Martinelli.

Nella seconda metà degli anni settanta poi, nasce la sua collaborazione con l'attore Giancarlo Giannini, che è presente nei suoi grandi successi e che darà all'attore una enorme popoalrità: Mimì metallurgico ferito nell'onore (1972), Film d'amore e d'anarchia - Ovvero "Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza..." (1973), Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto (1974), Pasqualino Settebellezze (1976), La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia (1978) e Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici (1978).

Giancarlo Giannini in Pasqualino Settebellezze

Per Pasqualino Settebellezze, che ebbe successo anche negli Stati Uniti, la Wertmüller come detto venne candidata a tre Premi Oscar nella cerimonia del 1977 (tra cui quello per la miglior regia), riconoscimento che poi le è stato assegnato finalmente alla Carriera.

Una carriera prestigiosa che l'ha vista cimentarsi anche in regie teatrali e liriche di qualità e pellicole dal grande successo al botteghino come tra le altre, la Carmen di Georges Bizet, che inaugurò la stagione lirica 1986-87 del Teatro di San Carlo di Napoli, ripresa in diretta su Rai 1 o la Bohème che ha diretto all'Opera di Atene.

Si ricordano ancora fra i suoi successi premiati dal pubblico nelle sale, Io speriamo che me la cavo con Paolo Villaggio e Metalmeccanico e parrucchiera in un turbine di sesso e politica, con Tullio Solenghi e Veronica Pivetti nuovi Giannini-Melato impegnati in una satira politica aggiornata ai tempi attuali.

Nell'ottobre del 2019, come coronamento di una vita nello spettacolo e nel cinema, l'Academy of Motion Picture Arts & Sciences aveva annunciato con un tweet che tra gli Oscar alla carriera assegnati quell'anno ci sarebbe stata anche la statuetta per lei. I quattro premiati - oltre alla Wertmuller, furono David Lynch, Wes Studi e Geena Davis.

E così quella frase un po' desiderio della figlia Maria "Un Oscar alla carriera non ci starebbe male", era stata incredibilmente ascoltato. Forse glielo aveva promesso Leonardo DiCaprio presente alla kermesse per il suo film Once Upon a Time in Hollywood, che volle stringerle le mano e farsi fotografare con lei (in una immagine divenuta già 'storica'), a testimonianza della grande rilevanza che la regista romana ha sempre avuto presso i suoi connazionali e nel Cinema internazionale.


 Giancarlo Giannini, la Wertmuller e Leonardo DiCaprio a Cannes

Gli americani del resto gli hanno sempre voluto bene. Adottarono Pasqualino «Seven Beauties». «Merito di un critico cattivissimo, John Simon del New York Magazine, che già aveva apprezzato Storia d’amore e d’anarchia — raccontò Lina in una recente intervista —. Venne a Roma per incontrami e scrisse un articolo molto bello. Poi alla prima di New York mi chiesero di fare un discorso ma parlavo male l’inglese. Avevo una bella cintura fatta con un calamaio, chiesi come si dicesse cintura. “Do you like my belt?” esordii. Venne giù la sala».

Quell’anno fu John G. Avildsen, con Rocky a strappare (a lei, Ingmar Bergman, Sydney Lumet e Alan Pakula) la statuetta, mentre il suo attore prediletto Giancarlo Giannini si trovò candidato insieme al Robert De Niro di Taxi driver.

«Sono addolorato», ha commentato Giannini. Un lungo sodalizio il loro (nove film insieme, tre con Mariangela Melato), una lunga e profonda amicizia. «È stata la regista che mi ha costruito, non avrei fatto la carriera che ho fatto senza di lei, la adoro, è la verità, la apprezzo per il suo talento, il suo carattere e la sua professionalità. È stata aiuto di Fellini, sapeva  parlare con gli attori come nessuno, è un’artista completa».

E il suo smarrimento è quello di tutti quanti l'hanno apprezzata e conosciuta, un personaggio unico, con quella  frangetta bianca come i suoi mitici occhialoni, il sorriso e lo sguardo curioso di chi ha visto il mondo.
 
Ciao grandissima Lina, grazie per tutto quello che hai regalato al pubblico con la tua arte, simpatia e professionalità.
 





 

1 commento:

  1. Bellissimo e giusto omaggio Ad un pilastro del Cinema Complimenti Francesco

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