giovedì 23 gennaio 2020

Un sacco bello, 40 anni di un boom

 di FRANCESCO TRONCARELLI



Risate, tante, spensieratezza, un'ora e mezza di divertimento, ma anche al termine quel retrogusto amaro misto a malinconia, per una storia che tutti, chi più chi meno, abbiamo vissuto tra possibili avventure, situazioni paradossali e personaggi incredibili che hanno accompagnato la nostra vita.

"Un sacco bello" il film del debutto di Carlo Verdone in poche righe è tutto questo, una grande risata e tanta malinconia per una gioventù passata troppo in fretta tra sogni e bisogni e per una Roma che ci ha visto crescere ma che non c'è più. Qella di 40 anni fa, ancora città di tutti e sicuramente romana, senza internet e cellulari ma con tanta solidarietà e schiettezza de noantri.

Il 19 gennaio del 1980 usciva nele sale "Un sacco bello", opera prima dell'esordiente Carlo Verdone che faceva subito il botto. Un successo non annunciato ma sicuramente dovuto che presentò al pubblico "il nuovo comico romano", accolto benevolmente dalla critica come eclettico e talentuoso attore capace di dar vita a più personaggi, 6 per l'esatezza.

Sono i numeri del resto a fissare per prima cosa quell’epopea legata al film un po’picaresca e un po’eccezionale che oggi è diventata di culto, come il titolo stesso del film, “Un sacco bello” divenuto in quel periodo un tormentone e nel tempo un modo di dire.

40 anni dalla data dell’uscita, 5 settimane e due giorni invece delle sette previste, per la gioia di un produttore ufficiale, al secolo l’esperto Romano Cardarelli e di uno reale dietro le quinte, ovvero Sergio Leone, poco più di 500 milioni delle vecchie lire il budget garantito dalla distribuzione Medusa sulla parola di Leone e invece i quasi tre miliardi d'incasso che proiettò il neo regista Carlo Verdone nell’Olimpo delle maschere comiche di una nuova Commedia italiana.

E ancora 3 i premi vinti in poche settimane, Globo d’oro e Nastro d’argento per l’attore rivelazione e il David di Donatello speciale che incoronava un novello Fregoli dell’interpretazione che si era diretto da solo dividendosi davanti all’obiettivo in 3 protagonisti e altrettanti comprimari. Ciascuno coi suoi tic, le sue manie, i suoi tormentoni indimenticabili che venivano dalla gavetta dei teatrini off come l’Alberichino a Roma dove Carlo aveva esordito giovanissimo e poi dalla grande scuola del varietà televisivo “No Stop” firmato da Enzo Trapani in cui aveva lanciato dal piccolo schermo i suoi personaggi strambi e mitici.

Romano, di buona famiglia e buoni studi (il padre era lo storico del cinema Mario), nato e cresciuto a due passi da campo de Fiori in una casa sul Lungotevere da dove "spiava" quella di Alberto Sordi. Verdone è diventato un beniamino del pubblico come attore e regista di quasi 30 pellicole, ed è rimasto, per ovvi motivi, legatissimo a quella pelicola del debutto.

Leo a Porta Settimiana

“La grande intuizione – ha spiegato – è di aver collocato tre storie di solitudine, tre personaggi involontariamente comici, in una Roma agostana, assolata e deserta ma piena di un’umanità, di un calore, di suoni e scorci che oggi non esiste più, ma che il cinema rende immortale”.

Questa dualità sottile e nascosta del film, ovvero la solitudine e la comicità, è certamente il segreto di un successo che Sergio Leone intuì per primo e consegnò a sceneggiatori esperti come Leo Benvenuti e Piero De Bernardi veri e propri maestri del settore, perché dessero alle maschere comiche di Verdone una struttura narrativa.

Il modello deriva in qualche modo dai film a episodi della Commedia all’italiana e rimanda soprattutto a “I mostri” a Dino Risi, ma diversamente da quella stagione la sceneggiatura di “Un sacco bello” intreccia le cronache minute di Enzo, Leo e Ruggero con situazioni che hanno sfondo comune proprio nella città d’estate, terreno di solitudine e di destini incrociati.

Così Enzo, il bullo frenetico che vorrebbe partire per una gita erotica a Cracovia con calze di nylon al seguito, si arena alle porte di Roma prima del viaggio, il tontolone Leo cerca in ogni modo di sfuggire al ferragosto a Ladispoli con la madre e finisce solo nonostante la speranza di un incontro amoroso con la bella spagnola che poteva dargli una via di fuga mentre il fricchettone Ruggero non può evitare il confronto col padre che vorrebbe riportarlo sulla “retta via” dopo una stagione di sogno hippie.

Non c’è dubbio che i vari sketch prevalgono sulla storia e che i momenti indimenticabili del film sono tutti scritti sulla faccia, attonita e stranita, del protagonista, ma è altrettanto vero che il film conserva una freschezza e una vitalità che poche volte si sarebbero ripetute in quel decennio in altre pellicole.

Valore aggiunto di “Un sacco bello” poi, sono senza dubbio i grandi professionisti che Leone e Verdone hanno scelto per sventare le paranoie e le legittime paure dell’attore che divenne regista controvoglia, giacché tentò di farsi guidare da maestri più esperti prima di cedere ai consigli del suo mentore che aveva scommesso sul suo talento.

la locandina

Ecco così che troviamo tra gli attori una storica maschera trasteverina come Mario Brega che nei western di Sergio Leone si era costruito una fama e un personaggio, alle scene c’è il fidato Carlo Simi e le musiche sono firmate da Ennio Morricone, vero e prorpio "regalo" per un giovane esordiente alla macchina da ripresa. La fotografia è di Ennio Guarnieri e il montaggio di Eugenio Alabiso che aveva lavorato con Leone a partire da “Per qualche dollaro in più”.

Insomma un piccolo esercito di “pretoriani” di lungo corso che non potevano tradire con la loro professionalità e che accompagnarono Carlo Verdone passo dopo passo verso il successo. Al resto pensò lui che alla vigilia del primo giorno di riprese non aveva il coraggio di presentarsi sul set.

Finché nel cuore della notte, il papà adottivo Leone non suonò alla sua porta per trascinarlo fuori in una lunga passeggiata notturna attraverso la Roma deserta sotto la luna. Ed è forse proprio la riscoperta di questa protagonista a sorpresa, la città, la sua e nostra Roma, che rassicurò l’incerto debuttante spingendolo a osare il massimo per ottenere il massimo.  

All’epoca Roma aveva una grande anima, nella gente, nel popolo, nelle atmosfere, nei suoni e c’era una grande poesia, si sentiva il rumore dell’acqua nelle fontane, quello dei campanili e di qualche motorino smarmittato che ogni tanto passava. E quella Roma gli diede la forza per cominciare.
 Un sacco bello: quarant'anni fa usciva il film di Carlo Verdone

Sono trascorsi 40 anni dall’uscita di "Un sacco bello", tutti hanno visto quel film e da allora hanno imparato ad amare Verdone, ripensando a quella pellicola ognuno ha emozioni e ricordi che tornano a galla e rimandano a una stagione della propria vita e ad una città molto diversa dalla metropoli in cui viviamo. Involgarita e senza anima.

Non esiste neppure più “il palo della morte”. Oggi, il traliccio dell’alta tensione, è stato sostituito da un albero. Si trova nella rotatoria tra via Giovanni Conti e via delle Vigne Nuove, in direzione del centro commerciale Porta di Roma e tutt’intorno è sorto un intero quartiere. Resta per fortuna il film che ha reso immortali quelle atmsofere e quel vivere un sacco bello, da sognatori.


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