sabato 29 febbraio 2020

La Lazio è prima! Le Pagelliadi

di FRANCESCO TRONCARELLI


9 a Lupo Alberto - Una grande Lazio ha steso il Bologna disputando una partita maiuscola. Autoritaria, manovriera, spavalda ha dominato in lungo e in largo i rossoblu, sfoggiando un calcio spettacolare. E' bastato un tempo per dare una lezione di gioco agli avversari e far capire agli altri quanto siamo determinati nel rincorrere il nostro sogno. Con il ventunesimo risultato utile consecutivo la prima squadra della Capitale è diventata anche la prima squadra d'Italia. Capolista a prescindere, perchè più forte dell'inciucio del Palazzo (Juve-Inter rinviata), più forte dei gufi che ce la tirano, più forte di tutto e tutti. Copertina d'obbligo al Mago spagnolo che coi suoi numeri di prestigio ha stupito tutti oltre che segnare un bel gol. Forza ragazzi siamo con voi!

8 a Innamoradu - 300 partite con l'Aquila sul petto, ha iniziato con noi giocando con Simone Inzaghi che ora l'allena. Una storia bellissima, da Lazio. E' il più romano dei romeni e di tanti romani. E' il simbolo di una Lazialità che ti entra dentro e non ti lascia più. E' il calciatore dell'era Lotito che ha vinto più trofei di tutti. E come diceva Corrado che ci vedeva lungo "e non finisce qui"...

8 a Patric del Grande Fratello Vip -  Il migliore. Incredibile ma vero. Come Elettra Lamborghini cantante. E' difficile crederci ricordando le cappellate a raffica dei bei tempi, qualcuno in tribuna infatti sosteneva che non fosse lui, ma il fratello. E invece era proprio lui, il Caciara, quello che con un colpo di zazzera cercava con esiti disatrosi di confondere gli avversari. Ora i capelli li ha taglati, li porta a spazzola e al contrario di Sansone ha acquistato forze che non aveva, e domina la difesa. Dalla Casa del programma trash più imbarazzante della televisione alla Casa più emozionante del Bel paese pallonaro, quella biancoceleste: un trionfo.

7+ a Correa l'anno 1900 - Con quel Tucu di classe con cui ha gonfiato la rete dell'ex giallorosso col cognome da codice fiscale, il bandolero stanco biancoceleste si è fatto perdonore di alcune incertezze che ha manifestato e palle a vuoto che ha smistato. Del resto lui è così, gioca ma gli manca la continuità. Come Paolo Ruffini, che so' più le volte che fa piagne de quelle che fa ride.

7 a Sylva Strakoshina - 20° del primo tempo, una fiammata bolognese porta il gatto Soriano in condizione ottimale, ma aveva fatto i conti senza il cane da guardia biancazzurro: uno sguardo assassino, l'ha ipnotizzato e j'ha fatto vedè i sorci verdi. Ecco tra gatti, cani e sorci nell'arca dell'Olimpico vince sempre l'Aquila. E ho detto tutto.

6 e mezzo a Lucas 2.0 (Biglia chi?) - E chi lo Leiva più dal campo?

6 e mezzo al Sergente - Rispetto al solito, poco appariscente, nè più nè meno di Carlo Conti alla Corrida, tanto sono i soggetti in gara che fanno faville.

6 e mezzo a Lazzari alzati e cammina -  e corri sulla fascia come sai fare tu. Non c'è niente da fare, ha una marcia in più, come Achille Lauro che può piacere o non piacere ma quanto a idee e carisma sta un passo avanti agli altri. Poi come voce, lasciam perdere per dirla alla De Sica.

6+ al Ciro d'Italia - Negli 84 minuti in cui ha giocato, ha avuto solo due palle buone, e in entrambe coi suoi tiri ha lambito il palo. Poi il consueto lavoro sporco per aiutare i compagni. Dall'oroscopo di Branko la Luna consiglia: basta altruismo, non paga, pensate più a voi stessi e ci guadagnerete in salute. Capito Cirù? Provaci ancora bomber.

6+ a dillo a Parolo tuo, Massimo Di Cataldi e il Panter One - Buttati nella mischia per rallentare il ritorno avversario, amministrare il gioco e partecipare al successo che vale il primato. Come i Ricchi e Poveri che erano sepolti vivi a Villa Arzilla e con Sanremo sono tornati alla ribalta.

6 a Meco Ioni - Tanto fumo e poco arrosto. Come la Litizzetto che gracchia gracchia ma alla fine dice sempre le stesse frescacce. Anche sto giro è partito in quarta ma è finito in folle, nè più nè meno di Maria de Filippi che ha toppato con la puntata del debutto di "Amici" finendo battuta nello share dai nuovi mostri della Corrida.  Doveva fare la differenza. L'ha fatta. Come Enrico Ruggeri a "Una storia da cantare" che con la sua conduzione gutturale e poco empatica ha dato il colpo de grazia a un programma da dimenticare. Sipario.


Appunti di gioco
di Roberto Taglieri

Sabato, 29 febbraio 2020

Ed anche il Bologna è fatto fuori. All’”Olimpico” nell’anticipo  della 26sima settima giornata Luis Alberto e Correa già nel primo tempo stendono i rossoblu per il 2-0 della Lazio, che si guadagna così anche il primato in classifica. Ma quella di oggi per la Lazio è una partita facile solo sulla carta, in realtà con tante insidie. Sinisa Mihajlovic senza Mbaye squalificato, non riesce a recuperare Svanberg, Krejci e Dijks; il suo 4231 vede Soriano, Orsolini e Barrow dietro Palacio. Invece Simone Inzaghi continua a non poter disporre di Acerbi ed oggi in campo c’è Luiz Felipe con Patric e Radu alla sua 300sima gara con la maglia biancoblu. L’assenza di Lulic concede di nuovo spazio a Jony ed infine tornano dal primo minuto Lazzari e Correa. In una grande cornice di pubblico proprio il Tucu nei minuti iniziali della partita spedisce fuori incredibilmente da posizione perfetta la rete del vantaggio laziale. Immobile sfiora il palo al 12’ ed il Bologna sembra in balia della Lazio. Correa da posizione difficile spara su Skorupski al 17’ e poco dopo arriva la rete dell’1-0, grazie a Luis Alberto, che riceve da Correa, prima stoppa e poi lascia partire un destro imparabile che s’infila tra palo e portiere. Il Bologna mette palla al centro, Patric s’addormenta e gli emiliani con Soriano quasi pareggiano subito dopo: Strakosha d’istinto salva la sua porta. Ma ora torna in auge la regola del gol mangiato-gol subito: l’azione continua con Immobile, poi con Correa, che dalla destra lascia partire un diagonale leggermente deviato, che s’infila di nuovo in porta per il raddoppio laziale. I biancazzurri dopo il secondo gol si mostrano un po’ deconcentrati e regalano qualcosa in difesa, ma gli avversari non riescono ad approfittarne almeno in un paio di occasioni, come alla mezz’ora quando Orsolini cerca il colpo a giro ma il pallone esce sul fondo. Nella ripresa subito un rasoterra di Orsolini viene respinto non senza difficoltà da Strakosha; poco dopo Denswil accorcia ma con un braccio ed Abisso annulla. Escono Orsolini e Schouten, poi anche Luis Alberto e proprio ora Immobile in ripartenza non riesce ad inquadrare lo specchio a tu per tu con Skorupski. Il Bologna segna di nuovo a metà della ripresa con Tomiyatsu, ma anche stavolta il var annulla la rete per un fuori gioco di Palacio. La Lazio perde smalto, rincula troppo e concede il centrocampo agli avversari che al 73’ sono di nuovo pericolosi con Palacio, su cui rinviene alla fine Strakosha. Inzaghi si ripara togliendo Correa per Cataldi, il Bologna comunque nel finale rinuncia ad attaccare, la Lazio termina le sostituzioni con quella di Caicedo che rileva Immobile e dopo 5’ di recupero Abisso decreta la fine, che sancisce anche il fantastico primo posto della Lazio. Nel primo tempo il divario tecnico tra le due squadre sembrava notevole, ma si è gradualmente assottigliato; il Bologna ci ha provato senza risparmiarsi, la Lazio nonostante un evidente calo fisico ha però mantenuto alta la concentrazione ed ha fatto sua una partita importantissima, pur soffrendo oltremisura. Sono 21 i risultati utili consecutivi dei biancocelesti, che adesso guidano la classifica a quota 62 e continuano ad incamerare punti: la partita di oggi tra Juve ed Inter, causa coronavirus, verrà rimandata addirittura al 13 maggio. Tutto può succedere, ma di fronte ad una cosa così grande la gente laziale non può non festeggiare. Avanti così: concentrati ma anche spensierati, come ci ha abituato la truppa di Inzaghi.
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LAZIO  BOLOGNA  2-0     18’ Luis Alberto 21’ Correa
LAZIO: Strakosha, Patric, Felipe, Radu, Lazzari, Leiva, Milinkovic, Luis Alberto (60’ Parolo), Jony, Correa (74’ Cataldi),  Immobile (84’ Caicedo).  All: Inzaghi
BOLOGNA: Skorupski, Tomiyasu, Danilo (70’ Skov Olsen), Bani, Denswil, Schouten (57’ Sansone), Poli, Orsolini (57’ Santander), Soriano, Barrow, Palacio.  All: Mihajlovic
Arbitro Abisso

venerdì 28 febbraio 2020

Mia Martini, ecco l'inedito

di FRANCESCO TRONCARELLI


Non basta mai parlare di Mia Martini, raccontarla a chi non l'ha conosciuta e ricordarla a chi l'ha vissuta, non è mai abbastanza. Sono passati 25 anni dalla sua scomparsa, ma lei ancora oggi manca terribilmente a chi l'ha sempre apprezzata e seguita, a chi l'è stato vicino, a chi non ha mai dimenticato la sua voce, la sua arte, la sua negata voglia di vivere.

Ecco perchè un ritratto come quello realizzato da Giorgio Verdelli, giornalista e grande esperto di musica curatore di quella bella trasmissione di Rai2 che è "Unici", è un'opera meritoria oltre che ben fatta, pensata e realizzata, perchè è un modo appassionato e intelligente per far conoscere Mimì alle nuove generazioni, ai millenials che la stanno scoprendo grazie a Youtube e alle varie piattaforme.

"Mia Martini, fammi sentire bella”, docufilm dedicato alla parabola umana e artistica della cantante calabrese, scomparsa il 12 maggio 1995 andato in onda su Rai3 è stato un vero omaggio ad una delle più grandi voci della musica italiana grazie a ricordi, video inediti, testimonianze e interviste alle sorelle Loredana, Leda e Olivia e ai nipoti.

Tutto è nato dalla passione e l'intuito di Verdelli, che venuto a sapere dell'esistenza di un inedito dell'artista di Bagnara custodito da Caterina Caselli, ha pensato bene di farlo consocere al pubblico, costruendo intorno a questo brano un racconto che rendesse nel modo più sincero e reale, la grandezza di Mia Martini nel panorama del nostro pop.

La vita di Mia Martini non è stata facile. Dopo aver lavorato molto per trovare il successo, attraversò un periodo buio. Poi tornò alla ribalta in maniera travolgente per poi finire la sua esistenza sola, nella nuova casa, su un materasso senza letto. E nel docufilm in cui Sonia Bergamasco ha il ruolo di narratrice.

Caterina Caselli e Mia Martini

I vari momenti, tristi e belli, malinconici ed esaltanti sono ricordati attraverso le testimonianze degli autori che hanno scritto per lei e attraverso dei filmati inediti in cui possiamo rivederla cantare con quel suo stile e quella voce così particolari, che esaltavano, ora accarendola ora graffiandola, quaslsiasi canzone interpretasse.

Ecco Dario Baldan Bembo che ricorda come è nata "Minuetto" con quell'arpeggio nell'intro ecco Enzo Gragnaniello che la paragona a Janis Joplin, Caterina Caselli e Dori Ghezzi che la ricordano giovanissima così come Renato Zero, per anni suo amico fedele e compagno di avventure nella Roma a cavallo dei 60 e 70, Paola Turci, Mario Luzzatto Fegiz, Vincenzo Mollica, Lino Vairetti degli Osanna.

Ancora Maurizio Fabrizio commosso nell'ascoltare il coro dlle detenute che cantano "Almeno tu nell'universo", Franco Fasano, Carla Vistarini fiera di avere lavorato con lei e di averla fatta vincere un festival a Tokio, Gianna Bigazzi moglie del paroliere e custode del brano inedito e di tante cose appartenute a MImì, Fernando Fratarcangeli, Stefano Senardi, Nando Sepe, Fio Zanotti.

Grandi personaggi dello spettacolo e amici che hanno dato un contributo fondamentale per far capire "da vicino" chi fosse l'artista e la donna Mimì Bertè, c'è persino il padre, l'autoritario preside Giuseppe Radames Bertè, che tanto influì sull'adolescenza delle sue figlie. E c’è anche Serena Rossi che l’ha interpretata magistralmente nel biopic Rai "Io sono Mia".

E c’è lei, solare, bella, fragile e malinconica che parla di se stessa: «La felicità per me è dormire 8 ore, svegliarmi con mamma che mi porta il caffè e guardare la pioggia dalla finestra di casa» dice. «Invece non dormo quasi mai, devo essere sempre in forma, sorridente e con la voce a posto. E ho rinunciato all’amore».

Mia Martina e Aznavour

Mimì rivive nella pellicola del concerto a Portofino del settembre 1994, l'ultimo live registrato in video e completamente inedito, ma anche nei fotogrammi che la ritraggono al fianco di Charles Aznavour in una collaborazione da brividi, in quelli in cui è accompagnata ai cori addirittura da Fabrizio De André, e negli oggetti tuttora custoditi dalla famiglia e dagli amici, come il suo pianoforte ed il suo cappello preferito.

Ovviamente ci sono le sue canzoni, tra cui anche una incredibile "La vie en rose" e soprattutto quelle più amate come "Almeno tu nell’universo”, “Minuetto”, “Gli uomini non cambiano”, “E non finisce mica il cielo”, brani che hanno fatto la storia della musica leggera e che l'hanno resa immortale, fino ad arrivare all’inedito “Fammi sentire bella” scritto per Mia da Giancarlo Bigazzi, Beppe Dati e Angelo Valsiglio. 

E' il momento clou del docufilm, quattro minuti e 40 secondi di emozioni forti, quattro minuti e 40 secondi di felicità e godimento, quattro minuti e 40 secondi di grande musica in cui ci si estranea da tutto restando prigionieri di Mia Martini della sua voce e della sua interpretazione da brividi. E' una canzone bellissima, struggente, intensa, che ti entra dentro e ti scuote l'anima.

E una gemma che ci ritroviamo all'improvviso per rendere migliori le nostre giornate ed arrichire la nostra cultura in tempi grami come questi. E' una canzone che ci fa capire cosa abbiamo perso con la sua scomparsa e quanto hanno sbagliato quelli che le hanno reso la vita difficile nonostante la sua bravura e la sua voglia di vivere. E' un capolavoro. E' Mia Martini.


mercoledì 26 febbraio 2020

Te la ricordi Lella? 50 anni di un boom

 di FRANCESCO TRONCARELLI


Ci sono canzoni che superano la generazione di riferimento, vanno avanti per la loro strada al di là del tempo e delle mode incontrando nel corso degli anni nuovi estimatori e nuovi interpeti, tale è la loro diffusione che diventano patrimonio comune e da brani d'autore come erano stati concepiti si trasformano in canzoni popolari. E quindi veramente di successo.

"Lella" che tutti conoscono e hanno cantato accompagnandosi con una chitarra o più probabilmente con gli amici in qualche rimpatriata o serata trascorsa insieme, è una di questa. Un gran bel brano popolare, nel senso migliore del termine, quello che fa riferimento al cuore delle persone, alle loro emozioni, ai loro sentimenti.

E poi c'è il romanesco che è il valore aggiunto, un romanesco crudo e senza fronzoli, accessibile a tutti perchè nella versione "moderna", attuale, ma intriso di atmosfere pasoliniane ed echi del "Pasticciaccio" di Gadda, che fa la differenza. Una storia che in anticipo sui tempi, raccontava di un femminicidio, anche se allora, 1970, sarebbe stata definita un omicidio passionale. Una vicenda di cronaca nera.

Lanciata dal duo Edoardo e Stelio, è stata cantata nel tempo da tanti, nomi come la Schola Cantorum, Lando Fiorini, Aldo Donati, Paola Turci, Orchestraccia, Ardecore, che l'hanno fatta diventare un classico della canzone romana arrivato addirittura nel romanzo "Il ladro di merendine" di Andrea Camilleri, dove a pagina 51 vengono citati alcuni versi della canzone che il commissario Montalbano canticchia mentre è al telefono (E te lo vojo di' / che so' stato io...) e che sono stati poi riproposti da Luca Zingaretti nella fiction.

Tanti artisti tante versioni per un successo, a ciascuno la sua, il merito però di avergli fatto spiccare il volo superando una certa censura non detta ma di fatto applicata al disco di Edoardo e Stelio che impediva la sua programmazione nelle trasmissioni radiofoniche della Rai (unico mezzo di diffusione a quei tempi) per il tema della canzone giudicato troppo crudo, fu dei Vianella, il duo formato da Edoardo Vianello e Wilma Goich prodotto da Califano, che alcuni anni dopo l'uscita la inserirono nel loro repertorio dandogli così una grande "visibilità" e una nuova vita.

Il brano è stato composto da due artisti di razza, Edoardo De Angelis e Stelio Gicca Palli, amici dai tempi delle elementari e appassionati di musica (Joan Baez, Bob Dylan, Simon & Garfunkel, Endrigo) nonchè virtuosi della chitarra, nati artisticamente nel mitico Folk Studio di Via Garibaldi, fucina dei cantautori della cosidetta Scuola Romana (Venditti, De Gregori, Lo Cascio). Fu lì che lo eseguirono per la prima volta prima di essere chiamati dalla Rca per un contratto discografico.



Il pezzo nacque quasi di getto, Stelio propose una strofa di sapore folk americano, vicina nel giro di accordi a una canzone di Joan Baez a Edoardo. Lui, con la libertà e la fantasia del dilettante scrisse il testo dopo averlo pensato mentre era su un autobus che annaspava nel traffico romano, direzione casa della nonna Nena per il pranzo.

Passando a Piazza Barberini, De Angelis notò l’insegna di un negozio di cravatte "Proietti", un cognome tipicamente romano che gli rimase impresso tanto da venire utilizzato nel testo che di lì a poco, arrivato alla meta, buttò giù su un foglio di quaderno sotto gli occhi stupiti della nonna.

Il "cravattaro" quindi, non era da intendersi come uno strozzino, come qualcuno successivamente ineterpretò sbagliando. Era il negoziante chiamato così in riferimeto alla merce che vendeva nel suo esercizio commerciale in centro. Del resto i due giovani artisti provenivano da famiglie borghesi e non erano al dentro di termini del gergo dialettale che non erano di certo di uso comune.

Quei versi che raccontavano quell'omicidio d'impeto compiuto su una spiaggia romana l'ultimo giorno dell'anno, sottolinenati da una musica accattivante e suggestiva creavano un'alchimia perfetta che avrebbe coinvolto chiunque ascoltasse questo brano. E anche le voci, ruvida e decisa quella di Stelio, calda e intensa quella di Edoardo, si completavano offrendo un'interpretazione molto intensa.

Te la ricordi Lella quella ricca, certo tutti la ricordano, sono passati 50 anni d'allora ma quella canzone che secondo gli autori non aveva connotati di denuncia è attuale più che mai suo malgrado, ha preso una direzione propria, una sua vita, entrando nella memoria collettiva e diventando costume. "Lella" è una ballata emozionante su una storia triste, ma non solo, perchè è cresciuta diventando proprio una denuncia contro la violenza sulle donne. Ed è per questo che è da riascoltare. Come 50 anni fa.


domenica 23 febbraio 2020

Lazio, Genova è per noi! Le Pagelliadi

di FRANCESCO TRONCARELLI


9 a Somarusic - Una grande Lazio ha steso con merito un Genoa avvelenato ai massimi e combattivo alquanto. E' stata una prova di maturità eccezionale, una battaglia vinta grazie al gruppo e soprattutto alle seconde linee schierate che hanno dato il massimo. 20° risutato utile consecutivo (altro record per noi) e soprattutto sfatato il tabù Marassi davanti a cinquemila tifosi al seguito che hanno sostenuto la squadra dal primo all'ultimo minuto con tanto calore. Copertina d'obbligo al giocatore spesso e volentieri più criticato del gruppo, il Sonnambulo per antonomasia, che è entrato in campo su di giri e bello sveglio, confezionando un gol d'antologia, alla Chinaglia. Si è infilato di corsa tra Somarone e l'ex giallorosso Musiello (c'avrà cent'anni), ha resistito al sandwich e ha scagliato una sassata incredibile. Applausi per lui e per la banda Inzaghi. E il sogno continua.

9 al Ciro d'Italia - Un compleanno festeggiato alla grande (Gatsby) e celebrato al meglio col gol numero 27. E scusate se è poco. Ciro, si nu babà!

9 a Massimo Di Cataldi - tira la bomba Danilo, tira la bomba. Ed è stata apoteosi.

7 e mezzo a Lupo Alberto - Quando le certezze acquisite sembravano vacillare, l'ex Ciuffo biondo, ora nero pece alla Pavarotti è salito in cattedra, amministrando palle e rompendogliele a loro con giochi di restigio che Silvan al confronto je spiccia casa. Sim sala bin e il Mago li ha fatti sparì.

7 e mezzo a Innamoradu - Nei secoli fedele. Battiamo le mani ai veri romani.

7+ al Sergente - Ha buttato il fisico nella mischia. Come Elettra Lamborghini a Sanremo. Ha resistito a cariche e ha caricato i resistenti che nun ce volevano sta. Ma per loro è finita malamente col core 'n grato Pandev con la coda fra le gambe e a cuccia. A magnà cocce de noci.



7 al Panter One - Un tempo per seminare il panico dopo quell'assit al bacio. Può bastare. Come Enrico Ruggeri conduttore di "Una storia da cantare". Solo che il bomber ecuadoriano è uno spettacolo da vedere mentre l'ex Decibel è tutto da dimenticare.

6 e mezzo a Patric del Grande Fratello Vip - Momento magico per il biondino su di peso. Nella Casa è il più acclamato dai fan, nella prima squadra della Capitale il più invidiato. Tutti si chiedono ma come fa a giocà così se non c'ha mai capito niente? Chissà chi lo sa avebbe risposto il mitico Febo Conti della Tv dei ragazzi, l'importante come dice Malgioglio è finire. E lui finisce sempre in gloria.

6 e mezzo a Lucas 2.0 (Biglia chi?) - Rubapalloni e all'occorrenza mena pure, come un fabbro. Come dire "quando ce vo ce vo". Nè più nè meno di Vittorio Sgarbi che ce li manda tutti a go gò quando je gira.

6 e mezzo "al 114° del tempo supplementare Vavra dello Slava Praga beffa la Roma" - Il gigante in difesa che non ti aspetti. Un po' come Platinette che si è presentato senza parrucca. Ma l'avete visto? Sembrava un veterano e invece non gioca mai, preso come è ad annaffiare le piante a Formello e pulire le cantine dei compagni di squadra. E' passato dalla bancarella a Porta Portese con la roba recuperata allo scontro coi rossoblu senza soluzione di continuità e con un'autorevolezza che manco Mariangela Fantozzi Cribari (vedi collezione Pagelliadi su Globalist) dei tempi d'oro. E' nata una stella? Staremo a vedere. Speriamo che non sia cadente come Bugo che senza Morgan non è nessuno.

6+ a Sylva Strakoshina - Due paratone sul cugino di secondo grado di Favalli, tre tre napoletana a coppe nel Tresette giocato coi fotografi dietro la sua porta (Burraco ormai sospeso per manifesta inferiorità dei suoi avversari), na botta de 23 per il palo avversario e per il resto normale amministrazione, due reti cioè. Se po' fa, se po' fa...

6+ a Meco Joni e Lazzari alzati e cammina - Uno vale l'altro. Come Ficarra e Picone. Casinista e all'arrembaggio il primo senza concludere più di tanto, all'arrembaggio e casinista senza concludere tanto di più il secondo che l'ha sostituito. Gemelli diversi come Bonolis e Luca Laurenti. In certe occasioni infatti hanno fatto ridere pure loro. L'impegno comunque c'è stato. Avoja. Come Mietta che ha cantato Mina. Della serie "Vattene amore". Appunto.

6- a Correa l'anno 1900 - A tu per tu con Perin per due volte, s'è divorato in entrambi i casi due gol facili facili. Se l'è magnati senza vergogna, come Pannella quando dopo uno dei suoi storici maxidigiuni, se pappava sto mondo e quell'altro per recuperare. Lui però non si sa che deve recuperare. Sicuramente la forma perchè adesso è tutto fumo e niente arrosto come un Fabio Fazio qualsiasi e il Tucu di classe non si vede da un pezzo. Come andrà a finire? Lo scopriremo solo vivendo come ammoniva Lucio Battisti perciò il seguito a questa telenovela lo sapremo alla prossima puntata. Come per l'Amica geniale. Sipario.


Appunti di gioco
di Roberto Taglieri

Domenica, 23 febbraio 2020
La Lazio espugna Genova. Nella gara valida per la 25sima giornata di serie A al “Ferraris” in apertura sblocca Marusic, nella ripresa Immobile raddoppia, accorcia Cassata, ancora la Lazio va avanti grazie a Cataldi e nel finale il gol di Criscito su rigore non basta al Grifone: 2-3 è il risultato finale per i capitolini, che hanno la meglio dopo una gara spettacolare e combattutissima. I biancazzurri, reduci dalla splendida vittoria contro l’Inter, sono costretti a vincere per sperare di restare in vetta: il Genoa però è avversario davvero scomodo, un po’ una bestia nera per i capitolini. Nicola perde per squalifica Sturaro, deve fare a meno anche degli infortunati Ghiglione, Romero, e Lerager; riescono a recuperare Schone e l’ex Pandev, che va in panca. La Lazio invece perde Acerbi per un leggero infortunio, al suo posto Vavro, Jony è sempre a sinistra e Marusic dall’altro lato; Correa parte riserva. Inizio col botto a Marassi: infatti passano solo 2’ e la Lazio va in vantaggio. Parte Caicedo al duetto con Marusic, che si libera di forza di Sumaoro e Masiello e calcia di destro sotto all’incrocio dei pali il fulmineo gol laziale. La Lazio rischia il raddoppio al 14’ con Caicedo di sinistro, ma Perin salva in corner. Al 26’ la prima grossa opportunità dei padroni di casa; su punizione Favilli di testa colpisce il palo, che gli nega il gol del pari. Il Genoa è molto aggressivo e tiene un ritmo indiavolato: Ankersen al 38’ si mangia ancora il gol, non riuscendo a deviare davanti a Strakosha. I biancazzurri provano a tenere palla per spezzare il ritmo e ci riescono sino alla fine del primo tempo. Dopo il riposo prima Immobile, poi Luis Alberto vanno a un passo dallo 0-2: tutti e due i loro tiri finiscono di pochissimo fuori. Però al 52’ il raddoppio si concretizza: in contropiede il tacco Caicedo è per Immobile, che con un rasoterra imprendibile raggiunge la incredibile cifra di 27 reti e prova a mettere in cassaforte il risultato. Escono Caicedo e Leiva, al loro posto Correa e Cataldi, ma adesso torna in partita il Genoa, che con Cassata trova un bel gol sotto all’incrocio che riapre la gara. Entrano Falque e Pandev, ma proprio nel momento di massima pressione del Grifone arriva la rete dell’1-3: Cataldi sfrutta al meglio la punizione dal limite che Maresca assegna alla Lazio e mette a giro nel sacco un pallone perfetto, che Perin guarda entrare. Qualche sbaglio biancazzurro di troppo, un tiro di Pandev telefonato per Strakosha al 78’, poi un paio di grandi opportunità capitano sui piedi di Correa che colpisce il portiere una prima volta e poi si fa anticipare da Perin in uscita. All’87’ Lazzari in area nel contrasto con Pandev colpisce la palla con una mano e Maresca dopo il controllo var decreta il rigore. Va a battere Criscito, che spiazza Strakosha e accorcia. Gli ultimi minuti sono tostissimi, di adrenalina pura: i padroni di casa chiamano un pressing costante, che però non produce niente ed alla fine la Lazio esce ancora vincitrice. Un Genoa davvero molto arcigno ha messo in gran difficoltà la Lazio, che però ha saputo venire a capo anche di questa partita, giocata su un campo ostile. Ventesimo risultato utile consecutivo, un campionato strepitoso per i biancazzurri, che vanno ancora a segno con Immobile sempre più capocannoniere a 27 reti. Oggi note liete, a parte Luis Alberto ed Immobile, sempre perfetti, sono l’ottima partita di Vavro e la grandissima mira di Cataldi, di nuovo spietato su punizione. Invece per essere fiscali qualche appunto va mosso a Correa, che deve ancora riprendere la forma migliore ed a Milinkovic, che si è mostrato meno intraprendente del solito. Ma la Lazio, a quota 59 resta un bel diamante, ad un punto dalla Juve e sempre in piena lotta per il primato: biancazzurri ancora nel sogno!

GENOA LAZIO 2–3     2’Marusic 52’ Immobile  57’ Cassata  71’ Cataldi 89’ Criscito (rig)
GENOA: Perin, Biraschi, Soumaoro, Masiello, Ankersen (58’ Falque), Beherami, Cassata, Schone, Criscito, Favilli (58’ Pandev), Sanabria (74’ Destro). All: Nicola
LAZIO: Strakosha, Patric, Vavro, Radu, Marusic, Leiva (53’ Cataldi), Milinkovic, Luis Alberto, Jony (62’ Lazzari), Caicedo (53’ Correa), Immobile. All: Inzaghi.
Arbitro Maresca

giovedì 20 febbraio 2020

Immobile, 30 anni da bomber

di FRANCESCO TRONCARELLI


Con i suoi gol ha conquistato la gente laziale. Ma non solo, anche con la sua simpatia, la sua sportività, il suo essere un campione nella vita di tutti i giorni, marito e padre felice e uomo sensibile alla realtà che vive, come l'impegno per le attività benefiche per Suor Paola, la commozione sino alle lacrime per quel giovane tifoso scompraso raccontato dai familiari dalla De Filippi, le sue presenze assidue fra i piccoli malati del Bambin Gesù hanno dimostrato.

Grande calciatore e bella persona. Questo è Ciro Immobile. Attaccante, goleador, idolo dei tifosi Immbile è l'uomo del giorno. Compie 30 anni oggi da capocannoniere del campionato, da cuomo simbolo della prima squadra della Capitale che sta trascinando a suon di reti verso un sogno (im)possibile.

30 anni da bomber, 30 anni da Immobile, 30 anni da campione acclarato e acclamato: il Ciro d'Italia. E' un attaccante straordinario, lo ha dimostrato coi suoi 193 gol in carriera di cui 115 con l'Aquila sul petto (quarto nella classifica dei migliori realizzatori che vede Piola primo con 159, Signori secondo con 127 e Chinaglia terzo con 122) e lo sta dimostrando partita dopo partita con i suoi guizzi vincenti, col suo sacrificarsi per la squadra (quanti palloni recuperati e difesi nelle retrovie), col suo impegno dal primo all'ultimo minuto in ogni incontro.


Se fosse stato straniero avrebbe goduto di maggiore considerazione. Ma si chiama Immobile e per di più Ciro, non fa esotico. Ma ai saccentoni del pallone risponde coi numuri. Numeri incontestabili. In Italia sono pochi gli attaccanti come lui con il fiuto del gol, pochissimi. In questo momento vincerebbe la Scarpa d’Oro mettendo in fila fior di campioni.

Nella Roma biancoceleste gli vogliono bene tutti, col tempo lo hanno conosciuto imparando ad apprezzarne l’umiltà e la generosità. La Lazio fu una scelta ponderata, nel 2016 cercava una squadra che credesse in lui dopo le esperienze di Dortmund e Siviglia. I tedeschi venivano dalla finale di Champions e dalla vittoria in Bundesliga Col Siviglia e la parentesi Toro era andato a intermittenza. Era la fine di un ciclo. I biancocelesti la destinazione logica.

A Ciro serviva fiducia da parta dell’ambiente. Dovevano farlo sentire importante. La Lazio aveva un nuovo allenatore, Simone Inzaghi e il DS Tare che ci ha visto lungo. Il sì convinto del mister biancazzurro per l'acquisto e subito l'inizio di un grande rapporto, un feeling naturale tra persone che sanno come si gonfia la rete.


Immobile è stato fortunato nel trovare un tecnico che puntasse su di lui e Inzaghi è stato abile nel recuperarlo al grande calcio dandogli massima disponibilità. Il binomio è diventato vincente. Ora per lui un ultimo "sforzo", deve sfatare il tabù legato alla Nazionale. Vuole rifarsi dei brutti momenti passati come il Mondiale in Brasile e l’eliminazione nello spareggio contro la Svezia per gli Europei.

Poi ce n'è un altro, anzi, è il primo ed è legato a quel punto che divide la Lazio alla capolista Juve, tutti avete capito quale è. Ci vuole equilibrio anche nel sognarlo, ma l’aria è cambiata. Il vento pure, un ponentino che scuote Roma dal torpore verso una meta impensabile qualche mese fa. Quella Roma dove Ciro si sente a casa. E' andato via da Torre Annunziata quando aveva 15 anni, ha girato tanto poi ha trovato con la moglie Jessica la casa ideale nella Città Eterna.

Ed è eploso. Un crescendo rossinaniano dalla prima stagione sino ad oggi. Fino ad ora ha segnato 26 reti in campionato e guida in solitaria la classifica marcatori (Ronaldo è fermo a quota 20 gol) ed al momento è in testa anche alla classifica della Scarpa d'oro, con 52 punti tiene a distanza il bomber del Bayern Monaco Robert Lewandowski.


Alla mano, semplice, casalingo, Immobile è molto social, come si conviene a un calciatore che vive il suo tempo ed è interessante leggere, tra una foto e l'altra che pubblica su Instagram, gli scambi di battute coi suoi followers. Dichiarazioni che la dicono lunga sul suo modo di essere e sull'atmosfera che regna in casa Lazio. Una grande famiglia, come una volta.

Per esempio: "Luis Alberto mi conosce meglio di mia moglie. Acerbi? È più geloso lui di Jessica. Correa e Caicedo sono due amici e due giocatori straordinari. Con Milinkovic mi trovo bene e Straskosha è troppo forte. Leiva è un campione in campo e fuori. Per la città non giro più con Lazzari, l'ho licenziato come autista perché non conosce bene le strade. I tifosi sono un'emozione incredibile. La gente educata mi fa sorridere ed emozionare quando mi dicono che sono una brava persona".

Ciro al bersaglio, Ciro il grande, Ciro Ciro, il bomber de noantri. Una certezza della squadra di Simone Inzaghi, Immobile e inamovibile e non pechè non ci sono sostituti, ma perchè non ci sono giocatori come lui in circolazione.

Oggi compie 30 anni e mette un punto sulla sua vita, sulla sua carriera però lo vuole mettere il 24 maggio, dopo l'utima partita di campionato. Una data storica, che rimanda al Piave e a quel mormorio e che potrebbe assumere un altro significato. Incredibile fino a ieri ma non più oggi. Auguri Ciro!

mercoledì 19 febbraio 2020

C'era una volta Rin Tin Tin

di FRANCESCO TRONCARELLI


Da divo di Hollywood a muratore. L'incredibile storia del protagonista di una delle serie più amate della televisione. Quando Rin Tin Tin bloccava l'Italia davanti al piccolo schermo. E quella volta che Pippo Baudo...

Ti stai trascinando in redazione. La notte è lunga, si annuncia noiosa. Nove volte su dieci, ma spesso dieci su dieci, non accade nulla che debba essere rilanciato in fretta per stare "sul pezzo" e battere la concorrenza sul tempo. Si va avanti così, tra il lusco e il brusco come avrebbe detto Petrolini, tra un'occhiata alla televisione, una alle agenzie, una al cellulare, una ai social.

Poi all'improvviso, mentre scorri il sito di un giornale americano, il sussulto. L'attenzione si concentra su una foto. E lo stupore è tanto. Noo, ma è lui? Ti domandi incredulo. Possibile? C'ha avuto un crollo peggio di Fabris dei "Compagni di scuola" di Verdone. A guardarlo bene sembra Palmulli, il bagnino di Ostia che a mezzogiorno del primo dell'anno si trasforma in Mister Ok e si butta da ponte Duca d'Aosta nel Tevere.

E invece è proprio lui, l'ex bambino prodigio del Cinema a stelle e a strisce degli anni Cinquanta che diventò popolarissimo ovunque come protagonista del telefilm "Le avventure di Rin Tin Tin", laddove il Rin col tin tin della serie era uno splendido pastore tedesco affidato alle cure del piccolo caporale dell'esercito "nordista", un biondino tutto giudizio e intelligenza interpretato da Lee Aaker. L'attuale Fabris d'oltreoceano.



Irriconoscibile come si può vedere. Tanto caruccio, preciso e pettinato da ragazzino, così maudid e trasandato come un clochard della Quinta strada oggi. Un cambiamento che colpisce e fa riflettere sulla caducità del successo e della vita stessa. Della serie come passa il tempo, e come passa pure la voglia di guardarsi allo specchio perchè non ci si riconosce più.

Trasmesso da tutte le televisioni del mondo, "Le avventure di Rin Tin Tin" è stato uno degli appuntamenti fissi della generazione degli anni Sessanta, replicato in seguito svariate volte (l'ultima nel 2008 su Rete 4), che venne sostituito per sfinimento, da "Zorro", serie che a sua volta viene riproposta ancora adesso con le repliche che vanno in onda puntualmente ogni estate su Rai 3.

Protagonista delle avventure del cane lupo era Rusty, impersonato da Lee Aaker appunto, un bambino diventato orfano durante una incursione indiana e salvato dai soldati di una postazione di cavalleria di stanza a Forte Apache. Rusty e il suo Rin Tin Tin erano al centro di storie di frontiera che vedevano muoversi nel vecchio Far West tribù di indiani, malviventi e avventurieri di ogni sorta.

Otre al cane lupo-attore, rivale dell'altro cane divo Lassie, presenze principali del telefilm erano l'atletico James Brown, omonimo del cantante, nei panni del tenente Rip Masters e il simpatico Joe Sawyer in quelli del sergente O Hara. Il piccolo grande ometto della televisone americana, ammirato e invidiato dai ragazzini era già conosciuto avendo partecipato a film di grande successo come "Il più grande spettacolo del mondo", "Mezzogiorno di fuoco" con Gary Cooper, "Hondo" al fianco di John Wayne e nel thriller "La marea della morte" con Barbara Stanwyck.

"Le avventure di Rin tin tin" però, furono la sua apoteosi perchè trasmesse dalle televisioni di mezzo mondo. Al telefilm peraltro è legata la storia e la carriera di Pippo Baudo. Incredibile ma vero. Il futuro conduttore più famoso del Bel paese era riuscito agli inizi della carriera  e dopo tanti tentativi ad avere un proramma in tv tutto suo, s'intitolava "Settevoci". La prima puntata del programma, però fu giudicata «intrasmissibile» dai vertici Rai.

Sembrava la fine delle fervide speranze di gloria del trentenne Pippo, già frustrate dopo un provino che l'aveva in parte deluso e sul cui esito, a firma di Piero Turchetti, Lino Procacci e Antonello Falqui, ovvero i registi più importanti della televisione italiana, era scritto: «buona presenza, buon video, discreto nel canto, suona discretamente il pianoforte, può essere utilizzato per programmi minori».

Ma, domenica 6 febbraio 1966 il colpo di scena e la sua salvezza: la bobina con la prevista puntata del telefilm Rin Tin Tin non pervenne allo studio centrale della Rai e per tamponare la mancanza si pensò di mandare in onda la puntata pilota di "Settevoci". Che fu un successo clamoroso, con indice di gradimento dell' 84% (allora non c'era lo share), che valse la riproposizione del programma per le domeniche successive e l'inizio di una strepitosa carriera per Baudo.

Baudo a Settevoci con Marisa Sannia e Tony Binarelli

Per un presentatore che cominciava a salire tutti i gradini del successo sino a divenire un numero uno della televisione c'era invece un divo della televisione che col passare del tempo quei gradini inziava a scenderli clamorosamente sino a scomparire completamente. Una fine ingloriosa, e probabilmente inevitabile, perchè il buon Lee crescendo non avrebbe potuto più interpretare quei ruoli che lo avevano fatto conoscere come bambino prodigio rimanendo così giorno dopo giorno fuori dal giro.

Un meccanismo tremendo, in cui anche lui come tanti altri personaggi che avevano "ballato una sola estate" ma anche di più, rimase stritolato, non riuscendo più a rimanere sulla cresta dell'onda, una situazione difficile che lo spinse a rimbocarsi le maniche per mantenersi. Dal set passò all'organizzazione di spettacoli, poi agli sci come maestro, poi si fece falegname, quindi muratore, uno nessuno centomila alla ricerca di un qualcosa per vivere e di una visibilità perduta tra un programma alla Migliori anni e l'altro.

C'era una volta Rin Tin Tin, c'era una volta il piccolo Rusty. C'era una volta la Tv dei ragazzi che faceva sognare con loro. Il cane non c'è più, Rusty è un uomo fatto e sfatto dalla vita, i ragazzi di allora non sognano più. Come la tv.



lunedì 17 febbraio 2020

Lazio ora credici! Le Pagelliadi

di FRANCESCO TRONCARELLI


10 a Simone Inzaghi - Una Lazio spettacolare ha steso l'Inter dei campioni rimontando alla grande lo svantaggio iniziale. E' stata una partita emozionante, per cuori forti, che ha visto la Prima squadra della Capitale protagonsita assoluta e dominatrice del campo nel momento clou dello scontro per il vertice. Una vittoria che ci sta tutta e che porta la squadra al secondo posto in classifica a un punto dalla prima. Sorpasso effettuato quindi e19esimo risultato utile consecutivo, un trionfo. Un sogno ad occhi aperti che nessuno aveva ipotizzato all'inizio della stagione e che ora sta scuotendo tutto il Bel paese pallonaro. E questo risultato così bello e così inaspettato ha un artefice, il mister, che gioie così le ha assaporate con l'Aquila sul petto venti anni fa e che adesso ce le sta regalando di nuovo. Grazie Simone e adesso Lazio cerdici!

10 alla gente laziale - Un tifo incessante, uno stadio stracolmo, due scenografie emozionanti, in Nord e nella seconda giovinezza di tanti utras nella Tevere. E se ora siamo lassù a un passo dal cielo, l'applauso va anche al popolo biancoceleste che non ha mai tradito e ha sempre risposto compatto all'appello. Famiglie, bambini, tifosi di ieri con quelli di oggi, tutti insieme appassionatamente con le bandiere in mano di padre in figlio. E un applauso anche a Briga, il giovane artista che si è esibito prima della partita, esponendosi con fierezza da laziale vero e appassionato al contrario di altri suoi colleghi. Bravo Mattia! 

10 al Sergente - Un gol che entrerà nella storia perchè ha detto a tutti che ci siamo anche noi nella corsa scudetto. Il gol del sorpasso, il gol del boato, il gol della gioia. E poi vogliamo parlare di quel paio di sombreri che ha fatto a quei malcapitati nerazzurri sulla sua strada? Immenso.

10 al Ciro d'Italia - 26 gol, capocannoniere, ha già vinto la ciabatta d'argento e l'infradito di bronzo. Ora je tocca la scarpa d'oro.

9 ad Antonio Elia Acerbis - Ministro della difesa senza se e senza ma. Conte, il premier ovvio, non c'ha capito niente nella scelta dei suoi ministri. A casa, fosse solo per questo.

8 a Innamoradu - Come andrà a finire non possiamo dirlo, ma fa piacere che nella squadra che sta facendo sognare la città biancoceleste ci sia lui (e l'assente giustificato Lulic), combattente di mille battaglie, gladiatore della veccha guardia, il più romano dei romeni e di tanti romani. Nei secoli fedele.

7+ a Lupo Alberto - E' uscito alla distanza, come Bugo a Sanremo. Solo che il compagno di merende di Morgan non è nessuno mentre il Mago della Lazio è un fenomeno. Come Fiorello.

7 a Luca 2.0 - E chi lo Leiva più dal campo? 

6 e mezzo a Correa l'anno e Lazzari alzati e cammina - Sono entrati e la partita è cambiata. Sarà un caso, sarà una mossa studiata, sarà quel che sarà come cantavano i Ricchi e poveri in un festival storico, fatto è che il loro ingresso ha portato freschezza e fantasia. Come Frassica dal finto prete Fazio.

6+ a chiedimi se sono Felipe - Penso di sì, perchè hai giocato una grande partita per 94 minuti, per poi calarti le brache con una cappellata alla Oscar Lopez dei tempi migliori all'ultimo minuto. Roba che solo quel Carneade di Riki è capace di fare.

6 al Panter One -  Lukaku je spiccia casa. No, non è una frescaccia, ma l'analisi di come sono andate le cose. Il nostro puntero è costato du' soldi e non ha segnato nè concluso 'na mazza, l'altro è costato 'na cifra, non ha segnato e non ha concluso 'na mazza lo stesso. E adesso tutti insieme: Lukaku je spicci casa, fattene na ragione.

6 a Massimo Di Cataldi - 10 minuti per partecipare al banchetto. E che magnata!

6- a Sylva Strakoshina - Poteva rimanere a giocare a Burraco invece di sparare quella ribattuta a pugni chiusi che ha favorito Neil Young che senza Crosby e Stils se la cant ancora bene. Poi però si è riscattato sul cugino di secondo grado di Eriksson, tal Eriksen, che con un esse di meno parte comunque sfavorito. E si è visto.

5 e mezzo a Somarusic - Il Sonnambulo è andato a intermittenza. Come Piero Chiambretti che una volta fa ride e una volta fa piagne. Così anche lui ogni tanto si è acceso e spesso e volentieri si è spento. Nè più nè meno di Antonio Zequila al Grande fratello Vip che si dà da fare con tutte ma non conclude con nessuna.

5 a Meco Ioni - Non è tanto che il loro gol è nato da una sua palla persa (una delle tante), ma è per quelle fette a banane (che battute eh, dite la verità era dalle medie che non la sentivate vero?) che gli impediscono di fare il suo mestiere. Che è quello del calciatore. Dicono. Si dice. Direbbero quelli che non l'hanno mai visto giocare.

2- a Confort zone De Vrij - Pure lui voleva vincere per Zaniolo. Ma va a dormì. Sipario.



Appunti di gioco
di Roberto Taglieri

Domenica 16 febbraio 2020

La Lazio fa fuori l’Inter. Nel posticipo serale valido per la ventiquattresima giornata di campionato all’Olimpico i nerazzurri vanno in vantaggio nel primo tempo grazie ad una rete siglata da Young, ma nella ripresa sono prima raggiunti con un rigore trasformato da Immobile ed infine superati con Milinkovic, che sigla il 2-1 della vittoria laziale, che vale la seconda posizione in Classifica. La Lazio che viene dal successo di Parma, giunge allo scontro con i nerazzurri senza Lulic. Inzaghi decide per Jony, suo naturale sostituto; il ballottaggio tra Patric e Luis Felipe lo vince quest’ultimo, Marusic è preferito a Lazzari, infine Caicedo a Correa. Conte è senza Esposito e Sensi, oltre ad Handanovic e Gagliardini: in difesa con De Vrij e Skriniar c’è Godin, giocano poi Young e Vecino dal primo minuto. Tutto esaurito all’Olimpico: grande scenario di pubblico e gara di coreografie prima del fischio di Rocchi. Le due squadre non paiono per nulla bloccate ma in sostanziale equilibrio; la prima grande opportunità di Milinkovic al 9’ si stampa all’incrocio dei pali: un tiro potentissimo da circa 25 metri che poteva avere tutt’altro esito. L’Inter pareggia i conti delle occasioni al 19’, quando dopo una ripartenza veloce il tiro di Lukaku lo cattura Strakosha. Alla fine del primo tempo si spezza la  parità: da un contropiede innescato per un cross troppo arretrato di Jony, Candreva va al tiro, Strakosha riesce a respingere ma Young è pronto a ribadire in rete il vantaggio nerazzurro ed il suo primo gol in serie A. Nel secondo tempo la Lazio riesce subito a riacciuffare il risultato. Skriniar e Padelli fanno confusione, la palla arriva ad Immobile che nel momento di calciare è sbilanciato da De Vrij. E’ assegnato il calcio di rigore, che realizza Immobile spiazzando il portiere e riportando così la gara in equilibrio. Inzaghi ora cambia: via Jony e Caicedo, dentro Lazzari e Correa, che appena in campo fa partire un bel tiro che finisce altissimo. Al 70’ la svolta biancazzurra della partita: Marusic colpisce benissimo, sulla linea fortunosamente respinge Brozovic, ma riprende Milinkovic che lascia partire un sinistro rasoterra che termina all’angoletto e la Lazio va in vantaggio. Ora la partita diventa combattutissima: l’Inter si riversa in avanti per cercare il pari, Lautaro trova la rete ma in fuori gioco al 78’. Intanto Leiva deve uscire perché stremato, lo sostituisce Cataldi; mentre all’85’ Padelli miracolosamente riesce a prendere il 3-1 a Immobile lanciato a rete. Conte prova anche a mettere nella mischia Sanchez, l’Inter attacca con la disperazione, ma senza ordine, il suo forcing non produce nulla; la Lazio controlla, perde pure un po’ tempo ed alla fine ce la fa: i nerazzurri sono battuti. Un successo importantissimo, che ora fa gettar via definitivamente la maschera alla truppa di Inzaghi. L’Inter è scavalcata di due lunghezze, un solo punto separa la Lazio dalla Juve capolista a quota 57. Immensa, mitica ma anche bravissima e feroce: non ci sono più aggettivi per questa Lazio, capace dopo 19 risultati utili di fila di far sua l’ennesima sfida, stavolta contro un avversario veramente tosto. La squadra biancazzurra è solida, non sembra accusare la fatica, non ha nemmeno più impegni infrasettimanali e può concentrarsi solo sul Campionato: a questo punto pensare al primato non è più un sogno.

LAZIO INTER  2–1    44’ Young 49’ Immobile (rig.) 69’ Milinkovic
INTER: Padelli, De Vrij, Skriniar, Godin (87’ Sanchez), Candreva (77’ Moses), Barella, Brozovic (77’ Eriksen), Vecino, Young, Lukaku, Lautaro. All: Conte
LAZIO: Strakosha, Felipe, Acerbi, Radu, Jony (63’ Lazzari), Leiva (79’ Cataldi), Milinkovic, Luis Alberto, Jony, Caicedo (63’Correa), Immobile. All: Inzaghi.
Arbitro Rocchi

martedì 11 febbraio 2020

Oscar, c'è anche Gianni Morandi

di FRANCESCO TRONCARELLI


Di film ne ha interpretati parecchi, una ventina, ma non ha vinto mai nulla, del resto quello dell'attore non è stato mai il suo mestiere. Questa volta però gli è andata bene, perchè ha vinto addirittura l'Oscar, anche se indirettamente, di riflesso.

Certo è che la notizia ha fatto subito boom ampliandosi e creando l'equivoco "Gianni Morandi ha vinto l'Oscar". Incredibile ma vero, in parte e soprattutto per una sorta di sillogismo anomalo: il film "Parasite" ha vinto l'Oscar, nel film c'è un brano di Morandi, Morandi ha vinto la statuetta.

Al di là di battute e giochi di parole, c'è sicuramente un piccolo pezzo di Italia nel successo di "Parasite", il film del sudcoreano Bong Joon-ho che ha trionfato nella notte degli Oscar aggiudicandosi 4 premi,  miglior film, miglior film internazionale, miglior regia, miglior sceneggiatura originale.

In una delle scene della pellicola infatti possiamo ascoltare "In ginocchio da te", canzone di Gianni Morandi del lontano 1964. Una cosa che lascia stupiti, sia per il brano che non è certamente attuale sia per la collocazione dello stesso in una storia che si svolge in un paese asiatico. Ma tant'è.

Dal canto suo l'artista di Monghidoro sulle sue pagine social ha postato un video messaggio spiritoso inframezzato dalla scena chiave di "Parasite" dove si sente la sua canzone: "Oggi mi chiamano tutti come se avessi vinto l'Oscar - dice contento e meravigliato del tutto - il film l'ha vinto "Parasite".

Scritta da Franco Migliacci, il paroliere di "Volare" su musica di Bruno Zambrini,  "In Ginocchio da te" venne arrangiata da Ennio Morricone, uno che di Oscar se ne intende e che allora lavorava alla RCA ed è il brano che lanciò definitivamente il golden boy emiliano fra le stelle della musica leggera italiana.

Una delle scene chiave di "Parasite", che cambia il tono del film, è sottolineata a sorpresa da "In ginocchio da te". Merito del padre del regista sudcoreano che in casa aveva una discreta collezione di dischi italiani che hanno accompagnato la crescita del figlio futuro maestro del nuovo cinema asiatico.

Quando l'ha scelta, Bong non ne conosceva il testo. "Cercavo un brano rilassante, che mi facesse pensare al sole del Mediterraneo. Non conoscevo le parole, è una coincidenza che nella sequenza i protagonisti siano in ginocchio".

Al Festival di Cannes, dove il film aveva trionfato con la Palma d'Oro e colpito la platea internazionale, il regista aveva dichiarato di aver scelto la canzone di Morandi per il titolo, "perché i protagonisti sono letteralmente in ginocchio".

Quando poi gli avevano spiegato che era una canzone d'amore era scoppiato in una fragorosa risata: "Ma è geniale! Così nel contesto del film dove in quel momento succede di tutto, è ancora più divertente!".

Dalla canzone all'epoca fu tratto un film dal titolo omonimo "In ginocchio da te", un musicarello come si usava allora in tempi del boom dei 45 giri, con Laura Efrikian che poi diventerà la moglie di Morandi e i vari Gino Bramieri, Raffaele Pisu e Nino Taranto sempre presenti nelle pellicole dell'eterno ragazzo della canzone italiana. Il fim allora costò 50 milioni delle vecchie lire e incasso la cifra incredibile di un miliardo. Adesso anche l'Oscar.

lunedì 10 febbraio 2020

Lazio a un passo dal cielo. Le Pagelliadi

di FRANCESCO TRONCARELLI



8+ al Panter One - Una grande Lazio ha steso con merito il Parma al Tardini, portandosi così a un passo dal cielo. Tre punti pesantissimi che fanno sognare e regalano al popolo biancocelste un momento fantastico. E' il diciosettesimo risultato utile consecutivo che la banda Inzaghi ottiene, record nella storia della Prima squadra della Capitale, mai così in palla nella continuità. Un segnale importante al campionato e che la dice lunga sulle qualità di chi veste la maglia con l'Aquila sul petto e soprattutto sul suo leader. Onore e copertina al puntero equadoriano che ha gonfiato ancora una volta la rete lanciando in orbita la Mitca. Forza ragazzi siamo con voi fino alla fine! 

8 a Lupo Alberto - Potremmo parlare dei suoi lanci, delle sue progressioni, dei suoi capelli nero pece alla Pavarotti, potremmo dire di tutto e di più, ma per raccontare la partita del mago ricordiamo solamente un episodio, un movimento, un tocco che fotografa il suo stato di grazia, ci riferiamo a quel tacco in corsa con cui uccellando un avversario che lo pressava, ha smistato la palla a Immobile. Numero uno. Come Fiorello. Punto.

7 e mezzo a Sylva Strakoshina - Gliene dicono di tutti i colori, che non esce, che non sa rinviare, che si scaccola a tavola e che fa la scarpetta per ogni pietanza. Poi però quando come questa volta ti sfodera due parate da "Vite al limite" (Real Time ore 21, il giovedì) nel momento topico della partita, la ripresa (56° su Caprari, 70° su Kucka), tutti zitti boni micio micio. Bravo amico mio, sei un mostro, Junior Cally con o senza maschera te spiccia casa.

7 e mezzo ad Antonio Elia Acerbis - Da ministro della difesa a difensore che amministra. Il gioco. Ci piace il ruolo che ha assunto per esigenze tecniche tattiche (cinque titolari assenti tra squalificati e infortunati) il sellerone che compie 32 anni. Un camaleonte. Ha cambiato abito. Avete presente Achille Lauro?

7 a chiedimi se sono Felipe -E' partito in quarta è arrivato in folle. Come Benigni al festival. Non ha preso gli stessi soldi però, ma il doppio degli applausi e la standig ovation dei 4 mila tifosi al seguito che valgono molto di più di un sermone.

6 e mezzo a dillo a Parolo tuo - Nei secoli fedele alla causa biancoceleste.

6 e mezzo a Lucas 2.0 (Biglia chi?) - E chi lo Leiva più in mezzo al campo?

6+ a Meco Joni - Go Joni go, Joni be good.

6+ al Ciro d'Italia - Ha dato il fritto dall'inizio alla fine. Non ha segnato ma è comunque fra i bomber in circolazione il vincitore morale di tutte le classifiche. Come Gabbani. 

6+ a Patric del Grande Fratello Vip - Più tonico, più spritz, più apericena, l'ideale per una partita giocata alle 18. Il caciara insomma è diventato un altro. Come Vincenzo Mollica che senza occhiali sembra la Sora Lella.

6 a Massimo di Cataldi e Lazzari alzati e cammina - Buttati dentro per mantenere lo statu quo ci sono riusciti dando il meglio di loro. Come Morgan e Bugo che dietro le quinte si sono presi a calci e sputi. Olè

6 a Somarusic - Dopo una pennica senza soluzione di continuità all'improvviso il Sonnambulo s'è svejato, e ha tirato una bomba che si è infranta maldestramente su Colombi. Ma era la fine del primo tempo e quel brusco e inaspettato risveglio non è servito a niente, come la fidanzata imbranta di Valentino Rossi a Sanremo. E così pe' nun sapè nè legge nè scrive come Luca Giurato è ripiombato in trance, intervallo compreso, sino alla inevitabile sostituzione. Dall'oroscopo di Branko la Luna consiglia: "contro il logorio della vita moderna fatevi una bella flebo di caffè tre volte al giorno, aprirete gli occhi sul mondo". Appunto. Sipario.





Appunti di gioco
di Roberto Taglieri

Domenica, 9 febbraio 2020
La Lazio espugna Parma. Al “Tardini” i biancazzurri vanno in vantaggio al termine del primo tempo con Caicedo, soffrono, lottano, rischiano ed alla fine di misura escono vincitori: 0-1 il risultato della partita. Per i biancocelesti la gara in Emilia è di quelle troppo importanti. Per questa trasferta Inzaghi non può contare sugli squalificati Radu e Milinkovic, ma anche Lulic e Bastos sono ko. Perciò la Lazio schiera in difesa Luis Felipe centrale, con Acerbi a sinistra, mentre a centrocampo troviamo Jony e Parolo. Invece D’Aversa, che non ha Sepe ed Inglese, porta ugualmente in campo Cornelius, pur se mezzo acciaccato, mentre Gervinho non è ancora reintegrato dopo la fuga. Con almeno 4,500 laziali nella curva ospiti inizia la partita con le due squadre piuttosto guardinghe, ma col Parma che cerca subito pressing a tutto campo. La prima cosa buona la fa Kurtic al 9’, che dopo una punizione tira forte ma trova i guanti di Strakosha. L’occasione della Lazio invece ce l’ha Immobile che dopo un dribbling a liberarsi, sfiora il palo al 12’. Al 26’ il colpo di testa di Caicedo è facilmente bloccato da Colombi e pochi istanti dopo Luis Alberto da buona posizione manda a lato. La Lazio dimostra superiorità, ma non riesce a far male perché il Parma si copre ed ogni tanto riparte in contropiede. Al 40’ un grande diagonale di Marusic è respinto dal portiere, ma un secondo più tardi arriva la rete di Caicedo che sblocca la partita. Il bomber biancazzurro si ritrova il pallone tra i piedi dopo un rimpallo in area e da due passi non può fallire il vantaggio laziale; il primo tempo si chiude con un tiro alle stelle su punizione di Bruno Alves. Nella ripresa un colpo di testa di Caprari in apertura va abbondantemente fuori, poi Gagliolo di sinistro calcia bene ma una deviazione gli impedisce il possibile pari. Sullo sviluppo Caprari prova la conclusione insidiosa, ma Strakosha mette in corner. Ora il Parma fa un grande sforzo per provare a rimettere in piedi la partita, ma intanto entrano Lazzari, poi Kulusevski, quindi anche Correa. La Lazio cerca di prendere fiato, arriva anche il turno di Sprocati, ma al 70’ la grande occasione ce l’hanno ancora i padroni di casa: prima Kucka, sul cui diagonale è strepitoso Strakosha poi Gagliolo che recupera ma spedisce sul fondo.  All’80’ Correa ha una grande opportunità ma calcia debolmente sul portiere, invece di passare al liberissimo Immobile. Nel finale anche Leiva lascia per Cataldi, il Parma non riesce più a rendersi offensivo, la Lazio pur stanchissima prova a rendersi pericolosa, concede un tiro a Sprocati all’89’ che manda il pallone oltre la traversa e dopo 6 lunghissimi minuti di recupero in cui Kulusevski mette out, il fischio di Di Bello sancisce la fine della partita e la vittoria biancoceleste. Non è stata per niente una grande Lazio, ha sofferto oltre misura, è sembrata anche stanca, probabilmente per la partita di mercoledi, ma con caparbietà, detrminazione ed anche con una qualità superiore fa sua l’intera posta e finisce al secondo posto, in attesa del derby milanese di stasera. Biancazzurri che superano di due lunghezze l’Inter, ad un solo punto dalla capolista Juve: 53 punti, 16 vittorie e 18 risultati utili consecutivi, la miglior prestazione di sempre dell’Aquila dalla sua nascita. Un consiglio ai laziali: meglio non guardare la classifica, può causare seri capogiri.

    
PARMA LAZIO  0–1   41’ Caicedo
PARMA: Colombi, Darmian, Iacoponi, Alves, Gagliolo (78’ Pezzella), Hernani, Brugman (61’ Kulusevski), Caprari (67’ Sprocati),  Kucka, Cornelius, Kurtic. All. D’Aversa
LAZIO: Strakosha, Patric, Felipe, Acerbi, Marusic (57’ Lazzari), Leiva (81’ Cataldi), Parolo, Luis Alberto,  Jony,  Caicedo, Immobile (62’ Correa). All: Inzaghi
Arbitro Di Bello


venerdì 7 febbraio 2020

Sanremo, 60 anni fa il boom di Tony Dallara

di FRANCESCO TRONCARELLI

Improvvisamente la musica cambiò a Sanremo con un urlo, era quello di Tony Dallara che sbaragliò tutti vincendo il festival 60 anni fa con Romantica

Sarebbero bastati cinque minuti. Trecento secondi. Un'inezia di fronte alle cinque ore e passa di programmazione per cinque serate consecutive. Una briciola di tempo tra i frizzi irresistibili ed onnipresenti di Fiorello e la sfilata delle donne che dal "passo indietro" hanno fatto il passo in avanti. Cinque minuti e non di più.

Ma quel brevissimo lasso di tempo non è stato trovato. O molto probabimente non l'hanno voulto trovare come spesso accade in situazoni come queste. Il motivo però per trovarli quei cinque minuti c'era tutto. Perchè questa volta non si trattava del solito festival, ma di quello che celebrava i suoi 70 anni. Come dire la sua storia, la musica italiana e gli artisti che l'hanno rappresentata in questo periodo.

Ma si dirà, e mica potevano essere chiamati tutti?, intendendo ovviamente per tutti, quelli sopravvissuti all'inesorabile avvicendarsi delle stagioni in questi lunghi 70 anni. Certo, non si poteva, ma alcuni sicuramente sì. Uno in paticolare, Tony Dallara. E per un motivo molto semplice, anzi due, ma fondamentali trattandosi del festival che festeggia se stesso. Il primo è perchè il "re degli urlatori" giusto 60 anni fa (ricorrenza quindi nella ricorrenza) vinceva Sanremo con un brano che ha fatto epoca e il giro del mondo, "Romantica".


Una vittoria clamorosa per lui esordiente su quella ribalta, che surclassò con i suoi gorgheggi sincopati la versione melodica del suo autore, il grande Renato Rascel e una vittoria (questo il secondo semplice ma fondamentale motivo) che ne fa il più vecchio vincitore del festival ancora in vita. Johnny Dorelli, che vinse nel 1958 e 1959, è infatti del 1937, mentre Dallara è del 1936. E Dorelli è stato invitato con tutti gli onori, ma Dallara, ugualmente vincitore e vincitore più anziano no.

"Dopo quell'exploit al festival riuscii ad avere sette canzoni in hit parade contemporaneamente, visto che ai tempi si incideva un 45 giri ogni due mesi. E così ho avuto tanti successi in un colpo solo: Romantica, Ghiaccio bollente, La novia, Bambina bambina, Ti dirò. Troppi, forse, tutti assieme" ricorda il cantante aggiungendo peraltro una notazione che la dice lunga sui contratti capestro di quei tempi delle case discografiche.

"Milioni di 45 giri, ma pochi quattrini per me, ero solo interprete, per cui prendevo solo quello che c’era nel contratto, una specie di stipendio, pochi soldi in proporzione alle vendite. Certo, poi mi hanno chiamato in tv e ho girato l’Italia per fare serate, ma è con i diritti d’autore che si fanno i soldi veri nella musica. Se penso anche agli spot che hanno usato Come prima, e io non ho preso nulla, anche se poi tutti la associano a me. Ma non posso lamentarmi per come mi è andata la vita, specie considerando come l’avevo cominciata".

Mina e Dallara, gli urlatori

Nato a Campobasso, ma cresciuto da bambino a Milano per il trasferimento della famiglia, dopo le elementari iniziò subito a lavorare, garzone del bar, apprendista fabbro, lavamacchine, benzinaio. Ma presto anche cantante perchè il padre operaio e corista alla Scala lo mandò a studiare canto nel coro della parrocchia. Da lì ai palchi delle sale da ballo, fino all'esordio al Santa Tecla, il club più in voga della Milano degli anni Cinquanta mentre la mattina era fattorino alla casa discografica Saar. Era specializzato nel cantare i Platters, quelli di "Only you". 

E fu la sua fortuna imitare il modo di cantare di quel celebre quintetto americano. Il direttore della etichetta lo ascoltò e rimase folgorato, lo promosse da fattorino a cantante e gli affido un brano lento, che nessuno voleva cantare, "Come prima" bocciato a Sanremo qualche anno prima e fu il boom. L'Italia conobbe quel ragazzone irruento e dalla voce potente che trasformava le canzoni in inni alla gioia di vivere con ritmi moderni e travolgenti. 

Insieme a Mina, Celentano, Betty Curtis e Joe Sentieri, il buon Tony fu definito dalla stampa "urlatore", in contrasto ai melodici rappresentanti del bel canto all'italiana Luciano Tajoli, Gino Latilla, Achille Togliani e lui di quella pattuglia di giovani che cambiavano il modo di cantare e di porsi nei confronti del pubblico fu da subito nominato re, "il re degli urlatori".

Tony con Andy Warhol

Una popolarità enorme, tournèe in tutto il mondo, copertine e tanti spettacoli in tv e una grandissima soddisfazione che nessun altro artista italiano ha mai avuto. Veder cantare dai suoi idoli una sua canzone. I Platters con in testa il loro leader Tony Wiliams cui si ispirava Dallara per i gorgheggi infatti, incisero la versione americana di "Come prima" diventata "For the first time". Un privilegio incredibile, come se Elvis, idolo di Bobby Solo, avesse inciso "Una lacrima sul viso".

L'avvicendarsi di nuove mode e nuovi artisti poi, non ha colto Dallara impreparato. Al contrario di tanti altri suoi colleghi rimasti imprigionati nel revival dei "Migliori anni", si è tuffato animo e corpo nel suo hobby che è diventato col tempo il primo lavoro, la pittura. Molto più di una semplice passione. Ha un atelier, fa mostre personali a Milano e non solo e nel corso di questi anni ha ottenuto giudizi lusinghieri da artisti come Fontana, Crippa, Baj e , a sorpresa, Andy Warhol.

Ma Tony Dallara però, ricciolo in disordine e solita voce nasale e la signorilità di chi ha conosciuto alti e bassi rimanendo sempre se stesso, non esiste più per Sanremo & Friends. Certo non può vantare quella popolarità che i media hanno assicurato ai redivivi Ricchi e Poveri e ai sempre a galla Al Bano e Romina, è logico, li è di un'altra epoca, giurassica rispetto all'attuale, ma proprio per questo sarebbe dovuto essere ricordato con un saluto.

Dino Buzzati e Lucio Fontana nell'atelier di Dallara

Sarebbero bastati cinque minuti. Trecento secondi. Un'inezia di fronte alle cinque ore e passa di programmazione per cinque serate consecutive. Una briciola di tempo tra i frizzi irresistibili ed onnipresenti di Fiorello e la sfilata delle donne che dal "passo indietro" hanno fatto il passo in avanti. Cinque minuti e non di più.

"Signore e signori abbiamo il piacere di avere qui con noi il vincitore più anziano del Festival, che proprio 60 anni fa trionafava a Sanremo con un brano diventato un successo internazionale, "Romantica", Tony Dallara!!!". Applausi del pubblico in sala, l'urlatore che saluta, un paio di battute e un gorgheggio a futura memoria questa volta con la standing ovation. Finito. Avrebbero fatto contento un vecchio artista e i telespettaori più agè che avrebbero ritrovato un amico. Sarebbero bastati cinque minuti..

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