martedì 30 aprile 2024

Addio Louiselle

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Era l'Italia del boom economico, con le macchine che si vendevano a rate, le vacanze per tutti e la voglia di sognare un domani migliore. I juke box suonavano le canzoni che avrebbero accompagnato l'estate e la televisione lanciava nuovi divi con i suoi programmi.

E in quella estate di fuoco del 1965 con i Beatles appena sbarcati nel Bel paese per la loro tourneè italiana, una canzone accompagnava le gite al mare o fuori porta tenendo allegra la gente.

"Andiamo a mietere il grano, il grano, il grano, raccoglieremo l'amore, l'amore, l'amore..."  cantavano tutti insieme col sorriso stampato sul volto e la spensieratezza dei giorni felici.

Un boom clamoroso che scosse gli amori garbati narrati da Orietta Berti con "Tu sei quello" e le note struggenti de "Il silenzio" di Nini Rosso, un vero tormentone che segnò una stagione dei cambiamenti in atto nel Costume.

A lanciare il brano arrangiato da Ennio Morricone al Disco dell'Estate l'esordiente Louiselle, artista dal fascino Mediterraneo e dagli occhi dolcissimi. registrata all'anagrafe di Vallelonga in provincia di Catanzaro nel 1946 come Maria Luisa Catricalà che ci ha lasciato ieri.

Aveva cominciato a esibirsi in vari locali col suo gruppo (I Gabbiani) finché nel 1963 approdata al Capriccio di Via Veneto, grazie ad Alberto Radius che suonava insieme a Bruno Martino e Fred Bongusto, iniziò a farsi notare.

Vestita di nero, capelli lunghi alla Francoise Hardy, cantava le canzoni francesi della Piaf e di Gilbert Becaud. Fu nel celebre night romano che, grazie a Roby Ferrante, che aveva scritto la canzone “Ogni volta” per Paul Anka e lavorava per la RCA, che fu scoperta da Carlo Rossi l'autore di tutti i successi di Edoardo Vianello e che poi divenne il marito.

Candidata in coppia con Dalida a Sanremo del 65 con "Ascoltami", mancò la partecipazione al festival per una polemica della RCA con l'organizzazione ma il brano presentato in TV andò ugualmente benissimo. 

Il preludio di lì a poco del successo di "Andiamo a mietere il grano" e di una carriera sfolgorante che la vide fra i principali protagonisti della nuova musica leggera.

Seguirono infatti le partecipazioni al Cantagiro, ancora al Disco per l'estate e alla Mostra internazionale di Venezia, con brani come "Il pontile", "La scogliera", "Cammelli e scorpioni", "Il cacciatore", "La recluta", "La vigna", tutti sul genere della ballata nazionalpopolare che l'aveva fatta amare dal pubblico.

La stella di Louiselle ha continuato a brillare per tutti gli anni Settanta, ma col passare del tempo e l'avvento dei cantautori, quel genere naif e folk che era stato all'origine del suo successo, passò di moda e pur continuando a fare tournè in Sud America e Canada, la sua presenza è stata relegata a trasmissioni come i Migliori anni o ai momenti amarcord del Maurizio Costanzo Show.

Nel 2003 la Rca ha voluto omaggiare i suoi 40 anni di carriera producendo un cd, I grandi successi, al quale è seguito, nel 2004, una riedizione remixata di "Andiamo a mietere il grano". Era tornata d'attualità poi per essere fra gli autori del brano "Anvedi come balla Nando" interpretato da Teo Mamuccari. 

Le ultime apparizioni nel salotto di Gianni Dei a Gold TV e in altri programmi come Millevoci e Ballare Viaggiando. Sempre gioviale ma completamente bionda aveva mantenuto quella voce calda e potente che l'aveva fatta conoscere al pubblico. 

Il suo rammarico era quello di essere rimasta prigioniera del suo primo grande successo, circostanza sicuramente vera, ma quell' "Andiamo a mietere il grano" resterà per sempre come ricordo della sua vitalità e di una stagione felice della vita degli italiani, quando era tutto più semplice e bastava una canzone per sognare. Addio Louiselle.  

sabato 27 aprile 2024

Lazio avanti così. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

8 a Benigno Zaccagnini - Un'altra vittoria per la Lazio firmata Tudor. Tre punti meritatissimi per volume di gioco prodotto e soprattutto per l'atteggiamento tecnico tattico mostrato dai biancocelesti, finalmente motivati, grintosi e tignosi. Copertina d'obbligo all'Arciere che rientrato dopo l'infortunio ha scagliato una delle sue frecce migliori. È un buon segnale, vuol dire che tutta la squadra, dal primo all'ultimo infortunato, dopo tante dormite, dà tutto per finire questo campionato in crescendo. Forza ragazzi fino alla fine.

7 e mezzo ad Avviso di Kamada - Ma è lui o non è lui, avrebbe detto vedendolo Ezio Greggio. Certo che è lui e non il cinese che lo copia che avevamo visto sino a qualche partita fa. Dribbling, progressioni, passaggi, tiri in porta. Praticamente un altro. Come Mollica che senza occhiali sembra la Sora Lella.

7+ a Lupo Alberto - E tra un'amnesia e un doppio passo da Mago bipolare qual è, il coniglio dal cilindro per la rete decisiva. E Silvan muto. 

7 a Pasquale Ametrano Anderson - Con quella faccia un po così quell'espressione un po così che hanno tutti i Turisti per caso come lui in vacanza perenne all'Olimpico ma che sono la bellezza di 145 partite consecutive che gioca dal 2021 (è record) c'era da aspettarsi qualcosa di buono. E il bandolero stanco ce l'ha messa tutta per ribadire il suo attaccamento alla maglia colpendo una traversa che grida ancora vendetta. Provaci ancora Filippetto devi chiudere in bellezza.

7 a Guendalina facce sognà - Guendo è bello esse laziali!

6+ a Patric del Grande Fratello - Battiamo le mani. 

6+ a Castellano e Pipolo - Rabone, tacchi, bombolotti e tric e trac. La rivincita del disertore della Pampa. Alè.

6+ a Viale dei Romagnoli, 13 Ostia - Finalmente senza sbavature o errori imperdonabili. Come il Dottore ai Pacchi.

6 a Casale degli Ulivi Agriturismo - Già è tanto che non ha combinato casini come un Morgan qualsiasi.

6 a Somarusic - Senza infamia e senza lode. Praticamente senza. Ovvero senza di lui sarebbe stato lo stesso.

6- a Lisasken dagli occhi blu - Tanto fumo e poco arrosto. Avete presente Massimo Giletti?

6- a che Dio ce la Mandas buona - Non c'è bisogno della prova del DNA per capire se il numero uno greco sia figlio di Rosario Di Vincenzo, portiere della Lazio targata Lorenzo di cui fisicamente e nel volto è la copia sputata. Quella uscita al 34° per farfalle che ha seminato il panico sugli spalti era tipica del buon Zarin dei tempi d'oro. Talis pater talis filius dicevano i latini e ci azzeccavano. Si dirà è un caso, sicuramente, ma la strizza è stata tanta come quando le frescacce le combinava il presunto genitore. Ma anche le parate salva risultato. Sipario.



venerdì 26 aprile 2024

Addio Margaret Lee

 di FRANCESCO TRONCARELLI


"Col chicco, col chicco d'uva passa, col chicco col chicco passerà"... quella canzoncina divenne un tormentone e tutti, grandi e piccini, la cantavano sorridendo pensando a lei e all sua erre moscia e a quella pronuncia all'inglese alla Don Lurio.

Bella, bellissima era Margaret Lee, era arrivata in Italia dall'Inghilterra in piena Dolce vita, accreditata come la sosia di Marylin Monroe ed era stata subito notata da produttori e registi.

Fu così che esplose come protagonista di tanti B movies di ogni genere, mitologici con i vari Maciste, Western spaghetti, alla 007, sexy alla buona e le classiche commedie con Franco e Ciccio ma anche pellicole importanti con la Wertmüller, Lizzani e Steno.

La grande popolarità la ebbe a fianco di Johnny Dorelli nel suo applaudito varietà che spopolava in tv, un programma di grande successo dove loro due facevano il verso a Diabolik, lui in calzamaglia come "il re del terrore" e lei intrigante Baby Eva, meglio di Eva Kant.

Poi ebbe una storia col biondo Kim Brown dei Renegades, il gruppo inglese che suonava con le divise indosso dell'esercito Nordista che andava per la maggiore con brani come Era settembre un anno fa e Lettere d'amore e che aveva cantato a Sanremo in coppia con l'Equipe 84.

Tante le copertine per lei, Vamp col cervello e dallo spirito anticonformista, sui settimanali nazionalpopolari, raccontata negli articoli come donna "libera che vive il suo tempo senza pregiudizi".

Nei Settanta la tv della domenica pomeriggio insieme a Raffaele Pisu che animava il pupazzo Provolino, mentre lei la rivale Flanella. Ancora cinema e ospitate in Tv sino al ritiro dalle scene e il ritorno in Gran Bretagna.

Se n'è andata in punta di piedi a 80 anni, dimenticata dai più e ancora affascinante nel suo fisico da pin up. È stata un'icona della femminilità e una protagonista dell'emancipazione femminile nell'immaginario collettivo. 

Un personaggio dei migliori anni animati da professionisti che recitavano in bianco e nero ma facevano sognare a colori, ciao Baby Eva sogno erotico di un'Italia con un solo canale televisivo...

venerdì 19 aprile 2024

Lazio, Genoa è per noi! Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

7+ a Gila il mondo gila (Jimmy Fontana, Cantagiro 1965) - La Lazio vince anche a Genova. Una nota sicuramente positiva in un campionato modesto e scombussolato quale è stato sino ad ora ma questo non significa che i problemi da tempo esistenti siano risolti. Il cambio dell'allenatore insomma non ha prodotto un possesso palla utile rispetto a prima, per andare in rete, ma il solito tic e tac sterile che annoia e non quaglia. Ma si è vinto e questo è un bene per addolcire gli animi in subbuglio per il fuggi fuggi generale e così è opportuno evidenziare chi dà tutto sempre e da sempre come lo spagnolo. Un combattente vero da cui ripartire.

6 e mezzo a Lupo Alberto - È come quel personaggio di Riccardo Pazzaglia, "separato in casa", come dire ho chiesto il divorzio ma resto qui, e se mi gira bene, tiro fuori conigli dal cilindro. E così è stato. E Silvan muto. 

6+ ad avviso di Kamada - Dal Sol levante al solo cadente senza un minimo di personalità, da copia cinese di un prodotto giapponese qual è. E così nella sua mosceria alterna errori clamorosi da harakiri a guizzi da samurai stagionato. Arigatò a volontà e sushi per tutti. 

6+ a Pasquale Ametrano Anderson - Con quella faccia un po così quell'espressione un po così che hanno tutti i Turisti per caso come lui in vacanza perenne in tutti gli stadi d'Italia tanto di aver deciso di volersene tornare a casetta non c'era da aspettarsi più di tanto. Il primo tiro in porta lo ha fatto non a caso al 62°, bandolero stanco nel profondo e senza attenuanti generiche. Eppure sarà rimpianto per quella saudade che spesso e volentieri si trasforma in gioia ed estro come nell'azione del gol partita dai suoi piedi. Obrigado Filippetto.

6+ a Patric del Grande Fratello - Battiamo le mani.

6+ a che Dio ce la Mandas buona  - Quelle uscite fuori dell'area piccola alla Di Vincenzo di cui peraltro è la copia sputata, hanno fatto tremare tutti. Ma al momento opportuno ha risposto presente.

6+ a Pedro Pedro Pè, Massimo Di Cataldi e Rovella per chi non si accontenta - Sono risorti. Come Aldo, Giovanni e Giacomo. Daje.

6 a Viale dei Romagnoli 13 Ostia - Daje de tacco daje de punta co' lui non  passa manco la Sora Assunta.

6 a Somarusic - Non ha combinato casini. E questo va detto. Per il resto il solito tran tran. Avete presente Pierluigi Diaco?

5 a Casale degli Ulivi Agriturismo - È l'anello debole del reparto. Nè più nè meno di Pino Insegno.  

5 a Lazzari alzati e cammina e Hisay che i papaveri - Questo o quello per me pari son per dirla col Duca di Mantova nel Rigoletto di Verdi. Il cambio in corsa per infortunio di Pupo biondo non ha prodotto novità o cambiamenti. Nessuno dei due è mai decollato. Entrambi sono al capolinea.

4- a Castellano e Pipolo - Ha dimostrato finalmente di saper attaccare. Sì avete letto bene, attaccare. Ma attenzione no nel senso di calciatore, di attaccante, del mestiere per cui è profumatamente pagato, ma nel senso di attacchino, con la tuta, la scopa e il secchio con la colla. Come si è visto nel video ufficiale della società dove attacca su un muro un poster che annuncia la maglia dell'anniversario dello Scudetto del 74. Ecco quello fa per lui perchè a pallone fa ride, non ne azzecca una con tanto di cadute a terra al minimo stormir di fronda. Scene patetiche che fanno rimpiangere seghe acclarate come Nina Muriqui e Berardino Capocchiano. Poveri noi. Sipario.



lunedì 15 aprile 2024

Titanic, ecco il video dell'epoca

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Tutti conoscono la vicenda del Titanic resa famosa grazie all'omonimo film di James Cameron vincitore di 11 premi Oscar ed interpretato da Leonardo DiCaprio e Kate Winslet.

Le immagini di quel transaltantico britannico ricostruito in studio durante il viaggio inaugurale e il drammatico naufragio, sono impresse nella memoria collettiva al pari della vicenda amorosa fra i due protagonisti della pellicola e alla struggente colonna sonora.

C'è però un filmato originale dell'epoca, girato nei giorni che precedettero il varo e poi la partenza, ovvero 10 aprile 1912, che mostra veramente questa famosa nave da crociera entrata suo malgrado nella storia. 

Un video davvero raro che "racconta" il Titanic prima dell'affondamento, quando tutto sembrava bello e da vivere con entusiasmo e per questo, oltre che per far riflettere, merita di essere conservato negli annali della storia. 

E' un documento eccezionale anche se le riprese non sono perfette e, ovviamente, in linea con quelle a cui siamo abituati oggi. I primi fotogrammi mostrano la maestosa imbarcazione che si prepara a lasciare l'Ormeggio 44 di Southampton nel Regno Unito, con destinazione New York.

C'è l'imbarco dei passeggeri, la folla festante sul molo, poi le passeggiate in coperta, i marinai sulla tolda, la navigazione in mare aperto.

Sono momenti reali di vera serenità che si susseguono uno dopo l'altro, quando nulla faceva presagire il dramma che si sarebbe consumato.

E c'è persino il capitano, il barbuto Edward John Smith al suo ultimo viaggio prima del pensionamento, che rimasto al suo posto come ogni Comandante che si rispetti quando iniziò la tragedia, perì poi nel naufragio.

E' una visione che ci proietta in un'atmosfera quasi irreale, rarefatta, dove il bianco e nero sembra preannunciare la tragedia di quello che sta per accadere. 

Una situazione incredibile nella sua semplicità, che racconta per davvero quello che accadeva sul Titanic. E' insomma un video che fa viaggiare l'immaginazione e regala emozioni.     

Ed è comunque un documento che resterà per sempre, al contrario del relitto affondato nell'Oceano che sta scomparendo e molto presto non esisterà più. Nè per il momento è visibile.

La escursione subacquea che per la "modica" cifra di 125 mila dollari a persona che dava la possibilità di un incontro ravvicinato col relitto, dopo la drammatica vicenda del sottomarino Titan imploso nel giugno scorso è stata sospesa.

venerdì 12 aprile 2024

Lazio, poker tra i fischi. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

7 a Pasquale Ametrano Anderson - Per vincere una partita la Lazio doveva giocare contro la Salernitana, l'ultima in classifica. Una vittoria peraltro che non è stata una passeggiata, non tanto per la contestazione e i fischi che hanno accompagnato i resuscitati biancocelesti, ma per le difficoltà oggettive che la squadra ha avuto nell'amministrare il gioco e, all'occorrenza difendersi, come il gol dei Campani ha dimostrato. Ma tant'è e la copertina incredibilmente va al bandolero stanco che con quella faccia un po' così quell'espressione un po' così da portabandiera dei turisti per caso in vacanza perenne negli stadi di tutta Italia, ha segnato addirittura due gol per, come qualcuno sostiene, farsi benvolere dai nuovi padroni juventini. Staremo a vedere.

6 e mezzo a Miei cari amici Vecino e lontani - La rete che ha gonfiato, premia l'impegno che ha sempre profuso nello sfascio generale di questa stagione maledetta. Uno dei pochi a lottare a prescindere. 

6 e mezzo a Patric del Grande Fratello - Battiamo le mani.

6+ a Lupo Alberto - Qualche tocco, un assist, tutti i corner. Ma nessun coniglio dal cilindro. E Silvan ha tirato il fiato.

6+ ad avviso di Kamada - Brividi sugli spalti quando dopo una serpentina ha sciorinato un assist al bacio per Filippetto. Molti si sono presi a schiaffi per capire se dormivano ad occhi aperti o erano svegli. Una cosa incredibile tanto che il bandolero se l'è pissiata. La domanda sorge spontanea per dirla con il Lubrano dei tempi d'oro: è nata una stella? Madeche, è uscito dal letargo un sonnambulo con gli occhi a mandorla.

6+ a Lisasken dagli occhi blu - Classe seconda b il nostro amore è cominciato lì. Entrato e gol. Fosse sempre così sarebbe sempre Natale e invece siamo sempre in Quaresima.

6 a Gila il mondo gila (Jimmy Fontana, Cantagiro 1965) - Tanto fumo e un po' d'arrosto. Come un Riccardo Rossi qualsiasi.

6- a Che Dio ce la Mandas buona - Ancora non si è capito se è bono o se è Carrizzo. Sicuro però che i colpi de testa nun li pija.

5 e mezzo a Lazzari alzati e cammina - T'ho detto arzate a cornuto arzate, cit. Mario Brega. 

5 e mezzo a Casale degli Ulivi Agriturismo - Non ne azzecca più una. Avete presente Pierluigi Diaco? Del resto il numero che porta sulle spalle è una conferma del suo stato attuale: scassa...quindici.

5 a Somarusic - Come il programma di Pino Insegno. Inguardabile.

4 a Castellano e Pipolo - Non è riuscito neanche a buttarla dentro la porta de sti pellegrini. In compenso ha lisciato più volte la palla come neanche in terza categoria. Scene da Oggi le comiche, ma da ridere c'è ben poco. Per quello che si è visto ha fatto rimpiangere non solo Nina Muriqui che era na sega internazionale ma pure risalendo nel tempo il buon Berardino Capocchiano che era una pippa al sugo. Poveri noi ma che male abbiamo fatto per meritarci sto disertore della Pampa? La risposta è scritta nel vento e dice "La senti questa voce...." con annessi e connessi. Sipario.



sabato 6 aprile 2024

Lazio è Tudor da rifare. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

6 a Guendalina facce sognà - Dopo quattro derby vinti era nell'aria e soprattutto nella legge dei grandi numeri che sto giro potesse toccare a loro. E la statistica non si è smentita favorita peraltro da una squadra, la nostra, rattoppata per gli infortuni e che ancora non ha capito cosa vuole fare da grande. Intensità? Boh. Tiri in porta? Mah. Possesso palla? Sì ma inutile come con lo Scrivano fiorentino. È Tudor da rifare. Copertina nel nulla cosmico al francese, sanguigno e verace il giusto ma meno brillante del solito tecnicamente. Ma viva Dio. E forza Lazio nonostante tutto.

6 a Pedro Pedro Pedro Pè - Almeno ha tirato in porta. Anche se ha giocato col freno a mano.

6 a Patric del Grande Fratello - Fossero tutti come lui sarebbe stata un'altra partita.

6 a Gila il mondo gila (Jimmy Fontana, Cantagiro 1965) - Tra i pochi a salvarsi. Come Amadeus coi Pacchi nel crollo degli ascolti della RAI.

6- a Che Dio ce la Mandas buona - Christhos si è fermato non solo ad Eboli (cit. Primo Levi), ma pure al derby.

5 e mezzo a Miei cari amici Vecino e lontani - Tanto fumo e poco arrosto. Avete presente Massimo Giletti?

5 a Casale degli Ulivi Agriturismo - Meno danni del previsto. Ma ha comunque ballato che Cuccarini lèvate.

5 a Somarusic - Nè carne nè pesce. Nè.

5 a Pasquale Ametrano Anderson - Con quella faccia un po' così quell'espressione un po' così che hanno tutti i Turisti per caso come lui in vacanza perenne all'Olimpico pure quando si "gioca" fuori casa c'era da aspettarsi il peggio. E così è stato senza colpo ferire e tante dormite da bandolero stanco qual è. Ma potevamo vince la "guera"? 

5 ad avviso di Kamada - Dicono sia un figlio del Sol levante per quello che si è visto in campo è più che altro un figlio del Sol calante. Al sushi piatto nazionale preferisce il pesce lesso che rispecchia la sua personalità pari allo zero. Altro che i samurai qui siamo ai quaquaraquà. È la copia cinese di un giapponese. Na sòla insomma.

5 a Lisasken dagli occhi blu - Un paio di intuizioni ma non è mai riuscito a spiccare il volo. È rimasto a terra. Anzi, terra terra, da analfabeta del calcio.

5 a Lupo Alberto - Si è confermato il Mago: è sparito.

5- a Viale dei Romagnoli, 13 Ostia - È stato uccellato da Mancini come un pivello eppure è na vita che gioca. Mah.

5- - al Ciro d'Italia - Ha avuto sui piedi la palla buona nei primi minuti per dare una svolta alla partita, ma l'ha sciupata malamente. Poi il nulla assoluto come Riccardo Rossi qualsiasi. È la fine di un'epoca.

5- - a Castellano e Pipolo - Ha fatto rimpiangere Nina Murici. Dal disertore della vanga al disertore della Pampa il passo non è breve ma le pippe al sugo so le stesse. Sipario.




mercoledì 3 aprile 2024

Vent'anni senza Gabriella Ferri

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Una voce che ti entrava dentro, che ti scuoteva, una voce struggente e ammaliante che raccontava meglio di ogni altra la vita, l’amore, le gioie e i dolori.

Gabriella Ferri era la voce di Roma e delle sue bellezze, la voce del popolo e di chi amava le atmosfere perdute di una città sparita ma viva nel ricordo di chi l’aveva vissuta e voleva ritrovarla grazie a lei. 

Un'artista a tutto tondo che regalava emozioni a non finire e che dalla canzone romana aveva spiccato il volo verso i classici della musica napoletana e internazionale riuscendo ugualmente a far vibrare cuori e scatenare emozioni.

Nata a Testaccio, figlia di un ambulante con la passione del ballo e il canto, Gabriella dopo i timidi inizi come indossatrice esplode letteralmente grazie all'esibizione nel programma di Mike Bongiorno "La fiera dei sogni" cantando insieme a Luisa De Santis il brano "La società dei magnaccioni".

Aveva ascoltato quel pezzo della tradizione popolare romana da un disco di Armandino Bosco suonato dalle bancarelle del mercato di Via Sannio e ne era rimasta affascinata. Lo incise con la sua amica, figlia del regista Giuseppe e fu subito boom.
 
Le due romanine funzionano, belle, brave e intonate e soprattutto con quella verve tipica de noantri che le contraddistingue. La Jolly che le ha sotto contratto le lancia come duo folk e le fa incidere canzoni toscane e siciliane come "Ciuri ciuri". Un successo.
 
Il duo però ha vita breve, a causa della timidezza di Luisa che non ama cantare in pubblico, Gabriella continua quindi da sola, incidendo anche un album nel 1966, nello stesso anno è in Canada per la tournée di uno spettacolo teatrale di musica popolare con la regia di Aldo Trionfo, assieme ad altri esponenti del folk italiano come Caterina Bueno, Otello Profazio e l'attore Lino Toffolo.

Dopo gli anni passati a Milano, Gabriella Ferri torna a Roma alla fine del 1966, e approda al Bagaglino di Roma, di cui diventa la cantante ufficiale. Qui conosce Piero Pintucci, che diventerà un suo collaboratore musicale abituale, e incide un 45 giri nel 1968 per la ARC, "È scesa ormai la sera".

Il lato B di questo singolo, "Ti regalo gli occhi miei", raggiunge i vertici delle classifiche in Sudamerica e la cantante lo incide in lingua spagnola con il titolo "Te regalo mis ojos", e ottiene altrettanti successi di vendite. La cantante intraprende così un tour nei paesi sudamericani con grande successo, per poi tornare a esibirsi al Bagaglino con Enrico Montesano.

In questo periodo conosce il giovane diplomatico Giancarlo Riccio, che sposa il 20 giugno del 1967. Si trasferisce a Kinshasa, capitale del Congo, dove lui è destinato a prestare servizio, ma soffre la forzata inattività e dopo neanche un anno convince il marito a chiedere il rientro anticipato a Roma. Il matrimonio non dura però a lungo e, dopo una serie di separazioni e riconciliazioni, termina definitivamente nel 1970.

Conosciuta come cantante folk, Gabriella non disdegna il beat, e si esibisce anche al Piper Club, dove conosce e stringe amicizia con Patty Pravo. Dopo aver firmato un nuovo contratto discografico con la RCA Italiana, partecipa nel 1969 al Festival di Sanremo, presentando in coppia con il grande Stevie Wonder "Se tu ragazzo mio", brano dalla sonorità beat e rhythm and blues, scritto insieme al padre Vittorio e a Pintucci. 
 
Per la testaccina Gabriella e soprattutto per il padre, Sanremo è la realizzazione di un sogno, è la consacrazione di una popolarità sempre più crescente e meritata. Il disco infatti sarà un successo e questo spinge la RCA a pubblicare alla fine del 1969 l'album Gabriella Ferri, in cui canzoni più moderne si affiancano a brani della tradizione come "Ciccio Formaggio".

Nel corso degli anni il suo fisico, da magro e sottile che era, si è andato via via irrobustendo e questo nuovo aspetto fa parlare di lei come di una "mamma Roma" che tiene testa (in TV in una trasmissione che è divenuta culto, più volte trasmessa) a Claudio Villa. Stornellando, i due si dicono le cose peggiori e Gabriella ne esce come l'erede di un genere romanesco che non è solo voce, ma anche aspetto.

È così che si appropria delle canzoni, vecchie o nuove, che le diano la possibilità di costruire dei veri e propri numeri, quasi delle "macchiette", nelle quali però non c'è imitazione dei vecchi artisti napoletani ma il filtro di una personalità esuberante e irrefrenabile.
 
Ecco così "Dove sta Zazà?", che nel dopoguerra era stata il simbolo dell'Italia dissolta, diventava nella sua interpretazione un brano intriso di perfidia e di amarezza.

Gli anni Settanta sono quelli della consacrazione e la vedono conduttrice televisiva ed intrattenitrice di talento con programmi entrati nella storia del costume come "Dove sta Zazà" (1973) - la struggente sigla di chiusura "Sempre", composta da Mario Castellacci e Franco Pisano, sarà un altro suo grande successo - e "Mazzabubù" (1975), entrambi diretti da Antonello Falqui e scritti da Pier Francesco Pingitore
 
Nel frattempo, nel 1972 a Caracas, durante una sua tournée in America Latina, conosce Seva Borzak, presidente della divisione sudamericana della RCA, che sposa nello stesso anno, e da cui avrà l’unico figlio, Seva junior.

Dopo l'esperienza televisiva di "Giochiamo al varieté" (1980), sempre di Falqui, e l'incisione di un disco con alcune canzoni scritte per lei da Paolo Conte (Gabriella, nel 1981, con la celebre "Vamp"), Gabriella Ferri si trasferisce per qualche tempo negli Stati Uniti d'America, lasciando televisione e cabaret per dedicarsi unicamente alla musica.

Rientrata in Italia, nel 1986 partecipa alla gara televisiva Premiatissima presentando nel corso delle serate sei canzoni, alcune tratte dal suo repertorio, altre preparate appositamente per la trasmissione: "Lacreme napulitane", "Luna rossa", "Malafemmena", "La pansé", "La sera dei miracoli" e "Vecchio frack" il classico di Domenico Modugno con il quale arriva in finale. Nel 1987 incide la sigla del varietà televisivo Biberon, in cui appare ancora accanto agli amici del Bagaglino.

Le sue due ultime uscite artistiche di rilievo avvengono nel 1996 al premio Tenco di Sanremo, dove si esibisce accompagnata dal chitarrista della Piccola Orchestra Avion Travel Fausto Mesolella, e nel luglio del 1997 con un concerto a Villa Celimontana a Roma (incluso nella manifestazione "Voglia matta anni '60") davanti a 7.000 spettatori (se ne aspettavano un migliaio).

Poi avviene il ritiro definitivo dalle scene, anche a causa di ricadute nella grave depressione che la tormenta a fasi alterne da anni. Sembra però ritrovare una nuova serenità quando nel 2002 riprende ad apparire in tv dapprima come ospite di Pino Strabioli nella rubrica "Cominciamo bene" prima, e poi nel varietà "Buona Domenica" di Maurizio Costanzo.

Muore improvvisamente in seguito alla caduta da una finestra della sua casa di Corchiano nel viterbese dove da tempo risiedeva il 3 aprile 2004, all'età di 61 anni. L'epitaffio sulla sua tomba al cimitero Verano, recita la poesia del marito Seva Borzak: «Di notte i tuoi occhi brillavano più forte della luce di giorno, il tuo amore riscaldava più del sole».

Il suo testamento spirituale è rintracciabile nella lunga raccolta di "Canti Di Versi" album prodotto artisticamente e arrangiato da Alberto Laurenti con il quale scrive anche gli ultimi inediti e dove, tra ritmi jazz, tanghi e flamenchi, con un incedere interpretativo e la sua inconfondibile voce che ricorda Amália Rodrigues ("Coimbra"), interpreta oltre le nuove canzoni come "Una donna sbagliata", anche brani di autori celebri come Luigi Tenco ("Lontano lontano"), Ennio Morricone ("Stornello dell'estate").
 
Venti anni fa Gabriella ci lasciava e la sua perdita è stata enorme. Perchè lei era unica e vera, sensibile e  ricca di talento, era l'Anna Magnani della canzone, si mascherava, si travestiva, si presentava in scena come un clown, mescolando gioia e tristezza e tutto quello che cantava, dagli stornelli alla canzone latinoamericana, si trsformava in un atto unico.

Gabriella Ferri è oggi una icona della cultura romana, non solo quella musicale. Dalla Casilina al Trullo la città è disseminata di suoi murales, immagini poetiche di una città che va avanti fra mille difficoltà e che le vuole bene. Sempre.

lunedì 1 aprile 2024

Giorgio Chinaglia per sempre

di FRANCESCO TRONCARELLI

  

12 anni anni fa se ne andava il calciatore più amato dal popolo biancoceleste. Coi suoi gol e la sua voglia di vincere ridestò nei tifosi l'orgoglio di essere laziali. Un mito assoluto

Quando arrivò la notizia a molti sembrò uno scherzo. Chinaglia? Possibile? L’invincibile guerriero? Era il primo aprile del resto e poteva starci un “pesce” anche se macabro, magari diffuso da qualche stupido buontempone appartenente ad altre sponde del tifo. Ma la notizia, drammatica ed incredibile, era purtroppo maledettamente vera.

Era il primo aprile del 2012, Giorgio Chinaglia se ne era andato all’improvviso, la morte era avvenuta a Naples, un piccolo centro a sud della Florida davanti al Golfo del Messico e nella Roma biancazzurra quel lancio d’agenzia subito diffusosi sui social era stato avvertito come un lutto familiare.

Una reazione emotiva ed affettiva naturale per il popolo biancoceleste, perche Giorgio era stato il calciatore più amato dai tifosi, quello che aveva restituito con i suoi gol e la sua voglia di vincere sempre, l’orgoglio di essere laziali, di essere i tifosi della prima squadra della Capitale, quella che aveva portato il calcio e il tifo a Roma.
 

Chinaglia tanto amato ma anche il più temuto dagli avversari perché il più forte di tutti, il più grande di tutti, il più laziale di tutti. Era quello infatti che segnava sempre, quello che spezzava le dita ai portieri con le sue bombe da fuori area, quello che trascinava i compagni alla vittoria, quello che li scuoteva quando le cose andavano male in campo.
 
Quello che “nun ce voleva sta” come si dice a Roma e perciò era sempre pronto a combattere col coltello fra i denti. Quello che portò per mano la squadra alla conquista del suo primo scudetto. Quello che per tutti era Giorgio Chinaglia, il grido di battaglia.

L’invincibile guerriero, Long John, Giorgione, l’idolo incontrastato di una piazza ribelle e anticonformista che grazie a lui aveva rialzato la testa dopo anni bui e di altalena con la serie B.

Quello che anche quando perdeva vinceva lo stesso e che quando vinceva stravinceva, sfidando la curva nemica correndo spavaldo sotto la stessa ed esultando all’impazzata come testimoniato dalla splendida foto di Marcello Geppetti che ha fatto il giro del mondo, scattata in un famoso derby vinto da lui e dalla Lazio.
 

Chinaglia era quello che al cinema agli sberleffi e alle offese dei tifosi avversari, replicava a suon di cazzotti. Quello che andava a dormire con gli scarpini ai piedi. Quello che non faceva finire gli allenamenti al campo di Tor di Quinto finchè la sua formazione non batteva la rivale. Quello che i rigori li doveva battere sempre e solo lui, come l’indimenticabile e storico penalty tirato il 12 maggio del 1974, che assegnò il tricolore alla banda Maestrelli.

Dodici anni fa Giorgio era tornato a casa molto presto, alle ventuno, dopo aver consumato da solo, una cena spartana al ristorante italiano degli amici di “Dolce & Salato”. Un risotto alla milanese con abbondante spolverata di parmigiano, un bicchiere di Chianti, niente più. Al rientro aveva trovato un messaggio del figlio Anthony, gli chiedeva di autografare  una foto dei tempi del Cosmos quando giocava insieme a Pelè, per un suo amico.

Giorgio diligentemente prese la foto e scrisse “a Thomas con simpatia”, poi salì in camera al piano superiore dell’abitazione, era molto stanco, da qualche giorno non si sentiva bene. Si buttò sul letto tutto vestito, chiuse gli occhi e si addormentò. Per sempre. 
 

Ponendo fine così, a sorpresa, a una vita esagerata ma ricca di emozioni incredibili rimaste indelebili nel cuore e nella mente di chi lo aveva seguito nelle sue galoppate sui campi di calcio del Bel paese pallonaro, raccontandone le gesta ai figli e tramandando così il ricordo “di padre in figlio” di quel mito, di quel simbolo indiscusso di Lazialità mai doma e vincente.
 
Giorgio Chinaglia per sempre. Il grido di battaglia ieri, oggi, domani. Un amore infinito che ha superato la generazione di riferimento. Long John e il suo popolo insomma, una lunga bella e tormentata storia d’amore che non ha subito crisi e tradimenti di sorta. Mai.
 
E non poteva essere diversamente, perché nessuno è stato come lui, nessuno ha fatto quello che ha fatto lui e soprattutto perché nessuno ha smesso di volergli bene nonostante vicissitudini incredibili e situazioni molto discutibili in cui quel calciatore dagli occhi da buono e la grinta da trascinatore si era trovato. Tutti hanno sempre amato Long John a prescindere. Perché lui era Chinaglia, Giorgio Chinaglia, il più grande di tutti.

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