giovedì 5 dicembre 2024

Addio Gianni Meccia

  di FRANCESCO TRONCARELLI

Il barattolo non rotola più e il pullover è finito in armadio insieme allo smoking che lo ha accompagnato in tante serate. Gianni Meccia se n'è andato in punta di piedi aggiungendo il suo nome alla lunga lista di artisti deceduti in questo 2024 da dimenticare.

Ma la sua scomparsa però è stata particolare, di sicuro anomala rispetto a quella degli altri personaggi che ci hanno lasciato, perchè è passata inossevata, Meccia infatti è morto addirittura il 9 aprile ma non ne ha parlato nessuno.

Se non fosse stato per i social che hanno diffuso la notizia, non si sarebbe saputo della sua scomparsa. Tv e giornali l'hanno ignorata, dimostrando la scarso attenzione nei confronti di chi è stato un protagonista della nostra scena musicale.

Un silenzio immotivato e ingeneroso che la dice lunga su chi si occupa di Spettacolo senza un minimo di competenza, preferendo all'approfondimento il copia e incolla dei comunicati degli uffici stampa dei tanti sconosciuti che affollano la scena attuale.

Eppure Gianni Meccia non era una meteora della musica leggera, tuttaltro. È stato il primo cantante ad essere definito "cantautore". Prima di Paoli, Tenco, De Andrè, De Gregori, Venditti e compagnia bella. Mica l'ultimo arrivato quindi.

Il termine fu appositamente coniato da Ennio Melis e Vincenzo Micocci della RCA per lanciarlo e in considerazione che, al contrario delle maggiorparte degli artisti della prestigiosa casa discografica di via Tiburtina, i pezzi Meccia se li scriveva e musicava da solo.

Si era trasferito a Roma a metà dei Cinquanta in cerca di gloria, vivendo alla giornata tra comparsate, doppiaggio ed esibizioni nei locali notturni, l'incontro con Franco Migliacci che lo porta alla RCA, fu la svolta per la sua carriera.

Col primo disco che incide "Odio tutte le vecchie signore" scoppia subito lo scandalo. Lo presenta al Musichiere di Mario Riva, ma quel testo ironico e più da cabaret che da canzone, lo fa bollare come indesiderabile per la Rai.

Si cambia musica allora ed è il boom. Col "Barattolo" infatti scala i veritici delle classifiche in poco tempo e diventa un personaggio da copertina. Il 45 giri con quel titolo così insolito, dà il via ai favolosi Sessanta ed è il primo disco in cui il grande Ennio Morricone ha speso la sua creatività.

Ingaggiato dalla casa discografica come arrangiatore, il maestro ha l'idea vincente per caratterizzare il brano. Dopo varie prove prende un barattolo e lo fa rotolare con uno spago sopra uno scivolo con una superficie ricoperta di ghiaia e cemento, incidendone il rumore con un microfono ad asta. 

Il successo è replicato dal singolo successivo "Pissi pissi bao bao" e, alla fine dell'anno, da "Il pullover", canzone morbida e avvolgente proprio come il maglione che pare riproporre il calore dell’amata e che Meccia racconta di aver ironicamente concepito quando un gregge di pecore attraversava via Nomentana davanti alla sua auto. 

Nel 1961 debutta al Festival di Sanremo con il brano "Patatina", scritto insieme a Franco Migliacci e cantato in coppia con Wilma De Angelis, pezzo tornato d'attualittà recentemente per reclamizzare una nota marca di patatine fritte.

 

Naturalmente la grande popolarità gli aprì le porte del cinema, niente di trascendentale ovvio, si trattava di musicarelli, pellicole nate sulla scia di una canzone di successo o che riunivano artisti sulla cresta dell'onda, ma che incassavano fior di milioni di lire e riempivano le sale.

Citiamo fra i tanti "Nel blu dipinto di blu (Volare)" con Domenico Modugno, "I ragazzi del Juke-Box" con Celentano, Fred Buscaglione e Tony Dallara, "Urlatori alla sbarra" sempre con Celentano, Mina, Joe Sentieri, i Brutos e addirittuta Chet Baker, "Io bacio... tu baci" con Mina, Peppino di Capri, il Molleggiato, Jimmy Fontana.

Come autore continua a scrivere canzoni, alcune anche con buon successo, come "I ragazzi vogliono sapere" per Mary Di Pietro, "Era la donna mia" per Robertino, "Il plip" per Rita Pavone che lancia l'omonimo ballo e "Uno dei mods" per Ricky Shayne che diventa una sorta di inno per i giovani aspiranti ribelli senza voglia però. 

Il suo più grande successo da autore è però "Il mondo", scritta insieme all'amico Jimmy Fontana per il testo su musica di Carlo Pes, Lilli Greco e dello stesso Jimmy Fontana che la incide e che diventa un successo internazionale. 

Sua la frase "il mondo, non si è fermato mai un momento...", che tutti conoscono e ripetono ascoltando la canzone arrangiata sempre da Morricone che è stata un simbolo di quegli anni in cui la musica era una parte fondamentale del cambiamento del costume e della società.

Come autore al Festival di Sanremo è presente con la canzone "Ma piano (per non svegliarmi)", interpretata da Nico Fidenco e la grande Cher, che non andò in finale ma che grazie alla versione della pop star americana ottenne una ribalta a livello mondiale.

Con Bruno Zambrini, altro nome storico della musica leggera, Meccia fonda una sua casa discografica, la Pull (da Pullover il suo grande successo) che tra gli altri fa nascere anche il gruppo musicale pop I Cugini di campagna, che esploderà con la voci in falsetto.

Zambini e Meccia coi Cugini di Campagna

Un'intuizione azzeccata che svela ancora una volta il suo gusto ironico nella scelta del nome ma anche il fiuto del talent scout navigato. 

Poi, il grande ritorno sul palcoscenico dei locali e su quello televisivo per quasi venti anni, dal 1984 al 2003, insieme a Jimmy Fontana, Nico Fidenco e Riccardo Del Turco con cui forma i Super 4.

Un gruppo di artisti storici del nostro pop che porta in dote le proprie canzoni che hanno fatto epoca e accompaganto generazioni e che danno vita ad uno spettacolo nello spettacolo. 

Ma è un po' il suo canto del cigno, perchè alla fine di questa esperienza incredibile, il sornione Meccia si ritira a vita privata per godersi la meritata pensione di artista.

Niente più apparizioni, niente più interviste, solo relax e buen retiro nella sua bella casa nella provincia romana fino a 92 anni. Poi la parola fine a un'esistenza trascorsa all'insegna delle Sette note, senza l'applauso postumo dei suoi ammiratori e di quanti lo avevano apprezzato, secondo il suo desiderio. 

Probabilmente l'ultimo scherzo di una vita comunque brillante, vissuta tra una provocazione e un gorgheggio per rimanere immortale. Ma per questo c'erano già le sue canzoni. Addio Gianni.

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