martedì 12 maggio 2020

Mia Martini, 25 anni fa l'addio

di FRANCESCO TRONCARELLI


Il campanello non smette di suonare. Squilla a lungo, ma nessuno risponde. Nando Sepe, il manager, tiene il dito incollato sul citofono, ma niente. Eppure la Citroën verde di Mimì è parcheggiata là fuori, all'esterno di quella palazzina di due piani in via Liguria 2, a Cardano del Campo, provincia di Varese.

Sepe allora chiama la padrona di casa e si fa dare le chiavi in suo possesso. Ma la porta è chiusa dall'interno. Quando poche ore dopo i vigili del fuoco la sfondano, Mia Martini è stesa sul letto in pigiama, il braccio teso verso l'apparecchio telefonico, le cuffie del walkman sulle orecchie. Il suo cuore si è fermato ascoltando "Luna rossa".

"L'espressione è serena", diranno. È morta da quarantotto ore. La notizia rimbalza nei palinsesti televisivi. Renato Zero chiama Loredana Berté, la sorella di Mimì: "Spegni tutto, sto arrivando". I cronisti appostati sotto casa della Bertè ricordano ancora le urla. E, ricordo dopo ricordo, nonostante siano passati venticinque anni da quel terribile 12 maggio del '95, nessuno ha dimenticato la sua voce.

Nessuno ha dimenticato quella voce così speciale, che ti entrava dentro l'anima e ti scuoteva, una voce magnetica, dolce, scura, emozionante che la rendeva unica nel panorama musicale italiano come nessuno ha dimenticato quelle canzoni che Mia Martini ha regalato al nostro pop.

E non potrebbe essere altrimenti perchè la Martini aveva un carisma eccezionale e una padronanza del palcoscenico da grande interprete, caratteriStiche che la contraddistinguevano fra le altre colleghe  a cui abbinava però una sensibilità particolare che la rendeva fragile, troppo e che in certi momenti aveva il sopravvento sul suo essere donna amante della vita e del suo lavoro. 


Aveva 47 anni appena quando morì, secondo l'autopsia per una overdose di sostanze stupefacenti, anche se molti sostengono di farmaci. A lungo in ogni caso si è dibattuto sulle cause che determinarono quel decesso per cercare di dare una spiegazione a una fine triste e solitaria che faceva male a tutti, soprattutto dopo, a "cose" fatte.

Il difficile rapporto con il padre, la tormentata storia d'amore con Ivano Fossati, le maldicenze di cui era stata vittima nel mondo dello spettacolo che la portarono al ritiro dalle scene per diversi anni e i problemi di salute alle corde vocali sono tutti momenti che indubbiamente hanno segnato la sua esistenza che comunque è fatta anche di grandi successi in Italia e all'estero.

Aveva iniziato nei primi anni Sessanta. Un viaggio in treno da Ancona dove la famiglia si era trasFerita da Bagnara Calabra, verso Milano, Etta James e Aretha Franklin nel cuore, Carlo Alberto Rossi che le fa incidere i primi 45 giri, qualche concerto sulla riviera romagnola con Pupi Avati alla batteria.

La carriera da ragazza ye-ye però non decolla. Mimì sta per lasciare, inizia a lavorare al sindacato dei musicisti, ma la passione per la musica è troppo forte. Roma le restituirà la voglia di continuare e a sognare con l'amico di sempre Renato Zero.

La svolta avviene con l'incontro con Albertigo Crocetta, inventore del Piper e talent scout che ha scoperto e lanciato Patty Pravo, Mal e i Rokes. "Dobbiamo cambiare nome però, ci vuole un nome italiano riconoscibile nel mondo. Ho pensato a Martini", dice Crocetta riferendosi al liquore. "Va bene- risponde lei- però mi chiamerò Mia, come Mia Farrow", la sua attrice preferita. E la sua storia ha inizio.


Gli anni Settanta saranno i suoi anni. Inizia a collaborare in modo stabile con Baldan Bembo, Claudio Baglioni. Con Bruno Lauzi e Franco Califano scatta l'alchimia musicale. Sono questi due autori, che le cuciono addosso due brani diventati dei successi enormi che sono entrati nella storia del nostro pop.

"Piccolo uomo", scritto dal piccolo grande artista genovese (che poi diventò un suo amico) su musica di Dario Baldan Bembo e "Minuetto", scritta dal Califfo, due pezzi stratosferici che sanno di vita vissuta e trasformarono l’artista calabrese in una stella, le fruttarono la vittoria al Festivalbar e la corona di cantante dell’anno secondo la critica europea alla faccia delle dicerie sul suo portare male.

Per Ivano Fossati, che con lei ha condiviso una pezzo importante e trormentato di vita, Mia era "Una monomaniaca della musica". A lei regalò "E non finisce il cielo", una delle melodie d'amore più intense della nostra musica con cui partecipò per la prima volta al Festival di Sanremo nel 1982 ottenendo il Premio della Critica, istituito in quell'anno appositamente per lei e che a lei sarà intitolato dopo la sua morte.

Ma premi sinceri non le bastavano a tirare avanti per via delle maldicenze che affossavano la sua persona e indebolivano la sua personalità. Una chiacchiera pesante che la porterà a ritirarsi. Non sono sufficienti la stima, l'affetto, l'amore che le manifestano Charles Aznavour, Pino Daniele, Paolo Conte, Fabrizio De Andrè.

Mimì decide di darci un taglio. Si rifugia dalla sorella più grande Leda, in cerca di una vita normale. È il 1985. Sparisce per quattro anni, si trasferisce a Calvi, in Umbria, solo piccoli concerti di provincia, pochissimi. Poi una sera del dicembre del 1988 un incidente con la sua macchina da cui esce illesa e che la scuote da un tran tran provinciale facendola tornare in pista per riprendersi il suo mondo.

"Sai, la gente è strana, prima si odia e poi si ama, cambia idea improvvisamente, come fosse niente, sai la gente è matta, forse è troppo insoddisfatta, segue il mondo ciecamente, quando la moda cambia, lei pure cambia continuamente e scioccamente": è un brano firmato da Bruno Lauzi e Maurizio Fabrizio e rimasto nel cassetto dal 1972.

S'intitola "Almeno tu nell'universo" ed è il pezzo ideale per la ritrovata Martini che lo presenta a Sanremo nel 1989 ricevendo un'ovazione dal pubblico: La sua performance, i pugni levati al cielo, gli occhi chiusi, è da pelle d'oca, è una canzone che a una melodia coinvolgente abbina un testo struggente che Mia esalta con la sua voce. La Critica la premia nuovamente, ma quell'anno il festival avrebbe dovuto vincerlo lei.

Mia Martini torna a sorridere e a sentirsi viva. Verranno "La nevicata del '56", "Gli uomini non cambiano", "Cu' mme", tornerà il successo quello vero, gli applausi, la considerazione del pubblico.
Nel 1993, dopo un decennio di reciproci silenzi, corre da Loredana ricoverata in ospedale per il tentato suicidio dopo la fine col tennista Borg. Baci, abbracci e un progetto, tornare insieme a Sanremo. Lo faranno l'anno successivo con "Stiamo come stiamo".

Poi quello che sarà il suo testamento. Un album registrato dal vivo, con le cover dei brani dei cantautori che sente più suoi con un titolo che la dice tutta "La musica che mi gira intorno" come il brano di Fossati, nume artistico da sempre per lei e croce e delizia dei suoi rapporti con l'amore.

E' il canto del cigno che qualche malvagio voleva brutto anatraccolo, è l'ultimo acuto prima di quella fine drammatica di una storia bella e impossibile dedicata alla musica. Sono venticinque anni che Mimì non c'è più e il vuoto che ha lasciato è enorme. Restano a lenire questa mancanza le sue canzoni e quell'umanità che le animava rendendole vive e immortali.




2 commenti:

  1. Sono tanti i miei ricordi con Mimi',artistici e umani che non potro' dimenticare, sono parte di un percorso fatto insieme.Tanti successi e tanta buona Musica.Ciao Mimi'!!

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  2. Rimarrà sempre nel mio cuore e in quelli di tanti altri che rimarrà immortale contrariamente ai bastardi che l'hanno uccisa. Eternamente Mimi

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