di FRANCESCO TRONCARELLI
Sarebbero bastati 5 minuti, 350 secondi. Signore e signori vorremmo ricordare un artista che ci ha lasciato in punta di piedi e che è stato uno dei protagonisti di Sanremo, Peppino Gagliardi.
Poi introdotta da una foto sul maxischermo sarebbe partita una delle sue canzoni, una a caso, festivaliera tipo Come le viole o conosciuta in tutto il mondo, come Che vuole questa musica stasera.
5 minuti per rendere omaggio a un artista unico nel panorama del nostro pop, musicista autodidatta che ha dimostrato un talento eccezionale e un interprete di razza tanto da guadagnarsi l'appellativo de "il Charles Aznavour italiano".
350 secondi per dire grazie Peppino hai fatto parte di questo festival portando la tua classe e la tua napoletanità "jentile" e affascinante, quella tradizionale e meravigliosa nella sua semplicità e musicalità.
Bastavano 5 minuti per rispondere a una richiesta partita dai social e sostenuta da migliaia di persone nel silenzio però significativo della stampa che non voleva disturbare il conducente.
Ma Sanremo che dà spazio a illustri sconosciuti trattandoli come Big non ha avuto tempo per lui. Troppo ingombrante la sua figura per mezze calzette pompate dal nulla cosmico della modernità.
Basti guardare come ha considerato due dei pochi artisti veramente tali come Diodato e Loredana Bertè piazzati in fondo alla classifica.
Ma forse è stato meglio così. Perché Sanremo non è più il festival della Canzone italiana ma un Festivalbar 2.0 che predilige brani usa e getta che dureranno un battito di ciglia.
Mentre Peppino Gagliardi resterà per sempre. E in buona compagnia con numeri uno come Franco Migliacci scomparso anche lui la scorsa estate.
E che Morandi ha dimenticato di ricordare nel momento in cui ha cantato C'era un ragazzo che come me eccetera eccetera. nonostante a lui debba tutto.
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