lunedì 27 settembre 2021

A Roma solo la Lazio. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

10 al Sergente - Una grande Lazio ha battuto con merito quella che la stampa romana ha definito "la squadra più forte del mondo". E' stata una bella partita, emozionante, giocata bene e vissuta sugli spalti con qualche sussulto. Dominata alla grande per la prima mezz'ora e poi, amministrata con intelligenza quando gli avversari hanno rialzato la testa. Un'illusione la loro di ribaltare il risutato, una certezza per noi di vincere seguendo i dettami del Comandante. Lui ha vinto la sua prima stracittadina alla grande, incartandogliela all'"allenatore più forte del mondo" (sempre stampa romana), "quello (come precisava un editoriale del Messaggero) "che non perde mai" (ecco sti tre pippi serviti) e che invece le ha prese come Luis Enrique al suo primo derby. Copertina d'obbligo al centrocampista serbo autore del gol del vantaggio (che colpo di testa!) che ha indicato ai compagni quale era la strada per ribadire che a Roma c'è solo la Lazio.  

10 a Pedro Pedro Pedro Pedro Pè - praticamente il meglio di Santa Fè che ha dominato in lungo e in largo il terreno di gioco, mettendo il suo sigillo (stavolta dalla parte giusta) con una bella fucilata sul primo palo del portiere avversario anche lui "tra i più forti del mondo".

10 a Pasquale Ametrano Anderson - Un turista per caso in grande spolvero. Che partita (suo l'assit per il Sergente)! Che continuità, che grinta, e che gol, bellissimo, che ha dato il colpo di grazia ai giallorozzi annunciando così, urbi et orbi, chi fosse la Prima squadra della Capitale. Tutto il resto sono chiacchiere da bar di Mou "zero derby". 


9 al Ciro d'Italia - E' il testimonial di questa partita stravinta. Tanto impegno, tanta abnegazione (che passaggio per Pedro) ma anche tanta ansia nel non riuscire a buttarla dentro nonostante le decine di tiri. Ma noi alla Scarpa d'oro vogliamo bene a prescindere, anche perchè lui è stato una pedina fondamentale nella scacchiera biancoceleste che ha fatto Scacco matto.

9 a Totò Riina - Oh, s'è svejato tutto de un botto: i primi segnali di vita col Torino ma a sto giro si è superato con quattro interventi quattro nei momenti topici del derby che hanno rintuzzatto le aspettative dell'altra sponda. Insomma er Panza ha fatto nuovamente la differenza, non solo a tavola quando se magna le pietanze co' tutti i camerieri che gliele portano, ma anche fra i pali. E andiamo.

7+ a Lupo Alberto  - Loro si dannavano l'anima per cercare di recuperare e lui con la sua flemma storica li stordiva coi suoi giochi di prestigio: il migliore? Illuderli che ce la potevano fare. Sim salabim e il Mago li ha fatti sparì.

7 a Maru (sic) - Aò, davanti aveva due palloni d'oro, tre ciavatte d'argento e sei facce de bronzo, ma nun je ne fregato nulla. J'ha fatto bu bu settete e li ha messi a terra.

7 ad Antonio Elia Acerbis - Capirai, quando perdemo è tutto un selfie sui social, pensate un po' che te combinerà a sto giro. Comunque le foto se l'è meritate.


7 a chiedini se sono Felipe
- e che te lo dico a fa, sei felipe come lo semo tutti noi, è stata una felipissima serata che ci voleva in tutti i sensi. Daje!

7 a Massimo di Cataldo - L'unico romano in campo. E ovviamente ci doveva essere assolutamente perchè era schierato nella parte giusta. Avanti laziali!

7 a chi lo Leiva - Da libro Cuore la sua corsa quando è entrato per il riscaldamento, verso Parolo, commentatore Dazn, per un fortissimo abbraccio. Da applausi il tweet con le tre pere al termine della partita.

6 a sono un pirata non sono un signore - E'  il portafortuna della squadra. Nun ce se crede. Nina Murici che a pallone gioca come Martufello recita, è diventato incredibilmente l'amuleto dei biancocelesti. Sarà che con quel grugno da tagliaboschi incute terrore ai rosiconi dell'altra sponda, sarà per quel suo modo elefantiaco di porsi in campo da vero Gamba di legno, sarà quel che sarà come cantavano i Ricchi e Poveri in un Sanremo storico, fatto è che quando negli utimi minuti della partita entra lui può succedere di tutto. A favore nostro. E così è stato: li ha traumatizzati col solo sguardo. C'è chi gioca col Fenomeno (Ronaldo) e chi col Mostro. Noi la seconda che ho detto.

6- a Hysaj che i papaveri - In tutte le famiglie, classi scolastiche, gruppi di lavoro et similia, c'è sempre la pecora nera, quello che se fa li sua, nun tira la carretta e rischia di mandare a monte i sacrifici degli altri. Un po' come Cattelan che sembra messo lì per andare contro Rai 1 con i suoi non numeri di share. Così lui, il bella ciao dei poveri (noi che lo dobbiamo subire), che non azzecca un passaggio che è uno e non marca un zaniolo qualsiasi che è uno, qualsiasi appunto. Ma tant'è, e perciò ce lo dobbiamo tenere con francescana rassegnazione coscienti che vincere in dieci contro undici, seppur inferiori a prescindere, è ancora più bello.

6-  a Ke Pro - Già, a che pro è entrato? Pe farli lludere. Era tutto studiato a tavolino e scritto su quegli appunti dal Sor Maurizio, tra il conto del fornaio, le spese del condominio e quelle per le sigarette. Ve credevate che l'aveva fatto apposta a regalaje er rigore farlocco, ve? Ma de che, tutta na finta, come la squadra che abbiamo battutto. Sipario.


venerdì 24 settembre 2021

Lazio, il punto è d'oro. Le Pagelliadi

di FRANCESCCO TRONCARELLI


7 al Ciro d'Italia - Se Immobile non avesse segnato il rigore, sarebbe stata una tragedia, un dramma vero. Sì perchè la Lazio vista a Torino è stata una squadra imbarazzante, inconcludente, veramente brutta. Ha ricordato il non gioco dell'uomo che fissava le capre, Ballardini o il nulla cosmico del salumiere Zaccheroni (in piedi col cappottone anteguerra senza dare segni di vita mentre gli avversari dilagavano). Se po' dì o si è accusati di lesa maestà? Esiste ancora il diritto di critica o tocca sta zitti e bòni ad aspettare il miracolo? Fate voi. L'unica certezza in questo sfascio alla luce del giorno e sicuramente incontestabile è stato l'ennesimo sigillo della Scarpa d'oro, che, spalle larghe mentre tutto lo stadio lo fischiava, si è preso le sue responsabilità a pochi secondi dalla fine. Dei giochi e di un incubo. Bravo Cirù!

7 a Totò Riina - Questa volta la differenza l'ha fatta, non solo a tavola dove è il terrore dei camerieri per via del cannibalismo che lo assale tanto da mangiarseli insieme alle pietanze ordinate. La differenza l'ha fatta (e finalmente) anche sul campo, evitando con tre paratone tre (al 42° su Sanabria e al 69° su Ansaldi e nel finale su Pjaca) il cappotto, che sarebbe stata un'umiliazione pesantissima non tanto per i suoi compagni di merende, ma per i laziali sparsi nel mondo.

6+ a sono un pirata non sono un signore - Ma te pare che dovemo di' grazie a Nina Muriqui? Al giocatore più scarso degli ultimi anni, vera pippa al sugo certificata DOP. Ebbene sì, perchè se non era per lui, stavamo a sbatte la testa al muro come un Cattelan qualsiasi dopo il flop su Rai 1. Con la sua grazia elefantiaca, Gamba di legno è piombato in area granata senza sapere neanche perchè, confondendo così quel gigolò di Gigì che l'ha azzoppato sull'unica gamba che ha. Un'infamata, come sparare sulla Croce Rossa, che l'arbitro non poteva tollerare. Il resto è storia. Provaci ancora Nina... 

6 + al Sergente - Tra i pochi a salvarsi. Come Morgan al tributo per Franco Battiato a Verona.

6 a Antonio Elia Acerbis- Non ha fatto danni, e questo è già un gran risultato. 

6 a chiedimi se sono Felipe - pensiamo di sì, perchè questa volta il panino con la mortazza se l'è meritato. Ma senza bibita perchè stiamo sempre sul minimo sindacale. Tipo Panariello a Tale e quale, che non fa ridere ma è comunque un gran simpatico.

6 a Pedro Pedro Pedro Pedro Pe - praticamente il meglio di Santa Fè, peccato che questa volta si sia fermato a Santa Calla 

6- a Maru (sic) - Sic!

6- -  a Massimo Di Cataldi - da salvatore della patria a Salvatore che mi piace a tutte le ore di Enrico Montesano nella macchietta della “romantica donna inglese”, il passo è breve. Lo ha fatto.

5 e mezzo a Pasquale Ametrano Anderson - Con quella faccia un po' così, quell'espressione un po' così che hanno tutti i turisti per caso che passeggiano per la capitale sabauda, pensavate di aver risolto i problemi di una squadra i cui "lavori in corso" durano oltre ogni ragionevole aspettativa? Ma de che, lui è così, prendere o lasciare, una ne imbrocca due se imbosca. Tende a scomparire. Come Fiorello, bravo bravissimo, poi all'improvviso non se sa che fine ha fatto. Saudade e via.

5 a Ke Pro - Co' tutti i soldi che è costato (vedi bilancio appena pubblicato, milioni come bruscolini) ce potevi allestì mezza squadra. E invece abbiamo lui, a me pro?

5 a Raul Casadei Moro - E' la pulce biancoceleste. Il Messi (scusate la bestemmia) dei poveri. Poveri noi che stamo a giocà co pizzi e fichi.

5 a Lazzari alzati e cammina - Non è un difensore, ma si è subito adeguato alle amnesie del reparto. Nè carne nè pesce. Nè.

4 e mezzo a Hysaj che i papaveri - Bello ciao co' tutto er core. 

4 e mezzo a Lupo Alberto - Il miglior numero della sua carriera, più sorprendente del coniglio tirato fuori dal cilindro o della donna nella cassa di legno tagliata in due. Quello che tutti i maghi del mondo sognano ma non riescono a fare, Silvan è 'na vita che ci prova ma niente. Lui invece, al primo tentativo, zac, è sparito. Come la Lazio. Sipario.   






 

mercoledì 22 settembre 2021

Quella calda estate del 66

Riderà, Strangers in the night, Io ho in mente te: una Hit parade piena di successi. Da Little Tony all’Equipe 84, da Morandi a Sinatra. Quando l’Italia andava a 45 giri

 di FRANCESCO TRONCARELLI 

Musicalmente parlando, quella del ’66 fu un’estate veramente calda. Un’estate di fuoco. I dischi si vendevano a palate, la stampa specializzata (Ciao Amici, Big, Giovani, Sorrisi e Canzoni) puntualmente dava notizie su divi e aspiranti tali della canzone, manifestazioni come il Cantagiro andavano a gonfie vele e radunavano decine di migliaia di persone ad ogni tappa.

Non c’era internet, non c’erano i social, i cellulari erano i blindati della Polizia che intervenivano per l’ordine pubblico e non telefoni portatili, eppure la voglia di musica che oggi è supportata e amplificata da queste realtà tecnologiche, era ugualmente soddisfatta. 

Bastava accendere la radio, mettere cento lire in un jukebox o andare in un negozio di dischi e comprare un 45 giri. E che dischi. Se si dà un’occhiata alla classifica dei brani più venduti di quell’anno, si può notare come la gran parte sia arrivata ai giorni nostri, cinquantacinque anni dopo, praticamente una vita, con la stessa freschezza di allora o comunque senza portarsi appresso la polvere del tempo.

Perché sono pezzi scritti bene, musicati meglio e arrangiati come si deve. E non è solo questione del fascino del vintage alimentato da programmi televisivi ad hoc e dagli stessi interpreti ancora in attività, che ce li fa sembrare attuali. 

E’ questione che una volta c’erano gli autori, c’era la sana e provvidenziale gavetta che selezionava i migliori e c’erano le case discografiche che “crescevano” i propri artisti. 

Il settore insomma era in mano a professionisti che a loro volta si avvalevano di altri professionisti: due nomi su tutti, Morricone e Bacalov, maestri arrangiatori della Rca. 

Col passare del tempo invece, si è passati dai talenti ai talent, e non è la stessa cosa. E poi, come dicevamo, c’erano fior di autori. Mogol per esempio. 

 

Tre dei brani top di quell’anno sono firmati da lui: “Riderà”, “Che colpa abbiamo noi” e “Io ho in mente te”. Tre dischi (cover di brani stranieri e quindi riplasmate nei testi da lui), che hanno fatto letteralmente la fortuna dei rispettivi interpreti.

Con “Io ho in mente te”, l’Equipe 84 ci vinse il Cantagiro peraltro proprio sui Rokes che portavano “Che colpa abbiamo noi” e per una manciata di punti (solo dieci in più), ed entrambi furono due successoni che accompagnarono i giovanissimi per tutta l’estate, attratti dal sound beat dei brani e ovviamente dal fascino che esercitavano i due complessi guidati rispettivamente da Maurizio Vandelli e Shell Shapiro.

“Riderà” invece, diventerà il cavallo di battaglia di Little Tony (insieme a "Cuore matto") vendendo quasi due milioni di copie e diventando uno dei brani indimenticabili di tutti gli anni 60. E pensare che “il ragazzo col ciuffo” non lo voleva incidere.  

 

Lui, amante del rock, riteneva che questa canzone lanciata in Francia dal suo autore Hervè Vilard (“Fais la rire”), fosse troppo poco ritmica ed eccessivamente melodica. Quando nel suo entourage gli fecero presente che anche Elvis cantava brani di quel genere e che lui era già andato bene con “T’amo e t’amerò”, Tony ebbe un ripensamento e si decise a entrare in sala d’incisione. E fu un trionfo.

E che dire dei due 45 giri piazzati da Adamo in classifica: “Lei” ( Cammina per le strade deserte… e immagini subito le citazioni di Nanni Moretti nei suoi film “Ecce bombo” e “Il caimano”), “Amo” (….quel vento che mi stuzzica…).

Due piccole perle del cantante di origini siciliane che fece fortuna in Belgio e in tutta Europa che emozionavano il pubblico e furono tra le più ballate nelle Rotonde sul mare.

 

 Come fu ballata allo sfinimento “Notte di ferragosto” di Gianni Morandi già in classifica con la “Fisarmonica. Un pezzo d’atmosfera firmato da tre numeri uno come Migliacci, Zambrini e Bacalov che vinse il Cantagiro ed entrò in Hit parade tre giorni dopo il matrimonio di Giberna (come veniva chiamato allora Morandi per il curioso berretto da militare che portava) con Laura Efrikian (13 luglio 1966), l’attrice che aveva recitato con lui in tanti musicarelli. 

E poi quel “Tema” lanciato dai Giganti, “Un giorno qualcuno ti chiederà: cosa pensi dell’amore”, col vocione di Enrico Maria Papes a fare da “professore”, che stracciò tutti al Disco per l’Estate facendo sognare con quel suo sound semplice (chitarre acustiche, basso, batteria e ottimo impasto di voci) e quel testo da flirt liceale, i ragazzi che al ribellismo del beat, preferivano la melodia rassicurante del pop tricolore.

Che dire poi della Caselli. Uscita trionfatrice da Sanremo e diventata per l’Italia che andava a 45 giri “Casco d’oro”, ripeteva l’exploit al Festivalbar con il suo “Perdono”, ritmatissimo brano che con quell’inciso “Di notte è molto strano, ma il fuoco di un cerino, ti sembra il sole che non hai” faceva vibrare cuori e favoriva riconciliazioni dopo gli immancabili e trasgressivi flirt estivi. 

 

E in quella Hit Parade storica di quella Estate che sembrava non finisse mai, tra sogni della California dei Dik Dik, il “Qui ritornerà” della Pavone e il ragazzo di strada dei Corvi, arrivò all’improvviso anche Frank Sinatra, il più grande di tutti. 

Entrò in classifica senza alcuna promozione particolare ma solo con la forza della sua classe, scalzò Morandi e i Giganti e allungò per settimane fino all’autunno al numero uno. Primo con un brano che avrebbe fatto il giro del mondo e gli avrebbe ridato quella popolarità offuscata dalle nuove mode e i nuovi miti, Beatles in testa.

“Strangers in the night”, sconosciuti nella notte, una gemma del repertorio di The Voice che sarebbe diventata una sorta di marchio di fabbrica Sinatra, con quel finale del pezzo in stile scat sulla melodia, che solo un grande come lui poteva improvvisare: «doo-be-doo-be-doo”. Indimenticabile.

Sì, fu un’estate veramente calda quella del ’66. Un’estate di fuoco.


lunedì 20 settembre 2021

Lazio, la pezza di Cataldi. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

8+ a Massimo di Cataldi - La Lazio ha agguantato un pareggio che fa morale ma che denuncia tutti i suoi limiti attuali, dopo essere stata messa incredibilmente all'angolo da un Cagliari barricadero e catenacciaro. E' stata una brutta partita giocata all'insegna del tanto fumo e poco arrosto che sembrava aver trovato la quadratura del cerchio nel gran colpo di testa del suo bomber principe. Ma era tutta un'illusione come ha dimostrato quell'inizio al fulmicotone dei sardi al "pronti (loro) via (sempre e solo loro)" del secondo tempo. Da lì tutta una sofferenza tra amnesie generali del reparto difensivo e dei movimenti giusti sino ai provvidenziali cambi. A levare le castagne dal fuoco del Sor Maurizio e dei suoi incerti adepti, ci ha pensato l'unico romano della squadra. C'ha messo 'na pezza con una bomba che ha visto il sette e ucciso l'uomo Cragno. Bravo! Ma per il resto, anzi per quello che si è visto, non è questa l'aria per arrivare in Paradiso.

7 al Ciro d'Italia - Un altro sigillo, il 100/esimo all'Olimpico e nell'anniversario del suo primo fra le mura amiche cinque anni fa. Un gol che zittisce ancora una volta i criticoni e i tuttologi del web, gente che invece di andare allo stadio commenta in poltrona da casa dai cellulari e magari non ha mai tirato un calcio al pallone. Muti.

6 e mezzo al Sergente - Nel caos cosmico una delle poche certezze. Nel clima da disobbedienza generale agli ordini impartiti, l'ultima raffica per non soccombere. Capitano mio capitano promosso sul campo. Il guaio che mancano i soldati. Hanno disertato in massa.

6+ a Pasquale Ametrano Anderson - E' partito in quarta è finito in folle. Avete presente Vittorio Sgarbi?

6 a Lazzari alzati e cammina - Dopo quello che ha combinato in coppa con quel passaggio sucida all'indietro, molti hanno avuto un sussulto misto a profondo sconforto nel solo vederlo. Un po' come sucede quando facendo zapping con i programmi tv, ti ritrovi quello stoccafisso di Alberto Matano. Ma il Pupo biondo ha avuto uno scatto d'orgoglio e di reni e ha iniziato a macinare chilometri riscattandosi alla grande. Poi è calato. Ma anche Rocco Siffredi dopo 'na sessantina di minuti cala.

6 a Pedro Pedro Pedro Pedro Pe - praticamente il meglio di Santafè e di tanti altri compagni di merende biancocelesti. E ho detto tutto.

5 a Hysay che i papaveri - Poche partite e già si è perso. Nè più nè meno di Cattelan su Rai 1. Solo chiacchiere e distintivo.

5 a Lupo Alberto - Speriamo che torni presto dalle vacanze, perchè il sostituto al contrario Alberto Lupo, compianto e redivivo al tempo stesso, se vede che nun gliela fa, nè ha quella bacchetta magica per risolvere i problemi. Lui col suo assenteismo li crea e basta.

5- ad Antonio Elia Acerbis - Ei fu.

5- - a chiedimi se sono Felipe - una volta, ora solo tanta tristezza come prende palla.

5- - a chi lo Leiva più - una volta anche lui, ora è tempo pensione anticipata prima che torni la Fornero.

5- - a Totò Riina - E che so' meno de Sylva Strakoshina? Si è chiesto er Panza entrando in campo e posizionandosi fra i pali. E appena la difesa gli ha fornito gli assist giusti non se li è fatti scappare dimostrando tutta la sua potenza. Aò, c'abbiamo due portieri che messi insieme non fanno un citofono. Eppure lui la differenza la fa. Ma a tavola. E' capace de magnasse pure er cameriere quando gli porta i piatti che ha ordinato. Sipario.


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lunedì 13 settembre 2021

Lazio, buio a San Siro. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

7 a Pedro Pedro Pedro Pè praticamente il meglio di Santa Fè - Lazio col Milan assente ingiustificata. Va bene che la pausa del campionato è storicamente deleteria per i biancocelesti, ma qui non ha funzionato niente. D'accordo che l'arbitraggio (Var compreso) è stato casalingo (rosso mancato su Baccalà) ma lo spettacolo è stato in ogni caso una pena. Sicuramente si deve avere pazienza per i "lavori in corso" di Sarrismo, ma ci vuole un grosso bagno di umiltà e un altrettanto scatto d'orgoglio per dimostrare di essere vivi. La squadra sembrava Dazn, ogni trenta secondi si fermava. Nel primo tempo in cui ci hanno presi a pallonate l'unico a correre come un matto mentre gli altri camminavano è stato l'idolo della Carrà, 34 anni e una lunga e onorata carriera alle spalle. Nel secondo idem. Tutto il resto buio pesto.

5 e mezzo a Benigno Zaccagnini - Appena entrato un raggio di luce. Poi si è adeguato al tran tran e ha staccato la spina. Come l'Enel coi morosi.

5 a Lupo Alberto - Aridateje lo psicologo. Si è perso un'altra volta nei suoi tormenti esistenziali incomprensibili come una domanda di Gigi Marzullo. Sim salabin e il Mago sparì. E Silvan tira un sospiro di sollievo.

5 al Sergente - L'hanno messo in riga come un soldatino alle prime armi. 

5 a chiedimi se sono Felipe - Come un film di Muccino. Inutile.

5- al Ciro d'Italia - Non è tanto la prova inesistente, quanto l'umiliazione di essere sostituito da una sega internazionale, Nina Muriqui.

5- a chi lo Leiva - Colombo, Stazione Colombo, fine corsa del trenino per Ostia, i passeggeri sono pregati di lasciare i vagoni. Pure il guidatore però.

5- -  a manco le Basic - appunto.

5- - a Hysaj che i papaveri - Bello ciao. Bello poi...

5- - a Maru (sic!) - E' partito in quarta è arrivato in folle. Avete presente Sgarbi?

4 e mezzo a Pasquale Ametrano Anderson - Con quella faccia un po' così, quell'espressione un po' così che hanno tutti i turisti per caso in gita a San Siro, che altro se non il nulla potevate aspettarvi? Credevamo fosse cambiato. Ma è come Lino Banfi, è sempre lo stesso "porca puttena". 

4 e mezzo ad Antonio Elia Acerbis - il vero Immobile della squadra. Ha fatto resuscitare Ibra.

4 e mezzo a Totò Riina - A far vincere il Leone d'argento a Venezia a Sorrentino "È stata la mano di Dio". A lui non è bastato il lato B per la traversa per far vincere i compagni di merende coi rossoneri, perché sempre du' picchi ha portato a casa. La differenza la fa solo a tavola. Quando magna. Sipario.








domenica 5 settembre 2021

Freddie Mercury, 75 anni di un mito

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Avrebbe compiuto 75 anni oggi Freddie Mercury, la voce più incredibile ed emozionante del rock. Un artista unico nel suo genere, dotato di un grande carisma e di una presenza scenica teatrale e seducente, un personaggio che ha fatto la storia della musica internazionale e di cui si sente terribilmente la mancanza in tempi così grami di talenti e di pop campionato e senza identità.

Era nato a Zanzibar da una famiglia indiana di origine Parsi, registrato all’anagrafe come Farrokh Bulsara. A 8 anni fu mandato dai genitori a studiare in un college nei pressi di Bombay, ragazzino, entrò in contatto con un complesso di coetanei, gli Hectics. Si unì a loro e da quel momento capì subito che quella sarebbe stata la sua strada. 

La sua fortuna fu il trasferimento in Inghilterra a 18 anni a seguito della rivoluzione che investì il paese africano. Appassionato di musica e con alle spalle studi in pianoforte, Freddie si diploma in Arte grafica e Design e frequenta la Londra artistica e anticonformista, entra in contatto con altri musicisti e gruppi che saranno fondamentali per la sua carriera, gli Smile.

Poi ne fonda uno, Ibex, incide i primi pezzi, fa concerti e naturalmente si esibisce, sino ad arrivare all’aprile del 1970 quando insieme al chitarrista Brian May e al batterista Roger Taylor forma i Queen, cui l’anno successivo si aggiungerà il bassista John Decon. 

Freddie a Zanzibar col primo gruppo
Da quel momento nasce la leggenda dei uno dei gruppi più amati e apprezzati del panorama musicale internazionale e soprattutto del loro frontman, l’istrionico e insuperabile Mercury, leader veramente di quella formazione che nel tempo ha venduto oltre 200milioni di dischi e ha tenuto 707 concerti in 26 nazioni diverse.

Vere e proprie rappresentazioni sceniche in cui Mercury dava il meglio di sé, vocalmente e teatralmente. Uno per tutti: quello al Live Aid del 13 luglio 1985 in cui Mecury in venti minuti di show, “tenne sul palmo della mano tutto il pubblico” come ricorderà David Bowie in seguito.

La sua infatti era una voce potente ed espressiva, in grado di dare lustro anche ai brani meno brillanti del repertorio della band inglese che ha dettato legge dai Settanta agli Ottanta. 

Una voce che è stata oggetto di studio da parte di un team di ricercatori universitari e che ha stabilito non solo che la sua estensione vocale sfiorava le quattro ottave, ma soprattutto che la sua voce era così eccezionale, perché utilizzava la tecnica delle subarmoniche, tipica dei cantanti etnici come i Tuvan della Mongolia o i Tenores della Barbagia.

Mercury a Wembley per il Live Aid
Appariscente e coinvolgente sul palcoscenico, nella vita privata Mercury era schivo e riservato, amava i gatti e la pittura, Chagall il suo artista preferito. Aveva una collezione di cravatte ma non le indossava mai. I suoi idoli erano stati Cliff  Richerd, poi Hendrix e i Cream. 

Per i Queen è stato autore di brani che hanno fatto il giro del mondo come Bohemian Rhapsody, Crazy Little Thing Called Love, Don't Stop Me Now, It's a Hard Life, Killer Queen, Love of My Life, Play the Game, Somebody to Love e We Are the Champions.   

Il 24 novembre del 1991 morirà a 45 anni, ufficialmente per una broncopolmonite. Il giorno prima aveva redatto un comunicato in cui spiegava: 

"Desidero confermare che sono risultato positivo al virus dell'HIV e di aver contratto l'AIDS. E' arrivato il momento che i miei amici e i miei fan in tutto il mondo conoscano la verità e spero che tutti si uniranno a me, ai dottori che mi seguono e a quelli del mondo intero nella lotta contro questa terribile malattia".

Oggi, giorno del suo compleanno, tutti gli Hard Rock Caffè nel mondo celebrano l’anniversario con una raccolta di fondi in favore del “Mercury Phoenix Trust” per sostenere la ricerca contro l’Aids. Hashtag ufficiali dell'evento #FFAD; #ThisIsHardRock; #AreYouReadyToFreddie. A Ozzano nei pressi di Bologna, gli verrà intitolata una via, la prima in Italia.

i Queen

A Montreaux, dove Mercury aveva una casa e uno studio di registrazione, davanti alla sua celebre statua (ce ne sono cento nel mondo), è stata organizzata una Tombola per i fan con in premio memorabilia autografati da lui. Giorni fa poi, sulla facciata della modesta casa di Feltham dove la sua famiglia si trasferì da Zanzibar, è stata apposta una Targa blu per ricordarlo.  

Per gli artisti si dice che per essere immortali è necessario morire, ma lui è l'eccezione a questa semplicistica ma spesso reale considerazione perchè immortale lo è stato da subito appena il mondo lo ha conosciuto e ha subìto il suo fascino e il suo carisma di performer senza pari.

I dischi della band con la sua voce si vendono ancora a distanza di trent'anni dalla sua scomparsa, il film "Bohemian Rapsody" con Rami Malek nel suo ruolo, ha conquistato 4 Oscar e ha sbancato i botteghini di tutto il mondo.

Lui non c'è più e i suoi 75 anni sono un momento di condivisione collettiva di un'emozione che non finisce più  grazie alla sua musica, grazie alla sua voce che non finirà mai di stupirci e coinvolgerci. Auguri Mito!

venerdì 3 settembre 2021

Mamma mia tornano gli Abba

 di FRANCESCO TRONCARELLI 

 

La notizia era nell'aria da tempo, i rumors si susseguivano con insistenza, poi la BBC ha rotto il silenzio e ha dato l'ufficialità di quello che tutti, i milioni di fan, speravano fosse vero. Dopo 40 anni tornano gli Abba. E i social sono impazziti.

Il loro ritorno in attività prevede un concerto rivoluzionario che vedrà Agnetha, Björn, Benny e Anni-Frid esibirsi digitalmente con una live band di 10 elementi in un’arena costruita appositamente a Londra dal 27 maggio 2022 e un album completamente nuovo.

La band più amata da un pubblico trasversale di tutti i tempi torna dunque in versione digitale, con ologrammi, creati dopo settimane e mesi di riprese con motion capture e performance tecniche con i quattro membri della band e un team di 850 elementi della Industrial Light & Magic, la compagnia fondata da George Lucas, il regista della saga di Guerre stellari, Indiana Jones e American Graffiti, alla sua prima incursione nella musica. 

Ma non è tutto. A 40 anni dal loro ultimo disco in studio “The Visitors”, gli Abba non solo hanno inciso due nuove brani, "I Still Have Faith In You" ballad romantica che racconta la loro storia e “Don’t Shut Me Down” che in poche ore su Youtube hanno raccolto già oltre 5 milioni di visualizzazioni, ma hanno realizzato un nuovo disco di inediti.

Registrato insieme allo studio di Benny, Riksmixningsverket, a Stoccolma, “Voyage” verrà pubblicato in tutto il mondo il prossimo 5 novembre su etichetta Universal Music Group. 

L'ABBA Voyage prenderà il via il 27 maggio 2022 alla Abba Arena, un locale all’avanguardia da 3000 posti costruito al Queen Elizabeth Olympic Park di Londra. I biglietti saranno in vendita da martedì 7 settembre.

Il titolo "ABBA Voyage" si potrebbe riferire proprio al mitico viaggio che il quartetto pop svedese tornerà a rivivere insieme (tra loro e con i fan), dopo ben 40 anni di piazzola di sosta. Ma non c'è piazzola di sosta che possa fermare il successo di questa band che ha fatto la storia della musica moderna.

Con quasi 400 milioni di album venduti in tutto il mondo, 17 hit al primo posto in classifica e più di 16 milioni di stream globali alla settimana, gli Abba sono uno dei gruppi musicali più di successo di tutti i tempi. 

Fin dal loro esordio con “Waterloo” nel 1974, con cui all'epoca vinsero L'Eurofestival oggi Eurovision, la musica della band svedese ha catturato i cuori delle pubblico in tutto il mondo. 

"Waterloo" il primo grande successo

Ancora adesso le loro canzoni, scritte e prodotte da Benny Andersson e Björn Ulvaeus e interpretate con passione e partecipazione da Agnetha Fältskog ed Anni-Frid “Frida” Lyngstad, sono considerate una parte fondamentale della musica internazionale. E sono arrivati nel 21° secolo più popolari che mai.

Qualche numero indicativo del loro successo. "Abba Gold", originariamente pubblicato nel 1992, ha recentemente superato la millesima (millesima!!!) settimana sul UK Album Chart, diventando il primo album della storia a raggiungere questa meta. 

Su TikTok, i contenuti con l’hashtag #Abba hanno da poco raggiunto un miliardo di visualizzazioni, senza che il catalogo fosse ufficialmente accessibile sulla piattaforma. Nel 2010 inoltre, gli Abba sono stati inseriti nella Rock N’Roll Hall of Fame e nel 2015 “Dancing Queen”, una delle loro canzoni più amate, è stata aggiunta alla Grammy Hall of Fame. 

Finalmente dunque, il viaggio tanto atteso dei mitici artisti svedesi ricomincia, anche se virtuale, in versione "Abbatar". Ma non è detto, perchè c'è la possibilità, anche se remota, di poterli rivedere in carne ed ossa di splendidi settantenni, al prossimo Eurovision e addirittura a Sanremo, un sogno per Amadeus e per gli spettatori italiani e di quelli collegati in tutto il mondo.

gli Abbatar

Nati nel 1972, in attività per un decennio, i quattro svedesi all’epoca erano anche due coppie nella vita, Björn Ulvaeus e Benny Andersson, musicisti e compositori, collaboravano dalla metà degli anni 60. Poi Ulvaeus conobbe Agnetha Fältskog, bionda, bellissima, già promettente popstar in Svezia (da solista ha cantato cover di brani italiani come "Vagabondo" di Nicola di Bari) e Andersson si fidanzò con Anni-Frid Lyngstad, partita giovanissima dal jazz.

Il palindromo Abba riuniva le loro quattro iniziali e racchiudeva una favola, in grado di trasformare il quartetto in un fenomeno mondiale, ancora oggi il gruppo scandinavo più famoso di sempre. A consacrarli al pubblico internazionale fu l’Eurofestival del 1974 che si svolse in Inghilterra. 

Vinsero con «Waterloo» (davanti, tra l’altro, alla nostra Gigliola Cinquetti) ed esplosero ovunque con quella cascata di note super orecchiabili, ballabili, facili,  stucchevoli per i detrattori e gli snob, talmente riconoscibili da diventare lo «stile Abba», un pop commerciale ma di qualità. 

«Mamma Mia», «Dancing Queen», «Money Money Money», «Fernando» sono solo alcuni titoli arci-noti di una sfilza di successi, tra dance, europop e ballate, che contribuirono a renderli un mito insieme ai loro look sfavillanti a base di zatteroni, pantaloni a zampa, tutine attillate in un best of della moda degli anni 70.

Dieci anni e otto dischi dopo, conquistate le classifiche di mezzo mondo, l’incantesimo si spezzò: entrambe le coppie giunsero al capolinea, i quattro provarono, nonostante i divorzi, a portare avanti la musica, ma alla fine nel 1982 le strade si divisero.

Il cast del film Mamma mia

"The Winner Takes it All», una delle loro canzoni più malinconiche, canta proprio il deporre le armi davanti alla fine di un amore, l'epilogo di una storia bella e intensamente vissuta ma proprio per questo giunta al capolinea.

Le loro icone però, simbolo di un mondo e di una musica universalmente osannata, sono rimaste, tra il museo che gli è stato dedicato a Stoccolma e il successo planetario del musical «Mamma Mia!», costruito sulle loro canzoni.

Da quando ha debuttato a Londra nel 1999, continua a riempire i teatri ed ha poi dato vita nel 2008 anche al film (con tanto di sequel) interpretato dalla bravissima Maryl Streep. Con l'account ufficiale TikTok poi, anche la generazione 2.0 conosce le loro canzoni e potrà imbarcarsi in questo nuovo viaggio. 

Bentornati Abba!

giovedì 2 settembre 2021

Barry Gibb, 75 anni da Baronetto

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Barry Gibb compie 75 anni e si rimette in gioco. Festeggia infatti il suo compleanno con un tour tornando così ad esibirsi dal vivo. Elaborato da tempo il lutto per la perdita dei suoi fratelli, i gemelli Maurice e Robin scomparsi rispettivamente nel 2003 e 2012, l’ultimo dei Bee Gees ha deciso che 75 anni sono un’età da vivere ancora intensamente, con la musica, per la musica e la soddisfazione dei fan.

Una decisione maturata negli ultimi tempi e che ha avuto un prologo a gennaio, quando ha pubblicato "Greenfields" il suo terzo album da solista che è balzato subito in testa alla classifica del Regno Unito, come ai bei tempi del gruppo e da lì in Australia, il paese che li vide esplodere come antagonisti dei Beatles e poi negli Stati Uniti.

L'album prodotto dallo stesso Gibb con Dave Cobb (noto per aver collaborato con artisti del calibro di Roberta Kelly, Barbra Streisand, Lenny Kravitz, Sturgill Simpson, Chris Stapleton, Jamey Johnson, Shooter Jennings, Colter Walle) per l’etichetta Columbia, contiene 12 tracce, rivisitazioni dei grandi successi dei Bee Gees ed è stato registrato a Miami con gli stessi musicisti che lo hanno accompagnato negli ultimi tempi.

Maurice, Barry e Robin Gibb

I Bee Gees hanno sempre composto i loro brani in famiglia, tra di loro e anche in questo ultimo lavoro Barry ha avuto la collaborazione dei suoi figli Steven e Ashley. A proposito di questo disco andato fortissimo, Barry ha dichiarato " Questo per me è un sogno che diventa realtà. E' un nuovo capitolo della mia vita”. Parole che dette da un neo settantantacinquenne vanno apprezzate ancora di più.

Vincitore di quattro Grammy, come compositore e produttore ha creato grandi successi per altri artisti,  "Guilty" per Barbra Streisand, "Heartbreaker" per Dionne Warwick, "Islands in the Stream" per Dolly Parton e Rogers e infine "Eaten Alive" e "Chain Reaction" per Diana Ross. 

Insieme ai fratelli, con il gruppo invece, ha raggiunto ben 19 volte il primo posto della classifica dei dischi più venduti, eguagliando il primato dei Beatles.

Nella lunga carriera dei Bee Gees, famosi per i loro impasti vocali e il modo di cantare in falsetto, i successi sono stati innumerevoli e veramente intramontabili, tanto che ancora oggi vengono suonati e ballati.

La colonna sonora della Febbre del sabato sera Disco d'oro

Tra i tanti brani che hanno dominato le classifiche di mezzo mondo (oltre 220 milioni di dischi venduti), possiamo ricordare hit come "Words", "To love somebody", "Massachusetts", "Jive Talkin", “Run To Me”, “My World”, “Too much heaven”, How Can You Mend a Broken Heart".

Ovviamente inoltre ci sono quelli tratti dalla colonna sonora del film "La febbre del sabato sera" interpretato da John Travolta, i sempreverdi "You should be dancing", "How Deep Is Your Love", "Stayin Alive" e " Night Fever".

Barry aveva ripreso a suonare nel 2013, portando in Australia, Inghilterra, Irlanda, Nuova Zelanda e Stati Uniti il "Mythology Tour", dove aveva celebrato i più grandi successi del gruppo, tributando allo stesso tempo un ricordo intenso e affettuoso ai suoi fratelli scomparsi prematuramente. 

Poi un lungo stop, alternato con qualche partecipazione da guest star in show televisivi e serate come quella che lo ha visto esibirsi con i Coldplay per la gioia dei vecchi fan e di quelli della band guidata da Chris Martin e la pubblicazione di un album di inediti cinque anni fa. 

Barry Gibb nominato Cavaliere del Regno Unito
Nel 2018 è stato nominato cavaliere dal Principe Carlo a Buckingham Palace. Una cerimonia "emozionante" in cui il cantautore anglo-australiano si è inginocchiato mentre il futuro Re di Inghilterra pronunciava la formula antichissima del rito che consentirà a Gibb, ma non ai suoi discendenti, di farsi chiamare Sir.  

Ora a 75 anni la sua seconda giovinezza artistica, con la presenza nelle classifiche mondiali del nuovo album con i successi storici del gruppo che ha fatto la storia del pop, la conferma che se la musica è di qualità è sempre valida e attuale ed è capace di emozionare ancora a distanza di tempo. 

Come Barry Gibb, baronetto del sabato sera. 

Alessandro Momo, 50 anni dopo

 di FRANCESCO TRONCARELLI Chissà cosa avrebbe detto della Lazio di Baroni Alessandro Momo. Sicuramente sarebbe stato contento di vederla gio...