giovedì 12 novembre 2020

"Apache" 60 anni di un boom

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Vasco Rossi la sentì alla radio e se ne innamorò all'istante. Così quando insieme ad altri ragazzini fondò il primo complesso, i Little Boys, iniziarono subito a suonarla. Stesso discorso per Dodi Battaglia, che lasciò l'amata fisarmonica per lei, impugnando per la prima volta una chitarra.

Medesima folgorazione la ebbero Enrico Ciacci, il talentuoso fratello di Little Tony vero e proprio funambolo della chitarra, come anche Alberto Radius, chitarrista di Lucio Battisti e della Formula 3, Gino Santercole e Natale Massara dei Ribelli di Celentano, Ricky Portera e tutti quei giovani che dalla metà degli anni Sessanta in poi, si affacciavano nella musica per diletto con la speranza che diventasse un mestiere.

Tutti pazzi per "Apache", il brano strumentale degli Shadows che esattamente 60 anni fa esplose nelle classifiche di tutto il mondo, aprendo orizzonti sconosciuti e nuove strade ai futuri saranno famosi delle sette corde. Da Eric Clapton a Jimmy Page, da David Gilmour a Brian May, tutti a suonare questo bano dedicato ad una delle tribù più famose dei nativi americani, quella di Geronimo.

La storia degli Shadows si fa risalire a un trio fondato da Cliff Richard (prima che diventasse solista e numero uno in Inghilterra), che si esibiva nei locali di Londra facendosi chiamare The Drifters. La svolta si ebbe quando diventarono complesso con l'entrata del fenomeno Hank Marvin, chitarra solista e del bravissimo Bruce Welch alla ritmica.

Cliff Richard e The Shadows

E la musica cambiò, rock elettronico come pure il nome, The Shadows appunto, che conquistarono subito la scena piazzando due brani ai primi post della chart britannica. Era il 58 e il gruppo si pose alla ribalta della scena musicale d'Oltremanica dominandola per quattro anni sino all'avvento dei Beatles di cui furono i precursori. 

Fu proprio durante un'esibizione degli Shadows a Liverpool che il manager dei Beatles Brian Epstein segnalò a John Lennon e gli altri, l'eleganza degli abiti delle "Ombre", i loro passi coreografici sul palco e l'inchino al termine dei concerti. 

Una messiscena di grande classe che colpi il pubblico giovanile già ipnotizzato dalle svisate di Hank Marvin e le rullate sui tamburi di Tony Meehan. The Shadows sono stati il primo gruppo "elettrico" della storia del rock nella formazione poi divenuta classica, ovvero chitarra solista, ritmica, basso elettrico e batteria.

Una band che come dicevamo influenzò migliaia di giovani che a loro volta diedero origine ad una miriade di gruppi (all'epoca chiamati complessi) tra i quali emersero gli stessi Beatles, i Rolling Stones, gli Yardbirds e così via.

il 45 giri "Apache"

La Stratocaster Fiesta Red divenne l'icona per eccellenza, stesso discorso valeva per gli amplificatori Vox e per l'echo Binson, quelli che avevano Cliff Richard e compagnia bella. Musicisti eccezionali e di grande talento che entusiasmavano il pubblico in tutto il mondo.

Ciliegina sulla torta del loro successo e vero e proprio brano da applausi a scena aperta per il ritmo incalzante e le atmosfere esotiche che evocava fu "Apache", disco decisamente suggestivo composto da Jerry Lordan sulla scia del film omonimo interpretato da Burt Lancaster, che ancor oggi mantiene la sua freschezza nella versione originale. 

All'inizio del pezzo si sente un rullo simile a quello dei tamburi di pelle animale degli indiani, poi la chitarra elettrica di Marvin inizia ripetendo due volte il riff d'introduzione enfatizzato da un calibrato riverbero e dalle vibrazioni del tremolo, dopodiché anche gli altri partono con il motivo che riecheggia quello dei nativi quando camminano e danzano intorno ai falò prima di una guerra.

il film "Apache" con Burt Lancaster

"Apache" ha avuto parecchie cover per tutti gli anni '60, ma dobbiamo arrivare ai precursori del movimento Hip Hop d'oltreoceano per ritrovarlo in una nuova veste, grazie all'arguzia geniale di Michael Viner e The Incredible Bongo Band che lo hanno rilanciato negli anni Settanta.  

Dopo 21 anni "Apache", incurante del tempo e delle mode, si reincarna una terza volta nel 1981 per effetto dell'energia della Sugarhill Gang e al groove di Grandmaster Flash.

Ed ancora la nostra storia non è finita, perché la canzone dei The Shadows,  riarrangiata da Michael Viner e ripresa dalla Old School Hip Hop statunitense, nel 1998 ritorna nel Regno Unito e compare nell'album On The Floor at The Boutique di FatBoy Slim.

Con questa riproposizione vinecnte, si è chiuso il cerchio delle mille vite di questa canzone che per 40 anni ha vissuto un numero illimitato di reincarnazioni, restando sempre in cima e nel cuore delle generazioni che si sono succedute, un record che poche altre musiche possono vantare.

"Apache" peraltro ancora oggi è nel repertorio live di Fatboy Slim e inevitabilmente è finita nella serie "The Get Down" di Netflix che descrive quella New York degli anni 70 che ha generato gli stili pop che attualmente invadono la nostra quotidianità. L'originale però è sempre il migliore. Eccolo


1 commento:

  1. Negli anni 60 Bruno fidanzatino di allora e marito adesso da 50 anni appassionato di questo brano...a me .lo faceva sentire spesso con amore al telefono.. Bei tempi....il nostro tel duplex era spesso occupato...

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