mercoledì 24 settembre 2025

Addio Claudia Cardinale

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Quella bellezza mediterranea che ti conquistava, quel fascino irresistibile che la distingueva dalle altre, quello sguardo che ti entrava dentro e che dava alle sue interpretazioni una intensità particolare, se n'è andata Claudia Cardinale, una delle ultime grandi attrici dello Star system internazionale, conosciuta e applaudita ovunque, una stella che brillava di luce propria e illuminava lo schermo.

Ad annunciare la sua scomparsa a Nemours, vicino a Parigi, dove viveva, circondata dall'affetto dei figli, il suo agente, aveva 87 anni ed era malata da tempo. 

Durante la sua lunga carriera, iniziata a metà degli anni Cinquanta, ha recitato in una vasta gamma di generi cinematografici. Dalla commedia all'italiana agli Spaghetti western, dai film drammatici a quelli storici sino a quelli di stampo hollywoodiano, lavorando anche nella musica, in teatro e in televisione. Ha partecipato a più di 150 film, alcuni dei quali considerati delle pietre miliari del cinema d'autore.

Nata a Tunisi il 15 aprile 1938 da una famiglia di origini siciiane, è stata una delle attrici più celebri del cinema italiano e una delle ultime dive del secondo Novecento. Ha vinto tre David di Donatello e tre Nastri d'argento, oltre al Leone d'oro alla carriera conferitole alla Mostra del cinema di Venezia nel 1993 e il David, anch'esso alla carriera, del 1997.  

Tra i suoi film più celebri, accanto al protagonista Marcello Mastroianni, “Il bell'Antonio” di Mauro Bolognini e "8½" di Federico Fellini, "La ragazza con la valigia " di Zurlini, "I soliti ignoti" di Mario Monicelli, “La ragazza di Bube”di Luigi Comencini, "Vaghe stelle dell'Orsa" di Visconti, "C'era una vota il west" di Srguio Leone,“La pelle ” di Liliana Cavani. 

Ancora "Bello onesto emigrato Australia" di di Luigi Zampa con Alberto Sordi, "Nell'anno del Signore" di Luigi Magni, "Il giorno della civetta" di Damiano Damiani. E' stata anche Paolina Bonaparte in “Austerlitz”, e Claretta Petacci in “Claretta” di Pasquale Squitieri, il regista napoletano al quale è stata a lungo legata.. 

Al di fuori dei confini nazionali, ha  dato volto e anima a ruoli intensi sotto la direzione di maestri come Abel Gance, Blake Edwards, Werner Herzog e Manuel de Oliveira. Oltreoceano ha raggiunto un grande successo di pubblico ricevendo numerosi consensi da parte della critica, affiancando alcuni degli attori internazionali più acclamati, nomi come John Wayne, Sean Connery, William Holden, Henry Fonda, Eli Wallach, Orson Welles, Peter Finch, Anthony Quinn, Jack Palance, David Niven, Laurence Olivier.

Il 1963 fu un autentico spartiacque nella sua carriera e nella storia del cinema italiano. In un arco di tempo incredibilmente breve, l'attrice lavorò contemporaneamente con Luchino Visconti e Federico Fellini. Due maestri, ma anche due mondi opposti.

Nel "Gattopardo" di Visconti, tratto dal capolavoro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Cardinale vestì i panni di Angelica Sedara, ruolo che lei stessa definì "il più bel regalo della mia vita d'attrice". Con lei Alain Delon nel ruolo di Tancredi e il grande Burt Lancaster. Un set dove l'ordine regnava sovrano e anche le candele della sala della scena del valzer erano vere e accese ad ogni ripresa.


All'opposto, nel vortice creativo di "8½", Claudia fu trascinata da un Federico Fellini che amava il caos quanto Visconti amava l'ordine. Nell'apparente disordine però, tutto era sotto il controllo del regista riminese. Fellini fu il primo a volerla non doppiata, intuendo la forza unica della sua voce così particolare.

La notizia della sua morte ha fatto il giro del mondo, rilancata dai media internazionali e dal popolo del web. E non poteva essere diversamente perchè Claudia Cardinale è stata un'attrice che ha lasciato il segno non solo come icona di una bellezza solare ma anche come artista che con le sue interpretazioni ha regalato emozioni a non finire al pubblico. 

Addio Angelica, ora lassù ritroverai il tuo Tancredi per un valzer celestiale... 

domenica 21 settembre 2025

Lazio, errore fatale. Le Pagelliadi

di FRANCESCO TRONCARELLI 

6 e mezzo a Castellano e Pipolo - Questa era una partita che non si doveva perdere. Per tanti motivi, classifica, prestigio, supremazia cittadina. Come sono andate le cose lo hanno visto tutti. Tre, quattro occasioni fallite, mille falli non sanzionati contro di noi, poi al primo attacco loro la squadra è andata in tilt. Sì poi c'è stata una reazione d'orgoglio ma se non riesci a recuperare lo svantaggio ce fai poco con l'orgoglio. Manco na bruschetta pe digerì sto scempio. Meglio comunque col puntero argentino in campo. Ma anche lui è stato sfortunato. Speriamo che sta botta non peggiori le cose, ma tre punti in quattro partite sò imbarazzanti...

6 e mezzo a Patrizia Pellegrini - Ha dato tutto. Un gladiatore. Altro che Riddley Scott. Ma non è bastato.

6 a Gila il mondo gila (Cantagiro, Jimmy Fontana, 1965 - All'inizio si è involato ma è finito involtino.

6 a Viale dei Romagnoli, 13 Ostia - È partito in quarta è finito in folle.

6 a Benigno Zaccagnini - Lo hanno massacrato ma il suo sacrificio non è servito a niente. Si è immolato per nulla. 

6 a Rovella per chi non si accontenta - Come si dice dalle nostre parti, je manca sempre un soldo pe fa na lira. Però quel pallone in mezzo all'area l'aveva scodellato bene. È che ai suoi compagni de merende manca non solo il fiuto del gol, ma anche la fame.

6 a Pedro Pedro Pedro Pè - Il meglio di Santa Fè e Trigoria gioca da subito. Una scelta che non condividiamo. Lui è l'uomo dell'ultimo assalto, che fa valere la sua classe ed esperienza quando gli altri tirano il fiato. Peccato. Avevi una carta da giocarti al momento opportuno, l'hai sprecata. Sorrisi e canzoni consiglia, guarda la Ruota della fortuna e vedi come i concorrenti si giocano il jolly.

6 a Massimo Di Cataldi - Quando te dice male te dice male. Un palo che grida vendetta.

6 a Dio vede e Provedel - Ha evitato che la situazione peggiorasse. 

5 a Somarusic  - Senza infamia e senza lode. Senza.

5- - a Guendo è bello esse laziali - ma se perdi per un errore te rode. E poi a fasse buttà fuori quando la partita è finita a che serve?

4-a Bella Janez (Sandokan, Rai 1) - Dice che è subentrato a Dele ctrl canc. Dice. Dicono. Sembra. Ma siamo sicuri? Si perchè si è fatto cacciare come un pivello dopo che loro hanno menato come fabbri. L'unico espulso nonostante gli altri ne avessero ammollate a raffica. 

3 Dio perdona pure Dia - Aveva sui piedi la palla del pareggio. Come un dilettante allo sbaraglio l'ha gettata alle ortiche. Ma ci dovrebbero buttare lui. E lasciarlo lì.

3- a senti che musica coi Tavares - C'era una volta la freccia biancazzurra. Partiva senza il via del capostazione e arrivava a destinazione in un attimo. Una volta. Ora è fermo sul binario morto. L'errore che ha commesso favorendo il gol degli avversari è da lavori forzati. A vita. Sipario


giovedì 18 settembre 2025

Quella calda estate del 65

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Il mondo, Ciao ciao, La notte, Il silenzio: una hit parade piena di successi. Da Jimmy Fontana a Petula Clark, da Adamo a Nini Rosso, quando l'Italia andava a 45 giri 

Musicalmente parlando, quella del ’65 fu un’estate veramente calda. Un’estate di fuoco. I dischi si vendevano a palate, la stampa specializzata (Sorrisi e Canzoni, Giovani) puntualmente dava notizie su divi e aspiranti tali della canzone, manifestazioni come il Cantagiro andavano a gonfie vele e radunavano decine di migliaia di persone ad ogni tappa.

Non c’era internet, non c’erano i social, i cellulari erano i blindati della Polizia che intervenivano per l’ordine pubblico e non telefoni portatili, eppure la voglia di musica che oggi è supportata e amplificata da queste realtà tecnologiche, era ugualmente soddisfatta. 

Bastava accendere la radio, mettere cento lire in un jukebox o andare in un negozio di dischi e comprare un 45 giri. E che dischi. Se si dà un’occhiata alla classifica dei brani più venduti di quell’anno, si può notare come la gran parte sia arrivata ai giorni nostri, sessanta anni dopo, praticamente una vita, con la stessa freschezza di allora o comunque senza portarsi appresso la polvere del tempo.

Perché sono pezzi scritti bene, musicati meglio e arrangiati come si deve. E non è solo questione del fascino del vintage alimentato da programmi televisivi ad hoc e dagli stessi interpreti ancora in attività, che ce li fa sembrare attuali. 

E’ questione che una volta c’erano gli autori, c’era la sana e provvidenziale gavetta che selezionava i migliori e c’erano le case discografiche che “crescevano” i propri artisti. Il settore insomma era in mano a professionisti che a loro volta si avvalevano di altri professionisti: due nomi su tutti, Morricone e Bacalov, maestri arrangiatori della Rca. 

gira il mondo gira...

Col passare del tempo invece, si è passati dai talenti ai talent, e non è la stessa cosa. E poi, come dicevamo, c’erano fior di autori. Mogol e Franco Migliacci per esempio, due poeti che raccontavano attraverso le oro esperienze anche la vita di tutti noi. 

Allora vediamo. Quattro sono i 45 giri che superarono abbondantemente il milione di copie vendute dominando in assoluto le classifiche, "Il mondo" di Jimmy Fontana, "Ciao ciao" di Petula Clark "La notte" di Adamo e "Il silenzio" di Nini Rosso.

Sono pezzi straordinari, entrati di diritto nella storia del nostro pop, quattro canzoni che hanno illuminato le notti di quella estate del Boom economico in cui gli italiani scoprivano le vacanze "tutto compreso", compravano le lavatrici e le macchine a rate all'inseguimento della felicità fatta di poche ma fondamentali cose.

 

"Il mondo" nasce da un'intuizione di Gianni Boncompagni sulla scia di una filastracca svedese che parlava del mondo che girava, dal testo di Gianni Meccia quello del "Barattolo" che rotolava e dall'arrangiamento della musica di Fontana e Carlo Pes studiato da Ennio Morricone. Come dire, cronaca di un trionfo annunciato. 

"Gira il mondo gira nello spazio senza fine con gli amori appena nati con gli amori già finiti, con la gioia e col dolore della gente come me, oh mondo soltanto adesso io ti guardo, nel tuo silenzio io mi perdo, e sono mniente accanto a te...".

"Ciao ciao" cover della hit "Downtown" è il brano che sbaraglia tutti al Festivalbar di Vittorio Salvetti vincendolo a mani basse grazie alla sua interprete, Petula Clark, "la Mina d'Oltremanica" che con i suoi acuti che esaltano le vacanze al mare con gli amici, scuote il pubblico del juke box. Tutta l'Italia canta con lei "Ciao ciao" il resto lo fa la musica avvolgente e travolgente. 

 

Ma a fare centro nei cuori più o meno infranti degli innamorati del Bel paese è Adamo, il figlio del minatore siciliano emigrato in Belgio e diventato un big internazionale che con "La notte" raggiunge una vetta altissima, per intensità del testo (è Nisa, il sodale di Carosone ha curarare la versione italiana dall'originale francese), della musica (che spettacolo la fisarmonica...) e della interpretazione.

"Se il giorno posso non pensarti, la notte maledico te, e quando infine spunta l'alba, c'è solo vuoto intorno a me, la notte tu mi appari immensa, invano tento di afferarti, ma ti diverti a tromentarni, la notte tu mi fai impazzir...".

 

E poi c'è "Il silenzio", un brano  dimenticato nonostante i 5 milioni (5 milioni!!!) di dischi venduti in Europa, lanciato dal mago della tromba Nini Rosso. Un pezzo che ha un sapore di cose perdute e di nostalgia canaglia ai massimi, perchè rimanda a una stagione della vita che non esiste più, quella del Servizio di leva obbligatorio.

Era la colonna sonora delle notti in caserma dei militari, il segnale della fine della giornata e dello spegnere le luci in camerata, quando i ragazzi con le stellette sprofondati sulle brande iniziavano a pensare a casa, alla fidanzata, agli amici e contavano i giorni che mancavano alla fine, "all'alba" come si diceva, scene che si possono rivivere nei musicarelli di Gianni Morandi con Laura Efrikian. 

  

Musicarelli nati sulla scia di canzoni che il golden boy della musica leggera italiana sfornava a ripetizione, come "Non son degno di te", "Se non avessi più te" e "Si fa sera" che esattamente 60 anni fa, il 18 settembre 1965 era ai primi posti di Hit parade. E scusate se è poco.

Ma c'erano anche Rita Pavone con "Lui", Dalida con "La danza di Zorba" (che brano, lo ballavano tutti) e il grande Peppino di Capri con la struggente "Melancolie" che 50 anni dopo sarà ripresa dal premio Oscar Sorrentino nel suo film The young Pope.

Rita e Gianni al Cantagiro

E in quella estate che sembrava non finire mai, fra i gorgheggi di Mina per "Un anno d'amore", i lamenti di Celentano col suo "E voi ballate", l' "Uno dei Mods" di Ricky Shayne  mentre Louiselle invitava tutti in campagna col suo trascinante "Andiamo a mietere il grano", Edoardo Vianello ci ricordava di non stare troppo sotto i raggi del sole per evitare di spellarsi e diventare rossi come "il Peperone".  

E che dire di Michele, genovese, amico di Fabrizio De Andrè che per lui scrisse "Susan de marinai" e di Luigi Tenco che due anni dopo il boom di "Se mi vuoi lasciare" tornava in classifica con "Ti senti sola stasera". 

Quel trionfo estivo lo inserì di diritto e prepotentemente fra Little Tony e Bobby Solo, come emulo, anche lui, di Elvis Presley perchè quel brano era la cover di "Are you lonesome tonight" del Re del rock mondiale.

Sì, fu un’estate veramente calda quella del ’65. Un’estate di fuoco.

 

martedì 16 settembre 2025

Addio Robert Redford

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Le rughe che solcavano il suo volto denunciando l'età che inesorabilmente avanzava, non avevano però scalfito il suo fascino e soprattutto la sua bravura che andava al di là del mero aspetto fisico. 
Sì perchè Robert Redford che ci ha lasciato a 89 anni era uno dei più grandi attori hollywoodiani, un gigante del Novecento, che ha regalato interpretazioni memorabili in film memorabili. 
Citando a caso pellicole come Butch Cassidy (che colonna sonora!), I tre giorni del Condor, Tutti gli uomini del presidente, A piedi nudi nel parco, La stangata, Come eravamo, La mia Africa, titoli di film entrati nella storia del Cinema come lui.
Sono film girati al fianco di nomi immensi come Paul Newman, Barbra Streisand, Jane Fonda, Dustin Hoffman, attori che solo a nominarli fanno venire i brividi.
Ambientalista convinto, produttore, regista, due Oscar (Gente comune e alla carriera) Redford era un'istituzione, un artista che viveva il suo tempo senza rintanarsi nel privato e nel quieto vivere, era un attore come purtroppo non ce ne sono più. 
È morto nel sonno a casa sua, il modo migliore per congedarsi da chi lo ha applaudito e ora lo ricorda con nostalgia...


domenica 14 settembre 2025

Lazio imbarazzante. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

6 a Benigno Zaccagnini - Nei 49 minuti del primo tempo la Lazio non ha fatto un tiro in porta contro il Sassuolo ultimo in classifica a 0 punti. Sicuramente nella ripresa le cose cambieranno. Sì, sono cambiate perché i neroverdi hanno segnato mentre i biancocelesti si avvitavano sempre di più su loro stessi, senza un'idea valida per uscire da quell'impasse o una giocata di qualità di qualcuno che potesse risollevare le sorti. Una sconfitta non certo annunciata ma che denuncia clamorosamente la mancanza di una visione di gioco e di assimilazione di schemi a cui evidentemente non crede nessuno. Copertina all'arciere che almeno c'ha provato. 

6 a Gila il mondo gila (Jimmy Fontana, Cantagiro 1965) - L'unico in palla là dietro. Ma una rondine non fa primavera. Qui piove de brutto.

6 a Pedro Pedro Pedro Pè - Una ventata di freschezza fra tanti cotti e stracotti. Ma c'ha pure na certa mica può risolvere i problemi di tutti.

6- a Massimo Di Cataldi - Due piu due, quattro, tre per tre, nove, il compitino lo sa fare, solo che è una vita che sta alle tabelline. Non cresce mai. Come Cristina D'Avena.

6- a Dio vede e Provedel - Il miracolo non è più nelle sue possibilità. Al Vaticano lo sanno e hanno bloccato la pratica di beatificazione.

6- a Guendo è bello esse laziali - Ma se si perde ce rode più dell'artri.

6- a Viale dei Romagnoli 13 Ostia - È rientrato nella partita sbagliata.

5 e mezzo a Somarusic - Non ha fatto danni, nè è stato fra i peggiori. Della serie non ci sono più le mezze stagioni nè le pippe al sugo di una volta.

5 e mezzo a Dio perdona pure Dia - Il tiro in porta questo sconosciuto. Boh.

5 e mezzo a senti sta musica coi Tavares - C'era una volta la freccia biancazzurra, partiva da Termini e arrivava in un baleno in cima al mondo. Ora lo supera pure il trenino per Ostia. Lui resta a Piramide.

5 e mezzo a Bella Janez (Sandokan, Rai 1) - Nè carne nè pesce. Nè.

5 a Castellano e Pipolo - No tiri no party ma manco na biretta con gli amici. Cercasi il puntero argentino disperatamente. 

5 a Rovella per chi non si accontenta - Troppo nervoso, troppo fumantino, troppo litigioso. Ma non troppo forte come Verdone. Dall'oroscopo di Branko la Luna consiglia: fate una flebo di camomilla e spegnete i bollenti spiriti con una immersione nel ghiaccio. 

5- a Dele ctrl canc alt - È come il programma di Gigi Marzullo. Inutile

5- - a Rosanna Cancellieri - c'è stato chi, quando ha visto la capocciata che ha preso, ha pensato, mò così se sveja, madeche, niente. Dormiva prima ha dormito dopo perdendo tutti i duelli e gli scontri con l'avversario di turno. Ronf ronf e tutti a nanna. Sipario.

lunedì 1 settembre 2025

Indimenticabile Mario Riva

di FRANCESCO TRONCARELLI


Era un primo di settembre come oggi, del 1960, e l’Italia si fermava per la morte di Mario Riva artista amatissimo dal pubblico e tra i padri fondatori della televisione. Il suo 'Il Musichiere' infatti era stato per anni l'avvenimento senza rivali del sabato sera sul piccolo schermo e non solo. Lo vedevono tutti, lo commentavano tutti, ne parlavano tutti.

Era un programma, compresa la sigla di chiusura 'Domenica e' sempre domenica (di Gorni Kramer, Garinei e Giovannini), ritagliato su misura del conduttore, esaltandone quella aria scanzonata e quella bonomia che lo contraddistingueva fra i tanti e che lo faceva entrare subito in sintonia con gli ospiti nazionali e internazionali di altissimo livello che vi partecipavano.

Tutti i più grandi nomi dello spettacolo di quei tempi, dalla star hollywoodiana Gary Cooper (“Mezzogiorno di fuoco”) alla diva internazionale Josephine Baker (“J’ai des amour, mon pays et Paris ”), andavano nel suo show introdotti dopo il tradizionale “Ecco a voi…”, da un avverbio rispolverato dal dimenticatoio dallo scoppiettante Mario e che diventerà d’uso comune immediatamente: “nientepopodimeno che".

Mario con Gary Cooper

Il duetto canoro tra Coppi e Bartali, acerrimi nemici sulle due ruote, ma amici nella vita, divenne, anche grazie all'abilità di Riva, un classico della televisione italiana, il debutto di Mina e Celentano avvenne lì, le gag con Manfredi hanno fatto epoca. Come i vincitori, a cominciare dal cameriere Spartaco D'Itri che con i milioni vinti in questo game show ante litteram si comprò un ristorante per proseguire con la bella e brava Piera Farfarelli poi attrice nei film con Claudio Villa.

All'epoca della morte Riva, che aveva appena 47 anni, era impegnato proprio in un'edizione speciale del programma all'Arena di Verona: quello che sembrò un banale incidente (una caduta nella buca del palcoscenico) si rivelò invece fatale, mettendo fine ad una storia professionale fatta soprattutto di una lunghissima gavetta e di un successo tardivo, ma memorabile.

A soli quaranta secondi dall'inizio della trasmissione accadde l'irreparabile. Mario in smoking, era pronto ad entrare in scena. Si trovava su un alto praticabile di legno posto sul lato sinistro del palcoscenico e dal quale, scendendo lungo un piano inclinato, avrebbe raggiunto il microfono reggendo un'accesa fiamma olimpica, visto che l'evento dell'anno, che sarebbe iniziato qualche giorno dopo, era l'Olimpiade di Roma.

Il praticabile sul quale si trovava il presentatore era unito al restante blocco del palco orchestrale da una incastellatura ricoperta di tela. Si trattava di una costruzione scenica di uso corrente con tanto di appositi cartelli di pericolo ben esposti. Ma l'Arena gremita da venticinquemila spettatori, l'emozione della diretta, l'ansia e la gioia di un nuovo trionfo, giocarono un brutto scherzo al presentatore.


Riva mise un piede su quella striscia di tela. Frazioni di secondo, un urlo, un pesante rotolare, una caduta di un paio di metri ma in grado di fare danni molto seri. Fu un attimo. Garinei balzò ad avvisare Gorni Kramer, al centro dell'orchestra e ignaro di tutto, Giovannini catapultò Miranda Martino sul palco.

I titoli di testa erano già passati, le telecamere erano sul totale dell'Arena. La Martino, cantante in gara, si improvvisò conduttrice, supportata da Tata Giacobetti del Quartetto Cetra. I cantanti erano sotto choc, Riva era stato prontamente soccorso ma non arrivavano notizie. Si offrì di condurre la serata Renato Rascel, ma gli autori si opposero perché la sua canzone era ancora in gara.

Pubblico e telespettatori vennero tenuti all'oscuro e la serata in qualche modo continuò, grazie all'abilità degli autori, alla disponibilità di Miranda Martino e al mestiere di Rascel che alla fine si aggiunse, riuscendo a far cantare a quella sterminata platea «Domenica è sempre domenica», sigla del «Musichiere».

All'ospedale civile di Verona iniziava la lunga battaglia per la vita di Mario Riva. Per una intera settimana si alternarono notizie preoccupanti e rassicuranti, cadute e riprese, arrivo di nuovi medicinali e mancate intuizioni. La cartella clinica del presentatore si presentava più critica del previsto già in partenza.


Morì il 1 settembre, epitaffio di un anno che già aveva visto la prematura scomparsa di Fausto Coppi e Fred Buscaglione tre miti che con la loro scomparsa entrarono nella leggenda. Due giorni dopo, il 3 settembre, la salma arrivò a Roma. Nella chiesa del Sacro Cuore di Maria, a piazza Euclide, c'erano duecentocinquantamila persone.

Il mondo dello spettacolo al gran completo (Aldo Fabrizi, Maurzio Arena, NinoTaranto, Gino Cervi, Alberto Sordi, Nino Manfredi) e una folla di sinceri appassionati fin dalle prime ore del mattino ad aspettare, sotto un caldo asfissiante, il feretro che arrivò solo alle due di pomeriggio, quando il termometro sfiorava i quaranta gradi. 

Mario era nato a Roma nel 1913, vero nome Mariuccio Bonavolontà, aveva alle spalle una robusta carriera di attore comico: giovanissimo negli anni '40 aveva esordito con spettacoli per i soldati italiani; nell'immediato dopoguerra era passato all'avanspettacolo e subito dopo, per tutti gli anni '50, nella rivista e nella commedia musicale.

Nel suo lavoro aveva collaborato con molti, destinati poi a rappresentare la storia dello spettacolo italiano: tra gli autori di rivista, Michele Galdieri, con il quale dette vita con Totò, Anna Magnani, Paola Borboni ad una lunga stagione di spettacoli al Teatro Valle di Roma. Poi, nel periodo napoletano, con la Compagnia di Peppino De Filippo, a fianco di Beniamino e Pupella Maggio.


Nel 1948, al teatro Colle Oppio di Roma, Riva aveva incontrato Riccardo Billi, altro giovane emergente attore comico, con il quale costituì una delle prime "coppie" comiche dell'epoca dando così il via a un modello che ha avuto grande successo: Totò e Peppino, Tognazzi e Vianello, Franco e Ciccio, Ric e Gian, Cochi e Renato, fino ai nostri giorni Greggio e Iachetti.

Billi e Riva, sotto la guida di Garinei e Giovannini, conobbero una fortunatissima stagione di commedia musicale con titoli di grande richiamo: 'La bisarca' (1950), 'Alta tensione' (1951), 'I fanatici' (1952), 'Caccia al tesoro' (1953), 'Siamo tutti dottori' (1954), 'La granduchessa e i camerieri' (1955), 'Gli italiani sono fatti così' (1956).

Insieme a loro, grandi nomi dell'epoca: Wanda Osiris, Gino Bramieri, il quartetto Cetra, due giovanissimi talenti come Nino Manfredi e Paolo Ferrari. Il tutto spesso accompagnato dalle musiche delle orchestre di Armando Trovajoli e Lelio Luttazzi.

Al cinema Riva ebbe al suo attivo oltre 40 film, sia come protagonista sia come 'guest star' assieme a Totò, Peppino De Filippo, Alberto Sordi, Walter Chiari e Aldo Fabrizi. Ma fu soprattutto 'Il Musichiere' (tratto da Garinei e Giovannini dal format Usa 'Name that tune') a dargli successo: la prima trasmissione andò in onda nel dicembre 1957 per chiudersi, 90 puntate dopo, nel 1960 con la morte del conduttore.

con Albertone

90 puntate entrate nella storia dello spettacolo e del nostro costume, grazie alla sua conduzione bonaria, scanzonata e al tempo stesso professionale da grande comunicatore quale era. Il sabato sera, i cinema, al posto del film in cartellone, trasmettevano il programma diffuso dallo storico 'Studio Uno' di via Teulada a Roma.

Riva insieme a Mike Bongiorno, ebbe la capacità di comprendere subito l'enorme potenziale di comunicazione della televisione: per questo fece perno su una conduzione popolare con l'uso ravvicinato della telecamera per dialogare direttamente con il telespettatore, sull'invenzione di una casalinga immaginaria "la signora Clotilde", sul rivolgersi direttamente ai politici per situazioni di bisogno e anche sulla noncuranza per una spiccata cadenza romana. E fu ripagato dal pubblico che lo sentiva vicino e amico.

Ma Riva, l’indimenticabile Mario, è stato anche un grande laziale, tifoso appassionato e convinto, così convinto da entrare a far parte del consiglio direttivo della società guidata dal Presidente Siliato. Era un fedelissimo dell’Aquila che seguiva nelle partite all'Olimpico.

 La sua simpatia travolgente, la sua romanità, la sua bonomia, incarnavano l’essenza tipica del tifoso laziale di quel periodo, mai invadente o sopra le righe ma comunque gajardo e tosto. Spesso si ritrovava in Tribuna Tevere con il divo dei "telefoni bianchi" Robeto Vila, il povero ma bello Franco Interlenghi e la voce di Stanlio Enzo Garinei (i quattro moschettieri della Lazio) per assistere alle partite.

La Lazio di Lovati, Rozzoni e Tozzi con il lutto al braccio per Riva

E i tifosi appena lo vedevano, lo accoglievano cantando la sigla del Musichiere diventata un successo per quel ritornello semplice e senza pretese che infondeva serenità e ottimismo, fotografando un piccolo mondo antico che di lì a poco sarebbe scomparso con l’esplodere delle nuove mode e dei nuovi modi di vivere.

“Domenica è sempre domenica/ si sveglia la città con le campane/ al primo din don del Gianicolo/ Sant’Angelo risponde din don dan/ Domenica è sempre domenica/ e ognuno appena si risveglierà/ felice sarà e spenderà, sti quattro sordi de’ felicità”.

Era un grande Mario Riva, un personaggio unico nel suo genere, un artista che dalla gavetta aveva scalato tutti i gradini del successo per conquistare l'Italia con la sua bravura e bonomia, il primo divo della Televisione in bianco e nero e di una lunga stagione di fenomeni.

Moriva sessantacinque anni fa tra la commozione di una nazione intera che lo amava e titoli a otto colonne dei giornali che offuscavano l'inizio delle Olimpiadi a Roma. Oggi, nell'anniversario della sua scomparsa, i media si sono dimenticati di lui mentre i giochi olimpici romani che nel 1960 di questi tempi lanciarono Livio Berruti, Nino Benvenuti, Abebe Bikila e Cassius Clay futuro Muhammad Alì, si sono presi giustamente la loro rivincita venendo rievocati sui siti e le varie tv.

Strano paese il nostro, che dimentica tutto e tutti e che non ha memoria del suo passato ma ancora più 'strana"e incredibile la preparazione degli addetti ai lavori che spesso e volentieri non hanno le basi per fare questo mestiere. Indimeticabile Mario, polvere di stelle di un'Italia che fu, quando la felicità era fatta di piccole cose e domenica era sempre domenica.


domenica 31 agosto 2025

Lazio, poker d'assi. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

9 a Castellano e Pipolo - Due gol in dieci minuti e la pratica Verona è archiviata. La Lazio in sostanza ha iniziato il campionato nella seconda giornata. Spenta, stordita, kappao all'esordio col Como, sveglia, pimpante e vincente coi gialloblu dell'Hellas. Certo non è che la squadra allenata da "Diego" Zanetti fosse tutto sto Real Madrid, ma era comunque importante dare subito un segnale di vivacità e fornire una prova di orgoglio, quello che sembrava invece il grande assente. Copertina d'obbligo al Taty autore degli assist (il secondo di rabona) e del terzo gol che ha chiuso i giochi. Grandissimo. Avanti Lazio avanti laziali!

7 e mezzo a Benigno Zaccagnini - Finalmente l'arciere ha scagliato la sua freccia e ha fatto centro. Era ora. Sembrava fuori fase come Malgioglio.

7 e mezzo a Guendo è bello esse laziali - Guendovunque, Guendovai, Guendovieni e apri le marcature sei il massimo. Daje.

7 a Rovella per chi non si accontenta - È tornato il Metronomo del centrocampo. E siamo tutti contenti.

7 a Gila il mondo gila (Jimmy Fontana, Cantagiro 1965) - Il più in forma là dietro. Peccato se ne voglia andare. Almeno rimanesse fino a Canzonissima.

7 a Dio perdona Dia no - Entra e segna. Alla Altafini. Fosse sempre così sarebbe il massimo. Top.

6 e mezzo a Prostamol - Dite la verità, ma chi avrebbe scommesso su di lui non dico un euro ma manco cinquanta centesimi. E invece il sellerone si è guadagnato con un pugno di partite i galloni del veterano. Incredibile ma vero, tanto che finirà sulla rubrica omonima della Settimana Enigmistica.

6+ a Dio vede e Provedel - Perfetta media Muslera, due parate e un palo. E l'omo campa.

6+  Bella Janez (Sandokan, Rai con Kabir Bedi) - Toc toc, ce so' pure io. 

6+ a senti che musica coi Tavares - È partito in quarta sul primo binario è finito deviato sul binario morto.

6 a Pedro Pè e Patrizia Pellegrini - buttati nella mischia pe fa l'ammuina. 

6 a Somarusic - Nel primo tempo è riuscito a battere un fallo. Fenomeno.

5 e mezzo a Dele ctrl canc alt - È l'oggetto misterioso della squadra. Potrebbe esplodere come potrebbe implodere. Per ora è già tanto che potrebbe.

5 a Rosanna Cancellieri - Sì è mangiato un gol che neanche il Pannella dei tempi d'oro dopo un maxi digiuno. Ma questa defaillance rientra nel suo curriculum improntato al vorrei ma non posso. Come un Riccardo Rossi qualsiasi. Crescerà. Crescerà? Ai posteri l'ardua sentenza come disse il poeta. Ai posteri, per finire sui poster c'è tempo. Sipario. 


giovedì 28 agosto 2025

C'era una volta il calcio d'agosto

 di FRANCESCO TRONCARELLI

C'erano una volta le amichevoli di precampionato. Feste per i tifosi in un clima vacanziero con 35 gradi all'ombra della pineta. Momento atteso con trepidazione perché era l'anteprima del calcio vero.

Il campionato iniziava a fine settembre a volte anche a ottobre, agosto perciò era solo mare, vacanza, bikini sgambati per le ragazze, Port Cross col gancio per i giovanotti e 500 in fuga per le consolari alla ricerca della spiaggia migliore perche il calcio era solo chiacchiere sotto l'ombrellone.

E partite sulla sabbia col Supersantos quando caliente el sol e la gente se ne andava, fra squadre improvvisate, ovvero scapoli contro ammogliati, Belsito sud contro Belsito nord e i bagnini muti in attesa della fine. 

Anni felici, in bianco e nero ma che facevano sognare a colori anche se non c'era nulla di particolare, non  esisteva neanche il telefonino croce e delizia di questi anni frenetici ma solo il telefono a gettone per chiamare casa dal campeggio.

il telefono a gettoni

L'esatto contrario di oggi in cui c'è tutto e pure il calcio con il torneo iniziato subito dopo ferragosto, una disgrazia che costringe i tifosi a togliere i piedi a mollo e correre allo stadio, parcheggiare a chilometri di distanza e sudare poi in tribuna senza la bottiglietta d'acqua stoppata all'ingresso dagli steward.

Nella calda estate del 70 invece, a fine agosto, nello stadio della Stella Polare di Ostia, si assisteva in tranquillità alla partita perchè la Lazio incontrava i dilettanti del Fregene. Portavi l'acqua fresca che sgorgava dalla fontanella sul lungomare  e, volendo, pure qualche fiasco di vino.

Una rimpatriata in biancoceleste per grandi e piccini con la paletta e il secchiello appresso, che suscitava euforia e tanta allegria e no incavolature come succede adesso per i risultati che non arrivano e le cappellate che lorsignori combinano in campo.

il trampolino del Kursaal simbolo di Ostia

I tifosi arrivavano dagli stabilimenti vicini, Plinius, Nuova Pineta, Pinetina, Kursaal, Mediterraneo e Marechiaro, lasciavano le sdraio e i pattini (i lettini e pedalò non esistevano), le bocce, le piastrelle e le biglie di plastica con le immagini dei ciclisti per giocare sulla sabbia al Giro d'Italia e si piazzavano sulle tribune.

C'era una volta Giorgio Chinaglia non ancora grido di battaglia ma già Long John, goleador irresistibile e idolo della gente, c'erano una volta il piede sinistro di Dio Arrigo Dolso, Peppiniello Massa e il capitano senza macchia e senza paura Ferruccio Mazzola.

Come prendevano palla, la gente applaudiva, come driblavano un avversario, i bambini strillavano e i nonni col cappello di carta in testa per ripararsi dal sole implacabile, esultavano felici. 

le biglie coi ciclisti

Tra entusiasmo alle stelle e abbronzature da muratore in canotta, l'incontro finì 13 a 0, segnarono un po' tutti, Chinaglia fu portato in trionfo a Wilson offrirono il cocomero a Dolso lo baciarono tutte. 

I selfie non esistevano ma qualcuno previdente e in anticipo sui tempi c'era sempre, pronto a scattare foto ricordo col beniamino di turno con la Polaroid, immagini che il tempo ha sbiadito inesorabilmente.

C'erano una volta le amichevoli precampionato, la maglia all'inglese della Umbro e le abbronzature da muratore con la canotta, c'era una volta un calcio a misura d'uomo e non di sponsor e una felicità fatta di niente. Ma non se ne rendeva conto nessuno...

Tutto esaurito allo Stella Polare

Per la cronaca e soprattutto per curiosità ecco il tabellino dell'amichevole:

FREGENE: Portoghese (26’ Rossi e 46’ Moriggi), Pagani (46’ Levroni), Zoppi (46’ Federici), Cesarini, Loreti, Ruffon, Manzia (46’ Lollini), Pizzichini, Ciolli, Cerioli (46’ Miotto), Soddu.

LAZIO: Di Vincenzo, Wilson (63’ Nanni), Facco (46’ Legnaro), Governato (66’ Andreuzza), Polentes, Marchesi (70’ Fortunato), Massa, Mazzola, Chinaglia, Manservisi (59’ Morrone), Dolso. All. Lorenzo

Marcatori: 1’ Massa, 7’ Mazzola, 8’ Chinaglia, 18’ Manservisi, 29’ Massa, 30’ Chinaglia, 44’ Mazzola, 49’ Chinaglia, 56’ Dolso, 60’ Mazzola, 61’ Massa, 80’ Dolso, 81’ Massa


domenica 24 agosto 2025

Lazio, Como va? Male. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

6+ a Prostamol - Una cosa è sicura, ci sarà da soffrire. La Lazio è sempre la stessa, con gli stessi giocatori, ma è cambiata nel manico che però, da quanto si è visto, non ha prodotto risultati eclatanti o quanto meno positivi. Dice ma c'era il rigore sul Taty, beh a parte il fatto che nessuno ha reclamato (ulteriore indice di una squadra scollata) resta la triste realtà che i Sarri boys sono apparsi in grave ritardo di forma e mentalità. Tra i pochi a salvarsi dalla prima sconfitta nella prima partita della stagione, il sellerone biondo che ha dato il fritto da veterano. Ma una rondine non fa primavera...

6 a Pedro Pedro Pedro Pè - il meglio di Santa Fè e Trigoria non ti può salvare sempre. Anche lui ha i suoi tempi. Certo che è tosta avere un solo giocatore di qualità in squadra, un superman fra tante seghe.. Ma so sempre 38 anni.

6 a senti che musica coi Tavares - La freccia biancoceleste era arrivata sul primo binario di Como. Ma poi il capostazione l'ha deviata sul binario morto.

5 e mezzo a Gila il mondo gila (Jimmy Fontana, Cantagiro 1965)  - Eppure era partito bene, come Amadeus quando era in Rai ma è finito male come Amadeus quando è passato al 9.

5 e mezzo a Castellano e Pipolo - Ha preso più palloni Fabregas (raccattapalle vero) che lui. Lento e macchinoso come un pachiderma, ha illuso tutti come Silvan col gol in fuorigioco. Sim sala bin.

5+ a Guendo è bello esse laziali - Ma se se perde all'esordio è un rodimento vero.

5+'a Rovella per chi non si accontenta - Auguri per la piccola appena nata. La partita? Perché è entrato? 

5 a Dio vede e Provedel - È partito in quarta è finito in folle. Avete presente Fedez?

5 a Rossana Cancellieri - L'uomo in più, per Sarri, di una Lazio in meno. Della serie tanto rumore per nulla.

5 a Massimo Di Cataldi - Gli anni passano ma è rimasto al solito compitino della quinta elementare. Non crescerà mai. Come Jovanotti.

5 a Benigno Zaccagnini - Sì è avvitato su se stesso. Come Massimo Giletti.

5 a Patrizia Pellegrini - Come il programma di Gigi Marzullo, inutile.

5 a Somarusic - Ancora tu? Ma non dovevamo vederci più? Battisti la sapeva lunga.

5- a Dele ctrl canc alt - Mamma mia,  che ce famo co' questo?  Imbarazzante come la Guaccero a Techetechetè.

5- a Lazzari alzati e cammina - Nè carne nè pesce. Un cetriolo. Ma gli ortolani purtroppo siamo noi. Sipario.

è cominciata ridendo...


sabato 23 agosto 2025

Rita Pavone 80 anni cantando

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Una nuvola di capelli rossi, le lentiggini sul volto, due occhioni da cerbiatto e tanta grinta da vendere, così Rita Pavone esplose nel mondo dello Spettacolo nei favolosi anni Sessanta diventando uno degli artisti più amati di sempre. 

Oggi Pel di carota raggiunge un traguardo importante, compie 80 anni, 80 anni in musica e di musica, 80 anni cantando con quella voce potente da soprano e al tempo stesso melodiosa che l'ha resa celebre in tutto il mondo.

Una carriera incredibile la sua, iniziata dalla gavetta e che successo dopo successo l'ha portata ad esibirsi in tutti i palcoscenici più prestigiosi di ogni continente, l'unica italiana ad essere stata invitata per ben 5 volte al mitico Ed Sullivan Show che ad ogni trasmissione paralizzava l'America intera davanti il televisore.

Rita con Ed Sullivan

"Sono fiera di me stessa, sono arrivata sino a qui da autodidatta -   ha raccontato Rita- dopo la quinta elementare sono andata a lavorare in una camiceria, ho studiato da sola, ho cercato di capire come andava la vita. E pensare che quando ero molto giovane, alle prime interviste facevo rispondere Teddy Reno perché avevo paura di dire castronerie...".

Aveva 17 anni appena compiuti quando vinse nel 1962, la prima edizione della Festa degli sconosciuti di Ariccia che le procurò subito il primo contratto discografico con la Rca. Di lì a poco il primo disco, La Partita di Pallone, non c'era neanche la foto sulla copertina ma fu ugualmente boom.

Fu chiamata così da debuttante ad Alta Pressione condotto da Walter Chiari e Renata Mauro sulla neonata Rai2 insieme a un altro ragazzino terribile, quel Gianni Morandi da Monghidoro che sarebbe diventato anche lui un numero uno per il pubblico giovanile. 

Rita e Gianni

Già animale da palcoscenico nonostante la giovane età fu  chiamata poi da Antonello Falqui a partecipare e condurre programmi entrati nella storia della tv che tutta l'Italia seguiva il sabato sera, show come Studio Uno di Mina e soprattutto Stasera Rita che la leggittimò come artista completa.

Simpatica, vulcanica, irresistibile la ragazzina di Torino che incantava tutti iniziò a inanellare una serie di brani strepitosi che scalavano subito le classiche, 45 giri come Alla mia età, Sul cucuzzolo, Come te non c'è nessuno, Il ballo del mattone, Datemi un martello, il Geghegè, Non è facile avere 18 anni e la meravigliosa Cuore, divenuta la sua signature song, il cavallo di battaglia, il marchio di fabbrica di una grande artista.

Nel 1964 ecco Il giornalino di Gian Burrasca tratto dal romanzo per ragazzi di Vamba e diretto da Lina Wertmüller, con musiche di Nino Rota orchestrate da Luis Bacalov e quella sigla, Viva la pappa col pomodoro, che divenne un hit internazionale. 

Il più grande successo 

E poi i musicarelli con Totò, Giancarlo Giannini. Giulietta Masina, la vittoria nel 1967 al Cantagiro con Questo nostro amore, i film Little Rita nel West con Lucio Dalla e la Feldmarescialla con Terence Hill.

Fondamentale il rapporto con Teddy Reno, patron della Festa degli sconosciuti, che divenne suo pigmalione che sposò nel 68 in Svizzera, tra le polemiche per la notevole differenza d'età (19 anni) e per il fatto che all'epoca Reno era già sposato civilmente con Vania Protti, dalla quale aveva avuto un figlio.

Con Teddy Rita ha avuto due figli, Alessandro (1969) e Giorgio (1974): "L'incontro con Teddy ha cambiato la mia vita ha dichiarato la cantante -, Siamo sposati da 57 anni viviamo per noi e per i nostri figli, non potevo aspettarmi niente di meglio".

Teddy e Rita

Rita ha sempre continuato la sua attività artistica anche dopo il lungo boom degli esordi e se pur lontana dai riflettori della tv che danno quella visibilità che sembra fondamentale ma in realtà non lo è.

Ha mantenuto la barra dritta dopo l'avvento dei Cantautori che avevano rivoluzionato i gusti del pubblico, incidendo dischi, avviando tournée e tenendo concerti, restando sempre se stessa.

Una donna di carattere che ha superato brillantemente l'operazione al cuore nel 2005 che l'aveva fermata, sembrava, per sempre. Del resto il suo motto è sempre lo stesso, alzare l'asticella e guardare avanti, senza autotune e intelligenza artificiale, ovviamente circondata dagli affetti più cari. Auguri Pel di carota!  





giovedì 21 agosto 2025

Chinaglia in copertina

 di FRANCESCO TRONCARELLI 

È una chicca. Il "mondo" che ruota intorno a Giorgio Chinaglia non finisce mai di stupire. A distanza di anni e senza soluzione di continuità, come un coniglio dal cilindro di un prestigiatore, escono fuori sorprese e inedite  testimonianze.

Ad arricchire le memorabilia che riguardano Long John ecco ora l'originale della copertina per la rivista Il Monello n.45 del 1972,  realizzata dall'illustratore Walter Molino.

Raffigura l'immagine di Giorgio in azione, una posa plastica e in movimento che "fotografa" appieno la grinta del calciatore laziale più amato di sempre. Non a caso idealizzato come "grido di battaglia" dalla gente laziale.

Un vero e proprio esercizio di virtuosismo da parte di Walter Molino, illustratore e pittore famoso in tutto il mondo che, fra i tanti lavori ed opere realizzate, disegnò per trent'anni le copertine della Domenica del Corriere.

Fotonotizie col pennello e le matite che mettevano in primo piano l'argomento del giorno e che catturavano l'interesse dei lettori. Una su tutte entrata nella storia del giornalismo in occasione della morte di Coppi: il Campionissimo del ciclismo saluta il pubblico e il suo passaggio sulla terra.

Un campione dell'illustrazione per un campione del calcio quindi, un connubio fra due numeri uno che alla resa dei conti si rivela esplosivo per il risultato e che regala emozioni forti. Proprio perché ottenuto con un disegno.

La copertina del Monello è caratterizzata così da un grande dinamismo nella posa del calciatore e gli sfondi e i colori sono vividi e decisi, quasi fanno emergere un contrasto tra l'energia di Long John e il contesto. 

Il tratto di Molino è preciso, ma anche fluido, e riesce a trasmettere a chi guarda un senso di movimento che sarà proprio l'elemento caratteristico delle sue copertine e quel "CHINAGLIA CARICAA!!" è la sintesi del tutto






martedì 19 agosto 2025

Quel provino di Baudo alla Rai

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Il più grande di tutti. Presentatore senza pari ma anche one man show capace di cantare, suonare e recitare come spalla a fianco di attori e dive fra i più conosciuti e personaggi dello Spettacolo internazionale.

Questo è stato Pippo Baudo. Un artista nel vero senso della parola capace di cambiare il suo ruolo sul palco o davanti una telecamera in considerazione di situazioni, sketch e avvenimenti.

Ma non è stato sempre così. Ci sono voluti anni perchè Baudo Giuseppe da Militello in Val di Catania divenisse Pippo Baudo l'uomo che ha ridisegnato la televisione a sua immagine e somiglianza.

In questo contesto di chiara fama desta curiosità l'esito del provino che lo sconosciuto laureato in legge siciliano con la passione per la musica, sostenne nell'aprile 1960 presso gli studi Rai di Milano.

"Baudo Giuseppe di anni 24

Fantasista

Buona presenza 

Buon video

Discreto nel canto

Suona discretamente il pianoforte

N.B Può essere utilizzato per programmi minori".

Questo il giudizio di Antonello Falqui e Lino Procacci, due registi e autori che hanno fatto la storia dell'Ente di stato con programmi come il Musichiere, Canzonissima, Studio Uno, Campanile sera e Chissà chi lo sa?.

Nella ventina di minuti di audizione i due esperti che vagliavano gli aspiranti a un posto al sole stilano in poche righe, come si usava in questi esami, quello che hanno visto e intravisto nel pennellone venuto dalla Sicilia.

Pippo Baudo entra in Rai

Qualcuno a una prima lettura della loro valutazione, ha colto un giudizio negativo da parte degli esaminatori e addirittura una clamorosa mancanza di fiuto. Quasi una bocciatura.

Una sensazione dovuta alla immensa storia che Baudo ha costruito in televisione. Certo. Ma dopo quel provino. Falqui che tra l'altro ha contribuito a fare diventare Mina un mito e il sodale Procacci che con Luciano Rispoli si occupava proprio di debuttanti con quelle poche parole lo avevano promosso.

La chiave interpretava è tutta in quel N. B. in cui lo segnalano per programmi minori. Come dire, è bravo, disinvolto, si sa muovere perciò può iniziare dalla gavetta per costruire la sua carriera.

Questa interpretazione peraltro me la confermò lo stesso Baudo tra un aneddoto e l'altro quando lo ebbi ospite a Radio Italia Anni 60 nel programma che conducevo con Simone Conte e Luca Mecaccioni con la regia di Chiara Proietti. 

Baudo a Settevoci con l'applausometro

Baudo poteva fare TV ma era pur sempre un esordiente e un debuttante privo di esperienza sul campo e solo con spettacoli tra il varietà e il teatro serio con l'amico Tuccio Musumeci alle spalle con trecento persone ad ascoltarlo. Qui si trattava di milioni di spettatori sulle spalle di un ventiquattrenne.

Alla prima occasione perciò in linea con la sua preparazione, Pippo venne chiamato. A lui che era laureato in Diritto del lavoro, fu affidata un'inchiesta sui nostri emigranti, sulle loro condizioni di vita all'estero, in Africa come nelle casette vicino le miniere in Belgio. Intervistò anche il padre di Adamo il cantante de La Notte, che era emigrato in Belgio con la famiglia. Uno scoop per un novellino.

Seguirono le presentazioni di concorsi di bellezza e manifestazioni musicali come la Conchiglia d'oro, il festival di Napoli, Primo piano, Un disco per l'estate tutte prove rouscite che costruirono tassello dopo tassello, programma dopo programma la sua popolarità e carriera sino al boom di Settevoci.

Format inventato da lui che in anticipo sui tempi metteva in competizione come in un talent cantanti secondo i gusti del pibbluco in studio rilevati da un Applausometro. E tutti quelli che dopo saranno dei nomi passano in quegli anni da lui: Massimo Ranieri, Al Bano, Marisa Sannia, Orietta Berti, Mario Tessuto, Franco IV e Franco I.

Pippo interrompe Armstrong al festival

Ci siamo. Ora Pippo Baudo è pronto a diventare veramente Pippo Baudo e lo dimostra quando la Rai gli affida le redini di Sanremo 1968, un Festival in salita già in partenza perchè successivo a quello della morte di Luigi Tenco.

E lui lo domina con eleganza e classe da vendere e soprattutto prontezza d'esecuzione e riflessi come l'episodio della interruzione dell'esibizione di Louis Armstrong confetma: il trombettista non conoscendo le dinamiche festivaliere stava trasformando l'interpretazione di Mi va di cantare in una jamsession di oltre 8 minuti

L'apoteosi la serata finale quando proclama il grande Sergio Endigo vincitore della kermesse insieme al brasiliano Roberto Carlos con Canzone per te. Lui è felice sul palco con loro, bersagliato dai flash dei fotografi e sommerso dagli applausi dei presenti nella sala delle feste del Casinò. 

Sono passati otto anni da quel provino, da esordiente in panchina della televisione italiana è diventato rete dopo rete, campione d'Italia nella serie A di Mamma Rai. È diventato veramente Pippo Baudo quello che poi abbiamo applaudito tutti.

Pippo vince Sanremo 1968



domenica 17 agosto 2025

Addio Pippo Baudo

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Era l'ultimo dei grandi, l'ultimo di quel ristretto numero di professionisti che partiti dalla gavetta avevano scalato tutti gli scalini del successo per arrivare in cima diventando così dei mumeri uno.

Artisti come lui Corrado, Mike, Raimondo, personaggi mitici che  hanno segnato la nostra cultura, la nascita della Televisione e la crescita del Bel paese. 

Pippo Baudo era la televisione perché da Settevoci in poi aveva confezionato una serie di programmi (Canzonissima, Domenica in, Fantastico) in cui si era occupato di tutto per regalare al pubblico emozioni e divertimento..

Tredici edizioni di Sanremo come direttore artistico e presentatore entrate nella storia del pop per il lancio di nuovi artisti e di canzoni indimenticabili sono numeri che nessuno ha eguagliato nella qualità e quantità. 

Ti ho inventato io diceva con orgoglio a tutti quelli che erano riusciti a trovare un posto al sole nel mondo dello spettacolo. Ed era vero perchè li aveva tirati fuori dal cilindro dell'anonimato proprio lui. 

Accentratore ma attento ai suggerimenti dei suoi collaboratori, Pippo sapeva suonare il piano e capiva di musica e questo gli permetteva di capire subito chi funzionava e chi si arrangiava. 

Lo avevo conosciuto e intervistato ai miei inizi da giovane giornalista, da ultimo arrivato, ma lui mi accolse come se ci conoscessimo da sempre. E fu una chiacchierata indimenticabile.

Laureato in legge per far contento il padre avvocato siciliano tutto d'un pezzo, Baudo era un uomo intelligente e colto, affabile e dal fiuto infallibile. 

Era Pippo Baudo il piu grande, la televisione in persona, lo spettacolo quello vero. Sapevo che stava male e che aveva delle difficoltà, ma c'era, era lì. come un totem a cui aggrapparsi in attesa di tempi migliori per la Tv.

Ora che non c'è più si sente la sua mancanza terribilmente perchè finisce un mondo. Fatto di buongusto, eleganza e competenza. Solo Pippo Baudo poteva morire in prima serata il sabato sera, un'uscita di scena da applausi. Grandissimo Pippo l'Italia ti ha voluto bene e ora ti piange...



martedì 29 luglio 2025

Addio Livio Macchia dei Camaleonti

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Applausi di gente intorno a me

Applausi, tu sola non ci sei

Ma dove sei?

Chissà dove sei tu

Perché cantare? (Canta, canta ancora)

Cantare, ma perché? (Canta)

Se l'amore non c'è...


Se n'è andato in punta di piedi Livio Macchia, il bassista baffuto dei Camaleonti, una figura iconica del Beat italiano.

Aveva 82 anni e fino all'ultimo si era esibito col suo gruppo in un applaudito concerto di piazza. Era pugliese ma a Milano aveva trovato la sua dimensione per diventare un musicista.

Ha trascorso una vita sul palco, da quando a metà degli anni Sessanta si unì a Tonino Cripezzi, Riki Maiocchi, Paolo De Ceglie e Gerry Manzoli per fondare i Camaleonti nel mitico locale Santa Tecla dove si erano conosciuti.

Un nome particolare, scelto perché erano capaci di cambiare pelle  suonando di tutto, qualsiasi genere musicale.

Ma loro amavano soprattutto il Beat, il genere che stava conquistando il mondo sulla scia della rivoluzione portata avanti dai Beatles.

Era il tempo dei Capelloni e dei complessi, come venivano chiamate le band che entusiasmavano la gioventù del Bel paese nelle discoteche.

Sha la la la il primo di una interminabile scia di successi come Chiedi chiedi, Mamma mia che Mogol e Battisti scrissero per loro o Applausi che Livio cantava rubando la scena a Tonino, il frontman del gruppo.

E ancora Io per lei con cui vinsero il Festivalbar, Eternità in coppia con la Vanoni a Sanremo che scalò le classiche come Viso d'angelo che trionfò al Disco per l'estate.

30 milioni di dischi in oltre 60 anni di carriera e tanta considerazione da parte del pubblico e della critica per il loro pop di qualità, mai banale e sempre coinvolgente.

Livio con gli anni era diventato il leader del gruppo, il depositario di quel sound e di quella esperienza meravigliosa che aveva accompagnato generazioni su generazioni.

Difendendo con tutte le sue forze l'originalità dei Camaleonti che lui peraltro aveva creato da tentativi di imitazione e polemiche pretestuose.

Ora ha concluso il suo cammino ma i brani che ha lanciato insieme agli altri capelloni che hanno condiviso con lui una storia indimenticabile, resteranno per sempre nella memoria di tutti. 

Canta, canta ancora...diceva Applausi,  la sua canzone, canta ancora Livio, con Tonino il tuo amico di sempre che ritroverai lassù. Gli Applausi ora sono tutti per per te....




domenica 20 luglio 2025

Aridatece Techetechetè

 di FRANCESCO TRONCARELLI 

È stata una sofferenza, un colpo basso che ha spazzato via certezze e affievolito passioni, un'avventura che per fortuna non avrà un seguito, che ha scombussolato il piacere di godersi in santa pace all'ora di cena quello che è stato definito "il miglior programma dell"estate".

Techetechetè torna alle origini, a sketch e canzoni riproposte senza soluzione di continuità e con un ritmo incalzante come è sempre stato e come avrebbe dovuto essere.  E soprattutto senza tante chiacchiere inutili che allungano il brodo.

Sì, rivedremo le scenette memorabili che hanno fatto la storia della Tv e che erano state messe all'indice, che erano sparite dalla riedizione mediatica. E anche se viste e riviste sembreranno nuove, tanta è la gioia per l'incubo che è terminato.

Sandra guarda languida Armando Francioli e gli fa piedino sotto il tavolo sulle note di "E io fra di voi" cantata da Aznavour mentre Raimondo è smarrito per quel menage a trois che sta nascendo. 

grandissimi

Aldo Fabrizi, Bice Valori, Ave Ninchi e Paolo Panelli elegantissimi e tirati a lucido ballano con mosse goffe ma irresistibili sulle note del tormentone degli anni 70 "Neanderthal man", nella sigla di Speciale per noi. Bentornati ragazzi.

"Aridatece Techetechetè" il grido lanciato dai social in rivolta e da chi per lavoro si occupa di critica televisiva. Una sollevazione popolare che ha sortito i suoi effetti. Un coro unanime che la dice lunga su come sia stato recepito il nuovo corso della trasmissione che gli ascolti hanno sonoramente bocciato.

Avevano trasformato il Juke-Box dei ricordi in un one man show, anzi in un one woman show di Bianca Guaccero in cui l'arrembante personaggio parla, straparla, ammicca verso il pubblico in cerca di complicità, sorride senza motivo e addirittura rifà il verso agli artisti proposti o imitandoli o dando la sua versione della canzone proposta. Neanche fosse una star acclamata e di lungo corso come la Goggi.

One woman show

Un protagonismo autoreferenziale e fuori luogo che non c'entra nulla col Techetechetè normale e applaudito da tutti. Quello che da quando venne lanciato da Michele Bovi ha sempre ottenuto consensi bipartizan e ascolti record.

Show "impreziosito" dalla presenza  di tal Dj Giovanni che metteva il braccetto sul 45 giri con il  piatto del giradischi immobile, sì non girava (ma il regista non se ne era mai accorto di questa buffonata?) e che nessuno sa da dove sia spuntato fuori e a quale titolo sia stato piazzato lì.

Techetechetè era un programma brioso e a tutto ritmo a costo zero. Quello visto in questi giorni è stato una lagna, pesante, lenta e "inguardabile" secondo uno dei giudizi più teneri che si possono recuperare sui social. 

Praticamente avevano abbandonato l'usato sicuro a favore del nuovo che avanza e che come è noto non è sempre sinonimo di miglioramento. Anzi.

la televisione

E tra l'altro non più a costo zero. Bastava dare un'occhiata alla fine del programma quando appare l'elenco di quelli che hanno collaborato alla sua messa in onda per capirlo, è un esercito. 

Dice ma la mossa di spostare  Techetechetè Top Ten (questo il nome della nuova versione criticata da tutti) dalla domenica, giorno a cui era destinato inizialmente, a tutta la settimana facendolo così diventare quotidiano è stata strategica.

Fatta per contrastare la discesa in campo di Gerry Scotti con La ruota della fortuna. Ah ah ah. Come se zio Gerry potesse temere qualcosa da Bianca Guaccero e le sue performance e da Dj Giovanni (Dj Giovanni!) che mette dischi con il giradischi che non funziona. E infatti ha vinto sempre la sfida. 

C'era una volta Techetechetè gallina dalle uova d'oro della Rai, poi lo hanno cambiato e hanno combinato una frittata. Pure indigesta. Chi ha tirato le fila del tutto però lo ha capito e stasera l'esperimento che sarebbe dovuto andare avanti se le cose andavano bene, termina. La ricreazione è finita. 

Addio Claudia Cardinale

 di FRANCESCO TRONCARELLI Quella bellezza mediterranea che ti conquistava, quel fascino irresistibile che la distingueva dalle altre, quello...