venerdì 31 gennaio 2020

Quando Sanremo fece gol

 di FRANCESCO TRONCARELLI


Il Festival quest'anno festeggerà le sue 70 candeline, tante le edizioni che si sono succedute dal lontano 1951 ad oggi. Sarà quindi un Sanremo speciale che oltre a proporre i nuovi brani che cercheranno il successo nei prossimi giorni, celebrerà se stesso nella serata delle cover dedicata ai grandi pezzi cantati sul palco dell'Ariston in tutti questi anni e in appositi manifesti, uno per anno, che racconteranno il festival e saranno posizionati nella città della riviera.

E ci saranno tutti i Sanremo, tutti meno uno. Un festival molto speciale su cui però è caduto l'oblio. Dimenticato da tutti e rimosso addirittura da alcuni dei suoi protagonisti tuttora in attività. Non esistono peraltro documenti filmati, foto e in alcuni casi neanche i dischi. Una cosa incredibile, perchè le canzoni di quel festival particolare riguardavano un tema che interessa tutti e di cui si parla ogni giorno ovunque.

L'amore? La vita? Ma de che: il calcio. Anzi per essere precisi, le squadre di calcio, i team per cui gli italiani sono sempre pronti a seguire notizie sui siti e piattaforme varie 24 ore su 24. Bene nel 1964 al termine della classica edizione di quell’anno del festival, sempre a Sanremo si svolse una manifestazione dal titolo “Una canzone per la vostra squadra”, organizzata da Gianni Ravera, stesso manager del festival "ufficiale" vinto quell'anno da Gigliola Cinquetti con "Non ho l'età".


Un'idea simpatica e curiosa, forse in anticipo sui tempi, oggi sarebbe monitorata passo dopo passo con servizi, inviati e Dilette Leotta varie al seguito, ma che riscosse comunque molto interesse e un buon successo data la singolarità delle canzoni.

“Diciotto canzoni per diciotto squadre di calcio sono state presentate questa sera al teatro “Ariston”, affollato di tifosi, dirigenti sportivi e calciatori, da alcuni dei più noti cantanti italiani, con l’accompagnamento dell’orchestra De Martino. Era la finale del concorso “Una canzone per la vostra squadra”; lanciato dall’organizzatore degli ultimi festival sanremesi, Gianni Ravera, fra tutti gli sportivi italiani”. Così recita “La Stampa” del 24 marzo 1964, all'indomani della serata canora "calcistica" e a pochi giorni dalla conclusione del più noto Festival della Canzone Italiana.

E questo è uno dei pochi articoli recuperati sull'avvenimento canoro e mondano per cui non ci furono riprese di Mamma Rai (per il festival ufficiale peraltro la diretta fu solo per la serata finale e non come adesso che occupa cinque giorni di fila di programmazione), ma soli i filmati dei Cinegiornali che venivano trasmessi nelle sale cinematografiche prima delle proiezioni dei film.


Quel festival sui generis non fu una gara bensì una parata di canzoni. A presentarle due delle voci più note dello Sport e del Calcio in particolare, il mitico Nicolò Carosio e il grande Nando Martellini, per l'occasione trasformatisi nel Mike Bongiorno festivaliero che proprio qualche giorno prima aveva annunciato i vari Bobby Solo con "Una lacrima sul viso" e Little Tony con "Quando vedrai la mia ragazza".

Tra le duemila persone presenti all’Ariston  vecchie glorie del calcio come Mario Gianni Allemandi, De Prà, Balonceri, Pitto, Burlando, Vanz, Slavati, Levratto e dirigenti di alcune squadre, come l’on. Catella, presidente della Juventus in quel periodo e l’allenatore, allora, del Torino Nereo Rocco oltre a giornalisti e alcuni calciatori che erano in attività come i difensori Burgnich e Facchetti della grande Inter ed Ezio Pascutti il centavanti del Bologna che vincerà lo scudetto di lì a qualche mese.

Per la manifestazione furono scelti diciotto testi tra i cinquemila proposti da altrettanti tifosi, rivisti tecnicamente da parolieri professionisti e musicati da note firme della musica leggera italiana e, ovviamente, interpretati da diciotto cantanti molto noti in quegli anni.


Insomma inni e canzoni sportive sul palcoscenico dell’Ariston tra gli stendardi delle diciotto squadre di serie A del campionato 1963-64 alle quali erano dedicate. Ecco dunque i titoli delle canzoni, quelli degli interpreti e, di alcune, anche le copertine dei vinili dell’epoca.

Canzoni e cantanti :
  1. Il Bologna è un grande squadrone (Gianni Morandi);
  2. Punto e basta (Messina), (Corrado Lojacono);
  3. Che Mantova! (Fabrizio Ferretti);
  4. Forza, forza Lanerossi (Vicenza), (Quartetto Radar);
  5. Forza Toro (Nilla Pizzi);
  6. Canarino và (Modena), (Equipe 84);
  7. La signora Juve (Emilio Pericoli);
  8. Forza Lazio (Aura D’Angelo);
  9. Giù il cappello (Milan), (Arturo Testa);
  10. Sampdoria (Gian Costello);
  11. ‘Sta Roma (Robertino);
  12. I galletti (Bari), (Jo Fedeli);
  13. Largo che arriva l’Inter (Gino Corcelli);
  14. Ale, ale, Genoa (Franco Franchi);
  15. La corsara di Ferrara (Spal), (Lilly Bonato);
  16. Forza Atalanta (Piero Focaccia);
  17. Dai Catania (Didi Balboni);
  18. I magnifici 11 (Fiorentina), (Narciso Parigi)
Alcune notazioni. Il pezzo di Gianni Morandi dedicato alla sua squadra del cuore, il Bologna è praticamente sparito. Non esiste in rete nè tanto meno sui siti specializzati nella vendita on line come E Bay dove si trova tutto. E, cosa ancor più singolare, non vi è menzione nella discografifia ufficiale dell'"eterno ragazzo della canzone italiana" nonostante fosse stato inciso per l'etichetta RCA, la più importante dell'epoca.

Peraltro nel 1964 Morandi sarà il trionfatore delle classifiche di vendita con brani come "In ginocchio da te", "Non son degno di te" e "Se non avessi più te" che lo consacreranno come beniamino del pubblico portando a casa la vittoria nel Cantagiro e al Festival delle Rose.

L'inno del Bologna di Sanremo però è come se non fosse mai stato cantato. Quando infatti negli anni 90 Morandi inciderà insieme a Dalla, Andrea Mingardi e Luca Carboni l'inno "Le tue ali Bologna", nessuno, a cominciare da lui, ricorderà che in realtà quello non era il primo brano decicato ai rossoblu perchè ce ne era un altro cantato nell'anno dello scudetto.
.

"Canarino va" dedicato al Modena che allora giocava in serie A, è il disco più raro di tutti, è in vendita infatti a 400 euro. Il motivo è presto spiegato, è il primo disco della Equipe 84, il gruppo più famoso insieme agli inglesi Rokes del nostro beat, come dire la risposta dei "capelloni" italiani ai Beatles. Se ne stamparono poi poche migliaia di copie, perche la squadra emiliana non aveva tanti sostenitori perciò il 45 giri è supervalutato rispetto alla media dei dischi cosidetti introvabili (dai 10 ai 50 euro).

Robertino, romano de Roma verace che esplose proprio nel Sanremo del 1964 a soli 17 anni dopo essersi affermato nei paesi del Nord Europa col brano "Un bacio piccolissimo" (successo internazionale) canta l'inno della Roma, qualche anno dopo però dedicherà un brano alla Lazio allenata da Vinicio, dal titolo "Daje Lazio". Un modo per accontentare tutti e soprattutto per pescare acquirenti in entrambe le tifoserie.

Piero Focaccia, l'ex bagnino di Cervia divenuto popolarissimo col brano "Stessa spiaggia stesso mare" incise l'inno dell'Atalanta senza un particolare riscontro da parte del pubblico di fede nerazzzurra. Recentemenete l'ex Pooh Facchinetti ha inciso un inno con lo stesso titolo "Forza Atalanta" con un risultato migliore.


Franco Franchi che canta l'inno del Genoa non è il compagno di comicità di Ciccio Ingrassia, ma un cantante che ebbe una certa notorietà negli anni Sessanta e poi come autore per i Giganti e Mina. L'inno dedicato alla squadra Viola di Narciso Parigi non riuscì a scaldare i cuori dei fiorentini che restarono e sono tuttora legati all'inno storico "Oh Fiorentina" (uno dei più antichi d'Italia che risale agli anni 30)  cantato sempre da Parigi scomparso nei giorni scorsi.

Il brano dedicato alla Lazio e cantato da Aura D'Angelo, è stato scritto da fior di autori, per i testi Antonio Amurri e Luciano Rispoli e per la musica Mario Ruccione, vincitore di alcuni Sanremo con le sue canzoni cantate da Claudio Villa. E' un inno frizzante che prendendo spunto da alcuni cori dei tifosi che venivano lanciati in quegli anni, si scatena poi in un samba trascinante e molto ritmato. Sicuramente il più orecchiabile di tutti.

lunedì 27 gennaio 2020

Lazio, il pareggio è d'oro! Le Pagelliadi

di FRANCESCO TRONCARELLI



7+ ad Antonio Elia Acerbis (quelli del meno 9) - La peggiore Lazio della stagione ha guadagnato un punto d'oro pareggiando il derby con la Roma. Mai in partita, mai concentrata, praticamente mai giocata. Incredibile ma vero. I biancocelsti delle undici vittorie consecutive non sono stati capaci di imbastire un'azione di gioco degna di questo nome, hanno solo subìto. Per quello che si è visto insomma è andata di lusso, ecco perchè il "migliore" della formazione demotivata messa in campo da Inzaghi è stato il roccioso difensore che oltre ad essere sempre sul pezzo è riuscito anche a buttarla dentro credendoci ogni oltre previsione. Un gol che vale tantissimo il suo, perchè ha consentito di proseguire comunque il bel cammino percorso sino ad ora, mandando contermpraneamente al manicomio i dirimpettai che si sono attaccati al fumo della pipa dei 22 tiri verso la nostra porta (record per Mangiante!!). Tiè.

6 e mezzo a Lucas 2.0 (Biglia chi?) - Un muro. Ma no quelli delle opere recenti che al primo "stormir di fronde", come disse il poeta, crollano miseramente. Muro de na' vorta, quelli tirati su dai muratori tosti e in canotta. Una diga là in mezzo che ha cercato di mettere pezze a destra e a manca a sti marpioni che venivano giù a tutta callara. E chi lo Leiva più dal campo?

6 a Lazzari alzati e cammina - e porta pazienza. E pure tanta. Qualcuno ha sostenuto che è stato spesso scavalcato dall'avversario della sua fascia, si è successo, ma la verità è che nessuno dei suoi compagni di merende l'ha cercato per smistargli la palla. Un errore imperdonabile. C'avemo un furetto che corre, dribbla e crossa al centro e nun je passate la palla? E namo su. In sostanza eravamo in dieci perchè lui non l'hanno fatto giocare. Come Di Maio che j'hanno tolto il giocattolo.

6 a Patric del Grande fratello Vip - Nun javresti dato 'na lira. Quando è entrato in molti hanno sospirato "è finita..". E invece il bellimbusto del programma trash di Mediaset è riuscito, nella sua aurea mediocrità, a dare il meglio di sè. Come un Vincenzo Salemme qualsiasi.

6 a chiedimi se sono Felipe - All'inizio s'è involato, col passare del tempo s'è involuto. Alla fine si è involtino.

6- a Innamoradu e veni, vidi Lulic al 71° e al 73°- Sono partiti in quarta, sono finiti in folle. Nè più nè meno di Amadeus a Sanremo ancor prima di cominciare. 

6- a dillo a Parolo tuo - Tanto fumo e poco arrosto. Avete presente Massimo Giletti? 

5 a Lupo Alberto - Tanto fumo e niente arrosto. Avete presente Fabio Fazio?

5 a Sylva Strakoshina - Ve dovete fa l'affari vostra. A forza di dire che non esce mai, s'è voluto toglie lo sfizio de uscì dai pali e zacchete, ha combinato quel pastrocchio. Poi ha recuperato con qualche parata importante, ma la frittata co' le ova fraciche, l'aveva fatta prima. Dall'oroscopo di Branko la Luna consiglia: "non date retta ai sapientoni e tirate dritto per la vostra strada, piuttosto rilassatevi giocando a carte". Ah, la mano di Burraco coi fotografi quanto è mancata..

5 al Panter One - Doveva far salire la squadra per liberarla dall'assedio nei venti minuti finali. Il problema che non aveva la scala ed è rimasto a terra.

5 al Ciro d'Itala - Come il cannone del Gianicolo, ha sparato a salve.

5 a Correa l'anno 1990 - La sua prestazione è stata come la rilevazione della temperatura a Santa Maria di Leuca: non pervenuta.

5 al Sergente - Come la raccolta della mondezza a Roma, inesistente. Sipario.


Appunti di gioco
di Roberto Taglieri

Domenica, 26 gennaio 2020

Pari tra Roma e Lazio nel posticipo della seconda giornata di ritorno. Gli errori dei portieri sono significativi per il risultato finale: i giallorossi vanno in vantaggio con Dzeko, sono raggiunti da Acerbi sempre nel primo tempo, ma recriminano per aver dominato praticamente per tutta la partita che termina 1-1. Si affrontano oggi due squadre che vengono da altrettante sconfitte in Coppa Italia: simili le motivazioni, cioè quelle di mettere le mani su un posto in Champions, ma per i biancazzurri c’è la speranza di puntare a qualcosa di più consistente e di creare un bel gap tra lei e le inseguitrici. I giallorossi, già senza Zaniolo, perdono anche Diawara per cui Fonseca sceglie un 4231 coperto, con Cristante davanti alla difesa, Santon che è preferito a Kolarov infine Kluivert ed Under dietro Dzeko. Inzaghi invece recupera tutti, anche Correa e Luis Alberto mezzi acciaccati, per cui se la va a giocare con la formazione titolare. Spettacolare la coreografia biancazzurra, che riscopre l’arte classica, ma subito dopo comincia la  partita che vede una Roma molto aggressiva soprattutto sulle fasce con Spinazzola e Under. I giallorossi restano costantemente nella metà campo avversaria, la Lazio cerca di scavalcare la difesa romanista con lanci lunghi ma trova sempre l’anticipo dei difensori. Al 26’ la prima svolta: Strakosha sbaglia tutto, in uscita si fa anticipare da Dzeko che di testa insacca il vantaggio giallorosso e sblocca il derby. Un secondo dopo nuova azione della Roma che per poco non raddoppia ancora con Under e Dzeko, mentre la Lazio sta pericolosamente a guardare. Solo al 33’ Lulic scocca il primo tiro in porta per i suoi, che finisce in corner. Sullo sviluppo Pau Lopez pareggia l’errore del suo omologo con l’aiuto di Smalling: un campanile  mal gestito dai due consegna la palla sui piedi di Acerbi, che insacca a porta sguarnita il fortunoso pari laziale. Nel finire del primo tempo da un altro errore sulla trequarti Pellegrini a giro colpisce un palo e la Lazio trema ancora. Nella ripresa Inzaghi toglie Luis Felipe per Patric, ma subito  Veretout va vicino al 2-1 scagliando una palla che va poco out. Passa solo un minuto e Calvarese assegna un rigore, poi tolto al var per uno scontro tra Patric e Kluivert. I biancocelesti proseguono a non capirci nulla; incapaci di tenere palla e di proporsi, tendono sempre a rinculare e ad attendere le giocate romaniste. Correa al 62’ trova Immobile che spara alto una delle prime giocate ragionate della Lazio, che prova a farsi vedere dalle parti giallorosse ma sempre con scarsa convinzione. Strakosha al 70’ fa un altro errore, regalando palla alla Roma e poi si rifà parando d’istinto su Dzeko. Esce Luis Alberto per Parolo al 70’, ma intanto Kluivert al 73’ spara a lato una grande opportunità per i suoi. Anche Correa lascia per Caicedo, mentre Dzeko è pericolosissimo ma trova Strakosha all’80’. Fonseca cambia a sinistra con l’inserimento di Perotti e Kolarov; all’88’ Strakosha prende una zuccata centrale di Dzeko, poi Milinkovic sfiora il palo al 90’ e dopo 4’ di recupero la partita finisce. La peggiore Lazio della stagione, molle e incapace di arginare gli attacchi avversari trova un punto di diamante dopo una gara impalpabile. Mai in grado di condurre il gioco, sempre fuori partita la Lazio trova la miglior Roma della stagione ma con fortuna la blocca sul pari. Una battuta d’arresto quella di oggi che non pregiudica nulla per i biancazzurri; resta il rammarico che proprio i giallorossi abbiano fermato la striscia positiva della Lazio, che tuttavia viaggia sempre tranquilla al terzo posto con 46 punti a 4 lunghezze dai giallorossi e con una partita in più da disputare. Il riscatto può essere servito già domenica prossima in casa contro la Spal: la speranza è che quello di stasera per la Lazio sia un episodio isolato.  


ROMA   LAZIO   1–1      26’ Dzeko 34’ Acerbi
ROMA: Lopez, Santon (83’ Kolarov), Mancini, Smalling, Spinazzola, Cristante, Veretout (90’ Pastore), Under, Pellegrini, Kluivert (80’ Perotti), Dzeko.  All: Fonseca
LAZIO: Strakosha, Felipe (46’Patric), Acerbi, Radu, Lazzari, Leiva, Milinkovic, Luis Alberto (70’ Parolo), Lulic, Correa (75’ Caicedo), Immobile.  All: Inzaghi
Arbitro Calvarese



domenica 26 gennaio 2020

Ricchi e poveri, di nuovo insieme

di FRANCESCO TRONCARELLI



Il ritorno di Marina Occhiena nello storico gruppo genovese per Sanremo. Di nuovo insieme la Moretta e la Bionda dei Ricchi e Poveri per i 50 anni de "La prima cosa bella"  


Non appena le agenzie hanno battuto la notizia della reunion dei Ricchi e poveri, il loro nome è entrato subito in tendenza su Twitter e sui social tutti hanno iniziato a commentare, postivamente ovvio, con un misto di incredulità condita da ironia.

Portavoce di questa ondata di entusiasmo e simpatia nei confronti dello storico gruppo genovese, Fiorello, che anche per stemperare le tante polemiche che quest'anno si sono scatenate su Sanremo ed Amadeus, ha twittato "Vi prego voglio essere il quinto!!".


La notizia del resto ha suscitato molto scalpore fra quanti seguono le vicende della musica nostrana e dei ersonaggi che l'animano. E i Ricchi e poveri sono fra quegli artisti che da sempre suscitano interesse per le loro vicende umane e professionali. E così ecco che eccezionalmente nella loro formazione originaria in quartetto, torneranno sul palco dell'Ariston in occasione dei 50 anni del brano “La prima cosa bella” e della prima partecipazione al Festival del 1970.

La reunion nasce dall'idea del manager Danilo Mancuso che ha riunito Angela Brambati, Franco Gatti, Marina Occhiena e Angelo Sotgiu per realizzare un progetto speciale. A darne notizia è l'ufficio stampa del gruppo.

Saranno ospiti a Sanremo con ogni probabilità il 5 febbraio, nella seconda serata. In trio, Angela, Angelo e Franco avrebbero dovuto ricevere un Premio alla Carriera al Festival nel 2013, ma la loro partecipazione saltò a causa del ritrovamento del figlio di Franco Gatti senza vita. Da allora l'addio dello stesso Gatti, il baffone dei tre, dal gruppo, divenuto quindi un duo.




Era stato Franco Califano a prendere il quartetto sotto la sua ala e a battezzarlo proprio 'Ricchi e poveri, ovvero ricchi di talento ma poveri di successo. E quel nome così insolito portò fortuna ai quattro ragazzi genovesi che iniziarono a scalare i gradini del successo prima in Italia poi in tutto il mondo.

«Siamo qui tutti e quattro insieme - dicono oggi - per onorare l'affetto che il pubblico ci ha sempre dimostrato. Celebrare i 50 anni dal nostro primo grande successo, 'La prima cosa bellà, è come ritrovarsi in famiglia dopo un lungo viaggio e rinsaldare un legame essenziale».

Il progetto "ReuniON" vedrà i Ricchi e Poveri al completo nuovamente protagonisti della scena musicale  ripartendo proprio dal palco che gli diede la grande notorietà presso il pubblico televisvo. «La grande carriera di questa band che ha saputo rinnovarsi nel tempo imponendosi in Italia e all'estero mi ha spinto - spiega il manager Danilo Mancuso - a realizzare questo progetto per renderle merito e far conoscere meglio alle nuove generazioni, peraltro già legate a loro, un universo musicale unico che ha sempre creato condivisione proprio per quella leggerezza festosa e vocazione al sentimento che è la cifra stilistica del gruppo».


Pace fatta quindi tra le due primedonne del gruppo dopo la clamorosa lite e rottura nell'81 alla vigilia della partecipazione del gruppo al festival, dove eseguirono, per la prima volta in trio, "Sarà perchè ti amo", il brano che diventerà il loro successo più venduto e conosciuto anche a livello internazionale.

Ora il ritorno alle origini con la riproposizione de "La prima cosa bella" il pezzo scritto da Nicola di Bari per festeggiare la nascita della figlia Katty, che fu presentato da loro praticamente esordienti e dal cantante pugliese al Sanremo del 1970 e che fece ad entrambi da volano verso la meritata notorietà

giovedì 23 gennaio 2020

Un sacco bello, 40 anni di un boom

 di FRANCESCO TRONCARELLI



Risate, tante, spensieratezza, un'ora e mezza di divertimento, ma anche al termine quel retrogusto amaro misto a malinconia, per una storia che tutti, chi più chi meno, abbiamo vissuto tra possibili avventure, situazioni paradossali e personaggi incredibili che hanno accompagnato la nostra vita.

"Un sacco bello" il film del debutto di Carlo Verdone in poche righe è tutto questo, una grande risata e tanta malinconia per una gioventù passata troppo in fretta tra sogni e bisogni e per una Roma che ci ha visto crescere ma che non c'è più. Qella di 40 anni fa, ancora città di tutti e sicuramente romana, senza internet e cellulari ma con tanta solidarietà e schiettezza de noantri.

Il 19 gennaio del 1980 usciva nele sale "Un sacco bello", opera prima dell'esordiente Carlo Verdone che faceva subito il botto. Un successo non annunciato ma sicuramente dovuto che presentò al pubblico "il nuovo comico romano", accolto benevolmente dalla critica come eclettico e talentuoso attore capace di dar vita a più personaggi, 6 per l'esatezza.

Sono i numeri del resto a fissare per prima cosa quell’epopea legata al film un po’picaresca e un po’eccezionale che oggi è diventata di culto, come il titolo stesso del film, “Un sacco bello” divenuto in quel periodo un tormentone e nel tempo un modo di dire.

40 anni dalla data dell’uscita, 5 settimane e due giorni invece delle sette previste, per la gioia di un produttore ufficiale, al secolo l’esperto Romano Cardarelli e di uno reale dietro le quinte, ovvero Sergio Leone, poco più di 500 milioni delle vecchie lire il budget garantito dalla distribuzione Medusa sulla parola di Leone e invece i quasi tre miliardi d'incasso che proiettò il neo regista Carlo Verdone nell’Olimpo delle maschere comiche di una nuova Commedia italiana.

E ancora 3 i premi vinti in poche settimane, Globo d’oro e Nastro d’argento per l’attore rivelazione e il David di Donatello speciale che incoronava un novello Fregoli dell’interpretazione che si era diretto da solo dividendosi davanti all’obiettivo in 3 protagonisti e altrettanti comprimari. Ciascuno coi suoi tic, le sue manie, i suoi tormentoni indimenticabili che venivano dalla gavetta dei teatrini off come l’Alberichino a Roma dove Carlo aveva esordito giovanissimo e poi dalla grande scuola del varietà televisivo “No Stop” firmato da Enzo Trapani in cui aveva lanciato dal piccolo schermo i suoi personaggi strambi e mitici.

Romano, di buona famiglia e buoni studi (il padre era lo storico del cinema Mario), nato e cresciuto a due passi da campo de Fiori in una casa sul Lungotevere da dove "spiava" quella di Alberto Sordi. Verdone è diventato un beniamino del pubblico come attore e regista di quasi 30 pellicole, ed è rimasto, per ovvi motivi, legatissimo a quella pelicola del debutto.

Leo a Porta Settimiana

“La grande intuizione – ha spiegato – è di aver collocato tre storie di solitudine, tre personaggi involontariamente comici, in una Roma agostana, assolata e deserta ma piena di un’umanità, di un calore, di suoni e scorci che oggi non esiste più, ma che il cinema rende immortale”.

Questa dualità sottile e nascosta del film, ovvero la solitudine e la comicità, è certamente il segreto di un successo che Sergio Leone intuì per primo e consegnò a sceneggiatori esperti come Leo Benvenuti e Piero De Bernardi veri e propri maestri del settore, perché dessero alle maschere comiche di Verdone una struttura narrativa.

Il modello deriva in qualche modo dai film a episodi della Commedia all’italiana e rimanda soprattutto a “I mostri” a Dino Risi, ma diversamente da quella stagione la sceneggiatura di “Un sacco bello” intreccia le cronache minute di Enzo, Leo e Ruggero con situazioni che hanno sfondo comune proprio nella città d’estate, terreno di solitudine e di destini incrociati.

Così Enzo, il bullo frenetico che vorrebbe partire per una gita erotica a Cracovia con calze di nylon al seguito, si arena alle porte di Roma prima del viaggio, il tontolone Leo cerca in ogni modo di sfuggire al ferragosto a Ladispoli con la madre e finisce solo nonostante la speranza di un incontro amoroso con la bella spagnola che poteva dargli una via di fuga mentre il fricchettone Ruggero non può evitare il confronto col padre che vorrebbe riportarlo sulla “retta via” dopo una stagione di sogno hippie.

Non c’è dubbio che i vari sketch prevalgono sulla storia e che i momenti indimenticabili del film sono tutti scritti sulla faccia, attonita e stranita, del protagonista, ma è altrettanto vero che il film conserva una freschezza e una vitalità che poche volte si sarebbero ripetute in quel decennio in altre pellicole.

Valore aggiunto di “Un sacco bello” poi, sono senza dubbio i grandi professionisti che Leone e Verdone hanno scelto per sventare le paranoie e le legittime paure dell’attore che divenne regista controvoglia, giacché tentò di farsi guidare da maestri più esperti prima di cedere ai consigli del suo mentore che aveva scommesso sul suo talento.

la locandina

Ecco così che troviamo tra gli attori una storica maschera trasteverina come Mario Brega che nei western di Sergio Leone si era costruito una fama e un personaggio, alle scene c’è il fidato Carlo Simi e le musiche sono firmate da Ennio Morricone, vero e prorpio "regalo" per un giovane esordiente alla macchina da ripresa. La fotografia è di Ennio Guarnieri e il montaggio di Eugenio Alabiso che aveva lavorato con Leone a partire da “Per qualche dollaro in più”.

Insomma un piccolo esercito di “pretoriani” di lungo corso che non potevano tradire con la loro professionalità e che accompagnarono Carlo Verdone passo dopo passo verso il successo. Al resto pensò lui che alla vigilia del primo giorno di riprese non aveva il coraggio di presentarsi sul set.

Finché nel cuore della notte, il papà adottivo Leone non suonò alla sua porta per trascinarlo fuori in una lunga passeggiata notturna attraverso la Roma deserta sotto la luna. Ed è forse proprio la riscoperta di questa protagonista a sorpresa, la città, la sua e nostra Roma, che rassicurò l’incerto debuttante spingendolo a osare il massimo per ottenere il massimo.  

All’epoca Roma aveva una grande anima, nella gente, nel popolo, nelle atmosfere, nei suoni e c’era una grande poesia, si sentiva il rumore dell’acqua nelle fontane, quello dei campanili e di qualche motorino smarmittato che ogni tanto passava. E quella Roma gli diede la forza per cominciare.
 Un sacco bello: quarant'anni fa usciva il film di Carlo Verdone

Sono trascorsi 40 anni dall’uscita di "Un sacco bello", tutti hanno visto quel film e da allora hanno imparato ad amare Verdone, ripensando a quella pellicola ognuno ha emozioni e ricordi che tornano a galla e rimandano a una stagione della propria vita e ad una città molto diversa dalla metropoli in cui viviamo. Involgarita e senza anima.

Non esiste neppure più “il palo della morte”. Oggi, il traliccio dell’alta tensione, è stato sostituito da un albero. Si trova nella rotatoria tra via Giovanni Conti e via delle Vigne Nuove, in direzione del centro commerciale Porta di Roma e tutt’intorno è sorto un intero quartiere. Resta per fortuna il film che ha reso immortali quelle atmsofere e quel vivere un sacco bello, da sognatori.


martedì 21 gennaio 2020

"La vita", da Sanremo alla pubblicità

di FRANCESCO TRONCARELLI



Potenza della pubblicità. E' bastato uno spot, sapientemente trasmesso negli orari di punta della programmazione di tutte le televisioni ed improvvisamente è tornata a risplendere una delle più belle canzoni del nostro pop. Dimenticata, nascosta nell'album dei ricordi che ciascuno conserva, ma anche una piacevole sorpresa per quelli che sono venuti dopo, millenials e popolo del web. Tutti a dire che bella sui social, molti a chiedersi che brano è nei commenti in rete. 

La risposta quindi è dovuta, si tratta della canzone "La vita" ed a cantarla è Shirley Bassey. I creativi dell'agenzia "This is Ideal" incaricata dall'Alfa Romeo per la campagna pubblicitaria della casa automobilistica, l'hanno inserita nel nuovo spot delle vetture "Stelvio" e "Giulia", che vede protagonista il pilota Kimi Räikkönen, ex Ferrari e già campione del mondo di F1, con la moglie Minttu Virtanen, suscitando così una curiosità di riflesso rispetto all'attenzione per le fiammanti macchine.

Il brano che tanto interesse ha provocato, fu presentato a Sanremo nel 1968, era stato composto da Antonio Amurri (testo) e Bruno Canfora (musica), molto apprezzati in quegli anni il primo come autore il secondo come direttore d'orchestra, dei più importanti spettacoli e varietà televisivi e insieme di alcuni successi di Mina. Il pezzo venne affidato a Elio Gandolfi, grande voce (diventerà un baritono) e una certa somiglianza con Gianni Morandi, vincitore l'anno precedente di Castrocaro e perciò secondo il regolamento amesso di diritto al festival.

La kermesse, presentata da Pippo Baudo (la prima delle sue complessive tredici) era organizzata da Gianni Ravera e si svolgeva nel Salone delle feste del Casinò di Sanremo in tre serate, con doppia esecuzione del brano in gara da parte di due artisti, con il secondo per lo più, straniero e di fama.

i due 45 giri
E ce ne furono di famosi provenienti dall’estero, nomi di grande richiamo come Louis Armstrong (in coppia con Lara Saint Paul per “Mi va di cantare”), Dionne Warwick (con Tony Del Monaco per “La voce del silenzio” firmato da Paolo Limiti e Isola), Wilson Pickett (con Fausto Leali per “Deborah”),  Paul Anka (con Johnny Dorelli per “La farfalla impazzita” di Mogol e Battisti), Roberto Carlos (con Sergio Endrigo per "Canzone per te" che vinse il festival) e appunto la Bassey con il debuttante Gandolfi.

E senza dubbio l'artista gallese fu il valore aggiunto di questa canzone meravigliosa che a un testo che lodava il valore e la bellezza della vita abbinava una melodia di ampio respsiro e dal forte impatto, un pezzo che la voce superba e maestosa della Bassey esaltava. 83 anni da poco compiuti, ancora in attività, la grande Shirley è considerata una delle interpreti più complete del Regno Unito, carismatica, intensa, un talento assoluto.

Uno dei pochi artisti a livello internazionale, capace di impadronirsi di una canzone sino a farla propria per restituirla al pubblico con la sua interpretazione magistrale. Come Azanvour, Gilbert Becaud, Dalida e il nostro Massimo Ranieri. E lei, la grandissima Shirley Bassey appunto.

il brano per il film di 007

L'enorme popolarità per la cantante nata a Cardiff da madre inglese e padre nigeriano, arrivò incidendo la colonna sonora del film "Goldfinger" campione d'incassi al botteghino nel 1964, che le valse il richiamo da parte dei produttori della saga dedicata a James Bond per incidere anche le title track di "Agente 007 - Una cascata di diamanti" nel 1971 e "Moonraker - Operazione spazio" nel 1979.

135 milioni di dischi venduti nel mondo, presenza fissa nella UK chart e Dama della Regina Elisabetta (il corrispettivo del Sir/Baronetto concesso ad esempio a Elton John e i Beatles), la Bassey ha portato al successo internazionale il brano sanremese con il titolo "This Is My Life“ che è diventato un suo cavallo di battaglia, cantato, tra l'altro, anche nel corso di una sua memorabile esibizione in Egitto all'ombra delle Piramidi, privilegio concesso solo a lei e a un altro numero uno, Frank Sinatra.

La Bassey ha inciso anche un altro pezzo made in Italy facendolo diventare un successo internazionale, si tratta di "Grande, grande, grande" di Mina, che nella sua versione, firmata da Normen Newell (lo stesso della cover inglese de "La vita"), è diventato  "Never, never, never". Attualmente in Inghilterra è in scena il musical The girl of Tiger Bay", omaggio alla sua prestigiosa carriera di popstar senza tempo.

Come "La vita", brano che a più di cinquant'anni da quel Sanremo è ancora fresco e attuale, come ha dimostrato l'accattivante clip pubblicitaria e che andiamo a riascoltare volentieri nella sua versione originale dal filmato dell'epoca, ricordando peraltro che la canzone venne eleminata e quindi non fu ammessa alla serata finale. Un classico, degno dei migliori festival capaci di bocciare capolavori entrati nella storia della musica leggera.


sabato 18 gennaio 2020

Lazio, manita alla Samp. Le Pagelliadi

di FRANCESCO TRONCARELLI


11 (come le vittorie) a Simone Inzaghi - Una Lazio stellare ha asfaltato la Samp der Fettina (povero Ranieri, che fine...), uscita malconcia dall'Olimpico con 5 picchi sul groppone. Una manita da antologia del calcio. I biancocelesti infatti hanno preso a pallonate i blucerchiati centrando così l'undicesima vittoria consecutiva (è record) di questa stagione sempre più meravigliosa. Merito di questo ennesimo exploit in cui si è visto un gioco veramente arioso e travolgente il mister, che non solo ha ottenuto la vittoria numero 100 come allenatore della Prima squadra della Capitale, ma ha anche raggiunto alla bellezza di 183 panchine er Maestro. Che da lassù ce sta a guardà. Avanti Lazio, avanti laziali, il Sogno continua.

10 al Ciro d'Italia - Riavvolgete il nastro e andate all'azione del gol del vantaggio. Beh, ricordate sì? Lo si deve a lui, alla sua caparbietà nel proseguire l'azione nonostante due avversari, uno dopo l'altro l'avessero trattenuto, lo si deve alla sua voglia di vincere sempre, alla sua tigna da bomber di razza ma anche di giocatore che durante la partita si fa il mazzo in ogni parte del campo. E poi c'è la tripletta messa a segno che lo conferma sempre più capocannoniere in corsa per la Scarpa d'oro. La pantofola e l'infradito d'argeno intanto se l'è già aggiudicate. Ciro, si nu' babà!

9 al Panter One - Implacabile. Come una cartella d'Equitalia. Alla prima occasione te purga. Come Equitalia appunto.

8 e mezzo a Lupo Alberto - Il voto è come il titolo del celebre film di Fellini di cui sono iniziati i festeggiamenti per il Centenario. Come il regista riminese, anche il Mago è un visionario, capace di raccontare favole in campo e storie incredibili. I suoi guizzi e suoi lampi sono gli stessi del grande uomo di spettacolo, con le sue finte il popolo biancoceleste sta vivendo una Dolce vita, quella sempre sognata e concretizzata per due volte, nel 74 e nel 2000. Incrociamo le dita e pensiamo a quello che dice il proverbio...

8 a Lucas 2.0 (Biglia chi?) - Monumentale. Sarà piazzato a piazza Venezia in cima all'Altare della patria per far capire chei comanda a Roma. E' il milite noto.

8 ad Antonio Elia Acerbis (Lazio del meno 9) - Eccolo il Ministro della Difesa che tutti ci invidiano. E' lui il titolare del ministero, l'abbiamo già scritto e lo ribadiamo, lo sanno tutti del resto. E' passata una settimana infatti e nessuno ancora conosce il nome di quello del Conte bis. Un Carneade che non appare e che non è citato in nessuna rassegna stampa o televisiva. Come dici invece Acerbi(s), s'alzano tutti in piedi e battono le mani. Vorrà dire qualcosa?

7+ a Meco Joni - Da oggetto misterioso e pedina vincente. Il passo non è breve ma tant'è. E il piccolo spagnolo il cui vero nome è un elenco del telefono per quanto è lungo ha confermato che anche le pulci hanno la tosse con le sue discese ficcanti sulla fascia. Go Joni go, Joni be good.

7+ a Lazzari alzati e cammina - Nei rigori (tutti sacrosanti peraltro e a scanso di illazioni risibili) c'è sempre il suo zampino. Questa volta è toccato a Murru pagare pegno col braccio galeotto. E Immobile ringrazia.

7 al Sergente - Nella partita della cinquina secca uscita sulla ruota di Roma, l'Esorciccio ha steso la sua fisicità sul rettangolo da gioco. Meno tecnico e più tattico del solito, ma sempre efficace. Avete presente Insinna a L'Eredità?

7 a Patric del Grande Fratello Vip - Chi si rivede! E' passato senza soluzione di contiuità dalla Casa di Canale 5 al casino sampdoriano allestito dar Fettina. E qua come là ha detto la sua. Ora speriamo che non venga squalificato come il pizzaiolo Salvo per la sua esuberanza. Del resto chi potrebbe fare il Signorini della situazione?

7 a Innamoradu - Battiamo le mani ai veri laziali. Dice, ma che c'entra mo'?  Niente ma fa sempre piacere avere uno come lui in campo. Specialmente quando si vince alla stragrande.

7 a Sylva Strakoshina - Un signore, de più, un principe. Compiuto il suo dovere su un tiro assassino di quel capraro di Caprari al 37°, quando ha visto che li avevamo seppelliti, ha pensato bene di lasciare la porta sguarnita per concentrarsi esclusivamente sul torneo di Burraco che lo vede grande protagonista con i fotografi che dietro la porta seguono le sue gesta. Praticamente la rete della bandiera per non farli bastonare dal Viperetta, gliel'ha regalata di proposito. Un vero signore. L'essenziale che a carte vinca sempre lui.

7 a Bastos e avanzos - Il Beppe Signori dei difensori. E ho detto tutto.

6+ a Paolo a De Canie - Tanto fumo e un po' d'arrosto. Come Nicola Savino.

6 a "al 114° del tempo supplementare Vavra dello Slavia Praga beffa la Roma" - Poco fumo e poco arrosto. Ma quando tutto gira come deve girare, tutto fa Broadway, pure lui. Nè più nè meno di Junior Calli, che nessuno a cominciare da lui stesso sa chi è eppure si ritrova fra i big a Sanremo. Sipario.





Appunti di gioco
di Roberto Taglieri

Sabato 18 gennaio 2020
Anticipo della prima di ritorno: la Lazio annienta la Sampdoria. All’Olimpico è già 3-0 dopo 20’ grazie a Caicedo ed a un doppio Immobile. I biancazzurri siglano nella ripresa la quarta rete con Bastos, poi ancora Immobile su rigore mette la sua firma; la rete della bandiera di Linetty fissa il risultato finale sul 5-1. Ranieri oggi non ha Ferrari, Ramirez e Depaoli, Inzaghi è senza Lulic, squalificato. Il tecnico romano non ha grandi scelte: in difesa fa giocare Chabot con Colley; Ekdal resta sempre in panchina e in avanti con Gabbiadini c’è Caprari. Il mister biancoceleste invece sostituisce Luis Felipe con Patric, Lulic con Jony mentre Correa, tuttora indisponibile, è rilevato da Caicedo. Dopo nemmeno un minuto una ripartenza di Caprari mette Linetty in condizione di calciare ma il rasoterra lo prende Strakosha in tuffo. Luis Alberto risponde al 4’ con una staffilata che va di poco fuori, poi anche Jony ci prova ma trova il portiere doriano. E’il preludio alla rete laziale, tutta propiziata da Immobile, che in modo perentorio si libera in corsa prima di Chabot, poi di Bereszynski e di sinistro spara subito in porta; la respinta di Audero finisce sui piedi di Caicedo che non può sbagliare la rete del vantaggio biancazzurro. Al 15’ Murru intercetta il pallone con un braccio in area e Chiffi senza esitare decreta il rigore. Batte Immobile, che spiazza il portiere e raddoppia. La Lazio non è paga: così Immobile fa tris al 20’. Il bomber laziale raccoglie un lancione dalle retrovie di Acerbi, si libera di nuovo di un inguardabile Chabot e sigla il 3-0 dopo aver scartato anche il portiere. La partita è adesso pura accademia; la Samp si vede per un po’ dalle parti della trequarti laziale, Strakosha fa una gran parata sul tiro di Caprari deviato da Lazzari al 36’, ma la Lazio non abbassa la guardia perché nel finale Audero compie un bel miracolo su Luis Alberto, che calcia a giro ma trova i guanti del portiere. Nella ripresa entra Ekdal per Jankto, poi Radu è rilevato da Bastos, che appena in campo sigla il poker della squadra laziale con un tiraccio imprendibile per Audero, scoccato dentro l’area di rigore doriana. Esce anche Caicedo per Adekanye, che è l’artefice dell’azione su cui Luis Alberto per poco non rifila il quinto gol alla Samp. La Lazio al 63’ protesta per  un fallo di mani in area di Colley su cui l’arbitro inizialmente non rileva nulla, ma poi al var decreta un altro penalty. E’ sempre Ciro Immobile ad insaccare e la “manita” laziale è servita. Il gol della bandiera al 70’ lo sigla Linetty, che  raccoglie una respinta di Strakosha e segna una facile rete davanti alla porta. Da segnalare poi l’espulsione di Chabot che al 73’ lascia i suoi in dieci per fallo da ultimo uomo su Adekanye lanciato a rete. Immobile si divora il sesto gol all’80’: la sua rasoiata riesce solo a sfiorare il palo. Una bella parata di Audero, reattivo su Milinkovic all’86’ è l’ultimo sussulto di una partita, che al grido di “Ranieri facce un saluto” del pubblico laziale finisce con la spettacolare goleada biancazzurra. Grandissima affermazione della Lazio che stasera straccia ogni record. Undici vittorie consecutive in Campionato: eguagliato il primato stracittadino detenuto dalla Roma di Spalletti. Inzaghi raggiunge Tommaso Maestrelli con 183 panchine alla guida della sua Lazio e 100 vittorie. La Lazio resta saldamente al terzo posto con 45 punti in classifica ed una gara da recuperare, Immobile è sempre più leader dei cannonieri con 23 reti all’attivo. La Lazio non vuole più fermarsi, la dodicesima vitoria potrebbe essere la più importante di tutte ma sarà davvero dura riuscire ad imporsi di nuovo proprio al derby di domenica prossima. Intanto il popolo laziale continua a sognare.

    
LAZIO  SAMPDORIA  5–1    7’Caicedo 7’ 64’ Immobile (rig.)  20’ Immobile  54’ Bastos 70’ Linetty
SAMPDORIA: Audero, Bereszynski, Chabot, Colley, Murru, Thorsby, Jankto (46’ Ekdal), Vieira, Linetty, Caprari, Gabbiadini (70’ Bonazzoli) All. Ranieri ( Augello)
LAZIO: Strakosha, Patric, Acerbi (65’ Vavro), Radu (49’ Bastos), Lazzari, Leiva, Milinkovic, Luis Alberto, Jony, Caicedo (58’ Adekanye), Immobile. All Inzaghi
Arbitro Chiffi

venerdì 17 gennaio 2020

Francoise Hardy, fascino senza età

di FRANCESCO TRONCARELLI


I capelli sono bianchi, le rughe hanno svolto implacabili il loro mestiere, ma gli occhi che il mostro vorrebbe spegnere per sempre e quello sguardo da cerbiatto curioso con cui si affacciava sul mondo, sono rimasti gli stessi. Come il fascino, come la classe, come quell'eleganza innata che l'ha accompagnata nella sua quotidianità di artista e donna.

Francoise Hardy compie 76 anni e la Francia si stringe intorno a lei, non solo per gli auguri, ma anche per esserle accanto in questo momento che dovrebbe essere sì di festa ma che è pure di preghiera, empatia, vicinanza ad una delle sue figlie più amate e che dopo tante vittorie contro il male del secolo, è ritornata a soffrire recentemente passando il Natale in una casa di cura.

Oggi l'attende un compleanno da trascorrere nel suo appartamento silenzioso, con i rami degli alberi che sfiorano le ampie finestre, ai margini ovest di una Parigi modernista, austera e fuori dal tempo, come lei. Un compleanno che sa di speranza e rinascita, l'ennesima negli ultimi travagliati anni, come le augurano quelli, tanti, che le vogliono bene.

E non potrebbe essere altrimenti perchè Francoise Hardy, cantante, scrittrice ed amante della filosofia, negli anni Sessanta è stata l'icona sia per la sua personalità che per la delicatezza delle sue canzoni, di una generazione ribelle e sognatrice che è cresciuta con lei con l'idea di cambiare il mondo. Uno dei simboli della femminilità più ammirati e seguiti.

Una femminilità peraltro avvolta di raffinatezza e dolcezza lontana anni luce dai modelli che oggi ci vengono offerti dal mondo dello Spettacolo e dei Social, una femminilità che brillava di luce propria e che aggiunta ad un talento artistico unico e alla capacità di essere autrice sia del testo che della musica di svariate canzoni che proponeva, fecero di lei il sogno proibito di migliaia di adolescenti dell'epoca.

Frangetta, capelli lunghi, fisico androgino e al tempo stesso affascinante, Francosie ha rappresentato  anche un punto di riferimento per le donne, perchè in anni difficili per l'emacipazione femminile ha saputo parlare di sentimenti in modo libero e intelligente facendo valere il punto di vista di lei in tutte le sfumature dell'amore ben prima della rivoluzione femminista esplosa nel 1968.

L'esordio fu un boom clamoroso, nel 1962 con la canzone "Tous les garcons et les filles" che vendendo tre milioni di copie in tutto il mondo, le diede una notorietà internazionale. La canzone trattava del disagio adolescenziale e la Hardy divenne uno dei miti della generazione yè yè insieme a France Gall, Sheila e Sylvie Vartan, sue amiche e protagoniste come lei di quella stagione del costume irripetibile.



Francoise colpiva perchè aveva una bellezza melanconica, speciale, che risvegliava l’immaginazione introspettiva, fuori dai canoni delle bellone maggiorate ed anche della perfezione delle tipe francesi alla Brigitte Bardot e alla Catherine Deneuve. E colpiva perchè aveva una voce particolare, esile, intonata, non eccelsa nei vocalizzi ma sicuramente coinvolgente.

Spesso autrice dei suoi testi intimisti, è stata una chansonnier capace di cantare in inglese, italiano, spagnolo, tedesco e di rinnovarsi musicalmente nel corso di una carriera rivelatasi fantastica e durata nel tempo sino ai giorni nostri, inseguita inutilmente da tanti quando era sulle copertine dei magazine internazionali, un nome su tutti il grande Bob Dylan, ma moglie solo del collega Jacques Dutronc, il Celentano francese. 

In Italia, il suo boom iniziò nel '63 con brani come "È all’amore che penso", "L’età dell’amore", "L’amore va" e altre decine di pezzi cantati con accento appena appena francesizzante che aumentava il fascino della sua interpretazione. Tra i pezzi più belli "Il saluto del mattino", "Gli altri", "Devi ritornare", "La notte sulla città ", "Quelli della mia età", "La tua mano", "Vorrei capirti" e "I sentimenti".

Nel 1966 partecipò anche a Sanremo con un altro brano molto dolce che parlava della necessità di conoscersi dal titolo "Parlami di te", cantato in coppia con Edoardo Vianello che per una volta mise da parte watussi, pinne, fucile ed occhiali dei suoi tormentoni estivi, per confezionare un pezzo che esaltava non solo la sua vocalità, ma anche le qualità interpretative della cantante francese.

Francoise Hardy compie oggi 76 anni. Vicino a lei per spegnere le candeline della torta il figlio Thomas, musicista affermato come i genitori, il marito arrivato dalla Corsica dopo l'uscita dalla clinica e, idealmente, una nazione che l'ha vista affermarsi e le dice grazie perchè con parole semplici e comprensibili ha saputo cantare le profonde verità sui rapporti fra uomo e donna impersonando con la sua vita i sogni di tutti.

E con loro ci saranno anche quelli che in tutte le parti del mondo l'hanno amata come farebbe ogni fan che si rispetti, quelli che hanno ballato felici con le sue canzoni, quelli che si sono emozionati con la sua voce e la sua musica. Auguri Francosise, ti siamo vicini.

domenica 12 gennaio 2020

Lazio, 10 e lode. Le pagelliadi

di FRANCESCO TRONCARELLI


10 e lode al Ciro d'Italia - La Lazio ha battuto il Napoli ottenendo la decima vittoria consecutiva, un record per la squadra biancoceleste, mai raggiunto sino ad ora. E questo la dice lunga sulla compattezza di questo gruppo forgiato da Simone Inzaghi, dalla voglia di fare risultato sempre anche quando tutto può far sembrare il contrario. Come nella partita conro i partenopei, che con il loro gioco manovriero e ostruzionistico ce la savano incartando fcendoci giocare solo con le ripartenze. Ma avevano fatto i conti senza il bomber de noantri che, in "zona Lazio", ovvero a dieci minuti dalla fine, ha regalato alla gente laziale una gioia immensa. Col suo gol (sono 108, ha raggiunto Giordano), si è fatta festa sul campo dopo quella vissuta sugli spalti con le coreografie superbe per i 120 anni. Nel '73 Chinaglia segnò sotto la Nord contro i napoletani, questa volta è stato Immobile: la Storia continua. E anche il sogno...

9 a Sylva Strakoshina -Se è vero come è vero che i tre punti sono targati Ciro il grande, è anche vero che se non ci avesse messo non una, ma tre pezze il "numero uno" mo' staremmo qui a cantà la Marianna, come diceva er Sor Capanna. Capolavoro sulla punizione di Insigne al 28° (l'ha tolta dalla ragnatela dell'incrocio dove era indirizzata), e ancora al 76° e al 91° sempre su bombe del piccoletto azzurro. Un trionfo insomma. Tanto che i fotografi assiepati dietro la sua porta hanno rinunciato al solito giro di Burraco per manifesta inferiorità. E andiamo.

8 a veni, vidi, Lulic al 71° (e al 73°) -  Un uomo solo al comando, la sua maglia è biancoceleste, i suo nome è Senad Lulic. Capitano, mio capitano, protagonista di mille battaglie ed Eroe del 26 maggio, anche questa volta hai dato il fritto scorrazzando su e giù per il campo come un ragazzino. Mentre gi altri stentavano a trovare il ritmo, tu imperterrito guidavi la carica. "Vecchio scarpone quanto tempo è passato" (cit. Gino Latilla a Sanremo), sei come un diamante, Laziale per sempre.

7 e mezzo ad Antonio Elia Acerbis (Lazio del meno 9) - E' il Ministro della difesa. E lo sanno tutti. Quello del Governo Conte invece non lo conosce nessuno. Manco Di Maio che ce l'ha messo.

7+ a Lucas 2.0 (Biglia chi?) - Monumentale. Pare infatti che lo metteranno al Gianicolo al posto de Garibaldi, tanto l'Unità d'Italia da mo' che è stata fatta, ora tocca all'unità del popolo laziale: tutti insieme appassionatamente verso la meta.

7+ a Lupo Alberto - Non è stato facile trovare il pertugio in quel catenaccio allestito in mezzo al campo da Ringhio, ma quando l'ex Ciuffo biondo c'è riuscito, la musica è cambiata. Coldplay a manetta e vola Lazio vola. Daje Mago.

7+ al Sergente - C'era una volta l'Esorciccio (vedi collezione Pagelliadi), poi fu arruolato nell'esercito biancoceleste e ha fatto subito carriera. Vale 'na piotta? De più, cento cucuzze e tutto er cucuzzaro.

7 a Lazzari alzati e cammina - e non t'arrabbiare se ti hanno cercato poco e niente e passato la palla col contagocce quando eri solo soletto sulla tua fascia. Ce sai fa, lo sappiamo tutti. Sarà per un'altra volta. Come per Salvini.

6 e mezzo a Innamoradu - Se, incrociando le dita, dovesse andare come tutti stanno pensando, sarebbe il più vincente in attività sulla piazza romana dopo i fasti di Gottardi. E il pupone muto. E pure capitan futuro passato in remoto e pupetto con mammà al seguito e selfie di contorno. Tutti zitti e mosca come del resto già ce stanno da undici anni.

6 e mezzo ar Panter One - Provaci ancora gringo. 

6 e mezzo a Massimo Di Cataldo - E' entrato e la partita è girata. Vorrà dire qualcosa? Di sicuro che de secondo nome fa Fortunello e che de Tombola fa 23. E ho detto tutto. 

6+ a chiedimi se sono Felipe - e lo sarai sicuramente, perchè dopo la toppata de Brescia, te sei ripreso. Come Renzi che era finito e ora rimischia le carte.

6 a Striscia la Berisha - To' chi si rivede, l'Oscar Lopez dei poveri. Quello che come entra so' dolori, 'na tragedia annunciata e 'no sbajo dopo l'altro. Roba da Toninelli per intenderci. Ma questa volta per nostra fortuna, non è andata così. Insomma non ha combinato danni ma ha contribuito, incredibile ma vero, alla decima come tutti gli altri. Un miracolo, tipo il boom de Il Cavaliere mascherato, il programma della Carlucci che Fantozzi avrebbe bollato col noto "una cagata pazzesca", un miracolo di San Simone che l'ha resuscitato. Olè. E ovviamente, sipario.

Giorgio Chinaglia-120 anni d'amor

Appunti di gioco
di Roberto Taglieri

Sabato , 11 gennaio 2020
Lazio: bene, brava, dieci più! Nell’anticipo dell’ultima giornata del girone d’andata una rete di Immobile nel finale fissa sull’1-0 il risultato della partita tra Lazio e Napoli, che permette ai biancazzurri di raggiungere dieci vittorie di fila in Campionato. I partenopei dopo la sconfitta interna contro l’Inter continuano ad avere assenze di rilevo: oltre a Ghoulam, Maksimovic e Meret, mancano ancora sia Koulibaly che Mertens. Gattuso dietro piazza Di Lorenzo a far compagnia a Manolas, mentre in avanti si affida al tridente Callejon, Milik ed Insigne. Inzaghi invece può contare nuovamente sull’apporto di Leiva e Luis Alberto, che hanno scontato la giornata di stop, per cui la Lazio scende in campo con la formazione tipo. Nel prepartita va sottolineata la bella iniziativa del presidente Lotito, che ha voluto far scendere in campo con i calciatori la piccola Noemi, vittima innocente di una sparatoria a Napoli nel maggio scorso. Una grande cornice di pubblico abellisce il palcosenico dell’Olimpico: prima dell’inizio della gara è celebrata la polisportiva in una suggestiva penombra con le immagini degli atleti che hanno fatto la storia della S.S. Lazio e subito dopo ha inizio la gara. Come sempre i biancazzurri provano ad imporre il gioco a centrocampo, ma il Napoli chiude molto bene, specialmente le fasce dimostrando di seguir bene i dettami del suo mister. Dopo quasi mezz’ora di nulla il primo tiro in porta lo effettua Insigne, che impegna Strakosha in angolo al 29’su punizione. La risposta di Milinkovic poco dopo è un colpo di testa che va sul fondo. Su un mezzo pasticcio difensivo laziale, Allan da lontano calcia forte ma fuori al 34’, poi al 43’ due grandi occasioni sui piedi di Milinkovic sono neutralizzate con bravura da Ospina, che cattura anche il tiro ad effetto di Luis Alberto con cui si conclude di fatto anche il primo tempo. Nella ripresa il Napoli prova a far giro palla e la Lazio rincula pericolosamente indietro nei primi minuti; poi però si ristabiliscono gli equilibri e i biancazzurri riprendono a spingere. Esce Caicedo per Cataldi al 64’ e poco dopo il Napoli colpisce un clamoroso palo con Zielinski, che tira bene a girare ma è sfortunato. Poi su Insigne al 75’ è bravissimo Strakosha, che impedisce di nuovo al Napoli di passare. Inzaghi prova un cambio per dare dinamismo, inserendo Berisha all’80’ e propio adesso arriva la grande svolta della partita. Ospina commette un grave errore, cincischiando troppo e facendosi rubare il pallone da Immobile. Il centravanti laziale calcia immediatamente nella porta sguarnita ed il suo tiro è deviato in rete da Di Lorenzo, consentendo inaspettatamente alla Lazio di trovarsi in vantaggio. Un tiro di Milik lo prende Strakosha, l’altro di Immobile lo respinge Ospina e gli ultimi minuti sono davvero entusiasmanti. Strakosha riesce a respingere ancora nel recupero un fendente insidiosissimo di Insigne, poi Lulic salva definitivamente i suoi prendendo di testa l’ultimo assalto napoletano e si conclude la partita con una vittoria decisamente inattesa e fortunata dei biancocelesti. Così nella settimana del suo 120simo compleanno la Lazio allunga ancora la sua incredibile corsa. I biancazzurri mantengono saldamente la terza posizione con 42 punti e si possono godere gli scontri diretti tra le prime in classifica in programma tra oggi e domani: come vada ne saranno avvantaggiati. Tredici vittorie, tre pari e due sconfitte il ruolino di marcia dei capitolini nel girone d’andata, impreziosite dalle dieci vittorie consecutive, che vanno ad ingioellare la grande stagione degli uomini di Inzaghi.      


LAZIO   NAPOLI   1-0      82’ Immobile
LAZIO: Strakosha, Luis Felipe, Acerbi, Radu, Lazzari, Leiva (80’ Berisha), Mlinkovic, Luis Alberto (90’ Jony), Lulic, Caicedo (64’ Cataldi), Immobile. All Inzaghi  
NAPOLI: Ospina, Hysaj, Di Lorenzo, Manolas, Mario Rui, Allan (84’ Llorente), Ruiz, Zielinski, Callejon (87’Elmas), Milik, Insigne (92’ Lozano). All. Gattuso
Arbitro Orsato

martedì 7 gennaio 2020

Sanremo, un Premio alla carriera per Peppino di Capri

  al Direttore Artistico del Festival Amadeus

     



Peppino Di Capri è uno degli artisti più conosciuti e apprezzati della musica italiana. Professionista esemplare, gran signore e persona molto umile nonostante abbia raccolto consensi in tutto il mondo e abbia vinto svariate manifestazioni canore e dischi d'oro, è amato da tutti non solo per le sue qualità artistiche ma anche per quelle umane che ne fanno un antidivo per eccellenza.

Ha iniziato nel '58 portando una ventata di freschezza nella musica, conciliando la tradizione con la novità del rock'n'roll e riproponendo in chiave moderna i classici napoletani che hanno fatto la storia della canzone del nostro paese e che grazie alle sue interpretazioni hanno goduto di una seconda giovinezza.

Ha portato il twist in Italia che ha lanciato con il brano "St Tropez", vero e proprio simbolo di un'epoca che ha dato il via a una stagione del costume conosciuta come quella dei "favolosi anni 60" ed ha aperto i concerti dei Beatles nella loro celebre tournèe italiana, ad ulteriore conferma della grande popolarità che ha sempre goduto presso il pubblico.

Ha superato mode e miti che si sono susseguiti nel corso dei suoi 60 anni di attività, continuando a fare il suo mestiere di entertainer di classe, passando così senza soluzione di continuità e con grande professionismo, dalle folle osannanti del Cantagiro alle poche decine di clienti dei night di via Veneto per poi ritornare in auge sui palcoscenici di mezzo mondo come il Carnagie Hall di New York, l'Arena Card di San Paolo in Brasile, il teatro San Carlo di Napoli. Sempre col sorriso e sempre in compania del suo pianoforte.

Con 15 partecipazioni, coronate da due vittorie nel '73 col brano firmato da Califano "Un grande amore e niente più" e nel '76 col brano "Non lo faccio più" di Bellincioni e Iodice, Peppino di Capri è il veterano del Festival, e questo palcoscenico è la sede più appropriata per conferire un riconoscimento a chi come lui ha dato tanto al pubblico senza risparmarsi in una vita dedicata alla musica, un doveroso e meritato tributo quale può essere il Premio alla carriera, come abbiamo richiesto dai microfoni della nostra Radio e con una petizione on line, tramite i social.

FRANCESCO TRONCARELLI
                                                                                        
                                                                                                           

HANNO ADERITO E SOSTENGONO LA RICHIESTA
Renzo Arbore
Enzo Avitabile
Dodi Battaglia
Edoardo Bennato
Lorena Bianchetti
Mchele Bovi
Gerry Bruno
Maurizio Costanzo
Depsa
Cristian De Sica 
Mimmo Di Francia
Paolo Giordano
Michele La Ginestra
Lillo e Greg
Alberto Salerno
Pino Strabioli
Giorgio Verdelli
Carlo Verdone
Carla Vistarini
Ivan Zazzaroni



                                                                                   

domenica 5 gennaio 2020

Lazio, la Befana è biancoceleste. Le Pagelladi

di FRANCESCO TRONCARELLI



8 e mezzo al Ciro d'Italia - Una Lazio "all'ultimo assalto" ha steso il Brescia inaugurando così al meglio il nuovo anno. Chi ben comincia è a metà dell'opera, dice il proverbio, sarà così? Probabile. Intanto la Befana è biancoceleste, come lo era stato il Natale dopo la vittoria della Supercoppa mentre il bomber de noantri sigla una doppietta che vale più di una tombola. Le 9 vittorie consecutive (eguagliato il record di Eriksson) sono musica per le orecchie della gente laziale. E che musica, una marcia trionfale!

7 + ar Panter One - E' la Befana biancoceleste. Se non ci fosse stato lui con la sua grinta a cercare il penalty, ora saremmo qui a commentare un’altra partita, che so, quella di Wanda Nara per esempio. Partita per le Maldive ci ha fatto sapere tramite Instagram che sul suo lato B non tramonta mai il sole.

7 ad Antonio Elia Acerbis (Lazio del meno 9) – Là dietro è una certezza. Come le cartelle di Equitalia. Arriva sempre e ti bastona. Il Ministro della difesa che salva tutto e nella ripresa grazie alla superiorità numerica si propone pure in avanti.

7 a Lazzari alzati e cammina - Uno di quelli che è riuscito a digerire meglio i pranzi e le cene natalizie: si muove alla grande senza mai interruzioni; Romulo è stato spesso messo in difficoltà dal trottolino (amoroso du du du, da da da!).

6 + dillo a Parolo tuo – Aveva il compito di sostituire Leiva; tanto fumo e poco arrosto, come Pieraccioni.

6+ a veni, vidi, Lulic al 71° (e anche al 73°) – Gli anni passano, ma lui sta sempre sulla breccia come Pippo Baudo. E non perde colpi, ma li assesta. Fosse per noi ce lo terremmo a vita perchè se è vero che è un vecchio scarpone è anche vero che è un vecchio cuore biancazzurro. Come non ne fanno più.

6 a Sylva Strakoshina – In perfetta media 2019: tre tiri, un gol, una parata, un giro di Burraco e via coi fotografi. Un film già visto. Come quelli di Ficarra e Picone.

6 al Sergente - Come Romina Power, intorpidita dal freddo a Potenza, è rimasto a pensare al tepore di Ryiad e s’è visto ben poco. Ancora c’ha la sabbia del deserto negli scarpini che comunque è servita per depistare gli avversari. E va bene così.

6 - a Innamoradu – E’ il più romano dei romeni, se sa, e infatti tra Natale e Capodanno ha stramagnato come se fa a casa nostra. Quindi non lo bacchettate per quei casini (e liscio) che ha combinato. C’aveva la panza piena. Irriducibile del cotechino. Il vero magnate biancoceleste.

6 - a Massimo di Cataldi – Né carne, né pesce. Semplicemente né.

5 a Correa l'anno 1900 – E’ rimasto all’ambo, vinto a San Silvestro a tombola.

5 a Meco Ioni - Come il programma di Gigi Marzullo. Inutile.

5- a chiedimi se sono Felipe – Ma che sei, na zappa? S’è fatto uccellare da Balotelli, che non arzava paja in casa da ‘na vita, da quando ancora girava con la Panda. Avvio catastrofico: per lui solo carbone. Sipario.



 


Appunti di gioco
di Roberto Taglieri

Domenica, 5 gennaio 2020
Al “Rigamonti” la prima partita del 2020 la vince la Lazio. Il lunch match della 18sima giornata di Campionato vede i biancazzurri battere il Brescia: Balotelli nel primo tempo sigla la rete del momentaneo vantaggio delle Rondinelle; Immobile prima trasforma un rigore e poi ancora nel recupero ribalta il risultato per l-2 finale, giunto dopo una gara complicatissima. Una partita difficile attende oggi i biancocelesti: dopo la grande vittoria della supercoppa italiana a Riyad, i festeggiamenti prolungati e la sosta natalizia, questa potrebbe essere una gara-trappola. Il Brescia, a parte Dessena, non ha alcuna defezione; il mister Corini, squalificato, schiera il suo 433 con Spalek a far da spalla a Torregrossa e Balotelli davanti. Nella Lazio invece la squalifica contemporanea di Leiva e Luis Alberto mette in apprensione Inzaghi, che deve rivoluzionare il centrocampo con l’inserimento di Parolo. Correa parte da dietro e c’è Caicedo insieme con Immobile, costretto a scendere ugualmente in campo non al meglio per via dell’influenza. In uno stadio pieno anche di sostenitori laziali, i biancazzurri cominciano con decisione ed aggressività;  Caicedo già al 7’ va in gol con ma in off side. Il Brescia riesce ad arginare le offensive laziali, smorzando l’intensità della gara. Lulic al 13’ dopo un dribbling ripetuto prova il calcio a girare ma il pallone finisce sul fondo. Sblocca invece il Brescia al 18’ dopo un errore grossolano di Luis Felipe, che si fa superare in modo elementare: Balotelli a tu per tu con Strakosha, lo supera con un diagonale preciso sul palo lontano e porta i suoi in vantaggio. La risposta di Correa al 24’ è un tiraccio debolissimo su Joronen e subito dopo  il colpo di testa di Milinkovic va out. Troppa inerzia da parte biancazzurra; i padroni di casa sono in grado di arginarli senza patemi. La girata di Caicedo alla mezz’ora è parata dal portiere, ma al 39’ arriva la svolta della partita. Dopo un tacco filtrante di Immobile, Cistana in area cintura Caicedo: Manganiello decreta il rigore ed espelle il difensore già ammonito. Va alla battuta Immobile, che spiazza Joronen e riporta le due squadre in parità. La Lazio così gioca tutta la ripresa in superiorità numerica; è una grande occasione che hanno gli uomini di Inzaghi per far girare a loro vantaggio questa partita. Invece è il Brescia ad essere pericoloso al 53’: Bisoli si divora la rete davanti alla porta, poi Lulic impegna il portiere in tuffo un minuto dopo ma la Lazio continua a giocare con scarso vigore. Escono gli ammoniti Radu e Parolo, per Jony e Cataldi;  proprio ora un tiro di Caicedo al 61’ è troppo impreciso e si perde sul fondo. Al 66’ un gran rasoterra di Correa non inquadra la porta e adesso la Lazio è stabilmente nella metà campo avversaria ma non conclude molto. Non inventa niente nemmeno Andre Anderson, subentrato nel finale a Lulic; invece è il Brescia a tenere botta ed a mantenere distante i biancazzurri. La Lazio non sembra avere più idee e forza per acciuffare la vittoria ma come già avvenuto spesso quest’anno a tempo scaduto arriva la perla che fa svoltare la gara. Al 91’ la sponda in area di Caicedo è per Immobile, che in caduta con un tiro sporco di destro infila per la seconda volta Joronen e consente alla Lazio di iniziare il nuovo anno con l’ennesima affermazione. E’ la nona vittoria consecutiva per gli uomini di Inzaghi, che eguaglia Sven Goran Ericsson nel numero di partite vinte consecutivamente. Sempre più vietato pronunciare o addirittura pensare a quella parola che inizia per “S”, ma gli uomini di Inzaghi non possono più nascondersi. Nona vittoria di fila, 39 punti all’attivo e un sacco di partite tutte da disputare in casa propria. Questo è quello che attende la squadra laziale nel prossimo mese, che probabilmente sarà decisivo per capire le effettive ambizioni e le reali possibilità di una squadra che, vada come vada, nel 2019 ha incantato e fatto sognare i suoi tifosi.


    
BRESCIA -  LAZIO   1-2   18’  Balotelli  42’Immobile (rig.)  91’ Immobile

BRESCIA:  Joronen, Sabelli, Cistana, Chancellor, Mateju, Bisoli, Tonali (80’ Semprini), Romulo, Spalek (46’ Viviani), Balotelli, Torregrossa (42’ Mangraviti) All. Corini 

LAZIO: Strakosha, Luis Felipe, Acerbi, Radu (59’ Joni), Lazzari, Parolo (59’ Cataldi) , Milinkovic, Lulic (76’ Anderson), Correa, Caicedo, Immobile. All. Inzaghi  
 
Arbitro: Manganiello



Alessandro Momo, 50 anni dopo

 di FRANCESCO TRONCARELLI Chissà cosa avrebbe detto della Lazio di Baroni Alessandro Momo. Sicuramente sarebbe stato contento di vederla gio...